CONTROVERSIE
INDIVIDUALI DI LAVORO - NUOVE MODIFICHE AL CODICE DI PROCEDURA CIVILE - D.LVO
29/10/1998 N. 387
Sulla
Gazzetta Ufficiale 7 novembre 1998, n. 261, è stato pubblicato il decreto
legislativo 29 ottobre 1998, n. 387, recante "Ulteriori disposizioni
integrative e correttive del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e
successive modificazioni, e del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80".
Le norme di interesse sono riprodotte in calce.
Il
provvedimento contiene, fra l'altro, alcune disposizioni correttive delle norme
del codice di procedura civile che disciplinano le modalità di espletamento del
tentativo obbligatorio di conciliazione, introdotte dal decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 80 (cfr. Notiziario n. 6/98). La modifica di maggior rilievo
riguarda l'obbligo di esperire il tentativo di conciliazione prima del deposito
dell'atto introduttivo del giudizio presso la cancelleria del giudice del lavoro.
Di
seguito sono segnalate le modifiche introdotte al quadro normativo attinente la
procedura di espletamento del tentativo di conciliazione e l'arbitrato.
1)
Come noto, con le disposizioni introdotte dal decreto legislativo n. 80/1998 è
stato reso obbligatorio per tutte le controversie relative ai rapporti di
lavoro previsti dall'art. 409 c.p.c. il preventivo esperimento di un tentativo
di conciliazione. Per il settore industriale, si tratta delle controversie
relative ai rapporti di lavoro subordinato privato, ai rapporti di agenzia e di
rappresentanza commerciale e ad altri rapporti di collaborazione autonoma che
si concretino in una prestazione di opera coordinata e continuativa.
Ai
sensi degli artt. 410 e segg. del codice di procedura civile, chi intenda
presentare in giudizio una domanda riferita ai predetti rapporti ha l'obbligo
di promuovere previamente, direttamente o tramite l'associazione sindacale alla
quale aderisce o conferisce mandato, un tentativo di conciliazione innanzi alla
Commissione di conciliazione competente. La Commissione competente, per effetto
delle modifiche apportate dall'art. 19, comma 8, del decreto legislativo n.
387/1998, è individuata con i criteri di cui all'art. 413 c.p.c., che fissa la
competenza del giudice di primo grado del processo del lavoro.
Pertanto,
la competenza territoriale è della Commissione nella cui circoscrizione è sorto
il rapporto, ovvero si trova l'azienda o una sua dipendenza alla quale è
addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento
della cessazione del rapporto. Tale competenza permane dopo il trasferimento
dell'azienda o la cessazione di essa o della sua dipendenza, purché la domanda
sia proposta entro sei mesi dal trasferimento o dalla cessazione.
Per
le controversie relative ai rapporti di agenzia e di rappresentanza commerciale
e ad altri rapporti di collaborazione autonoma, la competenza è della
Commissione nella cui circoscrizione si trova il domicilio dell'agente, del
rappresentante di commercio o del titolare degli altri rapporti di
collaborazione coordinata e continuativa. Sono nulle la clausole derogative di
tale competenza.
In
alternativa, per il tentativo di conciliazione l'interessato può avvalersi
delle procedure di conciliazione previste dai contratti o accordi collettivi.
Nell'uno
e nell'altro caso la comunicazione della richiesta di espletamento del
tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata
del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione,
il decorso di ogni termine di decadenza.
Il
tentativo di conciliazione deve essere espletato entro il termine di sessanta
giorni dalla presentazione della richiesta. Decorso inutilmente il predetto
termine, il tentativo di conciliazione, ai fini della procedibilità della
domanda in sede giudiziale, si considera comunque espletato.
La
domanda giudiziale è procedibile solo dopo l'espletamento del tentativo di
conciliazione, o, come sopra precisato, decorsi sessanta giorni dalla
presentazione della richiesta.
Ai
sensi dell'art. 412-bis, introdotto dal decreto legislativo n. 80/1998,
l'improcedibilità della domanda deve essere eccepita dal convenuto nella
memoria difensiva con cui si costituisce in giudizio e può essere rilevata dal
giudice non oltre l'udienza fissata per la discussione della causa.
Al
fine di rendere effettivo il tentativo di conciliazione, e di indurre le parti
a riservare a tale adempimento un lasso di tempo nel quale è interdetta
l'attivazione del giudice, il decreto legislativo n. 387/1998 ha opportunamente
modificato il terzo comma dell'art. 412-bis del codice di procedura civile. A
seguito della novella legislativa, il giudice, ove rilevi che non è stato
promosso il tenativo di conciliazione, ovvero che la domanda giudiziale è stata
presentata prima dei 60 giorni dalla promozione del tentativo stesso, sospende
il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di 60 giorni per
promuovere il tentativo di conciliazione.
Anche
a seguito di tale ultima modifica, quindi, il tentativo di conciliazione rimane
una condizione di procedibilità, e non di proponibilità della domanda.
Tuttavia, l'improcedibilità della domanda, con la conseguente sospensione del
processo, opera, oltre che nel caso in cui non sia stato promosso il tentativo
di conciliazione, anche nel caso in cui il ricorso sia stato presentato prima
dei 60 giorni dalla richiesta del tentativo di conciliazione.
2)
L'art. 19, commi da 12 a 16 del decreto legislativo n. 387/1998, apportano,
inoltre, alcune modifiche in materia di arbitrato previsto dai contratti
collettivi, e regolato dagli artt. 412-ter e 412-quater c.p.c., introdotti dal
citato decreto legislativo n. 80/1998.
L'art.
412-ter, dà facoltà alle parti, qualora il tentativo di conciliazione non
riesca o sia comunque decorso il termine per l'espletamento del tentativo
stesso, di concordare il deferimento ad arbitri della risoluzione della
controversia, anche tramite l'organizzazione sindacale alla quale aderiscono o
abbiano conferito mandato. L'arbitrato è strumento di definizione della
controversia alternativo al processo. Tale facoltà può essere esercitata in
quanto sia espressamente prevista dai contratti o accordi collettivi nazionali
di lavoro, i quali debbono stabilire le modalità della procedura arbitrale. Il
legislatore precisa ora la natura dell'Istituto, che è quella dell'arbitrato
irrituale. I contratti collettivi possono, inoltre, prevedere l'istituzione di
collegi o camere arbitrali stabili, composti e distribuiti sul territorio
secondo i criteri definiti in sede di contrattazione nazionale.
L'art.
412-quater, comma 1, c.p.c., come sostituito dall'art. 19, comma 14, del
decreto legislativo n. 387/1998, dispone che sulle controversie aventi ad
oggetto la validità del lodo arbitrale decide in unico grado il Tribunale, in
funzione di giudice del lavoro, della circoscrizione in cui si trova la sede
dell'arbitrato. Il ricorso è depositato entro il termine dei 30 giorni dalla
notificazione del lodo.
La
modifica normativa comporta che l'impugnazione della decisione arbitrale non è
più limitata alla violazione di norme inderogabili di legge o al difetto
assoluto di motivazione. Inoltre, la competenza a decidere del ricorso avverso
il lodo arbitrale non è più della Corte d'appello, ma del Tribunale che decide
in unico grado, con eslcusione, pertanto, della possibilità di un successivo
ricorso per Cassazione.
Infine,
ai sensi del nuovo art. 412-quater, comma 2, trascorso il termine di 30 giorni
per proporre ricorso al Tribunale, o se le parti hanno comunque dichiarato per
iscritto di accettare la decisione arbitrale, ovvero se il ricorso è stato
respinto dal Tribunale stesso, il lodo è depositato nella cancelleria del
Tribunale nella cui circoscrizione è la sede dell'arbitrato. Il giudice, su
istanza della parte interessata, accertata la regolarità formale del lodo
arbitrale, lo dichiara esecutivo con decreto.
È
stata, quindi, soppressa, al fine dell'esecutività della decisione arbitrale,
la necessità del deposito del lodo presso la Direzione Provinciale del Lavoro,
nonché la verifica dell'autenticità del lodo stesso ad opera del direttore
della Direzione Provinciale o di un suo delegato.
Gazzetta
Ufficiale 7 novembre 1998, n. 261
Decreto
legislativo 29 ottobre 1998, n. 387
Art.
19, commi da 8 a 16
8.
All'articolo 410, primo comma, del codice di procedura civile, le parole, da
"nella cui circoscrizione" fino a "estinzione del
rapporto", sono sostituite dalle seguenti "individuata secondo i
criteri di cui all'articolo 413".
9.
All'articolo 412-bis, del codice di procedura civile il terzo comma è
sostituito dal seguente:
"Il
giudice ove rilevi che non è stato promosso il tentativo di conciliazione
ovvero che la domanda giudiziale è stata presentata prima dei sessanta giorni
dalla promozione del tentativo stesso, sospende il giudizio e fissa alle parti
il termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo di
conciliazione".
10.
All'articolo 412-bis, del codice di procedura civile, al quarto comma, le
parole "i successivi" sono sostituite dalle seguenti: "il
termine perentorio di".
11.
All'articolo 412-bis, del codice di procedura civile, dopo il quarto comma è
inserito il seguente:
"Ove
il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il giudice dichiara
d'ufficio l'estinzione del processo con decreto cui si applica la disposizione
di cui all'articolo 308".
12.
La rubrica dell'articolo 412-ter del codice di procedura civile è sostituita
dalla seguente: "Arbitrato irrituale previsto dai contratti
collettivi".
13.
All'articolo 412-ter, primo comma, del codice di procedura civile, le parole:
"nel primo comma dell'articolo 410-bis", sono sostituite dalle
seguenti: "per l'espletamento".
14.
All'articolo 412-quater, del codice di procedura civile, il primo comma è
sostituito:
"Sulle
controversie aventi ad oggetto la validità del lodo arbitrale decide in unico
grado il Tribunale, in funzione del giudice del lavoro, della circoscrizione in
cui è la sede dell'arbitrato. Il ricorso è depositato entro il termine di
trenta giorni dalla notificazione del lodo".
15.
All'articolo 412-quater, del codice di procedura civile, il terzo comma è
soppresso.
16.
All'articolo 412-quater, secondo comma, del codice di procedura civile, le
parole da "il lodo" fino a "redatto" sono sostituite dalle
seguenti: "ovvero se il ricorso è stato respinto dal Tribunale, il lodo è
depositato nella cancelleria del Tribunale nella cui circoscrizione è la sede
dell'arbitrato".