IVA -
DETRAZIONE PER LE SOCIETA' DI GESTIONE IMMOBILIARE
(Ministero
finanze, Circ. 8/5/97, n.128/E)
La detrazione dell'IVA assolta per rivalsa spetta anche alle
società immobiliari che effettuano acquisti di immobili e che si limitano poi a
svolgere un'attività di godimento di tali beni, consistente nella loro
manutenzione, locazione o concessione in affitto.
Tali operazioni, infatti, devono essere considerate sufficienti,
se poste in essere con carattere di abitualità, ad attribuire la qualità di
soggetto passivo IVA nei confronti di chi le pone in essere.
E' questo il nuovo orientamento del Ministero delle finanze che,
in precedenza, aveva subordinato il diritto alla detrazione allo svolgimento
effettivo di attività aventi il carattere dell'imprenditorialità, fra le quali
non poteva rientrare quella di godimento dei beni immobili acquistati dalle
società immobiliari (Circ. n. 57 del 17 dicembre 1991).
Il mancato riconoscimento della qualità di soggetto passivo IVA
alle società di gestione immobiliari è stato oggetto di censura da parte della
Commissione CEE, secondo la quale, in applicazione della VI Direttiva (Dir. CEE
n. 77/388/Cee del 17 maggio 1977), si deve considerare soggetto passivo
chiunque eserciti in modo indipendente e in qualsiasi luogo un'attività
economica, intesa come attività che comporta sfruttamento di un bene per
ricavarne un utile, con carattere di abitualità.
Il SECIT, nel riesaminare la problematica alla luce delle
argomentazioni di diritto comunitario (Del. n. 12 del 17 febbraio 1997), ha
precisato che il proprio precedente orientamento, sul quale si era basato anche
quello del Ministero, non concerneva, in generale, il problema della
detraibilità dell'IVA corrisposta sugli acquisti di immobili effettuati dalle
società di gestione immobiliare, ma era riferito al preciso fenomeno elusivo di
società costituite per acquistare immobili destinati ad imprese assicurative
mediante operazioni di fusione per incorporazione. Il fine di queste operazioni
era, in realtà, quello di conseguire il recupero dell'IVA pagata sugli acquisti
degli immobili, poichè se fossero stati effettuati direttamente dalle imprese
di assicurazione incorporanti, la detrazione sarebbe stata preclusa o
sensibilmente ridotta, a causa delle operazioni esenti che tali imprese di
norma pongono in essere.
L'indetraibilità dell'IVA sugli acquisti effettuati dalle società
di gestione immobiliare comporterebbe conseguenze penalizzanti per tutti i
soggetti, diversi da quelli che fanno ricorso a determinate figure giuridiche a
fini elusivi, che effettuano normali attività imprenditoriali per ricavare un
utile dallo scambio di servizi.
E' innegabile, infatti, il carattere d'imprenditorialità delle
attività di locazione, se si considera che queste ultime (art. 10, n. 8, D.P.R.
n. 633/1972) sono attratte espressamente nell'orbita delle operazioni che, pur
esenti dall'imposta, sono in ogni caso rilevanti ai fini IVA. Un riconoscimento
implicito del loro carattere di operazioni svolte nell'esercizio dell'impresa.
D'altra parte, la linea di demarcazione individuata, agli effetti
civilistici, tra attività di godimento e attività d'impresa non coincide
perfettamente con quella ammissibile ai fini fiscali.
In materia di IVA, la nozione di esercizio d'impresa è conforme ai
principi della VI Direttiva CEE che considera attività economica qualunque
operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per
ricavarne introiti con un certo carattere di stabilità.
Che la nozione d'impresa ai fini fiscali sia più ampia di quella
civilistica risulta anche dal fatto che nel corso di procedure fallimentari,
dove manca l'esercizio d'impresa in senso civilistico, possono esser poste in
essere operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto (art.
74-bis, D.P.R. n. 633/1972).
E' da considerare, inoltre, la disposizione del decreto IVA che
considera esistente l'esercizio di impresa anche in presenza di attività
economica non organizzata (art. 4, primo comma, D.P.R. n. 633/1972).
D'altra parte, la distinzione tra atti di godimento e atti
d'impresa, se pur ipotizzabile nel caso d'impresa individuale, non è
direttamente applicabile alle società o enti commerciali. Se, infatti, tutte le
cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate da questi ultimi vanno
considerati come posti in essere nell'esercizio dell'impresa, ne consegue che
ogni acquisto da essi posto in essere, se sussiste il requisito dell'inerenza
alle attività svolte, deve essere assistito dal diritto alla detrazione
dell'imposta correlativamente pagata per rivalsa.
Ad indurre a tale conclusione è la stessa tecnica d'imposizione
dell'IVA, con il sistema della detrazione imposta da imposta. Ciò comporta,
infatti, una tendenziale simmetria tra attività che danno luogo a corrispettivi
imponibili e correlate operazioni passive che danno titolo alla detrazione
dell'imposta pagata per rivalsa.
Il venire meno di questa simmetria apre lo spazio a fenomeni di
cumulo o di duplicazione d'imposta, con evidente pregiudizio
dell'imprenscindibile carattere della neutralità del tributo.
In base a tali argomentazioni e considerato che i fenomeni
elusivi, se riferiti ad operazioni relative ad immobili abitativi, sono stati
recentemente eliminati per effetto della indetraibilità dell'IVA relativa
all'acquisto di unità abitative da parte di imprese che non hanno per oggetto
principale o esclusivo la vendita di tali fabbricati (art. 10, comma 4, D.L.
323/1996), il Ministero ha riconosciuto la detraibilità dell'IVA per le società
di gestione immobiliare, limitando la validità delle istruzioni impartite con
la Circ. n. 57/1991 alle fattispecie relative ai fenomeni elusivi posti in atto
dalle imprese di assicurazione e revocando le istruzioni impartite in
precedenza (Ris. 28 luglio 1992 n. 530643 e Circ. 15 maggio 1996, n. 128/E).
Roma,
8/5/97
Dipartimento
Entrate
Circolare
n.128
Con la circolare n. 57 del 17 dicembre 1991, la soppressa
Direzione Generale delle Tasse e delle Imposte Indirette sugli Affari aveva
diramato, ai dipendenti Uffici, la delibera n. 77 adottata in data 23 settembre
1991, dal Comitato di Coordinamento del Servizio Centrale degli Ispettori
Tributari(SE.C.I.T.) concernente la detraibilità dell'imposta sul valore
aggiunto assolta sugli acquisti di immobili effettuati nel quadro di attività ritenute
non aventi i requisiti di imprenditorialità in quanto, tali beni sarebbero
destinati ad essere utilizzati "per mera attività di godimento....
locazione o concessione in affitto". Più specificatamente con la suddetta
delibera e con la connessa relazione n. 2 del 14 marzo 1990, si affrontava la
fattispecie delle acquisizioni di immobili da parte di imprese di assicurazione
mediante le partecipazioni totalitarie in società immobiliari che venivano
costituite e finanziate per l'acquisto di immobili e che successivamente
venivano incorporate; ciò allo scopo di poter conseguire il recupero dell'IVA
assolta sugli acquisti degli immobili stessi in relazione ai quali, ove
effettuati direttamente dalle imprese di assicurazione incorporanti, sarebbe
stata preclusa o sensibilmente ridotta la detrazione dell'imposta a motivo
delle operazioni esenti che le imprese stesse di norma pongono in essere. Al
fine di contrastare tale comportamento elusivo, con la citata delibera n. 77
del 1991 veniva precisato che mentre le operazioni attive poste in essere dalle
società di gestione immobiliare si considerano, ai sensi dell'articolo 4, comma
secondo, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, svolte, in ogni caso,
nell'esercizio di impresa, realizzando così il presupposto soggettivo per il
loro assoggettamento al tributo, le operazioni passive invece conferiscono il
diritto alla detrazione, ai sensi dell'articolo 19, comma primo, del citato
D.P.R. n. 633 del 1972, solo se collegate allo svolgimento effettivo di
attività aventi il carattere dell'imprenditorialità. Conseguentemente, le
società immobiliari che si limitano a svolgere la suddetta attività di
godimento dei beni immobili subirebbero la preclusione della detrazione
dell'IVA pagata per rivalsa sugli acquisti. Ciò in quanto, come detto, a parere
del SE.C.I.T. non sarebbe configurabile, in ogni caso, l'esercizio di impresa,
in conformità a quanto ritenuto dalla Corte di Cassazione con la sentenza 1
dicembre 1987, n. 8939, con la quale è stato affermato che non configura attività
di impresa, ma mera attività di godimento di beni, l'acquisto di immobili
urbani o di fondi rustici, la loro manutenzione, locazione o concessione in
affitto. Ciò precisato, si è constatato che i principi affermati con la
surrichiamata delibera, fondati sul predetto orientamento giurisprudenziale,
comprensibili con riferimento alle particolari fattispecie esaminate, hanno
comportato notevoli difficoltà operative e sono stati oggetto di costante
disconoscimento da parte della giurisprudenza, sia tributaria che ordinaria.
Inoltre, i principi stessi hanno formato oggetto di formale
censura da parte della Commissione dell'Unione Europea la quale, ai sensi
dell'articolo 169 del Trattato di Roma, ha notificato alla Repubblica Italiana
parere motivato, quale atto preliminare al deferimento davanti alla Corte di
Giustizia, per violazione della sesta direttiva del Consiglio n. 77/388/Cee del
17 maggio1977, in relazione al mancato riconoscimento della qualità di soggetto
passivo d'imposta alle società di gestione immobiliare. Infatti ai sensi
dell'articolo 4, paragrafi 1 e 2 della citata direttiva, si deve considerare
soggetto passivo chiunque esercita in modo indipendente e in qualsiasi luogo
un'attività economica, dovendosi considerare tale quella che comporta lo sfruttamento
di un bene per ricavarne un utile con carattere di abitualità.
Tale affermazione di principio, a parere della Commissione, trova
il suo corollario nell'articolo 17, paragrafo 2, della direttiva stessa,
laddove si prevede che il soggetto passivo è autorizzato a detrarre le imposte
dovute o assolte sugli acquisti ed importazioni nella misura in cui i beni ed i
servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette all'imposta.
Considerate le convincenti argomentazioni svolte dalla Commissione Cee con il
succitato parere motivato e tenuto conto degli effetti negativi derivanti
all'Amministrazione dalla costante soccombenza in sede contenziosa, si è
ritenuto opportuno rimeditare la complessa problematica sottoponendola anche al
riesame del SE.C.I.T.. Quest'ultimo con la delibera n. 12 del 17 febbraio 1997,
nel confermare l'orientamento manifestato con la precedente delibera n. 77 del
1991, ha specificato, però, che la stessa non concerne, in via generale, il
problema della detraibilità dell'IVA corrisposta sugli acquisti di immobili
effettuati dalle società di gestione immobiliare, ma è riferita in modo
specifico al fenomeno elusivo, riscontrato, di società costituite per acquisire
immobili destinati ad imprese assicurative mediante operazioni di fusione per
incorporazione, al fine di conseguire il recupero dell'IVA pagata sugli
acquisti di immobili. Ha ritenuto altresì che" relativamente a fattispecie
analoghe a quella esaminata con la citata delibera n. 77 del 1991, può trovare
applicazione la norma antielusiva contenuta nell'articolo 10, comma 1, della
legge 29 dicembre 1990, n. 408;" e ha precisato inoltre "che, per
effetto della delega conferita al Governo dall'articolo 3, comma 66, della
legge 23 dicembre 1996, n. 662, la soggettività passiva in materia di IVA dovrà
essere rivista con riguardo, anche in funzione antielusiva, a quelle attività
di mero godimento di beni, non dirette alla produzione ed allo scambio di beni
o servizi". Tutto ciò premesso, ritiene la Scrivente che le operazioni aventi
ad oggetto la locazione o la concessione in affitto di immobili, alla luce
delle disposizioni comunitarie, devono essere considerate, se poste in essere
con carattere di abitualità, sufficienti ai fini dell'attribuzione, a chi le
effettua, della qualità di soggetto passivo d'imposta. L'assunto contrario
comporterebbe conseguenze penalizzanti per tutti i soggetti diversi da quelli
che fanno ricorso a figure giuridiche al solo scopo di beneficiare di indebite
detrazioni di IVA, ma che effettuano normali attività imprenditoriali al fine
di ricavare un utile dallo scambio dei servizi. Ancora non è possibile negare
la imprenditorialità dell'attività di locazione in presenza di una
disposizione, quella contenuta nell'articolo 10, punto 8), del citato D.P.R. n.
633, del 1972, che espressamente attrae le locazioni nell'orbita delle
operazioni che, anche se esenti dall'imposta, sono in ogni caso rilevanti ai
fini dell'IVA, con ciò riconoscendo implicitamente alle stesse il carattere di
operazioni svolte nell'esercizio di impresa. Va anche sottolineato che la linea
di demarcazione individuata, agli effetti civilistici, dalla Corte di
Cassazione con la citata sentenza n. 8939 del 1987 tra attività di godimento e
attività di impresa, non è perfettamente coincidente con quella ammissibile ai
fini fiscali. Agli effetti dell'IVA la nozione di esercizio di impresa,
infatti, è quella enunciata nel D.P.R. n. 633 del 1972 che è conforme ai
principi della sesta direttiva Cee, il cui articolo 4, paragrafo 2, si ripete,
considera attività economica, qualunque operazione che comporti lo sfruttamento
di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo
carattere di stabilità.
Che la nozione di impresa ai fini fiscali sia più ampia di quella
civilistica è desumibile, ad esempio, dal disposto dell'articolo 74-bis, che
individua l'esercizio di attività rilevante ai fini IVA anche nel corso dello
svolgimento delle procedure fallimentari, ove è pacifico che manca esercizio di
impresa in senso civilistico, ed è ancora desumibile dalla lettura del primo
comma dell'articolo 4 del medesimo decreto n. 633 del 1972, ove, in deroga
all'articolo 2082 del codice civile, viene considerato esistente l'esercizio
dell'impresa anche in presenza di attività economica non organizzata. Pertanto,
nel sottolineare che la soggettività passiva di imposta è correlata
all'effettivo esercizio di un'attività economica, anche al fine di individuare
le figure di comodo costituenti un mero schermo tra i proprietari di fatto di
un dato bene ed il bene stesso, l'articolo 4 richiamato deve essere
interpretato nel senso che, salvo i casi di situazioni fraudolente o abusive,
lo stesso soggetto non può essere considerato imprenditore per le operazioni
attive e consumatore finale per le operazioni passive; nè può ammettersi,
d'altra parte, che l'intenzione di beneficiare di indebite detrazioni possa
essere presunta aprioristicamente. Peraltro, la distinzione tra atti di
godimento ed atti di impresa, se pur ipotizzabile nel caso dell'impresa
individuale, non è direttamente applicabile alle società od enti commerciali,
in virtù della presunzione di cui al secondo comma dell'articolo 4 del D.P.R.
n. 633 del 1972. Se, infatti, tutte le cessioni di beni e le prestazioni di
servizi effettuate da detti soggetti vanno considerate come atti posti in
essere nell'esercizio dell'impresa, deve necessariamente conseguirne che ogni
acquisto dagli stessi posto in essere, se sussiste il requisito dell'inerenza
alle attività svolte, deve essere assistito dal diritto alla detrazione
dell'imposta correlativamente pagata per rivalsa. È la stessa tecnica
dell'imposizione sul valore aggiunto con il sistema della detrazione imposta da
imposta che comporta una tendenziale simmetria tra attività che danno luogo a
corrispettivi imponibili e correlate operazioni passive che danno titolo alla
detrazione dell'imposta. Il venir meno di questa simmetria apre lo spazio a
fenomeni di cumulo o di duplicazione dell'imposta, con evidente pregiudizio
dell'imprenscindibile carattere della neutralità del tributo. Induce a tale
conclusione anche la considerazione che, a fronte di una interpretazione che
lascia margini di incertezza, sia da preferire la soluzione che si presenta
immune da vizi di legittimità sul piano dell'ordinamento comunitario. Per le suesposte
considerazioni e ritenuto altresì che i fenomeni elusivi sopra evidenziati se
riferiti ad operazioni relative ad immobili abitativi sono stati eliminati per
effetto delle disposizioni introdotte con il comma 4, dell'articolo 10, del
decreto-legge 20 giugno 1996, n. 323, laddove si dispone la indetraibilità
dell'IVA relativa all'acquisizione di unità abitative da parte di imprese che
non hanno per oggetto esclusivo o principale la vendita dei predetti
fabbricati, si devono considerare revocate le disposizioni impartite con la
Risoluzione Ministeriale n. 530643 del 28 luglio 1992, e con la circolare n.
128/E del 15 maggio 1996, e considerare quelle diramate con la circolare n. 57
del 17 dicembre 1991 limitate alla fattispecie particolare di cui in premessa.
Gli Uffici in indirizzo vorranno conformare la propria attività, anche in sede
contenziosa, ai principi sopra enunciati.