COMUNICAZIONE
INTERPRETATIVA DELLA COMMISSIONE EUROPEA SUGLI ASPETTI SOCIALI NEGLI APPALTI
PUBBLICI
Il 15 ottobre scorso la Commissione europea ha emanato una
“Comunicazione interpretativa sul diritto comunitario degli appalti pubblici e
sulla possibilità di integrare gli aspetti sociali negli appalti pubblici”.
La Comunicazione si inserisce nell’ambito delle azioni
annunciate nell’Agenda della politica sociale, adottata in occasione del
Consiglio di Nizza nel dicembre 2000, che mira a garantire un’interazione
positiva delle politiche economiche, sociali e dell’impiego.
Il diritto comunitario degli appalti pubblici, attualmente
in vigore, non contiene disposizioni specifiche inerenti il perseguimento di
obiettivi di politica sociale.
La Commissione, pertanto, con la comunicazione in esame, si
prefigge di chiarire le diverse possibilità di integrazione degli aspetti
sociali nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, al fine di
realizzare il c.d. “sviluppo sostenibile”, concetto che coniuga la crescita
economica, il progresso sociale ed il rispetto dell’ambiente.
In particolare, la Comunicazione prende in considerazione le
diverse fasi della procedura di aggiudicazione, e precisa, per ciascuna di
esse, se ed in quale misura possano essere tenuti in conto gli elementi di
natura sociale.
APPALTI OGGETTO DELLE DIRETTIVE SUGLI APPALTI PUBBLICI
Definizione
dell’oggetto dell’appalto
La Commissione prende a riferimento gli appalti il cui
ammontare sia uguale o superiore alla soglia indicata dalle direttive stesse e
chiarisce che l’amministrazione aggiudicatrice è libera di definire
contrattualmente l’oggetto dell’appalto che meglio risponda ai suoi obiettivi
in materia sociale.
Tale libertà, tuttavia, non è illimitata.
In proposito, infatti, viene precisato che
l’amministrazione, nella scelta del prodot-to/servizio/opera che intende
acquisire, è tenuta a conformarsi alle norme ed ai principi generali del
diritto comunitario, quali la libera circolazione delle merci e la libera
prestazione dei servizi di cui agli art. 28-30 e 43-55 del Trattato CE e viene
altresì specificato che le possibilità di integrare gli aspetti sociali variano
a seconda della tipologia dell’appalto.
Infatti, le amministrazioni aggiudicatrici possono tener
conto delle esigenze in materia sociale in maggior misura nell’ambito degli appalti
di lavori e di servizi (piuttosto che nelle forniture) per i quali sussiste la
possibilità di imporre al titolare l’osservanza di determinate modalità di
esecuzione del contratto volte a favorire, per esempio, le categorie
svantaggiate, ovvero a ridurre il fenomeno della disoccupazione.
Specifiche
tecniche
Ai sensi delle direttive sugli appalti pubblici, le
amministrazioni aggiudicatrici, in materia di specifiche tecniche, hanno la
possibilità di prescrivere quelle atte a delimitare con maggior precisione
l’oggetto della prestazione, sempre che tali specifiche non abbiano l’effetto
di eliminare o favorire un determinato offerente e siano conformi alle
indicazioni delle direttive stesse.
La Comunicazione precisa che le amministrazioni
aggiudicatrici possono richiedere, nel capitolato d’oneri, una serie di
prescrizioni tecniche che incorporino connotazioni sociali, quali, per esempio,
quelle volte a prevenire gli incidenti sul lavoro o a favorire l’accesso dei
disabili agli edifici.
Inoltre, viene chiarito che, in fase di offerta, le stazioni
appaltanti hanno la possibilità di prendere in considerazione la presentazione
di varianti che consentano di scegliere l’opzione che meglio risponda alle
esigenze di natura sociale.
Le varianti possono riguardare, ad esempio, soluzioni
tecniche atte a garantire la fruibilità, da parte dei disabili, di determinati
materiali o servizi.
Selezione dei
candidati od offerenti
Le direttive sugli appalti pubblici contengono due serie di
norme in materia di selezione per la partecipazione ad un appalto.
Le prime sono rappresentate da un elenco tassativo di
ipotesi in cui la situazione personale del candidato può o deve comportarne
l’esclusione.
In questo ambito, la Commissione precisa che gli obiettivi
di politica sociale sono presi in considerazione anzitutto laddove si prevede
l’esclusione di un offerente “il quale non abbia adempiuto agli obblighi
riguardanti il pagamento dei contributi di sicurezza sociale conformemente alle
disposizioni legislative del paese in cui è stabilito o di quello
dell’amministrazione”.
In secondo luogo, ad avviso della Commissione, la violazione
della legislazione sociale potrebbe consentire l’esclusione del candidato che
sia stato “condannato per un reato relativo alla condotta professionale, con sentenza
passata in giudicato” o “che si sia reso responsabile di gravi violazioni dei
doveri professionali, provate con qualsiasi elemento documentabile
dall’amministrazione”.
Ciò, tuttavia, sempreché gli Stati Membri stabiliscano che,
nell’ambito della propria legislazione nazionale, l’inadempienza degli obblighi
sociali costituisca un’ipotesi riconducibile al concetto di colpa professionale
grave.
La seconda serie di norme in materia di selezione concerne
l’accertamento dell’idoneità degli offerenti o candidati sotto il profilo della
capacità economica, finanziaria o tecnica.
In particolare, le direttive stabiliscono i mezzi di prova
che i candidati sono tenuti a presentare al fine di dimostrare la propria
idoneità sotto il profilo tecnico, economico e finanziario, in funzione della
natura, dell’entità e dell’oggetto di un determinato appalto.
La Comunicazione rileva a tal proposito che, i mezzi di
prova, relativi ai requisiti economici e finanziari non possono in alcun modo
tener conto di elementi di natura sociale. Nell’ambito della capacità tecnica,
invece, tale possibilità sussiste, a condizione che l’oggetto dell’appalto
esiga una particolare competenza in materia “sociale”. In tal caso,
l’amministrazione aggiudicatrice, potrà richiedere, legittimamente, esperienze
specifiche, atte a comprovare la “capacità sociale” dei candidati.
Aggiudicazione
dell’appalto
a) Il criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa
Com’è noto, ai fini dell’aggiudicazione degli appalti
pubblici, le direttive comunitarie prevedono due criteri di valutazione delle
offerte: quello del prezzo più basso e quello dell’“offerta più vantaggiosa
sotto il profilo economico”.
Qualora l’appalto venga attribuito sulla base dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, le amministrazioni aggiudicatrici sono tenute
ad indicare, nel capitolato d’oneri o nel bando di gara, i criteri di cui
intendono avvalersi per l’aggiudicazione.
Tra i vari criteri elencati dalle direttive, tuttavia, non
vengono espressamente richiamati quelli di natura sociale.
In merito, la Commissione precisa che possono essere
utilizzati anche criteri volti al perseguimento di obiettivi sociali, purché
comportino un vantaggio economico diretto per l’amministrazione aggiudicatrice,
collegato al prodotto o servizio oggetto dell’appalto.
Per altro verso, risulterebbero incompatibili con le attuali
direttive i criteri volti a riservare quote di appalti a talune categorie di
soggetti, in quanto inidonei a rivelare le qualità intrinseche di un prodotto,
di un’opera o di servizio.
b) Il “criterio addizionale”
Oltre agli elementi utilizzabili nell’ambito dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, o in sede di accertamento delle capacità dei
candidati, la Commissione ritiene che, in base a quanto definito dalla Corte di
giustizia europea (causa Beentjes n. 31/87), le amministrazioni aggiudicatrici
possano avvalersi di un “criterio addizionale” relativo all’impiego di
disoccupati di lunga durata.
In proposito, infatti, la Corte ha affermato che è possibile
adottare un criterio inerente la lotta contro la disoccupazione, purché nel
rispetto di tutti i principi fondamentali di diritto comunitario e solo qualora
le amministrazioni aggiudicatrici si trovino di fronte a due o più offerte
economicamente equivalenti. Tale criterio deve essere espressamente menzionato
nel bando di gara affinché gli imprenditori siano posti in grado di conoscere
una siffatta condizione.
c) Le offerte anormalmente basse
Nel caso in cui le offerte risultino anormalmente basse
rispetto alla prestazione, le attuali direttive sugli appalti pubblici si
limitano ad obbligare le amministrazioni aggiudicatrici a richiedere per
iscritto precisazioni agli offerenti, prima di poter respingere tali offerte.
Le direttive riportano un elenco esemplificativo delle
giustificazioni che l’amministrazione può prendere in considerazione (tra le
quali l’economia del processo di fabbricazione, le soluzioni tecniche adottate
o le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l’offerente), nel
quale, tuttavia, non sono compresi elementi relativi alle norme in materia
sociale (per esempio in tema di sicurezza o di occupazione).
Al riguardo, la Comunicazione in esame chiarisce che le
offerte anomale possono essere respinte anche qualora risultino essere in
violazione delle norme in materia di occupazione e di diritto del lavoro.
Esecuzione
dell’appalto
Sebbene la fase dell’esecuzione dell’appalto non venga
disciplinata dalle direttive, la Commissione precisa che le amministrazioni
aggiudicatrici possano perseguire gli obiettivi sociali attraverso la
previsione di determinate clausole contrattuali o di talune condizioni di
esecuzione dell’appalto.
Ciò, tuttavia, a condizione che tali clausole siano conformi
al diritto comunitario e, in particolare, le stesse non abbiano effetti
discriminatori, diretti o indiretti, nei confronti di offerenti non nazionali.
Nella Comunicazione, peraltro, si forniscono una serie di
esempi delle clausole in questione (quali l’obbligo di assumere disoccupati di
lunga durata; ovvero di realizzare, con riferimento all’esecuzione della
prestazione, misure atte a promuovere le pari opportunità tra uomini e donne;
ovvero di rispettare le disposizioni delle convenzioni fondamentali dell’OIL
sul luogo di esecuzione della prestazione qualora queste non siano ancora
integrate nel diritto nazionale).
APPALTI PUBBLICI CHE NON SONO OGGETTO DELLE DIRETTIVE
Con riferimento agli appalti al di sotto delle soglie,
previste dalle direttive, la Commissione chiarisce che le amministrazioni
aggiudicatrici sono libere di definire e applicare criteri di selezione e di
aggiudicazione di natura sociale, purché siano rispettati i principi generali
del Trattato CE (con particolare riferimento alla parità di trattamento degli
offerenti ed alla trasparenza) nonché la legislazione nazionale vigente in
subiecta materia.
In conseguenza, si ritengono per esempio ammissibili le
prassi che riservano quote di appalti ai disabili o ai disoccupati.
Tuttavia, viene altresì precisato che tali prassi non
dovranno dar luogo a discriminazioni dirette o indirette nei confronti di
offerenti provenienti da Stati membri diversi da quello in cui viene indetto
l’appalto.
DISPOSIZIONI IN MATERIA SOCIALE APPLICABILI AGLI APPALTI
PUBBLICI
Sebbene le direttive comunitarie sugli appalti pubblici non
contengano disposizioni specifiche in tal senso, l’esecuzione del contratto
conseguente all’aggiudicazione di un appalto pubblico deve avvenire nel pieno
rispetto di tutte le normative di carattere nazionale, internazionale o
comunitario, la cui applicazione è obbligatoria in materia sociale.
Al riguardo, le direttive sugli appalti pubblici prevedono
la possibilità che le amministrazioni aggiudicatrici indichino - o siano
obbligate da uno Stato membro ad indicare nel capitolato d’oneri, le autorità
nazionali cui gli offerenti possono rivolgersi per ottenere informazioni sugli
obblighi dettati dalle disposizioni in materia sociale la cui applicazione è
obbligatoria nel luogo di esecuzione dell’appalto.
La comunicazione in esame sottolinea che tra le direttive
comunitarie in materia sociale assumono particolare rilevanza, nell’ambito
degli appalti pubblici, quelle attinenti il “distacco dei lavoratori” e il
“trasferimento di imprese”.
La direttiva 96/71/CE, relativa al “distacco dei lavoratori”, contiene un elenco di norme
imperative di protezione minima, giustificate dall’interesse generale, cui deve
attenersi, nel paese ospite, il datore di lavoro che distacchi i propri
dipendenti. Tali norme derivano da disposizioni legislative o da contratti
collettivi dichiarati di applicazione generale (l’articolo 3 della direttiva 96/71/CE
precisa che “per contratti collettivi o arbitrati, dichiarati di applicazione
generale, si intendono quelli che devono essere rispettati da tutte le imprese
situate nell’ambito di applicazione territoriale e nella categoria
professionale o industriale interessate”). In particolare, si rileva che la
direttiva prevede che le norme stabilite dai contratti collettivi di lavoro
dichiarati di applicazione generale sono obbligatoriamente applicabili al
settore dell’edilizia.
In seguito alla procedura di aggiudicazione di un appalto
pubblico sussiste, inoltre, l’eventualità che un’impresa rilevi alcune attività
esercitate fino a quel momento da un’altra impresa, potendo verificarsi, in
tale ipotesi, un “trasferimento di
impresa” rientrante nel campo di applicazione della direttiva
comunitaria 2001/23/CE in materia.
Il criterio essenziale per stabilire se si configuri un
trasferimento ai sensi di detta direttiva, consiste nel mantenimento della
propria identità da parte dell’entità trasferita, la cui gestione sia stata
effettivamente proseguita o ripresa.
A tal proposito, la Commissione ha precisato che in base a quanto si evince dalla
giurisprudenza della Corte di giustizia l’assenza di un vincolo contrattuale
tra cedente (vecchio titolare dell’appalto) e cessionario (nuovo titolare
dell’appalto), ancorché possa costituire un indizio di assenza di trasferimento
ai sensi della suddetta direttiva, non può rivestire importanza determinante al
riguardo.
La direttiva trova, quindi, applicazione in tutti i casi di
cambiamento della persona fisica o giuridica, responsabile della gestione
dell’impresa, che assuma le obbligazioni del datore di lavoro nei confronti dei
dipendenti dell’impresa stessa.
Al momento di presentare un’offerta, l’operatore deve,
pertanto, essere in grado di valutare se, qualora la stessa dovesse risultare
vincente, egli avrà interesse a riacquistare dall’attuale appaltatore
significativi elementi patrimoniali e a rilevare, in tutto o in parte, il suo
personale, ovvero se sarà obbligato a farlo ed eventualmente se si troverà in
una situazione di trasferimento d’impresa ai sensi della direttiva citata.