APPALTI PUBBLICI
SOPRA SOGLIA – SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA IN TEMA DI OFFERTE ANOMALE
Con sentenza del 27 novembre 2002, la Corte di Giustizia
dell’Unione Europea ha affrontato la questione relativa alla compatibilità con
il diritto comunitario della disciplina sui criteri di valutazione delle
offerte anomale contenuta nella legge n. 109/94 (art. 21 comma 1 bis).
La questione è nata da due diversi ricorsi presentati contro
l’ANAS. Com’è noto, la disciplina
comunitaria relativa alle modalità di valutazione delle offerte anomale in
materia di appalti pubblici di lavori è contenuta nell’art. 30 della direttiva
n. 93/37. Detto articolo è stato
recepito nell’ordinamento italiano con l’art. 21, comma 1 bis, della legge 11
febbraio 1994, n. 109.
Ciò premesso, il giudice comunitario, è stato chiamato a
decidere se risultino in contrasto con l’art. 30, n. 4, della direttiva 93/37,
i seguenti aspetti della normativa italiana e della prassi amministrativa che
ne è derivata:
1) La previsione che introduce un meccanismo di rilievo
automatico della soglia di anomalia delle offerte da sottoporre a verifica di
congruità, fondato su un criterio casistico ed una media aritmetica, tale da
non consentire agli imprenditori di conoscere preventivamente la soglia
stessa. In proposito la Corte ha
ritenuto che, in via di principio, tale meccanismo non sia in contrasto con la
normativa comunitaria, dovendo tuttavia il risultato al quale porta
l’applicazione di tale metodo di calcolo essere riesaminato dall’amministrazione
aggiudicatrice. In particolare, la
Corte ha osservato che il risultato al quale perviene un meccanismo di calcolo
basato sulla media delle offerte potrebbe essere notevolmente alterato da
pratiche tese ad influenzare il risultato del calcolo stesso e ciò sarebbe
incompatibile con gli obiettivi perseguiti dalla direttiva stessa. 2 In
conseguenza, la Corte ritiene che, affinché l’effetto utile della direttiva sia
pienamente preservato, tale risultato non deve essere immutabile e deve poter
essere riconsiderato dall’amministrazione aggiudicatrice, se ciò risulta
necessario in considerazione in particolare del livello della soglia di
anomalia delle offerte applicata in appalti analoghi e degli insegnamenti che
si ricavano dall’esperienza comune.
2) La previsione di clausole di bandi di gara che dispongano
l’esclusione di imprese che non abbiano allegato alle proprie offerte le
giustificazioni del prezzo indicato, pari ad almeno il 75% del valore richiesto
a base d’asta, utilizzando a tal fine moduli ad hoc. In merito, la Corte ha
stabilito che, in via di principio, tali disposizioni e la conseguente prassi
amministrativa non risultano in contrasto con il diritto comunitario.
3) La previsione di un contraddittorio anticipato, senza che
l’impresa che abbia presentato un’offerta anomala abbia la possibilità di far
valere le sue ragioni dopo l’apertura delle buste e prima dell’adozione del
provvedimento di esclusione. In merito, la Corte ha stabilito che tale
disposizione e la conseguente prassi amministrativa non appaiono conformi
all’art. 30, n. 4 della Direttiva 93/37. Ad opinione della Corte, infatti,
risulta essenziale garantire che ogni offerente che abbia presentato un’offerta
anomala disponga della facoltà di produrre ogni giustificazione sui vari elementi
della sua offerta in un momento - che si colloca necessariamente dopo
l’apertura di tutte le buste - in cui egli ha conoscenza non solo della soglia
di anomalia ma anche del fatto che la sua offerta è apparsa anomala. Inoltre,
deve essere consentito al concorrente di conoscere i punti precisi che hanno
suscitato perplessità nell’amministrazione aggiudicatrice, nonché la
conseguente possibilità di far valere le proprie argomentazioni prima
dell’adozione della decisione finale.
4) La previsione secondo la quale l’amministrazione
aggiudicatrice possa prendere in considerazione giustificazioni riguardanti
esclusivamente l’economia del procedimento di costruzione o le soluzioni
tecniche adottate o le condizioni eccezionalmente favorevoli di cui dispone l’offerente,
con esclusione di giustificazioni relative ad elementi i cui valori minimi sono
rilevabili da listini ufficiali. Anche in questo caso, la Corte ha ritenuto che
tale procedura sia in contrasto con la normativa comunitaria. In particolare,
la Corte osserva che, la normativa italiana si oppone a quella comunitaria dal
momento che, da un lato, impone all’amministrazione aggiudicatrice di prendere
in considerazione solo talune giustificazioni; e, dall’altro, esclude
esplicitamente taluni tipi di giustificazioni, come quelle relative a tutti
quegli elementi i cui valori minimi sono stabiliti da disposizioni legislative
regolamentari o amministrative, ovvero sono rilevabili da dati ufficiali.
Ciò premesso, si osserva che le stazioni appaltanti potranno
certamente continuare ad applicare l’art. 21, comma 1 bis della legge n.
109/94, ma con diversi elementi di novità, quali:
a) dovranno essere presi in considerazione anche eventuali
giustificazioni relative agli elementi i cui valori minimi sono rilevabili da
dati ufficiali (es.: prezziari);
b) prima di escludere l’offerta che non si ritiene
sufficientemente giustificata, dovrà essere riaperto il contraddittorio con
l’impresa, al fine di valutare ulteriori giustificazioni;
c) tali ulteriori chiarimenti potranno essere richiesti non
solo con riferimento agli elementi dell’offerta che sono stati oggetto delle
giustificazioni inizialmente allegate all’offerta stessa,ma su tutti quei punti
che hanno suscitato dubbi o perplessità nella stazione appaltante. In altri
termini potranno essere fornite delucidazioni anche con riferimento a quegli
elementi contenuti nel 25% del valore dell’appalto inizialmente privo di
giustificazioni. Ciò in quanto, ad opinione della Corte, l’offerente, nel
momento in cui presenta l’offerta non ha conoscenza degli aspetti che
susciteranno sospetti di anomalia, cosicchè, in questa fase della procedura,
non è in grado di fornire chiarimenti utili e completi a sostegno dei vari
elementi che compongono la sua offerta. L’amministrazione pertanto deve
concedere all’interessato la possibilità di far valere i propri argomenti prima
di adottare la propria decisione finale. Rimane aperto il problema relativo ai
limiti entro i quali il concorrente possa produrre ulteriori chiarimenti in
ordine a quegli elementi relativi al 75% del valore dell’appalto sui quali
abbia già prodotto le prime giustificazioni, in sede di offerta. La Corte,
infatti, non pronunciandosi al riguardo, non chiarisce se tali ulteriori
giustificazioni possano consistere in elementi del tutto diversi e/o nuovi
rispetto a quelli inizialmente prodotti, oppure – come sembrerebbe più corretto
– possa trattarsi di delucidazioni volte semplicemente a chiarire quelle già
allegate in fase di offerta;
d) è possibile che, sulla base delle sole giustificazioni
allegate all’offerta – e pari alle voci di prezzo più significative che
concorrono a formare il 75% dell’importo a base d’asta – l’amministrazione
possa già convincersi che l’offerta, benchè sembri anormalmente bassa, sia in
realtà seria e pertanto l’accetti. Viceversa, per quanto sopra affermato, non è
possibile che un’offerta che appaia anormalmente bassa sulla base delle
giustificazione inizialmente allegate all’offerta venga esclusa senza che il
candidato abbia la possibilità di produrre ulteriori delucidazioni;
e) sarà comunque oltremodo possibile che le amministrazioni
chiedano, ab initio, la produzione di giustificazioni pari al 100% del valore
dell’appalto, fermo restando che, anche in tal caso, dovrà essere sempre
consentito al candidato di produrre ulteriori giustificazioni a chiarimento dei
punti dell’offerta che hanno suscitato dubbi.
La sentenza in esame, di carattere interpretativo, è immediatamente applicabile all’interno degli Stati membri. Un comportamento difforme dell’amministrazione appaltante da quanto sopra esplicitato sarebbe censurabile davanti al giudice amministrativo per contrasto con la direttiva comunitaria, come interpretata dalla Corte di Giustizia, che come è noto, si sostituisce alla normativa interna con essa contrastante.