APPALTI PUBBLICI - PER L'AMMISSIONE
ALLA GARA E' SUFFICIENTE LA DICHIARAZIONE SUI DISABILI SENZA PRESENTARE
L'ATTESTAZIONE DEGLI UFFICI COMPETENTI
(Consiglio di Stato, Sezione V - Sentenza 17 aprile 2002, n. 2020)
Il disposto di cui all'art. 17 della legge n. 68 del 1999 (e, quindi,
il bando che vi si richiama) prevede, che "le imprese, qualora partecipino
a bandi per appalti pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di
concessione con pubbliche amministrazioni, sono tenute a presentare
preventivamente alle stesse la dichiarazione del legale rappresentante che
attesti di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro
dei disabili, nonché apposita certificazione rilasciata dagli uffici competenti
dalla quale risulti l'ottemperanza alle norme della presente legge, pena
l'esclusione".
Tali disposizioni vanno interpretate nel senso che, ai fini della
partecipazione alla gara, sia sufficiente che venga resa (a pena di esclusione)
la detta dichiarazione, attestante che l'impresa è in regola con le norme che
disciplinano il diritto al lavoro dei disabili; nell'ipotesi di provvisoria
aggiudicazione, l'impresa aggiudicataria deve, poi, essere invitata a
certificare, sempre a pena di esclusione, l'ottemperanza alle norme medesime
tramite la certificazione dei competenti uffici.
DIRITTO
1) - L'appello è infondato.
Il bando di gara prescrive, al n. 9 (modalità di
presentazione dell'offerta) lettera A, che la "istanza di ammissione alla
gara" contenga una dichiarazione, successivamente verificabile,
attestante, tra l'altro - v. pag. 4, punto 12 della stessa lettera A - "di
essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei
disabili (art. 17 legge n. 68/99)"; la successiva lettera I (pag. 7 del
bando), sempre relativa ai documenti da produrre in originale, prescrive una
"certificazione, rilasciata dagli Uffici competenti, dalla quale risulti
l'ottemperanza alla legge 23.03.1999, n. 68 sul diritto al lavoro dei
disabili"; il punto 10) del bando, relativo alla "ricezione delle
offerte", avverte "che si farà luogo all'esclusione dalla gara di
tutte le offerte tardive o di tutti quei concorrenti per i quali manchi o
risulti incompleta o irregolare la documentazione richiesta".
Sulla base di tale disposizione è stata esclusa la società
qui appellata, che ha reso, ai fini della partecipazione alla gara, la seguente
dichiarazione: "di essere in regola con le norme che disciplinano il
diritto al lavoro dei disabili (art. 17 legge n. 68/99)"; ma che non ha
prodotto la "certificazione, rilasciata dagli Uffici competenti, dalla
quale risulti l'ottemperanza alla legge 23.03.1999, n. 68 sul diritto al lavoro
dei disabili", di cui alla sopra riportata lettera I del punto 9) del
bando.
Tale mancanza è stata sanzionata con l'esclusione ai sensi
del citato punto 10) del bando stesso, essendo stata rivista alla stregua di
una mancanza o incompletezza della documentazione richiesta.
2) - Ritiene la Sezione - condividendo le censure svolte in
primo grado - che illegittimamente sia stata esclusa dalla gara l'originaria
ricorrente.
Il disposto di cui all'art. 17 della citata legge n. 68 del
1999 (e, quindi, il bando che vi si richiama) prevede, infatti, che "le
imprese, sia pubbliche sia private, qualora partecipino a bandi per appalti
pubblici o intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con pubbliche
amministrazioni, sono tenute a presentare preventivamente alle stesse la dichiarazione
del legale rappresentante che attesti di essere in regola con le norme che
disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, nonché apposita certificazione
rilasciata dagli uffici competenti dalla quale risulti l'ottemperanza alle
norme della presente legge, pena l'esclusione".
Ebbene, tali disposizioni vanno interpretate nel senso che,
ai fini della partecipazione alla gara, sia sufficiente che venga resa (a pena
di esclusione) la detta dichiarazione, attestante che l'impresa è in regola con
le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili; nell'ipotesi di
provvisoria aggiudicazione, l'impresa aggiudicataria deve, poi, essere invitata
a certificare, sempre a pena di esclusione, l'ottemperanza alle norme medesime
tramite i competenti uffici.
In tal senso convincono considerazioni d'ordine
logico-sistematico, secondo cui ai fini della partecipazione ai pubblici
appalti sono normalmente sufficienti le semplici dichiarazioni rese dai
candidati, mentre la documentazione attestante il possesso dei requisiti
dichiarati deve essere offerta, generalmente, solo in seguito
all'aggiudicazione ovvero, negli appalti di lavori pubblici, nell'ipotesi in
cui l'impresa sia stata inserita tra quelle per le quali, ai sensi dell'art.
10, comma 1-quater della legge n. 109/1994, deve essere operata la preventiva
verifica del possesso dei requisiti ivi prescritta; e, del resto, non avrebbe
senso logico richiedere, da un lato, la dichiarazione in merito al possesso del
requisito e, contemporaneamente e agli stessi fini della concreta
partecipazione alla gara, anche il deposito della correlativa certificazione.
Nella specie, quindi, la detta dichiarazione, atta ad
impegnare la responsabilità dell'impresa, è stata ritualmente resa, sicché la
stessa non avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara (con la conseguente omessa
apertura della sua offerta economica).
Solo l'aggiudicataria provvisoria, infatti, è tenuta a
fornire la certificazione richiesta dalla legge e, in conformità con questa, anche
dal bando; bando che, quindi, neppure avrebbe dovuto essere impugnato, dal
momento che, in base alla sua interpretazione corretta e conforme alla legge,
non avrebbe potuto disporsi l'esclusione dell'originaria ricorrente; e ciò
tanto più in un caso quale quello in esame, in cui l'impresa, in quanto dotata
di meno di quindici dipendenti, neppure era soggetta alle disposizioni di cui
alla ripetuta legge n. 68/1999.
In occasione, poi, dell'eventuale provvisoria aggiudicazione
in suo favore, l'impresa stessa ben avrebbe potuto dichiarare di non essere
tenuta, dato il ridotto numero di dipendenti (non contestato, peraltro,
dall'appellante), al rispetto degli obblighi dalla stessa legge previsti solo
per imprese con più di 14 dipendenti, eventualmente (ma non necessariamente,
dal momento che tanto non è richiesto dal legislatore né dalla lex specialis
della gara) autocertificando tale circostanza ovvero, e se possibile, munendosi
della relativa certificazione (sempreché, naturalmente, gli uffici preposti
siano in grado di rendere anche una certificazione di contenuto negativo
allorché l'impresa abbia un numero di dipendenti inferiore rispetto a quello
minimo previsto dalla legge per l'applicazione della stessa).
3) - Fa notare, ancora, l'appellante che la T. s.n.c.
avrebbe dichiarato solo di essere in regola con le norme della legge n.
68/1999, mentre solo in un momento successivo - e tardivamente - avrebbe
precisato di non essere tenuta all'osservanza delle norme stesse; ebbene, altro
sarebbe l'essere in regola, altro il non essere tenuta all'osservanza delle
dette disposizioni; donde, comunque, l'assoluta equivocità, negligenza e
inidoneità della dichiarazione; fin dal momento dell'invio dei documenti alla
P.A. ben avrebbe potuto l'interessata autocertificare, quanto meno, di avere
una manodopera inferiore ai 15 dipendenti.
Anche tale profilo di censura non può, per i motivi
anzidetti, essere condiviso.
Come si è visto, l'offerta dell'interessata non avrebbe
potuto essere esclusa prima di procedere all'apertura delle buste, dal momento
che la dichiarazione anzidetta - di essere in regola con le norme della legge
n. 68/1999 - era valida e sufficiente ai fini della partecipazione alla gara e,
quindi, ai fini dell'ammissione all'apertura delle buste.
Quanto alla utilizzazione dell'autocertificazione, questa
era possibile pur nel silenzio, sul punto, del bando di gara; ma avrebbe potuto
essere richiesta, come si ripete, solo in sede di verifica dei requisiti ex
art. 10, comma 1-quater della legge n. 109/1994, ovvero di aggiudicazione
provvisoria.
Donde, anche sotto tale profilo, l'illegittimità
dell'esclusione dell'originaria ricorrente dalla gara di cui si tratta.
4) - Né può, in proposito, convenirsi con il Comune nel
ritenere che l'eventuale riammissione in gara dell'interessata avrebbe dovuto,
comunque, comportare necessariamente, da parte della P.A., per motivi di parità
di trattamento e di rispetto della par condicio, anche la riammissione di due
altre imprese, escluse, per lo stesso motivo; sicché nessuna certezza vi
sarebbe stata in merito all'aggiudicazione a favore dell'originaria ricorrente,
con la conseguente inammissibilità dell'originario ricorso per difetto
d'interesse.
A parte il fatto che rimarrebbe comunque fermo l'interesse
dell'appellata quanto meno ai fini del risarcimento del danno per perdita di
chances, vi è, comunque, da osservare che nessun onere o obbligo nei sensi ora
indicati fa capo all'Amministrazione, dal momento che le imprese appena dette
hanno fatto acquiescenza all'esclusione nei loro confronti operata.
Le disposte esclusioni rappresentano, del resto,
provvedimenti tra loro autonomi anche se contestuali; sicché l'annullamento in
sede giurisdizionale di uno solo di tali atti preclusivi non implica affatto la
rimozione degli altri e non pregiudica la par condicio dei concorrenti il fatto
che l'ammissione alla gara venga operata nei confronti della sola ricorrente.
5) - Con l'appello incidentale svolto in calce alle proprie
difese l'impresa appellata rileva che, nell'ipotesi in cui, nel prosieguo del
giudizio, dovesse risultare l'esecuzione, totale o parziale, da parte della
controinteressata, dei lavori oggetto della gara, ad essa appellante
incidentale spetterebbe il diritto al risarcimento del danno per equivalente.
Non si tratta, in effetti, di un vero e proprio appello, ma
di una riserva di domanda risarcitoria correlata a fatti e circostanze
eventuali (aggiudicazione della gara all'originaria ricorrente a seguito
dell'ammissione della sua offerta; verificato possesso dei requisiti di partecipazione
e della rispondenza al vero delle dichiarazioni rese etc.; parziale
espletamento dei lavori da parte della controinteressata), ma che dovranno, a
seguito di apposita, nuova domanda, essere prese in considerazione in separata
sede.
6) - Per tali motivi l'appello in epigrafe appare infondato
e va respinto.
Le spese seguono, come di norma, la soccombenza e sono
liquidate nel dispositivo.