REINTRODOTTA LA
POTESTA’ SANZIONATORIA DEGLI ENTI LOCALI
La Legge 16 gennaio 2003 n°3 (c.d. collegato alla
Finanziaria 2003 – Disposizioni ordinamentali in materia di Pubblica
Amministrazione) ha restituito agli enti locali il potere di applicare sanzioni
amministrative nei casi di violazioni dei regolamenti comunali e provinciali.
Infatti, per un mero errore, la Legge 18 agosto 2000 n°267
aveva abrogato espressamente l'art.106 del Testo Unico sugli Enti Locali.
Quest'ultimo disponeva, per l'appunto, che "quando
la legge non disponga altrimenti, le
contravvenzioni alle disposizioni dei regolamenti
comunali sono punite con la sanzione amministrativa fino a lire
1.000.000".
La norma era passata indenne attraverso le riforme apportate
all'ordinamento attraverso la Legge 689/81 e la Legge 142/90.
L'intervenuta abrogazione della citata disposizione ha posto
seri dubbi interpretativi.
Le prime voci della dottrina, in tal senso, dichiaravano la
perdita del potere sanzionatorio da parte degli enti locali (cfr. VIRGA P., Con
il testo unico si è raggiunto l'obiettivo della stabilità nella legislazione
degli enti locali?, in Giustizia Amministrativa 01, 2001).
La risoluzione del Ministero dell'Interno 7 marzo 2001
Intervenne ad affrontare il problema il Ministero
dell'Interno.
Secondo il dicastero, infatti, la facoltà sanzionatoria
degli enti locali sarebbe sopravvissuta all'abrogazione del citato art.106 in
quanto riconosciuta dalla Costituzione (artt.5 e 128) e ciò calpestando, di
fatto, la riserva di legge sancita dall'art.23 della Costituzione.
In altri termini, secondo l'Amministrazione, il potere
sanzionatorio sarebbe stato compreso nell'autonomia normativa riservata a
comuni e provincie.
Non varrebbe, quindi, il principio per il quale spetterebbe
alla legge delineare la disposizione nei suoi tratti essenziali, dovendosi
limitare i regolamenti alle mere integrazioni.
L'interpretazione innanzi esposta venne accolta con favore
da molti enti locali che, adeguando i propri regolamenti, hanno richiamato la
vigenza delle sanzioni amministrative "locali".
La posizione sostenuta dal Ministero dell'Interno si fondava
su di una sentenza della Corte di Cassazione (12779/95).
Ed in realtà, è la stessa Cassazione a mostrare i limiti della
tesi del Ministero.
Il parere del Consiglio di Stato 17 ottobre 2001 n°885
I giudici amministrativi, chiamati in causa dallo stesso
Ministero, ne definivano la tesi "suggestiva".
Argomentavano, infatti, in senso contrario che la
Costituzione prevede una vera e propria riserva di legge in materia di sanzioni
amministrative e che, di conseguenza, è compito della legge fornire una norma
in tal senso.
Gli enti locali potranno meglio articolarne la portata, ma
sempre nel quadro delineato dal legislatore statale.
Il pensiero del Consiglio di Stato è avallato dalla medesima
pronuncia della Cassazione utilizzata dal Ministero dell'Interno.
La Suprema Corte sosteneva, per l'appunto, che il
presupposto della capacità sanzionatoria degli enti locali risiedeva proprio
nell'abrogato art.106.
Venuto meno questo, si è creato un vuoto normativo,
colmabile (ad opinione del Consiglio di Stato) solo attraverso un intervento
normativo.
Intervento auspicato dagli stessi giudici temendo,
perdurante questa lacuna, un indiscriminato ricorso all'art.650 c.p. che
sanziona penalmente l'inosservanza dei provvedimenti dati dall'Autorità per
ragioni di giustizia, di sicurezza pubblica, d'ordine pubblico o d'igiene, nei
casi in cui la violazione dell'ordine non sia punita amministrativamente.
A distanza di quasi tre anni viene introdotto all'interno della Legge 18 agosto 2000 n°267, il nuovo art.7 bis: "Salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 25 Euro a 500 Euro".