Domenica 11 Maggio 2003
L’assemblea del Collegio Costruttori col viceministro Martinat e il presidente Ance
L’edilizia «chiama» il governo
De Albertis: è un settore strategico, merita sostegno

Più attenzione e maggiori tutele per un comparto che ha sostenuto negli ultimi anni l’economia nazionale e ora rischia un rallentamento pericoloso. Questo l’appello lanciato dal presidente nazionale dell’Ance, Claudio De Albertis, intervenuto all’assemblea annuale del Collegio Costruttori di Brescia. Un messaggio al viceministro ai lavori pubblici e alle infrastrutture Ugo Martinat, ospite dell’assise degli edili. Una richiesta accompagnata dal forte richiamo del presidente provinciale del Collegio, Alberto Giacomelli, alla necessità di qualificare le imprese che operano nel settore privato, elemento essenziale per la vitalità del comparto. «Il Governo - ha spiegato De Albertis -, dovrebbe rendersi conto che in questi anni l’edilizia ha contribuito a creare ricchezza e occupazione con una percentuale doppia rispetto agli altri settori. Ora, però, il rischio è che a partire dal 2004 gli indici diventino negativi».
In base ai dati forniti da De Albertis, nel 2002, il comparto è cresciuto del 2,3%, in contrazione rispetto al »3,7% del 2001 e al »6% del 2000. Anche gli investimenti sono aumentati, soprattutto nell’edilizia residenziale. Ma i risultati migliori sono giunti sul fronte dell’occupazione, con 41 mila nuovi occupati nel 2002 (90 mila nel 2000). Più del doppio della media degli altri comparti. «Basterebbero pochi interventi strutturali mirati - ha aggiunto De Albertis - per consolidare un vero e proprio miracolo». Il 2003, infatti, si conferma in crescita, anche se solo dell’1,6%. «Pesa su queste performance - ha aggiunto il presidente Ance -, l’esaurirsi di due provvedimenti come la Tremonti bis e l’agevolazione del 36% sulle ristrutturazioni. Va dato atto al Governo, comunque, di avere ottenuto un grande successo, mettendo mano ad un quadro legislativo complesso e riportando al centro del dibattito nazionale il problema delle grandi infrastrutture. In queste direzioni, però, il ruolo di stimolo e propositivo dell’Ance è stato sempre molto forte». Infine, l’ultima sottolineatura di de Albertis ha avuto per oggetto il tema dei maxi appalti. «È un nodo politico importante - ha affermato il presidente nazionale -. Non è accettabile porre fuori mercato troppe aziende di medio-piccole dimensioni. Va attuata, inoltre, una seria revisione delle scelte di investimento. Non ci si può affidare solo al project financing: le infrastrutture sono il vero capitale fisso del Paese».
Secondo i dati forniti nel corso dell’assise, nell’ultimo decennio gli investimenti in capitale fisso sono calati del 22%, a fronte di un incremento del 17% della spesa corrente. Ma il viceministro Ugo Martinat, nel suo intervento, ha difeso con convinzione la modularità dei finanziamenti alle grandi opere. «Il motivo è semplice - ha spiegato -. Se l’intero programma di opere pubbliche fosse posto in essere in un blocco unico, probabilmente le imprese non riuscirebbero a farvi fronte. Dubito che le Ferrovie italiane riescano a consumare in breve tempo i 27 mila miliardi di vecchie lire di patrimonio che hanno ancora a disposizione per gli investimenti». Martinat si è invece detto favorevole alla proroga di Tremonti bis ed agli incentivi. «Bisognerà convincere il ministro dell’Economia - ha spiegato -: al momento non pare propenso a riproporre i provvedimenti».
Soffermandosi sulla realtà edile bresciana, dove la media è di 3 dipendenti per azienda, il viceministro si è detto convinto che vadano incoraggiate le aggregazioni. Dal punto infrastrutturale locale ha inoltre sottolineato l’importanza del progetto metrobus, «a condizione che non sia inteso come servizio alla sola città, ma anche all’area metropolitana, e quindi alla provincia».
Infine, parlando del rapporto tra Italia e Europa Martinat ha affermato che «il mercato non è ancora completamente libero. Non mi spaventerebbe - ha detto - sentire parlare francese o tedesco nei nostri cantieri. Tutto questo a patto, però, che a Parigi o Berlino si parli un po’ più italiano».
Matteo Meneghello