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Alberto
Giacomelli durante la relazione all’assemblea dei
costruttori bresciani
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BRESCIA
Opere pubbliche, sistema degli appalti, fisco e
qualificazione delle imprese anche in ambito privato. Sono
questi alcuni fra i temi trattati nell’assemblea 2003 del
Collegio costruttori edili di Brescia. Al tavolo dei relatori,
oltre al presidente Alberto Giacomelli, sedevano anche il
presidente nazionale dell’Ance Claudio De Albertis, il
viceministro alle Infrastrutture e Trasporti Ugo Martinat, il
presidente dell’Ance lombarda (Associazione nazionale
costruttori) Giuseppe Colleoni. Il comparto resta trainante
per l’economia italiana: rispetto alle altre attività
produttive, infatti, nella media degli ultimi tre anni l’edilizia
ha contribuito in maniera doppia alla creazione di ricchezza e
occupazione nel Paese. Questa è l’analisi che ha
accompagnato buona parte dei lavori assembleari, nella
considerazione che dopo il boom il settore oggi accusa alcuni
segnali di contrazione, contrastabili solo facendo leva sull’attenuazione
della pressione fiscale. Nella relazione introduttiva Alberto
Giacomelli ha voluto però sottolineare anche l’esigenza di
aumentare le garanzie a favore di mercato e utenza (ne
riferiamo a parte) richiedendo quindi nuove regole per l’accesso
alla professione di imprenditore edile, sia per favorire la
professionalità sia contro la nascita di «imprese
fantasma». Per garantire stabilità operativa al settore
delle costruzioni, anche nel 2002 favorito da un costante
incremento delle compravendite e degli investimenti privati,
servono invece strumenti fiscali strutturali e non a termine,
come il recupero permanente del 36% sulle ristrutturazioni.
Giacomelli ha posto con forza il tema, sottolineando alcuni
segnali preoccupanti del primo trimestre del 2003.
Sollecitazioni raccolte sia da Claudio De Albertis sia dal
viceministro Martinat. Quest’ultimo, in particolare,
parlando all’assemblea riunita nella Multisala Oz di Brescia
(presenti molti rappresentanti delle istituzioni locali), ha
preso le mosse dal «blocco» dei subappalti al 30%. Un limite
che «dovrebbe essere portato al 50% - da detto - poiché ciò
che conta è il rispetto delle regole contributive e sulla
sicurezza in cantiere». Martinat, prendendo lo spunto dalla
polemica sul contenimento degli investimenti, ha difeso la
modularità nei finanziamenti alle grandi opere. «Il motivo
è semplice: se l’intero programma fosse posto
contemporaneamente in appalto, probabilmente le imprese non
riuscirebbero a farvi fronte. Un esempio? Dubito che le
Ferrovie potranno esaurire in tempi brevi le riserve di 27mila
miliardi di vecchie lire ancora disponibili per gli
investimenti». In teoria, quindi, oggi più impegno può
essere riservato agli incentivi, in vista sia della scadenza
della Tremonti bis che del rimborso parziale sulle spese per
le ristrutturazioni. Martinat è d’accordo, anche se dovrà
convincere il ministro dell’Economia, non del tutto convinto
sulla necessità di reiterare tali agevolazioni. Sul problema
degli investimenti privati - ora che è sempre più complesso
individuare nuove aree - Martinat propone un approccio
diverso, quasi una filosofia: «Ogni generazione deve poter
vivere le città dando loro una forma che le renda
razionalmente abitabili. La conservazione degli edifici
storici non solo è importante, ma anche qualitativamente
apprezzabile. Ma le brutture, edifici solo vecchi e senza
pregio, dovrebbero poter essere abbattuti. In alcuni centri,
così come in alcune periferie, si dovrebbe poter intervenire
con le ruspe. La tipologia stessa delle abitazioni - ha
proseguito Martinat - deve essere adattata alle mutate
esigenze di vita. Un tempo i figli erano numerosi, oggi no. Un
tempo non c’erano auto, oggi ce ne è più di una a
famiglia. È necessario quindi riscrivere gli spazi interni ed
esterni alle case per generazioni nuove con esigenze
diverse». Altro argomento è quello della mobilità. «Ho
allo studio - ha detto ancora il viceministro - la riduzione
di atti ed incombenze sulle compravendite che non riguardino
solo la prima casa. Oggi la gente si deve sentire più libera
nel cambiare abitazione e lo può fare anche per rispondere a
precise esigenze lavorative». L’intervento del viceministro
Ugo Martinat è stato preceduto da quello di Claudio De
Albertis, presidente nazionale dell’Ance. De Albertis ha
chiesto al Governo quelle agevolazioni «poche, ma utili»,
tali da trasformare «un periodo positivo in un miracolo
economico edilizio». Occorre però agire con urgenza
«poiché gli indici positivi sinora registrati (la proiezione
congiunturale 2003 è in attivo del 2,3%, ma dimezzata
rispetto al 2001), potrebbero invertire definitivamente rotta
nel 2004». Durante lo scorso anno in Italia i nuovi occupati
in edilizia sono stati 41mila, contro gli 80mila del 2001, una
media che resta sempre al di sopra degli altri comparti
manifatturieri. In sostanza, l’edilizia si conferma motore
dell’economia, ma non è pensabile mantenere una tale
velocità se il sistema stesso non agevola gli investimenti.
In giugno scade la Tremonti Bis ed è una tappa importante,
quanto preoccupante, per verificare la reale tenuta dell’attività.
Il successo del sistema «global contractor» - ha proseguito
il presidente dell’Ance - è un dato di fatto, ma esiste una
deformazione del concetto di concentrazione degli appalti che
deve essere ridefinito: «Non è possibile - ha sottolineato
il relatore - che lavori diversi in aree diverse siano gestiti
in unica gara. Questo gigantismo impedisce a troppe imprese di
partecipare a gare che dovrebbero al contrario essere bandite
in modo frazionato». Non è mancato un richiamo al Governo
affinché venga mantenuto alto il livello di finanziamento non
solo per le grandi opere, ma anche per gli appalti ordinari
«che incidono sulla qualità dei centri urbani e della
viabilità. Le infrastrutture - ha detto ancora De Albertis -
costituiscono un capitale fisso per il Paese, un patrimonio
che negli ultimi anni è stato eroso». Sul fronte della
qualità il presidente Ance si è detto convinto della
necessità di agire con determinazione, fissando alcuni
parametri fondamentali come le fidejussioni obbligatorie o
polizze assicurative a garanzia delle opere.
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