ORARIO DI LAVORO – NUOVA DISCIPLINA – DECRETO LEGISLATIVO 8 APRILE 2003, N. 66
Sulla G.U. n. 87 del 14 marzo 2003 è stato pubblicato
il Decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 che detta una nuova disciplina in
tema di orario di lavoro.
Il provvedimento è entrato in vigore lo scorso 29
aprile.
Di seguito si illustrano le principali novità
contenute nel decreto in commento.
Il D.Lgs. n. 66/03 si applica a tutti i settori di
attività, pubblici e privati, e a tutte le tipologie di imprese, salvo le
eccezioni espressamente indicate nello stesso provvedimento.
Inoltre, il decreto in parola dispone che la nuova
disciplina in materia di orario di lavoro si applica, innovando rispetto
all’abrogata legislazione, anche nei confronti degli apprendisti
maggiorenni. Ciò comporta che gli apprendisti maggiorenni possono ora essere
adibiti al lavoro notturno ed a prestazioni di lavoro straordinario.
Per quanto attiene, invece, gli apprendisti minorenni nulla è modificato e, pertanto, continuano a trovare applicazione i limiti ed i divieti in tema di lavoro notturno e di orario di lavoro giornaliero.
L’art. 3 dispone che l’orario normale di lavoro è
fissato in 40 ore settimanali.
Il medesimo articolo conferma la possibilità per i
contratti collettivi di stabilire l’orario normale di lavoro in 40 ore
settimanali di media annua, così come previsto anche dal vigente c.c.n.l.
dell’edilizia.
Questo principio generale introdotto dal decreto in
commento, è soggetto ad alcune eccezioni. In tali ipotesi, si ribadisce
eccezionali, l’orario normale di lavoro su base settimanale può essere
superiore a 40 ore.
Il successivo art. 4 dispone che la durata
media dell’orario di lavoro non può, in ogni caso, superare per ogni
periodo di sette giorni le 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
Tale media va calcolata con riferimento ad un periodo non superiore a 4 mesi,
che i contratti collettivi possono elevare a 6 o 12 mesi. Inoltre, ai fini del
computo della media non vanno presi in considerazione i periodi delle ferie
annuali ed i periodi di assenza per malattia. Pertanto, il periodo di malattia
e/o ferie annuali, in quanto neutro, prolunga il quadrimestre di riferimento di
un uguale periodo.
Infine, si rammenta che il vigente c.c.n.l. per il
settore edile individua ancora un limite massimo, in ogni caso, di 10 ore
giornaliere, che ora, alla luce dell’entrata in vigore del decreto n. 66/03,
deve essere posto in relazione con l’ulteriore e nuovo limite delle 48 ore
medie settimanali per quadrimestre.
L’art. 16 del decreto in commento introduce alcune
deroghe al principio delle 40 ore quale orario normale settimanale di lavoro.
In generale tutte le attività per le quali era
previsto un orario di lavoro normale in deroga alle 40 ore settimanali e che
rientrano tra le ipotesi previste dal citato art. 16, mantengono la loro
specificità, salvo i necessari adeguamenti della disciplina vigente al
principio della durata media settimanale pari a 48 ore.
Per quanto attiene il settore edile si segnalano, in
particolare, due ipotesi.
1)
Lavori
stagionali
La prima ipotesi contenuta nella lettera b) dell’art.
16, riguarda i lavori stagionali. Come in passato, per quanto interessa
l’industria edile e stradale la deroga riguarda, il personale addetto ai lavori
all’aperto il quale può prestare attività lavorativa oltre le 40 ore
settimanali per massimo quattro mesi l’anno, da individuarsi tra maggio e
settembre, previa apposita comunicazione da inviare alla competente Direzione
Provinciale del Lavoro – Settore Ispezioni.
Peraltro, l’orario settimanale per il “lavoro stagionale”
deve tener conto del limite delle 48 ore medie settimanali. Inoltre in questa
ipotesi le ore eccedenti le 40 non debbono essere computate ai fini del limite
delle 250 ore annue quale limite massimo per il lavoro straordinario.
Infine, si ricorda che per le ore eccedenti le 40
settimanali è dovuta la relativa maggiorazione contrattualmente prevista.
Inoltre, nella attesa di specifiche disposizioni amministrative, si ritiene,
anche a parere dell’ANCE, che continui ad essere dovuto il versamento della contribuzione
INPS aggiuntiva, ai sensi dell’art. 2 legge 549/95, sulle prestazioni di lavoro
eccedenti le 40 ore settimanali.
2)
Lavori
discontinui o di semplice attesa o custodia
La seconda deroga, disciplinata dalla lett. d) dell’articolo in esame, riguarda i lavori discontinui o di semplice attesa o custodia. Premesso che sulla materia è atteso un decreto ministeriale di armonizzazione, con la nuova disciplina le rispettive 50 o 60 ore stabilite dal vigente c.c.n.l. dovranno tener conto della più volte richiamata media delle 48 ore settimanali.
Per lavoro straordinario si intende il lavoro
prestato oltre le 40 ore settimanali.
La nuova disciplina introdotta dal decreto in parola
prevede che il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere
contenuto. In ogni caso, la durata media complessiva dell’orario di lavoro,
come più volte precisato, non deve eccedere il limite delle 48 ore medie
settimanali per quadrimestre.
Il lavoro straordinario è sottoposto, inoltre, ad
ulteriori vincoli. Infatti, è ammesso:
-
soltanto previo accordo tra
datore di lavoro e lavoratore. A questo proposito si rammenta che il vigente
c.c.n.l. per il settore edile prevede, all’art. 20, che la richiesta
dell’impresa a prestare lavoro straordinario deve essere effettuata all’operaio
con un preavviso di 72 ore, salvo i casi di necessità urgenti, indifferibili ed
occasionali.
-
per un periodo complessivo che
non superi le 250 ore annuali. Si sottolinea che è stata abrogata la
disposizione che prevedeva un ulteriore limite in virtù del quale le ore
straordinarie non potevano eccedere le 80 per ogni trimestre.
In caso di superamento delle 48 ore di lavoro
settimanale nelle unità produttive che occupano più di 10 dipendenti (per il
settore edile si deve far riferimento ai singoli cantieri) i datori di lavoro
hanno l’obbligo di informare la Direzione Provinciale del Lavoro – Settore
Ispezioni del Lavoro competente per territorio, alla scadenza del periodo di
riferimento, ossia del quadrimestre, indicando il numero di lavoratori per i
quali è stato superato il citato limite.
L’art. 5 conferma le tre ipotesi in cui è ammesso
comunque il ricorso al lavoro straordinario in aggiunta, e dunque al di fuori,
dei limiti quantitativi sopra visti. Per quanto rileva il settore si segnalano
le ipotesi contenute nelle lettere a) e b) del citato articolo che di seguito
si riportano:
a)
“casi di
eccezionali esigenze tecnico-produttive e di impossibilità di fronteggiarle
attraverso l’assunzione di altri lavoratori;
b)
casi di forza
maggiore o casi in cui la mancata esecuzione di prestazioni di lavoro
straordinario possa dare luogo a un pericolo grave e immediato ovvero un danno
alle persone o alla produzione”.
Circa il trattamento retributivo l’ultimo comma
dell’art. 5, non innova nulla rispetto al passato, stabilendo che il lavoro
straordinario deve essere computato a parte e compensato con una maggiorazione
retributiva.
Inoltre, come più sopra precisato, nella attesa di
specifiche disposizioni amministrative, continua ad essere dovuto il versamento
della contribuzione INPS aggiuntiva, ai sensi dell’art. 2 legge 549/95, sulle
prestazioni di lavoro eccedenti le 40 ore settimanali.
L’art. 7 del decreto in parola fissa in 11 ore
consecutive la durata minima del riposo spettante al lavoratore ogni 24 ore. Da
tale articolo deriva, implicitamente, che il limite massimo giornaliero della
prestazione lavorativa dovrebbe essere di 13 ore. Si sottolinea, peraltro come
sopra detto, che il vigente c.c.n.l. per il settore edile stabilisce in 10 ore
la durata massima giornaliera della prestazione lavorativa.
Il successivo art. 8 dispone che se l’orario di
lavoro giornaliero supera le 6 ore il lavoratore ha diritto ad una pausa le cui
modalità e durata sono stabilite dalla contrattazione collettiva. In assenza al
lavoratore deve essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra
l’inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non
inferiore a 10 minuti la cui collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche
e del processo produttivo, nonché, parrebbe, della funzione cui è preordinata
la pausa: recupero delle energie, eventuale consumazione del pasto,
attenuazione della monotonia e ripetitività del lavoro.
Ogni sette giorni il lavoratore ha diritto ad un
periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola coincidente con la
domenica e cumulabile con il riposo giornaliero di cui si è detto.
Al riguardo si
rammenta che l’art. 7 del vigente c.c.n.l. per il settore edile, stabilisce che
per i lavoratori adibiti a lavorazioni a turno organizzate su 7 giorni
continuativi, il riposo settimanale possa essere effettuato cumulativamente in
periodi ultrasettimanali, non superiori a 14 giorni, previa verifica con le
rappresentanze sindacali unitarie o, in mancanza, con le organizzazioni
territoriali dei lavoratori.
L’art. 10 statuisce
che il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie
retribuite non inferiori a quattro settimane. Inoltre, l’articolo richiamato
introduce il principio che detto periodo non può essere sostituito dalla
indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di
lavoro. Non è più ammessa, dunque, la monetizzazione delle ferie.
La norma ovviamente
non può che riguardare le ferie maturate successivamente al 29 aprile 2003.
Lavoro notturno
Con riferimento al
lavoro notturno, si precisa che la nuova disciplina è sostanzialmente identica
a quella dell'abrogato decreto legislativo n. 532/99. Ne consegue che la
normativa contrattuale vigente per il settore non subisce modifiche ed è
coerente con il nuovo dettato normativo.