INPS - SISTEMA SANZIONATORIO IN CASO DI OMESSO O RITARDATO VERSAMENTO DI CONTRIBUTI - REGIME SANZIONATORIO - NUOVE ISTRUZIONI ISTITUTO

 

Con circolare n. 110 del 23 maggio 2001 (Cfr. Not. n. 7/2001) la Direzione Generale dell’INPS ha fornito istruzioni in merito al nuovo regime sanzionatorio per i casi di mancato o ritardato pagamento dei contributi previdenziali, introdotto dall’art. 116, commi 8 e seguenti, della Legge 23 dicembre 2000, n. 388. Al punto 1.2. della richiamata circolare, l’Istituto, unifor-mandosi alla tesi sostenuta dal Ministero del Lavoro nella circolare n. 12/2001 del 22 gennaio 2001, ha ritenuto che, fra le ipotesi di irregolarità relativamente alle quali vanno comminate le sanzioni civili per evasione contributiva, deve essere ricompresa anche la “simulazione del rapporto di lavoro subordinato”. L’applicazione di tale principio ha comportato, nei casi di accertamenti ispettivi conclusi con addebiti conseguenti alla trasformazione del rapporto di lavoro, qualificato dall’azienda come autonomo, in rapporto di lavoro subordinato, il calcolo delle sanzioni civili secondo le misure fissate dal comma 8, lettera b), della menzionata disposizione di legge. Al riguardo, le organizzazioni datoriali hanno subito obiettato che detta qualificazione di evasione non risponde né alla lettera né alla “ratio” ispiratrice della normativa delineata dall’art. 116 della Legge n. 388/2000.

Sotto il primo aspetto, il legislatore, nel definire la nozione di evasione, ha precisato che tale fattispecie si configura quando il datore di lavoro, con l’intenzione specifica di non versare i contributi o premi, occulta rapporti di lavoro in essere ovvero le retribuzioni erogate. Nei casi più ricorrenti di trasformazione del rapporto di lavoro da autonomo a subordinato (collaborazioni coordinate e continuative, artigiani e, in futuro, lavoratori “atipici”) manca la condizione dell’”occultamento”. L’impresa, infatti, effettua una serie di denunce e di registrazioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie (denunce di iscrizione, versamenti contributivi, e, da ultimo, per i soggetti sottoposti al rischio INAIL, registrazioni nei libri matricola), delle quali l’INPS è a conoscenza, ovvero può venire a conoscenza in sede di verifica ispettiva; va, inoltre, ricordato che l’Istituto, sovente, è l’organo che autorizza l’iscrizione e chiede il pagamento dei contributi. In questi casi, quindi, il comportamento dell’impresa non presenta gli elementi indicati dal legislatore per qualificare l’evasione, in quanto, non solo il rapporto di lavoro non viene occultato, ma non è, altresì, ravvisabile l’intenzione specifica di non pagare i contributi, essendo gli stessi - anche se a diverso titolo e con differenti misure - versati all’Ente previdenziale.

Sotto il secondo aspetto, è indubbio che il fine perseguito dal legislatore nella modifica del sistema sanzionatorio sia stato quello di indirizzare l’azione repressiva verso fenomeni a maggiore pericolosità sociale, avendo a riferimento la classica evasione contributiva (il dipendente “in nero”), nel presupposto che le diverse tipologie contrattuali di lavoro siano correttamente applicate e gestite dalle parti.

In tale contesto, ad esempio, anche la figura della cosiddetta “parasubordina-zione”, che ha un’ampia diffusione e ancor di più ne avrà con la legge di riforma del mercato del lavoro, non è stata ancora oggetto di una adeguata e precisa definizione giuridica e, proprio per questo motivo, viene di frequente rimessa ad una mera valutazione delle parti. Da ciò discende che, in molteplici occasioni, ritenendo le parti di instaurare un rapporto di lavoro rispondente ai dettati legislativi, risulta difficile per l’INPS provare l’intenzionalità di evadere il versamento dei contributi. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, le organizzazioni datoriali hanno richiesto al Ministero del Lavoro e all’Istituto di riesaminare la propria impostazione, nel senso di ricomprendere nell’ambito della previsione di cui alla lett. a) del comma 8 del citato art.116 (sanzione per morosità) le eventuali trasformazioni dei rapporti effettuate in sede ispettiva, in presenza di denunce e/o registrazioni in materia di previdenza e assistenza obbligatorie. Si informa ora che, con circolare n. 74 del 10 aprile 2003 la Direzione Generale dell’INPS ha reso noto di aver riconsiderato le istruzioni in precedenza impartite sulla questione in argomento. L’Istituto ha, infatti, riconosciuto che nei casi in cui si proceda, anche a seguito di accertamento ispettivo, alla trasformazione del rapporto di lavoro, e cioè ad una sua diversa qualificazione, non può configurarsi un’ipotesi di evasione contributiva ma di semplice morosità, con l’applicazione delle conseguenti sanzioni. Va evidenziato che, in questi anni, l’INPS, pur avendo recepito la linea interpretativa del Ministero del Lavoro, ha manifestato formalmente le proprie perplessità sulla base di argomentazioni analoghe a quelle sopra richiamate (finalità della normativa e nuovo concetto di evasione), evidenziando anche problematiche collegate alla difficoltà di riscuotere i crediti a causa del contenzioso amministrativo e giudiziario sollevato sulla materia di cui trattasi.

Le nuove direttive dell’Istituto si applicano a tutti i crediti accertati a decorrere dal 1° ottobre 2000, indipendentemente dal periodo cui si riferisce l’inadempienza; le situazioni accertate in epoca anteriore, e che risultavano ancora in essere al 30 settembre 2000, sono assoggettate alla previgente disciplina sanzio-natoria, con la relativa maturazione, da parte delle imprese, del particolare credito contributivo usufruibile secondo le modalità indicate dall’INPS al punto 1.9. della circolare n. 110/2001. Per quanto riguarda le situazioni accertate dal 1° ottobre 2000 e fino alla data di emanazione della circolare in commento, le Sedi dell’Istituto provvederanno al ricalcolo delle sanzioni, procedendo, nei casi di chiusura della pratica per avvenuto integrale pagamento, al rimborso delle maggiori somme versate.