IVA - ASSEGNAZIONE
DI AREE EDIFICABILI
(RM n. 160/E del 30/7/03)
L'Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 160/E del 30
luglio 2003, ha chiarito il trattamento fiscale, agli effetti dell'imposta sul
valore aggiunto, applicabile alle operazioni di assegnazione di aree effettuate
da soggetti diversi dai Comuni.
Nella fattispecie prospettata dette operazioni sono state
realizzate da un'Azienda territoriale per l'edilizia residenziale (Ater).
La problematica sorge dall'interpretazione da dare alla
disposizione presente nell'articolo 36, comma 19-bis, del decreto legge n. 331
del 1993, convertito dalla legge n. 427 del 1993. Detta disposizione prevede
che "Le assegnazioni di aree edificabili acquisite dai comuni in via
espropriativa non si considerano, agli effetti dell'imposta sul valore
aggiunto, operazioni svolte nell'esercizio di attività commerciali".
L'Agenzia ha precisato che la normativa in esame non può
essere interpretata in via estensiva e, conseguentemente, le suddette
operazioni poste in essere dall'Ater, che giuridicamente è qualificabile come
ente pubblico economico, rientrano nell'ambito applicativo dell'Iva.
Già con la circolare n. 8 del 14 giugno 1993, esplicativa del
trattamento Iva applicabile alle attività poste in essere dagli enti pubblici
territoriali, l'amministrazione finanziaria aveva chiarito che l'attività di
esproprio delle aree edificabili realizzate dai Comuni configura manifestazione
della potestà di imperio dei medesimi enti, con l'effetto che le successive
operazioni di assegnazione delle aree nell'ambito dell'edilizia residenziale,
quali atti cui era preordinata l'espropriazione stessa, rientrano nello
svolgimento dell'attività istituzionale dei Comuni.
Alla luce di detta impostazione, risulta giustificabile
l'orientamento restrittivo dato dall'Agenzia alla norma in argomento; infatti,
quest'ultima non può che essere riferita all'attività svolta dai Comuni in
veste di pubblica autorità, ossia all'attività resa dall'ente locale attraverso
modalità di diritto pubblico, in base alla quale l'ente risulta privo del
requisito soggettivo d'imposta, ai sensi dell'articolo 4, paragrafo 5, della
sesta direttiva n. 77/388/Cee del 1977.
Il legislatore nazionale, con la richiamata disposizione, ha
inteso disciplinare l'attività di assegnazione delle aree edificabili svolta
esclusivamente dai Comuni, facendo proprio un principio insito nella suddetta
normativa comunitaria e che già la circolare n. 8 del 1993 (che infatti
anticipa di poco la disposizione presente nel decreto-legge n. 331) aveva in un
certo qual modo cercato di precisare.
La conclusione a cui è pervenuta l'Agenzia delle Entrate,
inoltre, è suffragata anche dalla prassi.
In particolare, con la risoluzione n. 45/E del 1994, il
ministero delle Finanze aveva chiarito che le assegnazioni di aree, anche
nell'eventualità che le stesse siano conseguenti ad acquisizione mediante
procedimento espropriativo, effettuate dai consorzi per lo sviluppo industriale
costituiscono a tutti gli effetti operazioni rilevanti agli effetti dell'Iva.
Ciò in quanto ai suddetti consorzi, qualificabili giuridicamente come enti
pubblici economici, si rendeva applicabile la presunzione assoluta di
commercialità prevista dall'articolo 4, secondo comma, n. 2), del Dpr n.
633/1972, in base alla quale si considerano in ogni caso effettuate
nell'esercizio di imprese le operazioni rese dai soggetti che hanno per oggetto
esclusivo o principale l'esercizio di attività commerciale e come tale
qualificabili, tra gli altri, enti pubblici economici.
Detto orientamento è stato successivamente ribadito nella
risoluzione ministeriale n. 67/E del 1997, nella quale è stato precisato che il
principio della non imponibilità delle operazioni di cui trattasi (al quale con
la disposizione di cui al decreto legge n. 331 del 1993 è stata attribuita
valenza normativa) era stato già affermato con la circolare n. 8 del 1993 -
come fatto già rilevare in precedenza - unicamente se le stesse fossero state
effettuate dai Comuni.
Per cui, in conclusione, la disposizione di cui all'articolo 36 del decreto legge n. 331 del 1993, per le ragioni innanzi menzionate, trova la propria applicazione soltanto nei confronti dei Comuni e, quindi, in quanto norma di carattere speciale, non può che essere interpretata restrittivamente.