LAVORI PUBBLICI - IL LIMITE DEL 15% PER
IL DIVIETO DI SUBAPPALTO E' RIFERITO ALLE CATEGORIE OS3, OS5, OS28, OS30 E NON ALLA OG11
(Consiglio di Stato, sezione VI, 19
agosto 2003, n. 4671)
Se è vero che OG11 è una sommatoria delle
opere di cui all'art. 72, comma 4, lett. b), d), e) ecc. è in relazione a
queste singole opere speciali definite dall'art. 72, comma 4, che andrà
effettuata la verifica del superamento della soglia del 15 per cento
dell'importo dei lavori prevista dall'art. 13, comma 7, della legge Merloni.
In tal modo non si verifica alcuna
distonia applicativa ed il sistema del divieto di subappalto funziona in modo
omogeneo, rispetto ai lavori altamente specializzati, sia nel caso in cui essi
siano individuati in categorie del tipo OS, sia qualora essi siano considerati
come opere generali del tipo OG.
In caso contrario il ricorso a categorie
generali scorporabili quasi sempre renderebbe operante il divieto di subappalto
con irrigidimento del sistema.
In sostanza le stesse ragioni di coerenza
applicativa che impongono di applicare il divieto di subappalto alle categorie
generali, impongono di applicarlo nello stesso modo, ossia considerando
singolarmente le lavorazioni comprese nella categoria generale, una per una e
non tutte insieme come insegna la norma interpretativa di cui alla legge n.
166/2002 che ha modificato l'originario art. 13, comma 7, della legge
Merloni-ter.
. . . . omissis
. . . .
Peraltro il Collegio rileva che la
questione posta in ordine al divieto di subappalto dei lavori compresi nella
categoria OG11 va impostata in modo diverso da quanto rilevato dall'appellante.
In sostanza si assume, nella tesi
dell'appellante - sostenuta con dovizia e serietà di argomenti - che la
categoria OG11 sarebbe riassuntiva di varie categorie di opere speciali, si
presenterebbe come assorbente delle sottoqualificazioni, e diverrebbe rilevante
ex art.13, comma 7, della legge n. 109/1994 determinando un divieto di
subappalto per tutte le lavorazioni ivi comprese, in ricorrenza delle
condizioni previste dalla norma.Il bando - al contrario - ammette il
subappalto, sul presupposto, evidentemente implicito, che l'art. 13, comma 7,
recante il divieto di subappalto, riguardi solo le opere speciali (categoria
OS) e non le opere generali anche se riassuntive (per sommatoria) di diverse
categorie speciali.
Il bando si muove dal presupposto che il
ricorso alla categoria generale non prevalente consenta un più ampio margine
per il subappalto, massimizzando l'interesse alla più ampia partecipazione alla
gara).
Lo stesso bando poi
(contraddittoriamente) richiede il requisito di cui alla legge n. 46/1990 quale
requisito di partecipazione (restringendo la possibilità di partecipazione alla
gara).
E' quindi evidente la perplessità
dell'atto di autolimite della lex specialis e della successiva azione
amministrativa, fatti assunti dal Rettore a presupposto della revoca.
Rimane tuttavia da chiarire il regime
giuridico della categoria OG11 sul quale è insorta controversia.
Occorre - per inquadrare esattamente la
problematica - partire da un'esatta ricostruzione dell'ordito normativo.
L'art. 13 comma 7 della legge n. 109/1994
nel testo previgente alla modifica apportata dalla recente legge n. 166/2002
(non direttamente rilevante nella causa odierna perché ius superveniens
rispetto al tempo di emanazione del bando) recitava: "Qualora
nell'oggetto dell'appalto o della concessione rientrino, oltre ai lavori
prevalenti, opere per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole
contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture,
impianti ed opere speciali e qualora ciascuna di tali opere superi altresì in
valore il 15 per cento dell'importo totale dei lavori, esse non possono essere
affidate in subappalto e sono eseguite esclusivamente dai soggetti
affidatari."
La legge n.166/2002 ha sostituito, nel
corpo del testo, con intervento ortopedico, il "ciascuna" con
le parole "una o più".
Infatti si era posta in giurisprudenza la
questione dell'interpretazione del termine "ciascuna",
potendosi affacciare più tesi, tutte astrattamente compatibili con la lettera
della legge.
Tale problematica attiene alle modalità
applicative del divieto di subappalto e deve essere ricordata perché nella
controversia che ci occupa non è rilevante tanto il se il divieto di subappalto
possa riferirsi alle opere di categoria OG11 ma come si applichi tale divieto.
Sintetizzando in breve le interpretazioni
astrattamente prospettabili di questa non certo chiara norma di legge va
rilevato che per una prima lettura, incline ad interpretare in termini
restrittivi il divieto, potrebbe ritenersi che il divieto di subappalto scatti
solo se ciascuna e tutte le opere speciali, singolarmente prese, superino la
soglia del 15 per cento (si tratta della tesi della verifica per singoli
lavori, ma condizionata all'esito positivo per tutti e ciascuno, e con effetto
di divieto generalizzato).
Secondo un'altra lettura, molto rigorosa
ed estensiva del divieto, potrebbe ritenersi che se anche una sola delle opere
superspecializzate superi il 15 per cento per tutte scatti l'obbligo di
qualificazione diretta ed il divieto di subappalto (tesi della verifica di
incidenza per singoli lavori, e del divieto generalizzato per tutti, anche per
quelli non superiori al 15 per cento, in ricorrenza del superamento della
soglia per un singolo lavoro).
In una prospettiva diversa,ultrarigorista
nella valutazione del presupposto del divieto non della sua estensione,
ciascuna significando tutte, la verifica andrebbe fatta per sommatoria delle
varie categorie superspecializzate, senza rilievo del singolo lavoro ma con
effetto di divieto generalizzato se la sommatoria superi il 15 per cento (tesi
della verifica per sommatoria, senza rilievo del singolo lavoro, con divieto
generalizzato a tutte le categorie specializzate in caso di superamento della
soglia per sommatoria).
In un ultima prospettiva, la verifica
andrebbe fatta, interpretando ciascuna come ognuna, una per una, categoria per
categoria, e porterebbe al divieto di subappalto solo per la categoria speciale
che abbia superato la soglia (tesi della verifica scissa e del divieto
singolare).
La questione va rettamente impostata
ricordando l'insegnamento che in materia si può trarre dal diritto comunitario.
Nel noto caso Holst Italia la Corte
giustizia Comunità europee, 2/12/1999, n.176/98 ha statuito che la direttiva
del consiglio 18 giugno 1992 n. 92/50/Cee, in tema di appalti di servizi, va
interpretata nel senso che consente a un prestatore, per comprovare il possesso
dei requisiti economici, finanziari e tecnici di partecipazione a una gara
d'appalto di servizi, di far riferimento alle capacità di altri soggetti,
qualunque sia la natura giuridica dei vincoli che il partecipante ha con essi,
a condizione che il soggetto interessato sia in grado di provare di disporre
effettivamente dei mezzi di tali soggetti.
Il giudice comunitario con tale pronuncia
supera gli aspetti giuridico-formali, a vantaggio degli aspetti
economico-sostanziali dell'appalto, e fissa il principio per cui, nella
verifica delle capacità, rileva il fatto di poterne effettivamente disporre,
avvalendosi delle referenze di altre imprese.
Una persona, in sostanza, non può essere
esclusa da un appalto, solo perché intende operare con mezzi che essa non
detiene in proprio, ma che appartengono ad uno o più soggetti diversi da essa
(lo stesso principio nell'ambito delle direttive sui lavori è affermato da
Corte giustizia Comunità europee, 14/4/1994, n. 389/92 c.d. Ballast Nedam Groep
I per cui la direttiva 71/304, concernente la soppressione delle restrizioni
alla libera prestazione dei servizi in materia di appalti di lavori pubblici ed
all'aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici tramite agenzie o
succursali, e la direttiva 71/305, che coordina le procedure di aggiudicazione
degli appalti di lavori pubblici, vanno interpretate nel senso che consentono,
per la valutazione dei criteri cui deve soddisfare un imprenditore all'atto
dell'esame di una domanda di abilitazione presentata da una persona giuridica
dominante di un gruppo, di tener conto delle società che appartengono a tale
gruppo, purché la persona giuridica di cui è causa provi di avere
effettivamente a disposizione i mezzi di dette società necessari per
l'esecuzione degli appalti; in caso di contestazione, spetta al giudice
nazionale valutare, alla luce degli elementi di fatto e di diritto
sottopostigli, se ciò sia stato provato e da Corte giustizia Comunità europee,
18/12/1997, n. 5/97 c.d. Ballast Nedam Groep II per cui la direttiva 71/304,
concernente la soppressione delle restrizioni alla libera prestazione dei
servizi in materia di appalti di lavori pubblici ed all'aggiudicazione degli
appalti di lavori pubblici tramite agenzie o succursali, o la direttiva 71/305,
che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici,
vanno interpretate nel senso che l'autorità competente a statuire su una
domanda di abilitazione presentata da una persona giuridica dominante di un
gruppo è obbligata, quando è provato che tale persona ha effettivamente a
disposizione i mezzi delle società appartenenti al gruppo necessari
all'esecuzione degli appalti, a tener conto delle dette società per valutare
l'idoneità della persona giuridica interessata, in osservanza dei criteri di
cui agli art. 23-28 della direttiva 71/305).
I principi sottesi a tali pronunce del giudice
comunitario inducono a ritenere che letture restrittive del divieto di
subappalto (dovuto, nel nostro ordinamento a complesse ragioni storiche ed
all'influenza delle infiltrazioni criminali che tuttavia possono essere
contrastate adeguatamente calibrando la disciplina sino a trovare un punto di
equilibrio fra esigenza di controllo e principi della concorrenza)
nell'ordinamento interno siano maggiormente conformi alle indicazioni
provenienti dal diritto comunitario (contrario a divieti generalizzati ed
aprioristici basati sul ricorso ad una certa forma negoziale).
La prospettiva di interpretazione
letterale è stata dapprima adottata da T.A.R. Lazio, sez.I II, 1/8/2001, n.
6895 secondo cui rispetto all'art.13, 7º comma, legge 11 febbraio 1994, n.109,
a norma del quale, se nell'oggetto dell'appalto di opera pubblica rientrano
lavori di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica e "ciascuno"
di tali lavori superi altresì il quindici per cento dell'importo totale dei
lavori, esse non possono essere affidate in subappalto e vanno eseguite
direttamente dai soggetti affidatari, l'aggettivo indefinito "ciascuno"
va letto come sinonimo di "ogni" - "ognuno" -
"uno per uno"; pertanto il citato divieto si applica nel caso
in cui ciascun lavoro particolare abbia un valore percentuale superiore a
quello prefissato, mentre non è necessario che tutti i lavori particolari siano
complessivamente di importo superiore al quindici per cento di quello totale.
In ogni caso, nella lettura del T.A.R.
Lazio gli esiti interpretativi erano ancora conducenti ad eccessiva ed ampia
latitudine del divieto, derivandone ancora che - fatta la verifica categoria
per categoria - il divieto operava per tutte le opere speciali e non solo per
quelle che superano la soglia debba essere costituita un'A.T.I. (in luogo del
subappalto).
Per il T.A.R. Emilia Romagna, Sez.,I, 21
agosto 2002, n.1097 ciascuna significa, "tutte le opere ad una ad
una", ciò in ossequio alla natura eccezionale e derogatrice della
norma, rispetto al quadro di liberalizzazione delle modalità di scorporo delle
opere e di associazione delle imprese.Il divieto di subappalto limita la
libertà di auto-organizzazione dell'impresa, e di conseguenza va inteso in
termini di stretta interpretazione.
Ciascuno indica la totalità presa a
riferimento e, per i giudici emiliani, il divieto scatterebbe solo se tutte le
opere, singolarmente considerate, superino la soglia (in tal senso Autorità per
la vigilanza sui lavori pubblici nelle delibere n. 15, 21 e n. 229 del 2001).
Il Consiglio di Stato si è occupato di
recente della questione con la nota sentenza C.d.S., Sezione VI, 3
aprile 2003, n. 1716 a tenore della quale in presenza di più opere speciali, il
divieto di affidamento in subappalto previsto dall'art. 13, comma 7,
della legge n.109/1994, si applica alle sole opere altamente specializzate
(indicate dal bando come scorporabili) le quali hanno singolarmente valore
superiore al 15 per cento dell'importo totale dei lavori, senza bisogno che,
qualora vi siano altre categorie altamente specializzate, anche le altre
singolarmente considerate, siano tutte di importo superiore al 15 per cento del
valore complessivo dell'intervento.
Per il Consiglio di Stato quindi, la
verifica va fatta categoria per categoria, ed il divieto vale categoria per
categoria (delle opere altamente specializzate) (tesi della verifica categoria
per categoria e del divieto singolarmente operante).
In detta pronuncia si è anche chiarito
che l'inciso "una o più" introdotto dalla Merloni-quater (legge
n. 166/2002) ha valore interpretativo e non innovativo. Ciò premesso sul piano
della ricostruzione degli approdi giurisprudenziali, va rilevato che non vi
sono pronunce nella giurisprudenza amministrativa che affrontino il tema della
applicabilità del divieto di subappalto alla categoria generale OG11, che
raggruppa in sé varie categorie di opere altamente specializzate, utilizzata
nel bando in esame, quale categoria di lavori scorporabili.In giurisprudenza si
è ritenuto che, se il bando richiede OS28 e OS30 (ossia categoria speciali) non
possa parteciparsi alla gara con il possesso dell'iscrizione per OG11; infatti,
qualora il bando obblighi al possesso della categoria speciale, non può esservi
alcuna fungibilità fra le diverse categorie (generale e speciale) (in tal senso
C.d.S., sez. V, n. 5976/2002).
In tale prospettiva, e ragionando in
conseguenza, dovrebbe negarsi del tutto la riferibilità del divieto di
subappalto alla categoria OG11, intesa come non assorbente e non fungibile
rispetto alle categorie speciali, con conseguente libertà del ricorso al
subappalto ed inapplicabilità del divieto di cui all'art. 13, comma 7, della
legge n. 109/1994 alle categorie generali.
Va ricordato in proposito che l'art. 72
del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, definisce le opere generali e le opere
speciali, prevedendo che ai fini dei bandi di gara e della qualificazione delle
imprese le opere ed i lavori pubblici appartengono ad una o più categorie di
opere generali ovvero ad una o più categorie di opere specializzate.
Le opere generali sono caratterizzate da
una pluralità di lavorazioni, indispensabili per consegnare l'opera od il
lavoro finito in ogni sua parte.
Per opere specializzate si intendono le
lavorazioni che, nell'ambito del processo realizzativi dell'opera o del lavoro
necessitano di una particolare specializzazione o professionalità.
L'art. 72, comma 4, prevede un elenco di
opere specializzate, in ricorrenza delle condizioni indicate dall'art. 73,
comma 3 (singolarmente superiore al 10 per cento dell'importo totale dei lavori
o 150.000 euro).
L'art. 73 dello stesso regolamento di
attuazione definisce la possibilità di individuare, per la p.a. la categoria
prevalente e la parte e l'importo dei lavori di categoria generale o speciale,
subappaltabile oppure scorporabile.
L'art. 74 definisce la possibilità
dell'impresa qualificata in categoria prevalente di eseguire tutto se in
possesso delle adeguate qualificazioni o subappaltare, salvo quanto previsto
dall'art. 13, comma 7, della legge n. 109/1994.
Le opere generali - scorporabili o no che
siano ai fini della costituzione dell'A.T.I. di tipo verticale - quindi
sarebbero sempre subappaltabili, salvo il divieto di cui all'art. 13, comma 7,
della legge n. 109/1994.
Il limite dell'art.13 comma 7 si
riferisce testualmente alle sole opere speciali e non alle opere di categoria
generale OG11 (che ricomprende in sé una serie di opere specializzate).
Rileva tuttavia la recente deliberazione
dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, n. 31 del 2002, che ha
ritenuto che il divieto di subappalto riguardi anche le categorie generali come
OG11 (andando di diverso avviso rispetto ad un tesi dell'ANCE) avendo le stesse
un notevole contenuto tecnologico rilevante complessità tecnica, identica a
quella delle categorie speciali.
Ciò al fine di evitare che le
amministrazioni evitino i rigori della disciplina del subappalto facendo
ricorso alle categorie generali aventi la medesima caratterizzazione di specializzazione.
Il Collegio ritiene che la delibera
dell'Autorità di vigilanza porti un definitivo chiarimento sul tema, che era
stato in passato oggetto di dubbi e che tuttavia, anche ammettendo che il
divieto si applichi alle categorie generali, esso sia applicabile in forza del
loro essere categorie caratterizzate dalla medesima specializzazione delle
categorie speciali, e quindi, una sommatoria di opere speciali che rilevano, a
questi fini, singolarmente al fine di verificare l'applicabilità del divieto.
In altri termini se si ammettesse
l'operatività del divieto per le categorie generali senza altra specificazione
in ordine alle modalità applicative dello stesso, esso, data la sua natura (da
categoria generale) di "sommatoria delle categorie speciali",
si applicherebbe nuovamente sommando gli importi delle singole lavorazioni
speciali, e, quindi, con effetto di estensione generalizzata della portata del
divieto, che costituisce conseguenza indesiderata per il diritto comunitario
della concorrenza, per il legislatore della Merloni-quater (che vuole che i
divieti operino per uno o più lavori di alta specializzazione) e dalla recente
giurisprudenza del Consiglio di Stato (C.d.S., sez. VI, n. 1716/2003).
Il ricorso alle categorie generali per
opere scorporabili - se intese come unitarie ed assorbenti ogni valutazione
relativa alla soglia del 15 per cento - comporterebbe un generale irrigidimento
della disciplina per effetto della più ampia operatività del divieto di
subappalto, della necessità di qualificazione diretta, dell'obbligatorio
ricorso all'A.T.I. verticale.
Ritiene il Collegio che le
amministrazioni possano - tuttavia - nei bandi, contemplare la possibilità di
subappalto, costruendo la categoria generale come non assorbente e verificando
l'operatività del divieto in relazione alla singola categoria di opera speciale
compresa nella categoria generale scorporata.
Ad es. se è vero che OG11 è una
sommatoria delle opere di cui all'art. 72, comma 4, lett. b), d), e) ecc. è in
relazione a queste singole opere speciali definite dall'art. 72, comma 4, che
andrà effettuata la verifica del superamento della soglia del 15 per cento
dell'importo dei lavori prevista dall'art. 13, comma 7, della legge Merloni.
In tal modo non si verifica alcuna
distonia applicativa ed il sistema del divieto di subappalto funziona in modo
omogeneo, rispetto ai lavori altamente specializzati, sia nel caso in cui essi
siano individuati in categorie del tipo OS, sia qualora essi siano considerati
come opere generali del tipo OG.
In caso contrario il ricorso a categorie
generali scorporabili quasi sempre renderebbe operante il divieto di subappalto
con irrigidimento del sistema.
In sostanza le stesse ragioni di coerenza
applicativa che impongono di applicare il divieto di subappalto alle categorie
generali, impongono di applicarlo nello stesso modo, ossia considerando
singolarmente le lavorazioni comprese nella categoria generale, una per una e
non tutte insieme come insegna la norma interpretativa di cui alla legge n.
166/2002 che ha modificato l'originario art. 13, comma 7, della legge
Merloni-ter.
La tesi dell'appellante si rivela quindi
fondata su un presupposto giuridicamente non accettabile ossia la natura
necessariamente assorbente, formale ed esclusiva della categoria generale ai
fini dell'applicazione dell'art.13, comma 7, della legge n.109/1994,
limitandosi a constatare che l'importo dei lavori per detta categoria supera il
15 per cento dell'importo totale dei lavori, senza verificare se le singole
categorie di lavorazioni specializzate comprese nella categoria generale,
singolarmente prese, superino detta soglia.
In difetto di tale considerazione, che
doveva spettare in primo luogo alla stazione appaltante, al fine di scegliere
se rendere obbligatoria o meno l'A.T.I. verticale (e rendere operativo o meno
il divieto di subappalto) il bando si rivela ulteriormente perplesso (infatti
esso ammette il subappalto, ma non effettua tale verifica sulle singole
lavorazioni speciali e, nel contempo, non rende obbligatoria l'A.T.I.
verticale) e, per altro verso, si giustifica ancora la sua revoca.
In ultimo circa la dedotta illegittimità
della revoca per violazione dell'art. 34, comma 1, della legge n. 109/1994 (che
ha sostituito l'art. 18, comma 3, della legge n. 55/1990), si deve rilevare che
il divieto di cui all'art. 34 riguarda le sole categorie prevalenti e non
rileva quindi nel caso di specie, che attiene a categorie scorporabili.
Ne deriva
l'infondatezza del primo motivo di ricorso.
. . . . omissis . . . .