La Gazzetta
Ufficiale n. 235 del 9 ottobre 2003 ha pubblicato il testo del D.lgs. 276 del
10 settembre 2003 recante "Attuazione delle deleghe in materia di
occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003 n.30"
(cfr. Not. n. 4/2003). Il provvedimento, in vigore dal 24 ottobre 2003,
modifica profondamente l'assetto del collocamento e di una parte sostanziale
della disciplina del rapporto di lavoro.
Il decreto,
come detto, è in vigore dalla data del 24 ottobre 2003. Peraltro, la piena
operatività di numerosi istituti è demandata: ad appositi accordi che dovranno
intervenire tra le parti sociali, alla contrattazione collettiva, a
provvedimenti che dovranno essere promulgati dalle Regioni nonché a decreti che
dovranno essere emanati dal Ministero del Lavoro.
Stante la
complessità della materia in esame, nel far riserva di illustrare i contenuti
dei vari istituti di interesse per il settore con apposite note informative si
forniscono prime indicazioni concernenti alcuni aspetti del provvedimento e
relativamente ai punti di immediata operatività.
Il decreto
ridefinisce la normativa dei contratti a contenuto formativo quali
l'apprendistato ed il contratto di formazione lavoro.
1) Abrogazione
dei contratti di formazione e lavoro
Con l'entrata
in vigore del provvedimento in parola (24 ottobre 2003) è prevista la
cessazione delle disposizioni che sino a tale data hanno regolato i contratti
di formazione e lavoro. Pertanto dalla citata data del 24 ottobre 2003, non è più
possibile presentare presso la competente commissione regionale progetti di formazione
e lavoro. Si ritiene peraltro che sia ancora possibile la stipula di contratti
di formazione e lavoro secondo progetti autorizzati dalla competente
commissione regionale prima dell'entrata in vigore del decreto. La
conferma di tale possibilità è comunque subordinata ad apposita verifica che il
Ministero del Lavoro ha in corso con le Parti Sociali. Sul punto si fa riserva
di successive comunicazioni.
Invece circa
l'efficacia dei contratti di formazione e lavoro stipulati antecedentemente
all'entrata in vigore del provvedimento e non ancora conclusi, pur in assenza
di una disciplina transitoria di proroga, non vi è dubbio che gli stessi mantengano
piena efficacia sino alla loro scadenza.
2) Contratti
di inserimento
Le fattispecie
di assunzione previste dall'abrogato contratto di formazione e lavoro vengono
sostituite dal "contratto di inserimento". Tale nuovo istituto, la
cui durata sarà compresa tra i 9 ed i 18 mesi, sarà diretto a realizzare,
mediante un progetto individuale, l'inserimento ovvero il reinserimento nel
mercato del lavoro non solo di giovani di età compresa tra i 18 ed i 29 anni ma
anche di disoccupati di lunga durata, ultra 50enni e donne di qualsiasi età
residenti in aree ad elevata disoccupazione femminile. L'operatività di tale nuovo
contratto è peraltro subordinata alla stipula di specifici accordi
interconfederali o all'intervento della contrattazione collettiva che dovranno
definire le modalità operative dei piani di inserimento.
3) Contratti
di apprendistato
L'istituto
dell'apprendistato viene significativamente riformato dal decreto. Tra le
novità apportate si segnala quanto previsto in ordine alle nuove tipologie di
contratto di apprendistato. Vengono infatti previsti tre tipi di contratto e
precisamente: il contratto di apprendistato per l'espletamento del
diritto-dovere di istruzione e formazione, il contratto di apprendistato
professionalizzante ed il contratto di apprendistato per l'acquisizione di un
diploma o per percorsi di alta formazione. Peraltro l'operatività della nuova
normativa non è immediata, salvo quanto di seguito specificato, in quanto il
dettato legislativo rinvia a diversi e successivi interventi di regolazione che
dovranno essere attuati, tra gli altri, anche dalle Parti Sociali. Le
disposizioni di prima applicazione riguardano quanto disposto in ordine alla
abrogazione, con effetto dal 24 ottobre 2003, dell'art.2 comma2 e dell'art.3
della legge n.25/55. Pertanto dalla citata data per instaurare un rapporto
di apprendistato, il datore di lavoro non è più tenuto a munirsi della
autorizzazione rilasciata da parte del competente Ispettorato del Lavoro.
Con le
disposizioni dettate dal Titolo VII, Capo I del decreto viene modificata la
disciplina dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Le nuove
norme si applicano ai rapporti in parola instaurati dalla data di entrata in
vigore del provvedimento e cioè dal 24 ottobre 2003. I contratti di
collaborazione in essere alla citata data del 24 ottobre 2003 e che non possano
essere ricondotti alle nuove disposizioni e cioè ad un progetto od ad una fase
di esso, rimangono in vigore sino alla loro scadenza ma comunque non oltre un
anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.
1) Ambito di
applicazione
Le nuove
disposizioni secondo quanto previsto dall'art. 61 non si applicano:
-
alle
professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione
in appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata in vigore del
decreto;
-
ai
componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società;
-
ai
partecipanti a collegi e commissioni;
-
a
coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia (ivi compresi i pensionati di
anzianità nel momento in cui raggiungono l'età prevista per la pensione di
vecchiaia);
-
ai
rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale;
-
alle
attività di collaborazione comunque rese a favore delle associazioni sportive
dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali.
Inoltre le
nuove norme non si applicano a quelle che vengono definite
"prestazioni occasionali " intendendosi per tali i rapporti di durata
complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell'anno solare con lo stesso
committente, a condizione che il compenso complessivamente percepito nel
medesimo anno solare non sia superiore a 5.000 euro. Ove anche uno solo di tali
parametri venga superato, trovano applicazione le disposizioni per il lavoro a
progetto.
2) Definizione
del lavoro a progetto
Precisata
l'esclusione delle fattispecie dalla disciplina del lavoro a progetto lo stesso
art. 61 dispone che "i rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di
cui all'art. 409 n. 3 c.p.c. devono essere riconducibili a uno o più progetti
specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e
gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto
del coordinamento con l'organizzazione del committente ed indipendentemente dal
tempo impiegato per l'esecuzione dell'attività lavorativa" (cd.
"lavoro a progetto"). Alla luce della nuova normativa suesposta
assume rilievo essenziale la necessaria individuazione, da parte del
committente, di un progetto specifico o di un programma di lavoro o di una
fase di esso, da affidare al collaboratore. Infatti l'art. 69 del decreto
prevede che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa
instaurati in assenza di tale requisito sono considerati rapporti di lavoro
subordinato a tempo indeterminato sin dalla data della loro costituzione.
Per “progetto specifico” si ritiene si possa intendere l’individuazione, da parte del committente, di una ben determinata attività, volta al raggiungimento di un risultato concreto, la cui realizzazione segna la risoluzione del contratto. Il progetto ben può attenere ad una attività diversa da quella usualmente svolta dal committente, il quale, appunto, affida al collaboratore il raggiungimento di quel risultato che costituirà il “contenuto caratterizzante” del progetto stesso.
Per “programma di lavoro”, invece, può
intendersi un “piano” che riguardi anche la stessa attività ordinariamente
svolta dal committente, ma il cui sviluppo richiede l’apporto di un
collaboratore dotato di peculiari attitudini professionali, le quali
caratterizzano la sua prestazione e, di conseguenza, caratterizzano il
programma al quale egli è addetto per il raggiungimento del risultato
assegnatogli. In tale ipotesi, l’elemento della coordinazione presenta un
rilievo maggiore rispetto a quello riscontrabile nella collaborazione a
progetto, in quanto risulta più intensa la necessità che la prestazione del
collaboratore sia pienamente inerente al programma di lavoro che costituisce
l’oggetto del contratto.
Dalla necessità che in entrambe le fattispecie la
prestazione del collaboratore sia volta al raggiungimento di un risultato,
previamente individuato, deriva che non è consentito al committente l’esercizio
della facoltà di chiedere al collaboratore prestazioni non concordate e non
mirate alla realizzazione di quel risultato.
Il nuovo contratto di lavoro a progetto deve essere
stipulato in forma scritta e deve contenere i seguenti elementi:
a)
indicazione
della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro;
b)
indicazione
del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuato nel suo
contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto;
c)
il
corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le
modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
d)
le forme di
coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione, anche
temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere
tali da pregiudicarne l’autonomia nella esecuzione dell’obbligazione
lavorativa;
e)
le
eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a
progetto, fermo restando quanto disposto dall’art. 66, comma 4, come si dirà
più avanti.
La prestazione del collaboratore deve coordinarsi con
l'attività svolta dal committente. Pertanto, premessa la piena autonomia del
collaboratore nel rendere la prestazione, anche con riguardo ai tempi di
esecuzione, resta che tale autonomia non può esplicarsi al punto da rendere
“inutile” la prestazione per il committente. Il committente potrà concordare
con il collaboratore, nell’ambito di attuazione del programma pattuito, tempi e
modalità della prestazione, rimanendo il collaboratore libero di determinare
autonomamente, nel rispetto degli accordi raggiunti, ogni ulteriore modalità
attuativa della prestazione.
6) Gravidanza, malattia ed infortunio
L'art 66 prevede che la gravidanza, la malattia e
l'infortunio non comportano l’estinzione del rapporto, che invece rimane
sospeso, senza erogazione del corrispettivo.
In caso di malattia e infortunio, salva diversa previsione del contratto individuale,
la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del
contratto, che si estingue alla prevista scadenza. Il committente può comunque
recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un periodo superiore a
un sesto della durata stabilita nel contratto, quando la durata stessa sia
determinata, ovvero superiore a trenta giorni per i contratti di durata
determinabile.
In caso di gravidanza, salva più favorevole disposizione del contratto
individuale, la durata del rapporto è prorogata per un periodo di centottanta
giorni. Il periodo di 180 giorni comprende il periodo massimo (pari a cinque
mesi) durante il quale le lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui
all’art. 2, comma 26, della L. n. 335/1995, possono usufruire dell’indennità di
maternità.
Inoltre, il citato art. 66 introduce il principio
dell’applicabilità ai collaboratori delle norme sulla sicurezza e igiene del
lavoro, di cui al d.lgs. n. 626/1994, ma ciò soltanto “quando la prestazione
lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente”.
Pertanto la norma non trova applicazione nei casi in
cui il collaboratore non debba prestare la propria opera nei luoghi di lavoro
del committente.
In via generale, l’art. 67, comma 1, prevede la
risoluzione del contratto al momento della realizzazione del progetto (o del
programma o della fase di esso) che costituisce l’oggetto del contratto.
Inoltre ferma restando l’ipotesi del recesso prima
del termine per giusta causa, l'articolo in parola lascia ampio spazio agli
accordi individuali, che possono prevedere anche un termine di preavviso. Ne
consegue che l’autonomia negoziale potrà liberamente individuare ipotesi di
recesso anticipato, prevedendo, ad esempio, eventi “oggettivi” al verificarsi
dei quali non sussiste più l’interesse delle parti alla prosecuzione del
rapporto ovvero periodi di preavviso (ed eventuali indennità sostitutive di esso)
che consentono di liberarsi dalle obbligazioni derivanti dal rapporto in
essere, a prescindere da una qualsiasi motivazione, soggettiva od oggettiva.
Infine si ribadisce comunque la riserva di fornire,
in ordine alle materie brevemente trattate con la presente, ulteriori
indicazioni operative alla luce anche delle circolari illustrative che gli Enti
competenti presumibilmente
emaneranno.