LEGGE COMUNITARIA 2003 - DISPOSIZIONE INERENTI LA MATERIA DEL LAVORO

 

Sul supplemento ordinario n. 173, alla Gazzetta Ufficiale n. 286/2003 è stata pubblicata la legge 31 otttobre 2003, n. 306 recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee - Legge Comunitaria 2003".

Il provvedimento, entrato in vigore il 30 novembre 2003, consta di venticinque articoli e dispone il recepimento di cinquanta direttive europee.

Per l’attuazione delle direttive, il Governo è delegato ad adottare appositi decreti legislativi entro il termine di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge Comunitaria.

Per quanto attiene i profili lavoristici, i riferimenti di interesse sono contenuti nell’allegato B e nell’art. 17.

Tra le direttive comunitarie da trasporre nell’ordinamento italiano, l’allegato B della legge richiama:

- la Direttiva 2001/86/CE che disciplina il coinvolgimento dei lavoratori nella costituzione e nello sviluppo della Società europea.

Il recepimento di tale direttiva completa il quadro giuridico di riferimento che include anche la direttiva 94/45/CE, concernente la partecipazione dei lavoratori nelle grandi imprese a dimensione europea, e la direttiva 2002/14/CE che disciplina detta partecipazione nelle medie imprese, già recepite nell’ordinamento italiano con le leggi comunitarie 2001 e 2002.

- la Direttiva 2002/73/CE relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto concerne l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali, e le condizioni di lavoro.

Nel merito, l’art. 17 della legge in esame individua criteri specifici di delega per l’attuazione della direttiva. In particolare, viene sancito che il principio della parità di trattamento deve trovare applicazione in tutti i settori di lavoro, sia pubblici che privati, riconoscendo a coloro che si ritengono lesi una tutela giurisdizionale o amministrativa, con la garanzia di una riparazione o di un equo indennizzo. Il dialogo fra le parti sociali deve essere incoraggiato in maniera adeguata al fine di promuovere la  parità di trattamento anche tramite accordi nell’ambito della contrattazione collettiva, codici di comportamento, scambi di esperienze e pratiche, nonché attraverso il monitoraggio della prassi sui luoghi di lavoro.

Vengono, altresì, definite con precisione le nozioni di ‘“discriminazione” e ‘’molestie”. La ‘’discriminazione” può essere ‘’diretta”, quando una persona è trattata meno favorevolmente, in base al sesso, rispetto ad un’altra che venga a trovarsi in una situazione analoga, ovvero ‘’indiretta”, quando una disposizione, un criterio o una prassi, apparentemente neutri, possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, salvo che le caratteristiche specifiche di sesso costituiscano requisiti essenziali per lo svolgimento di particolari attività di lavoro. Le ‘’molestie” si realizzano quando viene posto in essere, per ragioni connesse al sesso, un comportamento indesiderato e persistente, avente lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona o di creare un clima intimidatorio, ostile e degradante. Qualora il suddetto comportamento rivesta una manifesta connotazione sessuale le molestie si definiscono ‘’sessuali’’.

- la Direttiva 2002/74/CE attinente la tutela dei lavoratori subordinati in caso di insolvenza del datore di lavoro.

Si rammenta, in proposito, che, ai sensi della direttiva, un datore di lavoro si considera in stato di insolvenza:

a) quando, in uno Stato membro, sia stata chiesta, nei suoi confronti, l’apertura di una procedura concorsuale fondata sull’insolvenza e contemplata dal diritto nazionale, che comporti la spoliazione parziale o totale delle prerogative del datore medesimo e la designazione di un curatore o di una persona che esplichi una funzione analoga;

b) quando l’autorità competente abbia deciso l’apertura del procedimento ovvero abbia constatato la chiusura definitiva dell’impresa o dello stabilimento del datore di lavoro e l’insufficienza dell’attivo disponibile per l’apertura del procedimento.

Il diritto dei lavoratori ad avvalersi della direttiva non può essere subordinato ad una durata minima del contratto o del rapporto di lavoro.