IVA
- EFFETTI FISCALI DEL CONDONO EDILIZIO
Si pubblica di seguito la circolare dell’Ance (www.ance.it) con
la quale vengono chiariti gli aspetti tributari connessi alla sanatoria
edilizia e che precisa in quali casi possano valere le agevolazioni Iva per la
costruzione, la cessione e la ristrutturazione di un edificio abusivo
condonabile.
EFFETTI FISCALI DEL CONDONO EDILIZIO
L’art.32 del D.L. 269/2003, convertito con modificazioni in
Legge 24 novembre 2003, n.326, pubblicata sul Supplemento Ordinario n.181 alla
Gazzetta Ufficiale n.274 del 25 novembre 2003, ha previsto la possibilità di
sanare le opere edilizie abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003
e che rispettino determinati limiti volumetrici (cd “condono edilizio”).
Rimandando a precedenti comunicazioni ANCE per ciò che
attiene specificamente alle modalità applicative del condono edilizio
(disponibili sul portale all’indirizzo www.ance.it) si vuole in questa sede
approfondire l’aspetto tributario connesso alla sanatoria e, in particolar
modo, alla possibilità di fruire delle agevolazioni fiscali attualmente vigenti
in materia di IVA (costruzione, cessione e ristrutturazione), nel caso in cui
le stesse riguardino fabbricati che, originariamente costruiti in violazione
delle prescrizioni urbanistiche, siano stati successivamente oggetto di condono
edilizio.
A tal fine, le disposizioni normative che devono essere prese
in considerazione sono gli articoli 49 (che ha trasfuso l’art.41-ter della
legge 1150/1942) e l’art.50 (che ha trasfuso l’art.46 della precedente legge
sul condono, la n.47/1985) del nuovo Testo Unico dell’edilizia, D.P.R. 6 giugno
2001, n. 380, i quali prevedono, rispettivamente, il trattamento fiscale per le
opere abusive e, in deroga a quest’ultimo, l’applicabilità delle agevolazioni
vigenti in caso di condono edilizio, come di seguito evidenziato.
1. Inapplicabilità di aliquote IVA agevolate in
caso di violazioni edilizie
Nell’ambito delle disposizioni fiscali riguardanti le
violazioni edilizie, l’art.49 del citato D.P.R. 380/2001 (che ha trasfuso
l’art.41-ter della legge urbanistica 1150/1942) stabilisce, come “regola generale”,
che gli interventi abusivi realizzati in assenza di titolo o in contrasto con
lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato, non
beneficiano delle agevolazioni fiscali previste dalle norme vigenti, nè di
contributi o altre provvidenze dello Stato o di enti pubblici.
In generale, quindi, le agevolazioni previste in materia di
IVA per la costruzione, la ristrutturazione e la cessione di determinati
fabbricati (es. IVA al 10% per la vendita di case di abitazione non di lusso,
ai sensi del n.127-undecies, Tabella A, Parte III, Allegata al DPR 633/1972)
possono essere applicate solo se la realizzazione degli stessi immobili avvenga
nel rispetto delle prescrizioni urbanistiche. Diversamente, dovrà applicarsi
l’IVA ordinaria al 20% sia nella fase di costruzione o ristrutturazione
(appalti e acquisto di beni finiti), sia in quella di cessione dell’unità
immobiliare (in questo caso naturalmente l’abuso non deve essere tale da poter
rendere nullo l’atto di compravendita).
Tale principio è stato ribadito più volte
dall’Amministrazione finanziaria (R.M. 363939/1979 e R.M. 503508/1975), seppur
in modo specifico per alcune disposizioni agevolative introdotte in via
transitoria in materia di IVA (art.79, DPR 633/1972 che ha disposto aliquote ridotte
per gli appalti relativi alla costruzione e per la cessione dei fabbricati o
porzioni di fabbricati di cui all’ art. 13 della legge 2-7-1949, n. 408). Come
evidenziato dalla dottrina prevalente[1], le precisazioni possono ritenersi
comunque valide anche nel periodo attuale in cui le aliquote IVA ridotte per
alcune operazioni sono previste a regime, ossia senza vincoli temporali di
applicabilità (in ogni caso, infatti, si può parlare di agevolazioni fiscali
ancorchè strutturali). Ai sensi del citato art.49 del Testo Unico
sull’edilizia, le violazioni che comportano l’inapplicabilità delle
agevolazioni sono:
A. Mancanza del titolo abilitativo.
I fabbricati costruiti senza concessione edilizia (ora
permesso di costruire) non possono beneficiare di agevolazioni fiscali o di
contributi pubblici. Analogamente anche gli interventi di recupero realizzati
in assenza dell’autorizzazione comunale, quando richiesta, non possono
beneficiare dell’aliquota IVA ridotta al 10% (prevista, per il restauro e
risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e ristrutturazione
urbanistica, dal n.127-quaterdecies della Tabella A, Parte III, Allegata al DPR
633/1972);
B. Contrasto con il titolo abilitativo.
Ai fini della decadenza dalle agevolazioni fiscali, il
contrasto deve riguardare:
- violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie
coperta che eccedano, per singola unità immobiliare, il limite del 2% delle
misure prescritte, riferito all’intero fabbricato. Se la violazione riguarda
una singola unità immobiliare (es. nel caso di aumento della cubatura di
un’abitazione superiore al 2% di quella prescritta per l’intero fabbricato) il
contrasto, con la conseguente perdita delle agevolazioni, si verifica comunque
per l’intero immobile e non solo per il singolo appartamento. Tuttavia se un
edificio è stato costruito in conformità al titolo, la successiva realizzazione
di interventi abusivi all’interno di una singola unità immobiliare (es. lavori
di sistemazione di un sottotetto) non comporta la decadenza delle agevolazioni
fiscali anche per le restanti parti del fabbricato (R.M. 250683/1980);
- ovvero, il mancato rispetto delle destinazioni e degli
allineamenti indicati nel programma di fabbricazione, nel piano regolatore
generale e nei paini particolareggiati di esecuzione.
C. Annullamento del titolo abilitativo.
La decadenza dalle agevolazioni opera comunque anche sugli
atti economici precedenti all’annullamento (ad es., sui corrispettivi di un
contratto di appalto, fatturati con IVA agevolata prima dell’annullamento, dovrà
comunque applicarsi l’aliquota ordinaria, apportando le conseguenti
variazioni).
La constatazione delle violazioni edilizie è di competenza
del Comune (art.49, comma 2, DPR 380/2001), che, entro tre mesi
dall’ultimazione dei lavori o dalla richiesta del certificato di agibilità o
dall’annullamento del titolo edilizio, deve segnalare all’Amministrazione
finanziaria ogni inosservanza che comporti la decadenza di agevolazioni
fiscali. Il diritto dell’Amministrazione al recupero delle imposte dovute in misura
ordinaria si prescrive, poi, in tre anni dalla segnalazione del Comune (art.49,
comma 3 dello stesso decreto).
2. Gli effetti del condono edilizio
Come detto, l’art.32 del D.L. 269/2003, convertito, con
modificazioni, in Legge 326/2003, ha reintrodotto il “condono edilizio”,
restituendo (in particolare al comma 25) efficacia ai Capi IV e V della legge
47/1985 (che a sua volta ha previsto in passato la sanatoria edilizia, oggetto
poi di successive reiterazioni), per le opere abusive ultimate entro il 31
marzo 2003.
Sotto il profilo fiscale, quindi, torna ad essere applicabile
l’art.46 della stessa legge 47/1985, ora trasfuso nell’art.50 nel nuovo Testo
Unico dell’Edilizia (D.P.R. 380/2001), a cui si farà riferimento nel prosieguo,
che prevede, in deroga alla “regola generale”, la possibilità di applicare le
agevolazioni fiscali nel caso di opere abusive oggetto della sanatoria
edilizia.
In particolare, l’art.50, comma 1, del citato Testo unico
prevede che le agevolazioni tributarie in materia di tasse ed imposte indirette
sugli affari si applicano agli atti stipulati dopo il 17 marzo 1985 (per
effetto dell’art.32, comma 28, D.L. 269/2003 i riferimenti temporali sono da
intendersi riferiti alla data di entrata in vigore del decreto stesso, ossia il
2 ottobre 2003), qualora ricorrano tutti i requisiti previsti dalle vigenti
disposizioni agevolative ed a condizione che copia conforme del provvedimento
di sanatoria venga presentata, contestualmente all’atto da registrare,
all’Amministrazione cui compete la registrazione (ossia, attualmente, agli
Uffici locali dell’Agenzia delle Entrate).
La norma, così come formulata, ha suscitato, sin dal momento
della sua emanazione nell’ambito della legge 47/1985, perplessità in merito
all’applicabilità, per i fabbricati sanati dal punto di vista urbanistico, di
agevolazioni previste in materia di IVA. La formulazione normativa “atti
stipulati”, (contenuta nell’art.46 della legge del 1985 ed ora riprodotta
nell’art.50 del nuovo Testo Unico dell’Edilizia) infatti, sembrava limitare gli
effetti fiscali del condono alle sole “imposte d’atto”, ossia all’imposta di
registro, ipotecaria e catastale. In tal ambito, tuttavia, è intervenuta
l’Amministrazione finanziaria (Riunione Ispettori Compartimentali Tasse e
Imposte indirette sugli affari 8 ottobre 1986) che ha precisato l’applicabilità
delle agevolazioni alle opere condonate anche in materia di IVA, chiarendo, tra
l’altro, che “la legge 47 (quindi la sanatoria edilizia) si riferisce tanto ai
costruttori che ai “privati” per quanto concerne la possibilità di ottenere il
provvedimento di sanatoria delle opere abusive” e che “il riferimento agli atti
stipulati non induce necessariamente a considerare non applicabile la
disposizione in esame (ossia l’art.46 della legge 47/1985, ora art.50 del DPR
380/2001) alle agevolazioni in materia di IVA in quanto... anche per tale
tributo, relativamente alle cessioni, l’atto della stipula assume rilevanza ai
fini dell’individuazione del momento impositivo, ai sensi dell’art.6 del DPR
633/1972”.
2.1 La cessione delle opere oggetto della sanatoria
edilizia
Chiarito il fatto che il condono edilizio produce riflessi
anche sulle agevolazioni in materia di IVA, la concreta applicazione
dell’art.50 del DPR 380/2001 implica la possibilità di fruire di aliquote IVA
ridotte sui corrispettivi derivanti dalla cessione di fabbricati, ultimati
entro il 31 marzo 2003 e sempre se agevolabili ai sensi del DPR 633/1972, che
siano stati sanati dal punto di vista urbanistico dallo stesso costruttore.
Ciò implica, ad esempio, che alla cessione di fabbricati o
porzioni di fabbricati “Tupini” (ossia quelli a prevalente destinazione
abitativa, di cui alla legge 408/1949), realizzati dall’impresa costruttrice in
contrasto con il titolo edilizio e poi dalla stessa sanati, si renderà
applicabile l’aliquota IVA agevolata del 10% (ai sensi del n.127-undecies,
Tabella A, Parte III, allegata al DPR 633/1972). È chiaro, poi, che se la
cessione riguardi un’abitazione e l’acquirente sia in possesso dei “requisiti
prima casa” (stabiliti nella nota II-bis all’art.1 della Tariffa, Parte I,
Allegata al DPR 131/1986), si renderà applicabile l’aliquota IVA del 4% (ai
sensi del n.21 della Tabella A, Parte II, Allegata al DPR 633/1972).
Naturalmente, lo stesso principio è valevole anche con riferimento
alle cessioni agevolate ai fini dell’imposta di registro, in particolare per
quanto riguarda la vendita di abitazioni effettuate da privati persone fisiche,
assoggettabili all’aliquota ridotta del 3% ed alle ipotecarie e catastali in
misura fissa, quando l’acquirente sia in possesso dei citati “requisiti prima
casa” (ai sensi dell’art.1, quinto periodo, della Tariffa, Parte I, Allegata al
D.P.R. 131/1986 e della relativa nota II-bis già citata). Ciò implica, quindi,
che la cessione di un abitazione, con riferimento alla quale è stato commesso
dal privato proprietario l’abuso edilizio (ad esempio un ampliamento in
contrasto con il titolo abilitativo) successivamente sanato, potrà fruire
dell’imposta di registro al 3% e delle ipotecarie e catastali in misura fissa
(129,11 Euro ciascuna), quando l’acquirente sia in possesso dei requisiti
prescritti dalla norma. Diversamente, la mancata sanatoria dell’abuso comporta
l’applicazione, anche in questo caso, del regime ordinario previsto dall’art.1,
secondo periodo, della Tariffa, Parte I, Allegata al D.P.R. 131/1986, per la
cessione di fabbricati e relative pertinenze (imposta di registro al 7% e
ipotecarie e catastali complessivamente pari al 3%).
In tal caso, sempre l’art.50, comma 1, del DPR 38 0/2001, stabilisce
che deve essere presentata all’Amministrazione cui compete la registrazione
dell’atto di compravendita (quindi, agli Uffici locali dell’Agenzia delle
Entrate) e contestualmente a quest’ultimo, la copia conforme del provvedimento
di sanatoria edilizia.
In mancanza del provvedimento definitivo di sanatoria, per
conseguire i benefici fiscali in via provvisoria, deve essere prodotta, sempre
al momento della registrazione dell’atto di vendita, copia della domanda di
sanatoria presentata al Comune con la relativa ricevuta rilasciata da
quest’ultimo. L’interessato dovrà, poi, presentare la copia del provvedimento
definitivo di sanatoria entro sei mesi dalla sua notifica (pena la decadenza
dai benefici fiscali) oppure, nel caso in cui lo stesso non sia stato ancora
rilasciato e a richiesta dell’Ufficio, una dichiarazione del Comune che attesti
che la domanda non ha ancora ottenuto definizione.
2.2 Gli appalti per il completamento delle opere
condonate
Di minore evidenza risulta l’applicabilità delle aliquote
ridotte, quando previste dal DPR 633/1972, per i contratti di appalto relativi
alla costruzione di immobili, agevolati ai fini IVA, che siano oggetto di
sanatoria edilizia. Ciò perchè l’art.32 del D.L. 269/2003 convertito in Legge
326/2003 (come del resto anche la legge 47/1985 per ciò che concerne il condono
edilizio precedente) fa riferimento alla possibilità di sanare opere già
“ultimate” entro il 31 marzo 2003, ma soprattutto perchè l’art.50 del DPR
380/2001 (che, come detto più volte, ha trasfuso l’art.46 della legge 47/1985)
pone come condizione essenziale, per la fruizione dei benefici fiscali, la
presentazione del provvedimento di sanatoria “contestualmente all’atto da
registrare”, mentre i contratti di appalto non sono generalmente soggetti a registrazione.
Al riguardo, è da segnalare che la dottrina prevalente[2],
formatasi in occasione dell’emanazione della legge 47/1985 (che, come detto, ha
posto comunque le stesse condizioni di cui sopra), ha ritenuto applicabili le
aliquote IVA ridotte, quando previste dalla relativa disciplina di cui al DPR
633/1972, anche ai contratti di appalto concernenti il completamento di
immobili oggetto della sanatoria edilizia sulla base delle seguenti
osservazioni:
- il requisito dell”‘ultimazione” dell’opera può ritenersi
soddisfatto se, entro il termine prescritto (ora 31 marzo 2003), sia stato
realizzato il rustico e completata la copertura.
Ciò ai sensi dell’art.31, comma 2, della legge 47/1985 che,
ai fini del condono edilizio, considerava in tal senso ultimate le opere
sanabili. Anche in occasione dell’attuale sanatoria deve ritenersi valida
questa definizione, tenuto conto che, come già ricordato, l’art.32, comma 25,
del D.L. 269/2003 restituisce efficacia, tra l’altro, alle disposizioni del
Capo IV della legge 47/1985, dove è appunto contenuto il citato art.31. Stante
questo orientamento della dottrina, quindi, gli appalti per il completamento
dei fabbricati, per i quali entro il 31 marzo 2003 sia stato realizzato il
rustico e completata la copertura, possono essere agevolabili, sussistendo
naturalmente tutti gli altri presupposti di applicazione dell’IVA ridotta;
- aver dato la possibilità di sanare i fabbricati, per i
quali entro la data prescritta dalla norma sia stato realizzato il rustico e la
copertura, dovrebbe implicitamente ammettere la possibilità di agevolare
fiscalmente, nel rispetto di tutte le altre condizioni, i lavori di
completamento degli stessi immobili. Ciò anche se non è generalmente prevista
la registrazione del contratto di appalto e, quindi, non può essere rispettata
la condizione normativa della presentazione, in sede di registrazione
dell’atto, del provvedimento definitivo di sanatoria edilizia.
Al riguardo, tuttavia, non sono stati emanati chiarimenti
ministeriali in grado di precisare espressamente l’applicabilità delle aliquote
IVA ridotte, quando previste dal DPR 633/1972, ai contratti di appalto relativi
al completamento di fabbricati agevolabili, oggetto di sanatoria edilizia.
A tal proposito, l’ANCE non mancherà di intervenire presso le
competenti sedi ministeriali, affinchè tale orientamento possa trovare
un’esplicita conferma, nell’ambito dell’attuale sanatoria edilizia.
3. L’efficacia retroattiva della sanatoria
L’art.50 del DPR 380/2001, al comma 4, dispone che il
rilascio del permesso definitivo di sanatoria, per le opere o le parti delle
stesse realizzate abusivamente, produce automaticamente, qualora ricorrano i
requisiti previsti dalle norme agevolative, la cessazione dei provvedimenti di
revoca o di decadenza dai benefici fiscali.
A tal fine, in attesa del provvedimento definitivo, deve
essere presentata all’Amministrazione finanziaria competente copia autenticata
della domanda di sanatoria, corredata dalla prova del pagamento delle somme
dovute fino al momento della presentazione della stessa istanza.
In tal modo, quindi, viene riconosciuta efficacia
retroattiva, ai fini fiscali, al condono edilizio, con la conseguenza che
assumono definitività le eventuali fatture emesse prima della sanatoria con aliquota
ridotta (sempre se relative a fattispecie ammesse al beneficio dal DPR
633/1972) riguardanti la costruzione, la ristrutturazione o la cessione di
fabbricati agevolati successivamente condonati.
Per le fatture emesse prima del condono con aliquota
ordinaria, invece, seppure relative ad opere o interventi agevolati ai fini
IVA, non sono ammesse le variazioni in diminuzione (disciplinate dall’art.26
del DPR 633/1972) e, quindi, il recupero della maggiore imposta applicata. Ciò
in quanto il comma 6 del citato art.50 stabilisce espressamente che non si fa
luogo a rimborso delle maggiori imposte eventualmente già versate.
Il principio è stato, tra l’altro, ribadito
dall’Amministrazione finanziaria in occasione del precedente condono edilizio
(Riunione Ispettori Compartimentali Tasse e Imposte indirette sugli affari 25
settembre 1990), quando è stato espressamente chiarito che “nonostante la norma
sembra escludere in modo espresso il solo rimborso delle somme pagate, non può
farsi ricorso al meccanismo di variazione di cui all’art.26 del DPR 633/1972,
attesa la finalità della disposizione in esame, volta a cristallizzare la
situazione tributaria già determinatasi”.
Riepilogando, quindi, alla luce di tali considerazioni
risulta che:
- se prima della sanatoria siano state emesse fatture con IVA
agevolata nei casi previsti dal DPR 633/1972 (ad es. per la costruzione di case
di abitazione non di lusso, con IVA al 10%, ai sensi del n.127-quaterdecies,
Tabella A, Parte III, allagata al DPR 633/1972), il condono degli stessi
immobili abusivi rende definitive le agevolazioni applicate. Non dovrà, quindi,
essere versata la differenza tra l’imposta in misura ordinaria e quella
agevolata. Inoltre eventuali provvedimenti di revoca dei benefici fiscali
emessi in considerazione dell’abuso edilizio commesso, verranno a cessare;
- se prima del condono sia stata applicata l’IVA in misura
ordinaria (al 20%), non si potrà recuperare, dopo la sanatoria, la differenza
tra l’imposta versata e quella determinata applicando l’aliquota agevolata.
Sul punto, tuttavia, si evidenzia che l’Amministrazione
finanziaria, in particolare con la Risoluzione 7 marzo 1995, n.63/E, ha
precisato, nell’ambito del condono edilizio introdotto dalla legge 47/1985, che
le agevolazioni fiscali riferite alle opere oggetto di sanatoria potevano
trovare applicazione solo per gli atti stipulati dopo l’entrata in vigore della
stessa legge 47/1985 (ossia il 17 marzo 1985). Per gli atti precedenti tale
data, il condono edilizio non poteva, quindi, determinare l’applicazione di
agevolazioni fiscali. Nell’ambito dell’attuale sanatoria ciò implicherebbe la
possibilità di fruire di aliquote IVA ridotte solo in relazione agli atti
stipulati dopo il 2 ottobre 2003 (data di entrata in vigore del D.L. 269/2003).
In tal modo, in contrasto con le disposizioni normative richiamate in
precedenza e con un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale espresso
sia dalla Commissione Tributaria Centrale (cfr. Decisione 03/06/1997, n.2852)
che, soprattutto, dalla Corte di Cassazione (cfr. Sentenze n. 4763 del
10/11/1989; n. 9484 del 14/09/1990 e n.489 del 17/01/1995), si negherebbe
l’effetto retroattivo, ai fini fiscali, della sanatoria edilizia.
Infine, si evidenzia che, a differenza del condono edilizio,
il rilascio del permesso in sanatoria per le opere abusive, quando ammesso ai
sensi dell’art.36 del DPR 380/2001[3], non produce effetti retroattivi,
cosicchè non è possibile applicare le agevolazioni fiscali agli atti precedenti
il rilascio dello stesso. Si tratta di un istituto “a regime” che non ha il
carattere eccezionale del condono edilizio e, quindi, produce effetti più
limitati rispetto a quest’ultimo. Ciò è stato confermato dall’Amministrazione
finanziaria (R.M. 13/06/1975, n. 300708), la quale ha precisato che la decadenza
dai benefici fiscali (quindi anche quelli consistenti nell’applicazione di
aliquote IVA ridotte) si verifica comunque per le opere iniziate senza il
titolo edilizio abilitativo, anche se quest’ultimo sia stato successivamente
rilasciato in sanatoria.
Per completezza, si richiama in ultimo l’attenzione sul fatto
che, ai fini dell’Imposta Comunale sugli Immobili (ICI, di cui al D.Lgs.
504/1992), la sanatoria edilizia non produce alcun effetto, cosicchè la stessa
imposta risulterà in ogni caso dovuta con riferimento agli immobili realizzati
abusivamente. In tal senso si è espressa in modo esplicito l’Amministrazione
finanziaria che, nell’ambito della Risoluzione 6 giugno 1994, n.2/138/C, ha
precisato che “sono soggetti all’ imposta comunale sugli immobili (ICI) anche i
fabbricati costruiti abusivamente indipendentemente dal fatto che per essi sia
stata presentata o meno istanza di sanatoria edilizia”.
Note
[1] Cfr. S. Annunziata, A. Carrabino “L’IVA nell’edilizia”
Buffetti Editore, 1995 e G. Clavari, V. Pollastrini “IVA nell’edilizia e nella
proprietà immobiliare” “Guida Operativa” IPSOA Editore S.r.l., III Edizione,
2003.
[2] Cfr. precedente nota 1
[3] Tale disposizione normativa (che riproduce il testo dell’art.13 della legge 47/1985) stabilisce, in sostanza, che in caso di interventi realizzati in assenza del titolo o in difformità allo stesso, entro determinati termini e, comunque, sino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso o l’attuale proprietario possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia la momento della presentazione della domanda.