L'IMPRESA E' ESENTE DA RESPONSABILITA' PER OPERE NON A REGOLA D'ARTE DIMOSTRANDO
L'OBBLIGO IMPOSTO DAL COMMITTENTE AD ESEGUIRLE
(Cassazione,
Sez. II Civile, 29/9/2003, n. 14438)
L'appaltatore,
per poter andare esente da responsabilità, qualora non abbia potuto avvalersi
dei rimedi previsti dall'art. 1660 Cc per apportare al progetto le variazioni
necessa-rie a che l'opera possa essere eseguita a regola d'arte, non può
limitarsi a dimostrare di avere suggerito soluzio-ni più valide, occorrendo
invece che egli provi, oltre il dissenso da lui manifestato a compiere l'opera
secondo le modalità a suo tempo stabilite, anche di essere stato cionondimeno
richiesto di eseguirle ugualmente a rischio del committente, potendo solo in
tal caso essere conside-rato come mero esecutore (nudus minister) del valore di
quest'ultimo.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di
citazione notificato il 21/06/1994, la Sas Vilco conveniva in giudizio avanti
il Tribunale di Busto Arsizio il Condominio Ercole di Samarate (in seguito solo
Condominio) al fine di sentirlo condannare al paga-mento della somma di L.
116.322.265, quale residuo corrispettivo ancora dovuto per lavori di restauro
della facciata dell'edificio.
Costituitosi, il
Condominio contestava la congruità della richiesta e deduceva l'esistenza di
molteplici fessurazioni nell'intonaco esterno. In riconvenziale chiedeva la
condanna della società attrice all'eliminazione dei vizi e al risarcimento del
danno.
Espletata
l'istruttoria, anche mediante Ctu, il Tribuna-le accoglieva sostanzialmente la
domanda dell'attrice, condannando il convenuto al pagamento della somma di L.
108.918.000, con gli interessi legali di mora a decorrere dal 17/2/1994, e
rigettava la domanda riconvenzionale del Condominio, osservando che la Vilco
aveva realizzato i lavori come espressamente e limitativamente richiesto dal
Condominio mediante apposito, specifico contratto, con indicazione delle
singole voci, di costo complessivo inferiore a quell'intervento che sarebbe
stato necessa-rio effettuare per evitare problemi futuri.
Il gravame proposto
dal Condominio era accolto dalla Corte d'appello di Milano, la quale, con la
sentenza (n. 382/2000) ora impugnata, condannava la Vilco "ad eliminare a
sue spese i vizi dell'opera eseguita in conformità alle indicazioni operative
fornite dal consulente d'ufficio".
Osserva la Corte
distrettuale, per quel che ancora interessa, che l'esito in parte negativo
dell'intervento compiuto su tre pareti esterne dell'edificio era da imputarsi
al comportamento omissivo della Vilco, la quale, a seguito della rimozione
della vecchia superficie coprente, e in presenza del degrado e discontinuità
della parete di sottofondo sulla quale doveva applicarsi il nuovo materiale,
con l'insorgenza prevedibile di ritiri e dilata-zioni differenziali, al fine di
evitare i rischi connessi di fessurazione, avrebbe dovuto fornire al committente
univoche indicazioni per alcune soluzioni alternative, idonee a stornarli, in
base al disposto dell'articolo 1660 Cc, in tema di variazioni necessarie al
progetto, da segnalare e concordare col committente. Ma ciò non risultava
essere avvenuto. Pertanto, la domanda del Condominio diretta ad ottenere
l'eliminazione dei denunciati vizi mediante condanna all'esecuzione specifica,
andava accolta, onde, in parziale riforma della sentenza impugnata,
l'appaltatore era tenuto a provvedere a proprie esclusive spese ad eseguire i
lavori necessari, in conformità delle indicazioni fornite dal Ctu nella seconda
e più aggiornata relazione (pagg. lO e Il).
Contro tale
sentenza la Vilco ha proposto ricorso per cassazione in base a quattro motivi.
Il Condominio ha
resistito con controricorso, illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo,
denunciando violazione dell'art. 360 n. 5 Cpc, in relazione agli artt. 112 e
132 Cpc, la ricorrente Vilco, premesso che, secondo la giurisprudenza di questa
Corte, la denuncia dell'inconsistenza tecnica del progetto fatta
dall'appaltatore esclude la responsabilità dello stesso nei confronti del
committente per i vizi dell'opera, si duole dell'omessa pronuncia in ordine
alla richiesta istruttoria di ammissione della prova testimoniale diretta a
dimostrare di aver tentato inutilmente di dissuadere l'amministratore del
Condominio dal far eseguire il lavoro in quanto giudicato tecnicamente
inopportuno e di aver insistito per intervenire con altra e diversa
metodologia, proponendo una prima soluzione per ricoprire la facciata
dell'immobile tramite la Srl Methodo, e , una seconda la Sas Cam International.
Col secondo motivo,
deducendo violazione dell'art. 360 nn. 3 e 5 Cpc per falsa applicazione
dell'art. 1668 Cc e per contraddittoria motivazione, la ricorrente censura
l'impugnata sentenza per aver da un lato negato alla Vilco la possibilità di
provare con testi di aver per tempo avvertito il committente Condominio
dell'erroneità tecnica dell'intervento richiesto, e dall'altro affermato che
"dovevano trarsi univoche indicazioni per alcune soluzioni alternative...
da segnalarsi al committente e concordarsi con questo; il che però non risulta
essere avvenuto e neppure in alcun modo tentato...".
Col terzo motivo,
denunciando violazione dell'art. 360 n. 3 Cpc per omessa applicazione del
disposto dell'art. 1655 Cc la ricorrente si duole di essere stata condannata ad
eseguire un intervento tecnico più oneroso, già rifiutato dal Condominio, senza
peraltro aver diritto al giusto corrispettivo, dovendosi accontentare del costo
concordato per un'opera di contenuto ed economico nettamente inferiore.
Col quarto motivo,
denunciando violazione dell'art. 360 n. 3 Cpc, in relazione all'art. 112 Cpc,
la ricorrente censura la sentenza impugnata per ultrapetizione, in quanto il
Condominio in appello si era limitato a chiedere la condanna della Vilco
"alla realizzazione dell'opera di nuova intonacatura", mentre la
Corte d'appello ha condannato la Vilco ad eseguire non già una semplice
"intonacatura" dell' edificio, bensì tutti quegli interventi
descritti a pago 10 e 11 della seconda relazione peritale, in particolare
l'applicazione di speciali materiali, quali "Nivoplan e Planicrete",
nonché la rasatura con "Mapela- stic".
Il primo motivo è
fondato.
La Corte d'appello
ha accolto la domanda del Condominio ex art. 1668 Cc sul rilievo che non
risultava che la società appaltatrice Vilco - ancorché tenuta, in base al
disposto dell'art. 1660 Cc, a denunciare i vizi del progetto, che ne rendevano
necessaria la modifica, onde concordare le variazioni necessarie per
l'esecuzione a regola d'arte dell'opera appaltata - vi avesse provveduto e
neppure in alcun modo tentato in fase di esecuzione.
Così provvedendo è,
però, incorsa in errore perché ha deciso l'impugnazione omettendo di
considerare che la Vilco, con il suo atto d'appello, reiterando poi l'istanza
in sede di precisazione delle conclusioni (come trascritte in epigrafe della
sentenza), aveva chiesto "l'ammissione delle proprie prove intese a
dimostrare di aver denunciato l'apparenza di validità tecnica dell'intervento
richiesto da Condominio Ercole, prima ancora di dar inizio ai lavori; di aver
suggerito due distinte e diverse soluzioni tecniche; di aver ricevuto un netto
rifiuto da parte della committente all'adozione di una o dell'altra
alternativa; di aver per conto ricevuto l'ordine da parte dell'amministratore
del Condominio Ercole di effettuare solo ed esclusivamente quelle opere poi
effettivamente eseguite (come è detto testualmente in ricorso, assolvendo così
la ricorrente sia all'onere di dimostrare la sussistenza di un nesso eziologico
tra l'errore addebitato al giudice e la pronuncia emessa in concreto che senza
quell'errore sarebbe stata diversa, sia l'onere di indicare specificamente le
deduzioni di prova che sarebbero state disattese, in ossequio al principio
dell'autosufficienza del ricorso per cassazione: Cass. 221212001, n. 2602;
26/3/1999, n, 2894).
Invero, l'omesso
esame di tale richiesta istruttoria si è risolto in un vero e proprio vizio
della pronuncia, in violazione del disposto dell'art. 112 Cpc, atteso che la
richiesta prova verteva su un punto decisivo e rilevante della controversia,
che se esaminato e favorevole alla Vilco, avrebbe potuto condurre ad una
decisione diversa da quella adottata, tenendo presente, però, che
l'appaltatore, per poter andare esente da responsabilità, qualora non abbia
potuto avvalersi dei rimedi previsti dall'art. 1660 Cc per apportare al
progetto le variazioni necessa-rie a che l'opera possa essere eseguita a regola
d'arte, non può limitarsi a dimostrare di avere suggerito soluzioni più valide,
occorrendo invece che egli provi, oltre il dissenso da lui manifestato a
compiere l'opera secondo le modalità a suo tempo stabilite, anche di essere stato
cionondimeno richiesto di eseguirle ugualmente a rischio del committente,
potendo solo in tal caso essere considerato come mero esecutore (nudus
minister) del valore di quest'ultimo.
L'accoglimento del
primo motivo, comporta l'assorbimento di tutti gli altri.
Conseguentemente
l'impugnata sentenza va cassata in relazione al motivo accolto e la causa va
rinviata, per nuovo esame, ad altra sezione della stessa Corte d'appello di
Milano, che provvederà anche al regolamento delle spese del giudizio di legittiniità
facendone questa Corte esprèssa rimessione (art. 385, ult. cpv., Cpc).
PQM
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Milano.