PROBLEMATICHE RELATIVE ALLE CAUSE DI ESCLUSIONE DALLE GARE DI APPALTO
PER L'ESECUZIONE DI LAVORI PUBBLICI
La disposizione
relativa alle cause di esclusione dalle gare ha posto numerosi problemi interpretativi
ed è stata oggetto di diverse decisioni dell'Autorità di vigilanza sui lavori
pubblici, oltre che di copiosa giurisprudenza.
L'ANCE ha voluto
precisare il punto cui è pervenuta l'elaborazione dei criteri di cui all'art.
75 D.P.R. n. 554/99, partendo dall'ultima determinazione dell'Autorità e dalle
più recenti sentenze.
Con la
determinazione in oggetto, l'Autorità ha provveduto a riesaminare la materia
relativa alle cause di esclusione, consolidando quanto già affermato in
precedenti determinazioni.
In particolare,
l'Autorità esamina le situazioni di
incompatibilità previste dalla citata norma ed afferma quanto segue:
a) Relativamente alle situazioni di conclamato dissesto
economico (fallimento, liquidazione coatta, amministrazione controllata,
concordato preventivo) o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la
dichiarazione di una di tali situazioni (art. 75, comma 1 lett. a), si
evidenzia che il procedimento può ritenersi in corso quando vi sia stata
presentazione di apposita istanza da parte di un creditore.
Si precisa,
altresì, che la possibilità di esclusione dalla gara sussiste anche
nell'ipotesi di amministrazione straordinaria di cui al D. Lgs. n. 270/99,
anche se la norma non richiama tale situazione. L'interpretazione proposta
trova, a parere dell'Autorità, il proprio fondamento nell'art. 24 della
direttiva 93/37/CE, che consente l'esclusione dalla gara dell'imprenditore che
si trovi in una situazione analoga a quella di fallimento o in generale di
altra procedura concorsuale.
L'Autorità
ribadisce quanto già affermato con la determinazione n. 16/23 del 2001, circa
l'individuazione del momento in cui il procedimento può dirsi effettivamente
pendente, ritenendo sufficiente la mera presentazione di apposita istanza da
parte di un creditore.
Al riguardo, l'Ance
ritiene che tale impostazione, peraltro non pacifica neppure in giurisprudenza,
possa condurre a conseguenze eccessive, ossia determinare l'esclusione
dell'impresa anche sulla base di istanze manifestamente infondate o pretestuose.
Sembra, pertanto, preferibile considerare necessario, ai fini dell'esclusione
da una gara, la presenza di un atto
istruttorio del Tribunale dal quale sia possibile desumere, anche
implicitamente, la positiva valutazione da parte del giudice dei profili
inerenti la legittimazione del richiedente ed i presupposti per la
dichiarazione di fallimento.
Per quanto riguarda
l'esclusione dalla gara dell'impresa che si trova in regime di amministrazione
straordinaria, si evidenzia che il Consiglio di Stato, contrariamente a quanto
sostenuto dall'Autorità, con sentenza n. 4241 del 2001, ha ritenuto che
l'impresa ammessa a tale procedura e alla quale, pertanto, è consentito
proseguire l'attività economica, deve anche essere ammessa a partecipare alle
procedure di gara per l'affidamento di pubblici appalti.
Con riguardo ad
entrambe le questioni, l'Associazione ha espresso le proprie considerazioni
all'Autorità, affinchè riveda le posizioni espresse nella propria
determinazione.
b)
Relativamente alla situazione dei soggetti nei cui confronti è pendente
un procedimento per l'applicazione di una misura di prevenzione, ai
sensi dell'art. 3 della L. n. 1423/1956 (misure antimafia) (art. 75, comma 1
lett. b), viene precisato che il procedimento è da ritenersi pendente quando
sia avvenuta l'annotazione della richiesta di applicazione della misura negli
appositi registri presso le segreterie delle Procure della repubblica e delle
cancellerie dei Tribunali.
L'Autorità,
inoltre, conferma che la preclusione opera anche nei confronti dei soggetti ai
quali sia stata applicata la misura di prevenzione ai sensi dell'art. 10, comma
2 della L. n. 575/1965, secondo cui il provvedimento definitivo di applicazione
della misura di sicurezza determina il divieto di concludere contratti di
appalto ed i relativi subcontratti con la pubblica amministrazione. Tale
incapacità a contrarre può estendersi nei confronti dei conviventi e degli enti
di cui il soggetto sia rappresentante o gestore, con durata quinquennale ed a
seguito di apposita pronuncia del Tribunale competente (art. 10, comma 4 L. n.
575/1965).
L'Autorità precisa,
altresì, che le medesime preclusioni operano con riguardo ai soggetti
condannati con sentenza definitiva o, ancorchè non definitiva, confermata in
grado di appello (c.d. pronunzia doppia conforme) per i delitti di cui all'art. 416 bis c.p. (associazione
mafiosa), 630 c.p. (sequestro di persona a scopo di estorsione), per i delitti
commessi avvalendosi delle condizioni previste dal citato art. 416 bis ovvero
al fine di agevolare le attività delle associazioni in esso menzionate, nonchè
per il delitto di associazione finalizzata al traffico di sostanze
stupefacenti.
c)
Relativamente alla situazione dei soggetti nei cui confronti è stata
pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato oppure di applicazione
della pena su richiesta delle parti per reati che incidono
sull'affidabilità morale e professionale dell'appaltatore (art. 75, comma 1
lett. c), l'Autorità si sofferma sul problema dell'individuazione dei reati
incidenti sull'affidabilità morale e professionale dell'imprenditore.
Al riguardo,
ribadisce quanto già affermato circa la rilevanza di alcune tipologie di reato
influenti sull'affidabilità dell'appaltatore (reati contro la pubblica
amministrazione, l'ordine pubblico, la fede pubblica ed il patrimonio), se
relativi a fatti la cui natura e contenuto siano idonei ad incidere
negativamente sul rapporto fiduciario con la stazione appaltante. Tuttavia, a
parere dell'Autorità, rimane in capo alla stazione appaltante un ampio spazio
di valutazione discrezionale e di apprezzamento delle singole fattispecie
concrete.
In particolare,
debbono essere presi in considerazione tutti gli elementi delle fattispecie che
possono incidere sulla fiducia contrattuale, quali ad esempio l'elemento
psicologico, la gravità del fatto, il tempo trascorso dalla condanna, le
eventuali recidive. L'amministrazione deve dare contezza, con idonea e puntuale
motivazione, del potere discrezionale di valutazione dei reati.
Al contrario, non sussiste
alcuna possibilità di valutazione discrezionale, dovendosi senz'altro escludere
il concorrente, in caso di ricorrenza delle ipotesi di reato che implichino
come pena accessoria l'incapacità di concludere contratti con la pubblica
amministrazione, nonchè l'irrogazione di sanzione interdittiva nei confronti
della persona giuridica, emessa ai sensi del D. Lgs. n. 231/00 per reati contro
la pubblica amministrazione o il patrimonio commessi nell'interesse o a
vantaggio della persona giuridica stessa.
L'Autorità ritiene
inoltre che debbano essere dichiarate in sede di gara anche le condanne
riportate con decreto penale di condanna. Tale procedimento riguarda
l'applicazione delle sole pene pecuniarie, eventualmente in sostituzione di
quella detentiva, e pertanto ipotesi di reato particolarmente lievi. Tuttavia,
anche se la condanna inflitta con il rito del decreto penale non fa emergere
elementi particolarmente sintomatici di scarsa moralità professionale, permane
il potere di valutazione discrezionale in capo alla stazione appaltante,
valutazione che va in questi casi ancor più puntualmente motivata.
Sotto il profilo
soggettivo, viene precisato che risulta irrilevante che la condanna di un
amministratore o di un direttore tecnico sia intervenuta per fatti antecedenti
alla data di assunzione dell'incarico ovvero per fatti non correlati ad
eventuale interesse o vantaggio dell'impresa.
A parere
dell'Autorità, infatti, non risulterebbe ostativa a tale interpretazione la
normativa in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (D.
Lgs. n. 231/00), per la quale la responsabilità si riconosce all'ente solo per
reati commessi da parte dell'amministratore nell'interesse o a vantaggio
dell'ente, considerato che tale limitazione non è menzionata dall'art. 75 per
le cause di esclusione.
In altre parole, la
condanna del soggetto, secondo tale interpretazione, costituisce circostanza
incidente sull'affidabilità morale dell'impresa nel suo complesso, nel senso
che da tale condanna, considerato il ruolo e la rilevanza del condannato nella
compagine dell'impresa, deriverebbe un'attenuazione della moralità complessiva
dell'impresa ed una limitazione della capacità della stessa alla partecipazione
alle gare ed alla stipulazione dei contratti di appalto. Tale limitazione si
protrae per i tre anni successivi alla cessazione della carica del soggetto
condannato, potendo tuttavia l'impresa, con riferimento al triennio,
interrompere il nesso di identificazione con il soggetto condannato, adottando
atti o misure di completa dissociazione dalla condotta sanzionata penalmente.
Le argomentazione svolte riprendono, sostanzialmente, quanto già sostenuto
dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (sentenze n. 5523/2002 e n.
3380/2003).
In ogni caso,
rimangono salve le ipotesi di riabilitazione in caso di sentenza di condanna e
di estinzione del reato per decorso del tempo in caso di patteggiamento,
ipotesi che determinano l'eliminazione della causa ostativa alla partecipazione
alle gare.
La riabilitazione è
pronunciata con sentenza, soggetta alle condizioni previste dall'art. 179 c.p..
Per quanto concerne
l'estinzione del reato dopo il patteggiamento, occorre tenere presente che
l'art. 676 c.p.p. prevede una competenza generale del giudice dell'esecuzione a
decidere in ordine all'estinzione del reato per la fase successiva alla
condanna.
Dalla ricostruzione
del sistema sembra doversi dedurre che le cause di estinzione del reato debbano
sempre essere accertate da un giudice, e, dopo l'emanazione della sentenza, dal
giudice dell'esecuzione.
Ora, tra le cause
di estinzione deve senz'altro ricomprendersi quella relativa alla sentenza di
patteggiamento, di cui all'art. 445, comma 2 c.p.p., che deve pertanto, al pari
delle altre, essere accertata dal giudice.
Peraltro, la Corte
di Cassazione ha precisato che l'art. 676 c.p.p. attribuisce al giudice
dell'esecuzione il ''potere-doverè' di dichiarare l'estinzione, allorquando
ricorrano le condizioni previste dall'art. 445, così evidenziando la
sostanziale doverosità del provvedimento del giudice (sentenza n. 498 del
21.3.2002).
In conclusione, è
necessario che il soggetto incorso in una sentenza di patteggiamento,
allorquando ricorrano le condizioni per l'estinzione del reato (decorrenza dei
5 anni e mancato compimento di reati della medesima indole), chieda il
provvedimento dichiarativo dell'avvenuta estinzione al giudice dell'esecuzione
competente (costituito presso il medesimo giudice che ha emesso la sentenza
di patteggiamento).
Infine, in merito alla questione della rilevanza
della condanna di un amministratore o di un direttore tecnico, che sia
intervenuta per fatti antecedenti alla data di assunzione dell'incarico ovvero
per fatti non correlati ad eventuale interesse o vantaggio dell'impresa, si
evidenzia che l'Ance non condivide in alcun modo la posizione espressa
dall'Autorità. Si ritiene, infatti, che l'esclusione dalla gara possa
intervenire laddove sussista un collegamento ''temporalè' o ''funzionalè' tra
la condotta del soggetto e la sfera di interessi dell'impresa, desumibile
peraltro dalla possibilità di interrompere tale nesso, adottando atti o misure
di completa dissociazione.
Deve, tuttavia,
evidenziarsi che la posizione assunta dall'Autorità è sostenuta dal Consiglio
di Stato e, pertanto, al momento risulta oltremodo rischioso per le imprese
associate partecipare a gare, mantenendo nella propria compagine soggetti che
siano incorsi in condanne definitive o patteggiamenti, anche se per fatti
antecedenti all'assunzione della carica nell'impresa.
In considerazione
di ciò, l'Ance ritiene opportuno proporre una modifica della norma in sede di
revisione del DPR n. 554/1999.
È inoltre stata
evidenziata all'Autorità la non corretta inclusione del decreto penale di
condanna tra i provvedimenti rilevanti ai fini della causa di esclusione in
esame, considerato che la norma parla di ''sentenza" definitiva di
condanna, non lasciando perciò spazio per altre tipologie di provvedimenti.
d) Relativamente alla situazione dei soggetti
che hanno violato il divieto di intestazione fiduciaria (art. 75, comma
1 lett. d), l'Autorità osserva che non è necessario il trasferimento di beni
dai fiducianti al soggetto fiduciario, essendo sufficiente che a quest'ultimo
sia conferita, con idonei strumenti negoziali, la legittimazione ad esercitare
diritti e facoltà necessari per la gestione dei beni rimasti formalmente in
capo al fiduciante.
e)
Relativamente alla situazione dei soggetti che hanno commesso gravi
infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e ad ogni
altro obbligo derivante dal rapporto di lavoro (art. 75, comma 1 lett. e),
l'Autorità sostiene che l'espressione ''debitamente accertate" non
significa ''definitivamente accertate" e che, perciò, anche un
accertamento in sede amministrativa è sufficiente a legittimare la valutazione
delle stazioni appaltanti circa la gravità dell'infrazione. Come nel precedente
caso di cui alla lettera c), la valutazione in capo alla stazione appaltante è
discrezionale e deve essere motivata.
Per quanto attiene
al profilo della ''gravità'' dell'infrazione, l'Autorità evidenzia che
quest'ultima va desunta dalla tipologia di infrazione commessa, dal tipo di
sanzione applicata, dall'eventuale reiterazione della condotta, dal grado di
colpevolezza e dalle conseguenze dannose derivate dall'evento. Conferma,
inoltre, che per infrazioni alle norme in materia di sicurezza e ad ogni altro
obbligo derivante dal rapporto di lavoro devono intendersi non soltanto le omissioni inerenti il mancato pagamento
dei contributi, ma anche le infrazioni alle prescrizioni di cui al d. lgs. n.
626/1994, al d. lgs. n. 494/1996 e al d. lgs. n. 528/1999.
In ogni caso, ad
avviso dell'Autorità, deve considerarsi grave la violazione in caso di omesso
versamento dei contributi assicurativi, qualunque sia l'importo non versato e
fintanto che la situazione contributiva non sia completamente regolarizzata.
Con riguardo alla
sufficienza di un accertamento non definitivo dell'infrazione, deve notarsi che
l'Autorità ha modificato l'interpretazione fornita nella precedente
determinazione n. 16/23 del 2001, laddove richiedeva una pronuncia in sede
giurisdizionale ovvero un atto amministrativo divenuto inoppugnabile.
Nonostante la lettera della norma possa deporre per tale lettura, non può non
rilevarsi come tale interpretazione appaia in contrasto con le esigenze di
garanzia e di tutela nell'applicazione di una sanzione grave, qual è quella
dell'esclusione da una gara, e come finisca per attribuire maggior peso alla
valutazione discrezionale, che compete alla stazione appaltante, circa la
rilevanza dell'infrazione ''accertata".
Sul punto l'Ance
non ha mancato di segnalare all'Autorità le proprie perplessità; tuttavia,
stante la lettera della norma, si ritiene opportuno proporre adeguata modifica
in sede di riforma del DPR n. 554/1999.
f)
Sulla situazione dei soggetti che hanno commesso grave negligenza o
malafede nell'esecuzione di lavori affidati dalla stazione appaltante che
bandisce la gara (art. 75, comma 1 lett. f), l'esclusione dalle gare può avere
luogo anche a seguito di un accertamento in sede amministrativa. Inoltre, non è
sufficiente, affinchè ricorra l'ipotesi in esame, che i lavori non siano
eseguiti a regola d'arte, occorrendo invece una violazione del dovere di
diligenza nell'adempimento, qualificata da un atteggiamento psicologico doloso
o gravemente colposo dell'appaltatore.
Sicuramente ricorre
la gravità nel caso di dichiarazione di non collaudabilità dei lavori ovvero di
risoluzione del contratto ai sensi dell'art. 119 del D.P.R. n. 554/1999.
Infine, l'Autorità precisa che anche i
comportamenti tenuti dai dipendenti dell'impresa possono integrare l'ipotesi di
negligenza di quest'ultima, laddove abbia omesso ogni dovuto e preventivo
controllo.
g)
Relativamente alla situazione dei soggetti che abbiano commesso irregolarità,
definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle
imposte e tasse (art. 75, comma 1 lett. g), l'esclusione presuppone la
definitività dell'accertamento, che può conseguire ad una pronuncia
giurisdizionale o ad un atto amministrativo di accertamento tributario non
impugnato e divenuto incontestabile.
Si segnala, al
riguardo, una sentenza del Consiglio di Stato (sent. n. 4599/2003), secondo la
quale le irregolarità fiscali commesse dal legale rappresentante possono
assumere rilevanza anche se risalgono ad un momento in cui il soggetto era
amministratore di altra società, in applicazione dei principi visti alla
precedente lettera c). Deve, tuttavia, evidenziarsi che la norma, laddove ha
inteso dare rilevanza alle situazioni personali dei soggetti appartenenti alla
compagine dell'impresa, lo ha fatto espressamente, ossia nelle situazioni di
cui alle lettere b) e c) della disposizione in esame; al contrario, nelle
restanti cause di esclusione, la fattispecie descritta dalla norma deve
ritenersi riferita all'impresa in quanto tale.
Nel caso di specie,
le irregolarità nel pagamento di imposte e tasse dovrebbero riguardare
l'impresa, potendo questa essere autonomo soggetto fiscale, e non il singolo
amministratore o socio con riferimento alle imposte dirette od indirette che
riguardano questi ultimi.
h) Relativamente alla situazione dei soggetti che, nell'anno antecedente la
data di pubblicazione del bando di gara, hanno reso false dichiarazioni
in merito ai requisiti ed alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle
procedure di gara, risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio (art. 75,
comma 1 lett. h), l'Autorità precisa le conseguenze del verificarsi della
fattispecie in esame sulla procedura di affidamento dei lavori.
Nel caso in cui
l'appalto non sia ancora stato aggiudicato, non vi sono effetti sulla
regolarità della procedura di gara, una volta esclusa l'impresa che non è in
possesso dei requisiti richiesti. Solo nel caso che la sua offerta abbia
contribuito ad individuare la soglia di anomalia, occorrerà determinare la
nuova soglia.
Dopo
l'aggiudicazione della gara, ma prima della stipulazione del contratto, se
aggiudicataria è la medesima impresa per la quale ricorre la causa di
esclusione in esame, l'amministrazione deve procedere all'annullamento
dell'aggiudicazione, altrimenti occorre verificare se l'offerta dell'impresa
esclusa ha influito sull'aggiudicazione ed eventualmente procedere a nuova
aggiudicazione.
Infine, dopo la
stipula del contratto e nel corso dei lavori, può distinguersi a seconda che la
causa preclusiva riguardi l'impresa aggiudicataria o altra impresa, ma va
sempre valutato caso per caso l'eventuale interesse dell'amministrazione alla
prosecuzione del rapporto o all'annullamento dell'aggiudicazione.
Con riguardo a
questa causa di esclusione, si ritiene opportuno, considerata la gravità della
sanzione prevista della sospensione di un anno dalla partecipazione alle gare d'appalto,
tentare una ricostruzione della fattispecie, anche se la determinazione in
esame non affronta espressamente la problematica ad essa connessa.
Si tratta, in
particolare di verificare se l'Autorità abbia il potere di comminare la
sanzione dell'esclusione dalle gare delle imprese colpevoli di aver reso false
dichiarazioni; se comunque, ai fini della comminatoria della sanzione, sia
necessario l'accertamento dell'elemento soggettivo integrante la fattispecie
legislativa; se sia necessario, ai fini dell'accertamento dell'elemento
soggettivo, integrare il contraddittorio con l'impresa.
In effetti, da
nessuna norma della legge quadro o del regolamento emerge che l'Autorità,
nonostante quanto dalla stessa sostenuto nelle precedenti determinazioni n.
16/23 del 2001 e n. 10 del 2002, abbia
direttamente il potere di comminare la sanzione dell'esclusione dalle gare. La
lettera h) dell'art. 75 fa, peraltro, espresso riferimento, ai fini
dell'esclusione, ai ''dati in possesso dell'Osservatorio dei lavori pubblici".
Se ne può argomentare che l'Autorità non ha il potere diretto di comminare la
sanzione, bensì, ai fini di comunicare all'Osservatorio i dati da annotare nel
Casellario Informatico, ha il potere di accertare la sussistenza dei
presupposti della ''falsità'' per la relativa annotazione.
Tra i presupposti
oggetto di valutazione rientra, senza dubbio, la sussistenza dell'elemento
soggettivo, consistente nell'intenzionalità (dolo) della dichiarazione o,
quantomeno, nella grave disattenzione (colpa) nell'averla resa in modo erroneo,
sicchè non dovrebbe seguire l'annotazione laddove manchi del tutto
l'intenzionalità del falso ovvero si versi in ipotesi di colpa lieve, come nel
caso di errore scusabile.
Si ritiene,
altresì, che nella stessa sede, cioè prima di comunicare i dati
all'Osservatorio, dovrebbe essere consentito all'impresa concorrente di fornire
ogni elemento a propria discolpa, rendendosi pertanto necessaria
l'instaurazione del contraddittorio, finalizzato all'imparziale ed oggettiva
valutazione delle giustificazioni dell'impresa.
Le considerazioni
sopra svolte sono state poste all'attenzione dell'Autorità, affinchè essa
stessa, condividendole, possa fornire indicazioni chiare agli operatori del
settore dei lavori pubblici.
L'Autorità, infine,
chiarisce che a seguito della riforma operata dall'art. 15 della Legge n.
3/2003, che ha introdotto l'art. 77 bis nel corpo del D.P.R. n. 445/2000, in
materia di semplificazione amministrativa, tutte le cause di esclusione possono
essere oggetto di dichiarazione sostitutiva, e pertanto per la dimostrazione
dell'inesistenza delle cause di esclusione di cui alle lettere b) e c)
dell'art. 75 non è più necessario presentare il certificato del casellario
giudiziale e dei carichi pendenti.
In ultimo, si
coglie l'occasione per rendere noto che il Ministero di Grazia e Giustizia -
Dipartimento affari di Giustizia - ha diramato la circolare n. 3194 del 17
giugno 2003, concernente la ''Consultazione del sistema informativo del
casellario Giudiziale da parte della amministrazioni pubbliche e dei gestori di
pubblici servizi. Applicazione transitoria dell'art. 39 del D.P.R. n. 313/2000
contenente il Testo Unico in materia di casellario giudiziale".
La circolare si è
resa necessaria per dare soluzione ad alcuni disagi lamentati dalle pubbliche
amministrazioni a seguito dell'entrata in vigore del cennato Testo Unico.
Quest'ultimo, infatti, equipara il certificato del casellario - nonchè quello
dei carichi pendenti - rilasciabile alle pubbliche amministrazioni ed ai
gestori di pubblici servizi a quello rilasciabile ai privati.
In tal modo i
soggetti pubblici vengono ad avere una conoscenza parziale delle possibili
iscrizioni relative ad una data persona, atteso che i certificati in parola,
qualora rilasciati ai privati, escludono la menzione di una serie di
informazioni.
Per quanto concerne
gli appalti di opere pubbliche, in particolare, la cennata equiparazione ha
reso impossibile, per le stazioni appaltanti, operare, una piena verifica della
dichiarazione sostitutiva, resa dai concorrenti sull'inesistenza delle
situazioni di cui alla lettera c) dell'art. 75.
Ciò in quanto il
certificato del casellario - che, come noto, comprova la causa di esclusione
ora citata - qualora richiesto dai
privati, non evidenzia gli eventuali ''patteggiamenti".
Con la circolare in
commento, invero, il Ministero ha sostanzialmente indicato che i suddetti
disagi sono da ritenersi superabili attraverso l'attivazione del sistema
previsto dall'art. 39 del T.U, relativo alla consultazione diretta dei dati contenuti
nel casellario.
Tale forma di
consultazione, infatti, consente alle amministrazioni ed ai gestori di pubblici
servizi una visione completa delle informazioni relative al casellario; e ciò,
ogni qual volta occorra effettuare accertamenti degli stati, fatti e qualità
autocertificabili ai sensi dell'art. 46 del D.P.R. n. 445/2000, nonchè operare
i controlli sulle autocertificazioni stesse, come previsto dall'art. 71 dello
stesso D.P.R..
Tuttavia, poichè il
sistema di interconnessione sottostante alla consultazione diretta non è ancora
operativo è stata realizzata, sull'attuale Sistema Informativo (S.I.C.), una
procedura che anticipa, con una modalità transitoria, l'applicazione delle
disposizioni contenute nell'art. 39 del T.U..
La procedura
transitoria renderà possibile la produzione del solo certificato generale del
casellario giudiziale - contenente tutte le iscrizioni riferibili ad una
persona - e non anche quella relativa agli altri due tipi di certificato
(penale e civile).
La richiesta di
accesso - necessariamente scritta - dovrà essere adeguatamente motivata, nonchè
accompagnata da una specifica avvertenza - di cui la circolare fornisce il
testo - che ne delimita le finalità, ed ammonisce il richiedente circa
l'obbligo di mantenere la riservatezza sui dati acquisiti.
La soluzione
individuata dal Ministero dovrebbe quindi risolvere il problema, dianzi
prospettato, relativo all'impossibilità, per le stazioni appaltanti, di
continuare ad effettuare le verifiche sulla dichiarazione sostitutiva resa dai
partecipanti ai sensi dell'art. 75, lettera c).