RIFIUTI - NUOVI LIMITI AL RIUTILIZZO DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO
(Legge 31/10/03, n.306)
Si segnala la pubblicazione della legge 31 ottobre 2003,
n.306 (G.U. n.266 del 15 novembre 2003, supplemento ordinario n.173), cd. Legge
Comunitaria 2003, che all'art.23 introduce nuove limitazioni al riutilizzo dei
materiali derivanti dall'attività di escavazione a partire dal 30 novembre
prossimo, data della sua entrata in vigore.
In particolare, l'art.23 modifica l'art.1, commi 17, 18 e 19
della Legge 443/2001 (cd. Legge Obiettivo) per superare la procedura di
infrazione aperta dalla Commissione europea proprio nei confronti di queste
ultime norme.
La possibilità di reimpiegare i materiali derivanti da
escavazione senza trattamento è ora ancorata alla preventiva predisposizione di
un progetto di riutilizzo ed alla autorizzazione dello stesso da parte
dell'ARPA competente per territorio.
Il titolo abilitativo dell'ARPA, pertanto, si aggiunge a
quello dell'autorità amministrativa competente e potrà comunque essere
richiesto anche in corso d'opera non appena si prospetti per l'impresa una
effettiva possibilità di riutilizzare i materiali residuati dall'attività di
scavo, anzichè sottoporli alla procedura di recupero.
Nel caso di opere soggette a Valutazione d'Impatto
Ambientale, invece, le modalità di riutilizzo dovranno essere approvate
nell'ambito della VIA stessa.
L'art.23 della Legge Comunitaria 2003 prevede altresì che
qualora i materiali da scavo vengano reimpiegati in altri cicli industriali, le
pubbliche autorità investite delle funzioni di vigilanza e controllo su tali
attività produttive debbano verificare anche l'effettiva destinazione dei
materiali all'uso autorizzato, mentre i soggetti che li riutilizzano provvedano
a documentarne la provenienza, la quantità e la specifica destinazione.
Si ricorda che in precedenza il riutilizzo delle terre e
rocce da scavo - anche se inquinate, purchè con una concentrazione di sostanze
inquinanti non superiore ai limiti previsti dalle norme vigenti - era ammesso
senza trattamento e previa autorizzazione dell'autorità amministrativa competente
in caso di destinazione delle stesse a differenti cicli di produzione
industriale o di ricollocazione in altro sito.
La nuova norma lascia però aperto il problema del regime
transitorio per le opere in corso di esecuzione al 30 novembre 2003.
In seguito alle azioni intraprese dall’Ance, sia in sede
parlamentare che direttamente presso i Ministeri competenti, sono pervenute le
prime indicazioni sul problema.
Si tratta di due note del Ministero delle Infrastrutture, una
proveniente dall'Ufficio Legislativo e l'altra dal Gabinetto del Ministro in
risposta all'interrogazione presentata alla Camera dei Deputati, che vanno
valutate con cautela e che comunque non tengono indenni da possibili rilievi
delle autorità preposte ai controlli.
In particolare, la Nota dell'Ufficio legislativo, per quanto
poco motivata, consente di continuare ad utilizzare liberamente le rocce e
terre da scavo purchè si tratti di riutilizzi autorizzati (in base alla
normativa vigente sino all'entrata in vigore della legge comunitaria).
La risposta all'interrogazione parlamentare, maggiormente
articolata, conferma la possibilità di riutilizzare il materiale in opere
autorizzate (come la Nota dell'Ufficio legislativo), ma precisa che le autorità
ambientali potranno intervenire se già non interessate in precedenza.
Inoltre si sottolinea che verrà chiesta l'emanazione di
un'apposita circolare da parte del Ministero dell'Ambiente in modo che i nuovi
controlli ed adempimenti siano attuati in modo compatibile con lo sviluppo dei
lavori in corso.
L'odierna modifica legislativa pone il problema del rapporto
tra la normativa prevista per le terre e rocce da scavo e quella di carattere
generale introdotta dall'art.14 del Decreto Legge 138/2002 (convertito dalla
Legge 178/2002).
Tale norma qualifica come rifiuto "qualsiasi sostanza od
oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A (contenente il
Catalogo Europeo dei Rifiuti) e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o
abbia l'obbligo di disfarsi".
Secondo l'interpretazione fornita dal D.L. 138/2002 le
fattispecie del "abbia deciso" e dell' "abbia obbligo di
disfarsi" non ricorrono allorquando:
- beni, sostanze o materiali residuali di produzione o di
consumo possano essere o siano effettivamente ed oggettivamente riutilizzati
nel medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, senza subire
alcun intervento preventivo di trattamento e senza recare pregiudizio
all'ambiente;
- beni, sostanze o materiali residuali di produzione o di
consumo possano essere e siano effettivamente e oggettivamente riutilizzati nel
medesimo o in analogo o diverso ciclo produttivo o di consumo, dopo aver subito
un trattamento preventivo ma senza che si renda necessaria alcuna operazione di
recupero tra quelle individuate nell'allegato C del D.Lgs. 22/1997.
Sarebbero quindi escluse dal concetto di rifiuto di quei
materiali residuali, che, anche se formalmente compresi nel CER (Catalogo
Europeo dei Rifiuti), siano effettivamente riutilizzati senza pregiudizio per
l'ambiente.
In questi casi, pertanto, non è più possibile parlare di
rifiuto: non solo non sarà rifiuto il materiale che possa essere riutilizzabile
tal quale nello stesso o in un altro ciclo produttivo senza danno all'ambiente,
ma addirittura non si avrà rifiuto neanche qualora sia necessario un
trattamento preventivo del medesimo, purchè non si debba procedere ad
operazioni di recupero.
La norma, che ha portata generale, si dovrebbe applicare
conseguentemente anche alle terre e rocce da scavo, salvo che non si consideri
l'art.1, commi 17-19 della L.443/2001 come normativa speciale.
È opportuno comunque ricordare che la Cassazione, con la sentenza della Sez. III penale, 11 febbraio 2003, n.291, ha per la prima volta dato attuazione a questa norma in materia di terre e rocce da scavo, affermando che non rientrano nella nozione giuridica di rifiuto e conseguentemente non sono soggette alla relativa disciplina, le terre e le rocce da scavo qualora vi sia stato un loro effettivo riutilizzo e purchè non provenienti da siti inquinati o bonifiche.