DEMOLIZIONE E RICOSTRUZIONE - CIRCOLARE MINISTERIALE N. 4174 DEL 2003
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 274 del 25/11/2003 è stata
pubblicata la Circolare n. 4174 del 2003 con la quale vengono forniti
chiarimenti sulla demolizione e ricostruzione nell’ambito della nuova
definizione di ristrutturazione edilizia contenuta nel Testo Unico
sull’edilizia (D.P.R. 380/2001).
I contenuti principali della circolare possono essere così
riassunti.
Disciplina edilizia applicabile
Ai fini della ricostruzione si deve far riferimento alla
disciplina vigente all’epoca della realizzazione della costruzione originaria
per quanto riguarda i parametri edificatori (ossia indice di edificabilità ,
altezze, distanze distacchi, inclinate,ecc.) anche se difformi da quelli ora
vigenti.
Ciò in quanto non si è in presenza di una nuova edificazione,
bensì di un intervento di ristrutturazione edilizia (ad esempio, ai fini delle
distanze, se oggi vige il limite di 10 metri ed in passato era invece previsto
un limite di 3 metri, si applica quest’ultimo senza che ciò configuri lesione dei diritti dei terzi nel
caso in cui venga rispettata
l’originaria area di sedime).
Si deve comunque sottolineare che, a seguito delle modifiche
introdotte dalla l. n. 443/2001, devono
ora essere rispettati il volume
e la sagoma originari (e quindi non anche i prospetti), mentre non assumono più
rilevanza le caratteristiche dei materiali e l’area di sedime.
In proposito, la circolare, al fine di individuare le possibilità di spostamento dell’area di sedime
nell’ambito dell’area di pertinenza, introduce un criterio interpretativo che
si riferisce alle disposizioni regionali sulle varianti essenziali alla
concessione edilizia (oggi permesso di costruire).
Ciò vuol dire che mediamente è ammesso uno spostamento del
dieci per cento rispetto all’area di sedime originaria. Tale scelta viene
motivata con la considerazione per cui in questi casi si ricade comunque nell’ambito di interventi di
recupero, per cui gli spostamenti sono finalizzati principalmente ad una migliore
funzionalità insediativa.
Aumenti di superficie, destinazione d’uso e piani
attuativi
Devono considerarsi di norma ammissibili aumenti di
superficie nel rispetto della volumetria preesistente, in quanto ordinariamente
ricompresi negli interventi di ristrutturazione edilizia.
Una tale possibilità
potrebbe essere esclusa solo in presenza di un esplicito divieto contenuto
nelle regolamentazioni locali in via generale e comunque con riferimento alla
specifica ipotesi di demolizione e ricostruzione.
Nel contempo, è ammissibile mantenere la destinazione d’uso
originaria, ovvero mutare la stessa nell’ambito di quelle consentite dal piano
per la zona nella quale è ricompreso l’immobile ristrutturato.
Qualora l’intervento ricada in zone sottoposte a piano
attuativo, la demolizione e ricostruzione è da ritenere ammissibile in base
all’art. 9, secondo comma, del Testo
Unico Edilizia, che consente la ristrutturazione edilizia in attesa
dell’approvazione del piano esecutivo.
Parcheggi pertinenziali
L’obbligo della realizzazione dei parcheggi pertinenziali è
applicabile, in base alla normativa vigente,
solo alle nuove costruzioni, per cui non trova applicazione alla
demolizione e ricostruzione che rientra nella ristrutturazione edilizia.
La circolare si limita, quindi, a rivolgere un invito
affinchè in tali operazioni, che comportano la integrale sostituzione edilizia,
siano comunque garantite le dotazioni di parcheggi al fine di soddisfare un
deficit pregresso.
Ciò è possibile in quanto la realizzazione dei posti macchina
non rappresenta un aumento volumetrico.
Immobili condonati
Sono consentiti gli interventi di demolizione e ricostruzione
su immobili condonati ma nel rispetto, oltre che della sagoma e del volume,
della superficie utile, in quanto l’oblazione è stata corrisposta in relazione
alle quantità denunciate, che sono quindi state cristallizzate nella loro
entità.
Tale principio non si applica in caso di difformità edilizia
oggetto di sanzione pecuniaria ai sensi del regime repressivo ordinario.
Prevalenza sulle disposizioni degli strumenti urbanistici.
Per espressa disposizione di legge, la nuova
nozione di ristrutturazione edilizia prevale automaticamente sulle definizioni
contenute nelle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei
regolamenti edilizi.
Ciò vuol dire che, ove le disposizioni di piano facciano
riferimento alla nozione indeterminata
di ristrutturazione edilizia, la stessa deve intendersi integrata dalla
fattispecie della demolizione e ricostruzione.
MINISTERO
DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
CIRCOLARE
7 agosto 2003, n.4174
Decreto del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, come modificato
ed integrato dal decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301.
Chiarimenti interpretativi in
ordine alla inclusione
dell’intervento di demolizione e
ricostruzione nella categoria della
ristrutturazione edilizia.
1. Premessa.
Con la presente circolare questo Ministero intende far
conoscere il proprio avviso
sulla disposizione di
cui all’art. 1,
comma 6, lettera b), della legge 21 dicembre 2001, n. 443,
recepita dall’art. 3, comma
1, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno
2001, n. 380 (in seguito Testo unico), come modificato
ed integrato dall’art. 1, lettera a), del decreto legislativo
27 dicembre 2002, n. 301 (in
seguito Testo unico coordinato), che ha
compreso nella ristrutturazione edilizia gli interventi
di «demolizione e
ricostruzione con la
stessa volumetria e sagoma»,
assoggettandoli a denuncia
di inizio attività.
Ciò al fine di fornire indirizzi per una interpretazione uniforme
ed omogenea della norma e
per una sua conseguente corretta
applicazione, considerata anche la
notevole incidenza della
stessa sul patrimonio edilizio
esistente: è noto,
infatti, che gli
interventi di recupero e
riqualificazione hanno assunto,
negli ultimi anni,
rilevanza e diffusione
crescente e costituiscono componente non secondaria della politica
urbanistico-edilizia di molti
enti territoriali e che,
inoltre, la formazione degli strumenti urbanistici si attiene, sempre più
di frequente, a criteri del
massimo possibile recupero e riuso del
territorio urbanizzato e delle aree edificate esistenti, anche al fine
di contenere il
ricorso all’edificazione di
nuovi ambiti territoriali.
Ulteriori motivi sulla necessità di orientare l’applicazione
della norma si individuano nell’importanza, da un lato, di fornire
criteri guida in modo da agevolare i comportamenti amministrativi dei
comuni evitando possibili
assunzioni di atti
illegittimi; dall’altro, nell’esigenza di assicurare, mediante una certezza interpretativa, tutela
ai professionisti in
considerazione delle notevoli
responsabilità affidate agli
stessi su compiti
in precedenza assegnati
agli uffici pubblici.
I professionisti, infatti, sono tenuti ad asseverare la conformità dell’intervento oggetto della
Dia agli strumenti
urbanistici adottati o approvati ed ai regolamenti edilizi
vigenti, nonchè il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle
igienico-sanitarie, ed assumono,
inoltre, la qualità di
persone esercenti un servizio di pubblica necessità ai sensi
degli articoli 359 e
481 del codice
penale. Conseguentemente l’amministrazione, in caso di
dichiarazioni non veritiere, ne dà
comunicazione al competente
ordine professionale per l’irrogazione
delle sanzioni disciplinari.
È in ogni
caso da evidenziare
che l’attestazione circa
la consistenza delle
volumetrie esistenti avviene,
da parte del
professionista incaricato,
tramite adeguata documentazione grafica e
fotografica, con le modalità eventualmente stabilite dal regolamento edilizio comunale.
La verifica della
legittimità delle preesistenze, nel caso di richiesta di permesso di costruzione, spetta
all’amministrazione che, una volta
ricevuta la richiesta,
provvederà a controllare
la sussistenza dei
titoli abilitativi originari con
relative varianti (permessi di
costruzione, concessioni edilizie,
autorizzazioni edilizie, denunce
di inizio attività, concessioni o autorizzazioni in sanatoria) e dei provvedimenti di
disciplina edilizia adottati per
eventuali abusi presenti nell’edificio. Qualora si proceda
con Dia, utilizzando la
facoltà di cui
all’art. 22 del
Testo unico coordinato,
la situazione delle preesistenze,
in quanto presupposto legittimante l’operazione di ristrutturazione mediante
demolizione e ricostruzione, deve
essere oggetto di ricognizione
nella relazione asseverata di
cui all’art. 23, comma 1, del Testo unico, sulla base degli
elementi forniti dal
proprietario ovvero delle
ricerche condotte dal
professionista. Peraltro, considerata
la natura ricognitiva
di tale attività, il professionista non assume
alcuna responsabilità circa
l’effettiva situazione della
costruzione con riferimento alla
disciplina urbanistico-edilizia pregressa, essendo il
contenuto della relazione circoscritto ai risultati della ricerca condotta
ed ai dati forniti dal proprietario. Tale incombente potrà in
ogni caso assolversi anche mediante richiesta di ogni
opportuna informazione e documentazione allo sportello unico per
l’edilizia di cui all’art. 5, comma 1,
del Testo unico.
Si precisa, infine, che i pareri e gli atti di assenso, nel
caso di denuncia di
inizio attività, devono essere
acquisiti direttamente
dall’interessato ed allegati alla richiesta. È, comunque,
facoltà del richiedente produrre pareri
ed atti di assenso anche per il rilascio
del permesso di costruire, in
quanto lo sportello unico è demandato a
provvedere solo qualora tale documentazione non sia stata acquisita dal richiedente.
2. Gli
orientamenti
giurisprudenziali
sull’equiparazione della demolizione e ricostruzione alla
ristrutturazione.
Antecedentemente
all’entrata in vigore
della legge 21 dicembre 2001,
n. 443, la giurisprudenza
amministrativa si era occupata più
volte della questione
relativa alla possibilità di far rientrare, nell’ambito della ristrutturazione edilizia di cui all’art. 31,
comma 1, lettera d), della legge
del 5 agosto 1978,
n. 457, anche
l’intervento di demolizione e fedele ricostruzione del fabbricato.
Si è venuto,
pertanto, a formare
un consolidato indirizzo
giurisprudenziale secondo cui
«nel concetto di
ristrutturazione edilizia devono
annoverarsi anche gli interventi
consistenti nella demolizione e
successiva fedele ricostruzione di un fabbricato» (cfr. Cons.
Stato, sez. V, 5 marzo 2001, n. 1246; id., 28 marzo
1998, n. 369; id., 14 novembre 1996, n. 1359; id., 9 febbraio 1996, n.
144; id., 23 luglio 1994, n. 807; id., 6 dicembre 1993, n. 1259;
id., 3 febbraio 1992, n. 86; id., 3 gennaio 1992, n. 4; id.,
4 aprile 1991, n. 430;
id., 20 novembre 1990, n. 786;
id., 9 luglio 1990, n. 594; id., 30 settembre 1988, n. 946; id., 28 giugno 1988, n. 416; id., 17 ottobre 1987, n. 637; id., 21 dicembre
1984, n. 958).
L’equiparazione della
demolizione e ricostruzione alla
ristrutturazione veniva dalla
giurisprudenza essenzialmente motivata
con la considerazione che «il
concetto di ristrutturazione è necessariamente legato
concettualmente ad una
modifica e a una
salvezza finale (quantomeno nelle sue caratteristiche
fondamentali) dell’esistente (modifica
che può essere generale o
particolare e, quindi, dar luogo
alla realizzazione di un fabbricato in tutto o in parte «nuovo»), ma non anche alla indispensabile conservazione,
nella loro individualità fisica e
specifica (tal quali essi sono e
si trovano), dei medesimi elementi
costitutivi dell’edificio o di alcuni
tra essi (i principali)» (così Cons. Stato, sez. V, n. 946/1988).
3. Il
recepimento normativo, con
parziali innovazioni, dei principi affermati dalla giurisprudenza.
Il Testo unico, recependo il c.d. diritto vivente, costituito
dagli orientamenti giurisprudenziali innanzi riportati,
all’art. 3 aveva stabilito
testualmente:
«Nell’ambito
degli interventi di
ristrutturazione edilizia sono
ricompresi anche quelli
consistenti nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di
un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi,
area di sedime
e caratteristiche dei materiali,
a quello preesistente, fatte
salve le sole
innovazioni necessarie per
l’adeguamento alla normativa antisismica».
Tale
formulazione è stata in seguito oggetto di una modifica
ad opera dell’art. 1, comma 1, lettera a), del Testo unico coordinato che
ha inteso conformarsi
alla sopravvenuta norma della
legge n. 443/2001. Conseguentemente, il testo definitivo vede
sostituito il riferimento alla
«fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto
a sagoma, volumi,
area di sedime
e caratteristiche dei materiali
a quello preesistente» con «ricostruzione con la stessa
volumetria e sagoma di quella esistente».
4. Conseguenze
giuridiche derivanti dall’equiparazione della
demolizione e ricostruzione alla ristrutturazione.
4.1. Con riferimento alla disciplina edilizia.
In forza del
ricordato disposto, la
nuova definizione di
ristrutturazione edilizia, comprendente anche la demolizione
e ricostruzione di
edifici con il rispetto della
volumetria e sagoma preesistenti, prevale sulle disposizioni degli strumenti
urbanistici generali e dei regolamenti
edilizi, come già stabilito dall’art. 31,
ultimo comma, della legge n. 457/1978 e confermato all’art. 3,
ultimo comma, del Testo unico.
Va osservato, in proposito, che il mancato richiamo -
nella nuova definizione voluta
dal legislatore della n. 443/2001 - al parametro «dei
materiali edilizi» non pone alcun particolare problema, mentre, per
quanto riguarda «l’area
di sedime», non
si ritiene che
l’esclusione di tale
riferimento possa consentire la ricostruzione dell’edificio in altro
sito, ovvero posizionarlo all’interno dello stesso lotto in maniera
del tutto discrezionale. La prima ipotesi è
esclusa dal fatto che, comunque, si tratta di un
intervento incluso nelle categorie
del recupero, per cui una localizzazione in altro ambito
risulterebbe palesemente in
contrasto con tale
obiettivo; quanto alla
seconda ipotesi si
ritiene che debbono
considerarsi ammissibili, in sede di ristrutturazione edilizia, solo
modifiche di collocazione rispetto
alla precedente area
di sedime, semprechè
rientrino nelle varianti
non essenziali, ed
a questo fine
il riferimento è
nelle definizioni stabilite dalle leggi regionali in attuazione
dell’art. 32 del
Testo unico. Resta
in ogni caso
possibile, nel diverso posizionamento dell’edificio,
adeguarsi alle disposizioni contenute
nella strumentazione urbanistica vigente per quanto attiene allineamenti, distanze e distacchi.
In ragione delle
considerazioni espresse, per gli
interventi di demolizione e
ricostruzione inclusi nella ristrutturazione non può trovare
applicazione quella parte della
normativa vigente che detta
prescrizioni per quanto riguarda gli indici di edificabilità ed
ogni ulteriore parametro
di carattere quantitativo (altezze, distanze, distacchi,
inclinate, ecc.) riferibile alle
nuove costruzioni. Ciò in quanto il relativo rispetto potrebbe
risultare inconciliabile con la demolizione e ricostruzione intesa come
operazione da effettuarsi con la
sola osservanza della sagoma e della volumetria preesistenti (ed
in tale prospettiva, qualora non
venga utilizzata per intero la sagoma e
la volumetria esistenti,
l’intervento non può essere
incluso nella categoria della ristrutturazione edilizia).
Va però soggiunto che la demolizione e
ricostruzione, rientrando per espressa
declaratoria legislativa nella
ristrutturazione edilizia, dovrà
rispettare le prescrizioni ed i limiti
dello strumento urbanistico
vigente per quanto compatibili
con la natura dell’intervento e
quindi non in
contrasto con la possibilità, esplicitamente
prevista dal legislatore, di poter operare
la ricostruzione attenendosi
al solo rispetto di sagoma e volume. Più specificatamente la demolizione
e ricostruzione può
comportare aumenti della
superficie utile nei limiti consentiti o non preclusi per la ristrutturazione edilizia: in
proposito, deve ritenersi insita
nella natura di
tale intervento la possibilità di aumento della superficie
utile con il
conseguente incremento del
carico urbanistico, stante la fondamentale ratio legislativa di
favorire il rinnovo del
patrimonio edilizio anche sotto un
profilo tecnico-qualitativo che
comporta il più delle volte, per la stessa praticabilità
dell’intervento, un diverso
dimensionamento della superficie utile.
In relazione a tale indirizzo, nella revisione delle norme
tecniche di attuazione dei piani
urbanistici, dovrà essere attentamente ponderata
la possibilità di
estendere (o mantenere) anche per la
demolizione e ricostruzione i limiti di aumento della superficie utile
fissati in via generale per l’intervento di
ristrutturazione edilizia, proprio
per non vanificare la finalità di incentivare il ricorso
alla demolizione e ricostruzione. A tal fine, si precisa che qualora
gli strumenti urbanistici generali ed i regolamenti edilizi, nelle
more del recepimento delle definizioni di cui
all’art. 3 del Testo unico,
non considerino esplicitamente la demolizione e
ricostruzione all’interno della
categoria della ristrutturazione edilizia e quindi non disciplinino le modalità di attuazione di
tali interventi, si
ritiene ammissibile variare
le superfici utili - potendo
anche prevedere la modifica delle quote di imposta dei solai - nel solo rispetto di sagoma e volume.
In ogni caso, sono da
considerare sempre consentiti gli aumenti di
superficie dovuti all’adeguamento, in base a specifiche norme di legge,
della dotazione di servizi (in relazione all’inserimento
di impianti speciali per portatori di
handicap, di impianti di sicurezza e
simili).
Per quanto concerne
lo standard relativo al dimensionamento di posti
auto pertinenziali, è auspicabile che gli interventi di che trattasi
prevedano l’adeguamento al
rapporto minimo stabilito
all’art. 2 della legge 24 marzo
1989, n. 122, a meno che documentate
motivazioni di carattere tecnico (dovute, ad esempio, a
problemi di accessibilità o
di collegamento con la viabilità ordinaria o di inidonea
struttura e consistenza del terreno) ne
rendano impraticabile la
realizzazione. Peraltro, tale
adeguamento deve considerarsi obbligatorio in caso di aumenti
di superfici utili e nei limiti di tale
incremento.
Restano comunque salve
e vanno dunque
rispettate le eventuali
prescrizioni di piano regolatore o dei regolamenti edilizi vigenti
di portata generale, valevoli cioè
nell’intero territorio comunale o in
singole zone urbanistiche, di carattere
estetico-architettonico (ad
esempio l’uso di alcuni materiali, le indicazioni sul
colore per le superfici esterne,
ecc.). Ciò all’evidente fine di un armonico inserimento della nuova costruzione
nell’ambiente urbano circostante.
4.2. Con riferimento alla disciplina urbanistica attuativa.
Qualora l’intervento ricada in ambito nel quale il piano
attuativo, ritenuto dallo strumento urbanistico presupposto per
l’edificazione, non sia
ancora approvato, si
applica quanto disposto all’art. 9,
comma 2, secondo periodo, del Testo unico.
Tuttavia, nei casi in cui le norme tecniche di attuazione del
piano regolatore generale, in attesa della formazione del
piano attuativo, consentano di avviare interventi manutentivi sul
patrimonio edilizio esistente e
comprendano espressamente, in
tale fattispecie, la
ristrutturazione edilizia, è
possibile procedere alla demolizione e
ricostruzione senza gli impegni a favore del comune, di cui al
citato art. 9.
4.3. Con riferimento
alle costruzioni oggetto di sanatoria.
Per quanto attiene alle modalità di attuazione degli
interventi di demolizione e
ricostruzione alle costruzioni oggetto di rilascio di concessione in sanatoria (in forma espressa
o a seguito di formazione del silenzio
assenso), occorre premettere che, ai sensi delle leggi 28 febbraio
1985, n. 47, e 23 dicembre 1994, n. 724, la procedura di sanatoria comporta l’equiparazione delle
costruzioni abusive a quelle
legittime, con conseguente inapplicabilità
delle sanzioni amministrative, estinzione del reato e libera commerciabilità. Ciò stante,
i parametri da
rispettare, in caso
di demolizione e
ricostruzione, sono quelli
che definiscono l’oggetto
stesso del condono e
si identificano con
gli elementi che hanno
costituito riferimento per il computo
dell’oblazione: quindi, oltre a volumetria
e sagoma, anche
destinazione d’uso e
superficie, quest’ultima calcolata
secondo le modalità indicate dal decreto del Ministro dei lavori pubblici del 10 maggio 1977, n. 801
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
146 del 31 maggio 1977).
Nel caso di
demolizione e ricostruzione di opere eseguite in parziale
difformità - per
le quali, non potendo procedere alla demolizione per il pregiudizio alla parte
eseguita in conformità, è stata
applicata una sanzione pari al doppio del costo di produzione - partecipa
alla volumetria e
sagoma preesistente, in
fase di ricostruzione, anche la parte oggetto di
applicazione della sanzione. In
presenza di abusi non sanati consistenti in aumenti volumetrici, in
caso di sussistenza
dei presupposti per una sanatoria ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47/1985 (ora art. 36 del Testo
unico), è necessario conseguire prima il rilascio
della concessione in
sanatoria ai sensi
della richiamata norma, per poter poi procedere alla
demolizione e ricostruzione anche dei precisati
aumenti. In difetto, le
demolizione e ricostruzione dovrà essere limitata alla sola parte legittima.
Va soggiunto peraltro che, in sede di revisione o adeguamento
dello strumento urbanistico, possono essere fissati,
ove ritenuto necessario,
limiti diversificati per le
operazioni di demolizione e
ricostruzione di immobili
condonati, anche per quanto
concerne le destinazioni d’uso
e le variazioni di superfici utili consentibili, in relazione al grado di contrasto della
costruzione condonata con le previsioni
dello strumento urbanistico. Quanto
sopra vale sia per gli abusi sparsi che per i nuclei edilizi abusivi.
Diversamente, qualora le opere condonate siano incluse in varianti
agli strumenti urbanistici generali finalizzati al recupero urbanistico
degli insediamenti abusivi, ai
sensi dell’art. 29 della legge n.
47/1985, o comunque
siano state oggetto
di nuova pianificazione successivamente
all’entrata in vigore della legge n.
724/1992, i riferimenti
normativi sono quelli contenuti
nei piani appositamente
predisposti.
Roma, 7 agosto 2003