RIFORMA
MERCATO DEL LAVORO - D.LGS 276/2003 - DISCIPLINA DELLE COLLABORAZIONI A
PROGETTO - PRIME ISTRUZIONI DEL MINISTERO DEL LAVORO E DELL’INPS - MINISTERO
LAVORO CIRCOLARE N. 1/2004 - INPS CIRCOLARE N. 9/2004
Con circolare n.1 dell’8 gennaio 2004 il Ministero del Lavoro
ha fornito prime istruzioni in ordine alla disciplina delle collaborazioni
coordinate e continuative nella modalità cosidetta “a progetto”.
In data 22 gennaio 2004, tenuto conto dei chiarimenti dati
dal Ministero del Lavoro, anche l’Inps ha diramato la circolare n. 9 sul
medesimo argomento.
Entrambe le circolari presentano numerosi e significativi
chiarimenti su punti essenziali della normativa, e pertanto di seguito se ne
pubblica il testo.
Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
Oggetto: Disciplina delle collaborazioni coordinate e
continuative nella modalità c.d. a progetto. Decreto legislativo n. 276/03.
Roma. 08.01.2004
Circolare n. 1/2004
I. Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa
nella modalità c.d. a progetto: definizione e campo di applicazione
La definizione di lavoro a progetto – e la relativa
disciplina – è contenuta negli articoli da 61 a 69 del decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276
Ai sensi dell’art. 61, comma 1, i rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa di cui all’art. 409, n. 3, c.p.c. devono essere
“riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di
esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in
funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione
del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della
attività lavorativa”.
L’art. 61 non sostituisce e/o modifica l’art. 409, n. 3,
c.p.c. bensì individua, per l’ambito di applicazione del decreto e - nello
specifico - della medesima disposizione, le modalità di svolgimento della
prestazione di lavoro del collaboratore, utili ai fini della qualificazione
della fattispecie nel senso della autonomia o della subordinazione.
Sul piano generale, peraltro, il lavoro a progetto non tende,
allo stato, ad assorbire tutti i modelli contrattuali riconducibili in senso
lato all’area della c.d. para-subordinazione. L’articolo 61, oltre a definire
positivamente le modalità di svolgimento delle collaborazioni coordinate e
continuative c.d. a progetto, esclude infatti dalla riconducibilità a tale tipo
contrattuale:
- le prestazioni occasionali, intendendosi per tali i
rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno
solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente
percepito nel medesimo anno solare, sempre con il medesimo committente, sia
superiore a 5 mila Euro. Si tratta di collaborazioni coordinate e continuative
per le quali, data la loro limitata “portata”, si è ritenuto non fosse
necessario il riferimento al progetto e, dunque, di sottrarle dall’ambito di
applicazione della nuova disciplina; tali rapporti di collaborazione coordinata
e continuativa si distinguono sia dalle prestazioni occasionali di tipo
accessorio rese da particolari soggetti di cui agli articoli 70 e seguenti del
decreto legislativo, sia dalle attività di lavoro autonomo occasionale vero e
proprio, ossia dove non si riscontra un coordinamento ed una continuità nelle prestazioni
e che proprio per questa loro natura non sono soggette agli obblighi
contributivi previsti per le collaborazioni coordinate e continuative bensì a
quelli di cui all’articolo 44, comma 2, del decreto-legge n. 269 del 30
settembre 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n.
326;
- gli agenti ed i rappresentanti di commercio continuano ad
essere regolati dalle discipline speciali;
- le professioni intellettuali, per le quali è necessaria
l’iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data del 24 ottobre
2003;
- le collaborazioni rese nei confronti delle associazioni e
società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive
nazionali, alle discipline sportive associate ed agli Enti di promozione sportiva
riconosciuti dal CONI (art.90 legge n. 289/02);
- componenti di organi di amministrazione e controllo di
società;
- partecipanti a collegi e commissioni;
- collaboratori che percepiscano pensione di vecchiaia.
La disciplina che emerge dall’art. 61 è, come detto,
finalizzata a impedire l’utilizzo improprio o fraudolento delle collaborazioni
coordinate e continuative. Al di fuori del campo di applicazione dell’art. 61
si collocano, con tutta evidenza, fattispecie che non presentano significativi
rischi di elusione della normativa inderogabile del diritto del lavoro.
Occorre, peraltro, ribadire che sia l’introduzione nel nostro ordinamento della
fattispecie dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa nella
modalità a progetto sia la previsione di rapporti di collaborazione coordinata
e continuativa a carattere occasionale ex art. 61, comma 2, del d.lgs. n.
276/03, non hanno certamente comportato l’abrogazione delle disposizioni del
contratto d’opera di cui all’art. 2222 e ss. del codice civile. Ne consegue
che, ad esempio, nel caso di un prestatore d’opera che superi, nei rapporti con
uno stesso committente, uno dei due limiti previsti dall’art. 61, comma 2, del
d. lgs. n. 276/03, non necessariamente dovrà veder qualificato il proprio rapporto
come collaborazione a progetto o a programma, ben potendosi verificare il caso
che quel prestatore abbia reso una o più prestazioni d’opera ai sensi dell’art.
2222 e seguenti del codice civile.
L’articolo 3 della legge n. 91 del 23 marzo 1981 ha previsto, al secondo
comma, talune ipotesi in cui la prestazione sportiva dell’atleta è resa nella
forma del contratto di lavoro autonomo; lavoro autonomo che può anche
svolgersi, qualora ne ricorrano i presupposti, in forma di collaborazione
coordinata e continuativa. Deve ritenersi che in quest’ultimo caso, trattandosi
di attività tipiche contemplate espressamente dal legislatore, non si applichi
la disposizione che prevede la necessità dell’indicazione di un progetto.
Va precisato, altresì, che nell’espressione “collegi e
commissioni” delle società, sopra richiamati, sono inclusi anche quegli
organismi aventi natura tecnica.
Nella esclusione dei percettori di pensione di anzianità, è
evidente che debbano essere compresi quei soggetti, titolari di pensione di
anzianità o di invalidità che, ai sensi della normativa vigente, al
raggiungimento del 65° anno di età, vedono automaticamente trasformato il loro
trattamento in pensione di vecchiaia.
Va peraltro rilevato che, ai sensi dell’art. 1 del decreto
legislativo n. 276/03, la pubblica amministrazione può continuare a stipulare
contratti di collaborazione senza tener conto dei limiti introdotti dalla
novella mantenendo il riferimento all’art. 409 n. 3 c.p.c. la cui
previsione, per i rapporti che vedano una parte pubblica, non ha subito
modificazioni in attesa delle eventuali future determinazioni da adottarsi, ai
sensi del comma 8 dell’art. 86 del decreto legislativo n. 276/03, da parte del
Ministro per la Funzione pubblica e delle organizzazioni sindacali, in sede di
armonizzazione dei profili conseguenti all’entrata in vigore del decreto
legislativo in argomento. Si deve evidenziare, infine, che nell’ambito di
applicazione della disciplina in esame dal 24 ottobre 2003 non è più possibile
porre in essere rapporti ascrivibili alla collaborazione coordinata e
continuativa che non siano riconducibili alla modalità del lavoro a progetto,
fatte salve le ipotesi di cui all’articolo 61, sopra richiamate, per le quali
continua a trovare applicazione la previgente disciplina.
II. I requisiti qualificanti della fattispecie
Le collaborazioni coordinate e continuative secondo il
modello approntato dal legislatore, oltre al requisito del progetto, programma
di lavoro o fase di esso, che costituisce mera modalità organizzativa della
prestazione lavorativa, restano caratterizzate dall’elemento qualificatorio
essenziale, rappresentato dall’autonomia del collaboratore (nello svolgimento
della attività lavorativa dedotta nel contratto e funzionalizzata alla
realizzazione del progetto, programma di lavoro o fase di esso), dalla
necessaria coordinazione con il committente, e dall’irrilevanza del tempo
impiegato per l’esecuzione della prestazione.
Quanto a quest’ultimo requisito, va comunque ricordato che
l’art. 62, comma 1, lett. d), del decreto legislativo, prevede che tra le forme
di coordinamento dell’esecuzione della prestazione del collaboratore a progetto
all’organizzazione del committente sono comprese anche forme di coor-dinamento
temporale. Ond’è che l’autonomia del collaboratore a progetto si esplicherà
pienamente, quanto al tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione,
all’interno delle pattuizioni intervenute tra le parti su dette forme di
coordinamento.
Tali requisiti costituiscono il fulcro della differenziazione
tra la tipologia contrattuale in esame e quelle riconducibili, da un lato, al
lavoro subordinato e, dall’altro, al lavoro autonomo (art. 2222 c.c.).
Con particolare riguardo al lavoro a tempo determinato, ove
la prestazione è resa con vincolo di subordinazione ed il termine delimita
pertanto esclusivamente il periodo in cui il lavoratore è a disposizione del
datore di lavoro per lo svolgimento delle mansioni contrattualmente
individuate, il lavoro a progetto si differenzia per ciò che la durata del
rapporto è funzionale alla realizzazione del progetto, programma di lavoro o
fase di esso, in regime di totale autonomia.
In tal senso, infatti, è significativo che ai sensi dell’art.
61, comma 1, il collaboratore deve gestire il progetto in funzione del
risultato, che assume rilevanza giuridica indipendentemente dal tempo impiegato
per l’esecuzione dell’attività lavorativa.
Del tutto coerentemente, del resto, ai sensi dell’art. 67,
comma 1, il contratto si risolve al momento della realizzazione del progetto o
del programma di lavoro o della fase di esso.
Il Progetto
Il progetto consiste in un’attività produttiva ben
identificabile e funzionalmente collegata ad un determinato risultato finale
cui il collaboratore partecipa direttamente con la sua prestazione.
Il progetto può essere connesso all’attività principale od
accessoria dell’impresa.
L’individuazione del progetto da dedurre nel contratto
compete al committente.
Le valutazioni e scelte tecniche, organizzative e produttive
sottese al progetto sono insindacabili.
Il programma o la fase di esso
Il programma di lavoro consiste in un tipo di attività cui
non è direttamente riconducibile un risultato finale.
Il programma di lavoro o la fase di esso si caratterizzano,
infatti, per la produzione di un risultato solo parziale destinato ad essere
integrato, in vista di un risultato finale, da altre lavorazioni e risultati
parziali.
L’autonoma gestione del progetto o del programma
Nell’ambito del progetto o del programma la definizione dei
tempi di lavoro e delle relative modalità deve essere rimessa al collaboratore.
Ciò perché l’interesse del creditore è relativo al
perfezionamento del risultato convenuto e non, come avviene nel lavoro
subordinato, alla disponibilità di una prestazione di lavoro eterodiretta.
Le collaborazioni coordinate e continuative nella modalità a
progetto hanno una durata determinata o determinabile, in funzione della durata
e delle caratteristiche del progetto, del programma di lavoro o della fase di
esso. Nel caso di programma di lavoro la determinabilità della durata può
dipendere dalla persistenza dell’interesse del committente alla esecuzione del
progetto, programma di lavoro o fase di esso. La determinabilità del termine è
dunque funzionale ad un avvenimento futuro, certo nell’an ma non anche
necessariamente nel quando.
Il coordinamento
Indipendentemente da ciò, pur tuttavia, il collaboratore a
progetto può operare all’interno del ciclo produttivo del committente e, per
questo, deve necessariamente coordinare la propria prestazione con le esigenze dell’organizzazione
del committente.
Il coordinamento può essere riferito sia ai tempi di lavoro
che alle modalità di esecuzione del progetto o del programma di lavoro, ferma
restando, ovviamente, l’impossibilità del committente di richiedere una
prestazione o un’attività esulante dal progetto o programma di lavoro
originariamente convenuto.
III. La Forma
Il contratto è stipulato in forma scritta.
È una forma richiesta ad probationem e non ad
substantiam. Contenuto necessario, ai fini della prova del rapporto
posto in essere, sono i seguenti elementi:
- indicazione della durata, determinata o determinabile,
della prestazione di lavoro;
- indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di
esso, individuato nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in
contratto;
- il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione,
nonché i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;
- le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al
committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa,
che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l’autonomia nella
esecuzione dell’obbligazione lavorativa;
- le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza
del collaboratore a progetto, (oltre quelle previste ex art. 66, comma
4, del d. lgs. n. 276/03).
E’ opportuno sottolineare che, seppure la forma scritta sia
richiesta solo ai fini della prova, quest’ultima sembra assumere valore
decisivo rispetto alla individuazione del progetto, del programma o della fase
di esso in quanto in assenza di forma scritta non sarà agevole per le parti
contrattuali dimostrare la riconducibilità della prestazione lavorativa appunto
a un progetto, programma di lavoro o fase di esso.
IV. Possibilità di rinnovo
Analogo progetto o programma di lavoro può essere oggetto di
successivi contratti di lavoro con lo stesso collaboratore.
Quest’ultimo può essere a maggior ragione impiegato
successivamente anche per diversi progetti o programmi aventi contenuto del
tutto diverso.
Tuttavia i rinnovi, così come i nuovi progetti in cui sia
impiegato lo stesso collaboratore, non devono costituire strumenti elusivi
dell’attuale disciplina. Ciascun contratto di lavoro a progetto deve pertanto
presentare, autonomamente considerato, i requisiti di legge.
V. Il corrispettivo
Il corrispettivo deve essere proporzionato alla quantità e
qualità del lavoro eseguito.
Il parametro individuato dal legislatore è costituito dai
compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo
nel luogo di esecuzione del rapporto. Pertanto, stante la lettera della legge
(art. 63) non potranno essere in alcun modo utilizzate le disposizioni in
materia di retribuzione stabilite nella contrattazione collettiva per i
lavoratori subordinati. La quantificazione del compenso deve avvenire in
considerazione della natura e durata del progetto o del programma di lavoro, e,
cioè, in funzione del risultato che il collaboratore deve produrre. Le parti
del rapporto potranno, quindi, disciplinare nel contratto anche i criteri
attraverso i quali sia possibile escludere o ridurre il compenso pattuito nel
caso in cui il risultato non sia stato perseguito o la qualità del medesimo sia
tale da comprometterne l’utilità.
VI. Le tutele
Tra gli scopi dichiarati dal Legislatore era espressamente
individuato l’incremento delle tutele per i collaboratori.
L’art. 66, infatti, appronta un sistema di tutele minimo con
particolare riferimento alla gravidanza, alla malattia ed all’infortunio
stabilendo in primo luogo che essi non comportano l’estinzione del
rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo.
Malattia e infortunio: fermo restando l’invio, ai fini della
prova, di idonea certifica-zione scritta, la sospensione del rapporto non
comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza
(la previsione è derogabile dalle parti), ma il committente può recedere dal
contratto se la sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto
della durata stabilita nel contratto, quando essa sia determinata, ovvero
superiore a trenta giorni per i contratti di durata determi-nabile.
Gravidanza: fermo restando l’invio, ai fini della prova, di
idonea certificazione scritta, la durata del rapporto è prorogata per un
periodo di 180 giorni, salva più favorevole disposizione del contratto
individuale.
Si applicano inoltre al collaboratore:
- le disposizioni di cui alla legge n. 533 del 1973 sul
processo del lavoro;
- l’articolo 64 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n.
151, che prevede per le lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui alla
legge n. 335/95, art.2, comma 26, non iscritte ad altre forme obbligatorie
l’applicazione dell’art. 59 della legge n. 449/97;
- il decreto legislativo n. 626 del 1994 e successive modifiche
e integrazioni (ovviamente quando la prestazione lavorativa si svolga nei
luoghi di lavoro del committente, nonché le norme di tutela contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali, le norme di cui all’art.51,
comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e del decreto del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale 12 gennaio 2001).
Riguardo in particolare alla protezione contro i rischi
lavorativi, occorrerà naturalmente considerare che, stante la ratio del d.lgs.
n. 626 - principalmente orientata alla tutela della salute e sicurezza dei
lavoratori subordinati, ed alla corrispondente responsabilizzazione dei datori
di lavoro - non poche prescrizioni di tale provvedimento (per lo più sanzionate
penalmente) risultano di problematica applicazione nei confronti di figure,
come quelle dei collaboratori, fortemente connotate da una componente di
autonomia nello svolgimento della prestazione (in funzione del risultato,
ancorchè nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente).
Non a caso, per i lavoratori autonomi (figure, sotto questo profilo, assai
prossime ai collaboratori) lo stesso d.lgs. 626 ha previsto uno specifico
regime di tutela (art. 7).
In proposito, l’attuazione della delega (di cui all’articolo
3 della legge di semplificazione 2001, n. 229 del 2003) per il riassetto
normativo in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro costituisce
l’occasione per un adattamento dei principi generali di tutela prevenzionistica
alle oggettive peculiarità del lavoro a progetto.
VII. Svolgimento del rapporto ed obblighi del collaboratore
Il collaboratore può svolgere la sua attività a favore di più
committenti, tuttavia il contratto individuale può limitare in tutto od in
parte tale facoltà.
Il collaboratore non deve svolgere attività in concorrenza
con i committenti né, in ogni caso, diffondere notizie e apprezzamenti
attinenti ai programmi e alla organizzazione di essi, né compiere, in qualsiasi
modo, atti in pregiudizio della attività dei committenti medesimi.
VIII. Risoluzione del rapporto
In tema di risoluzione del contratto l’art. 66 prevede che
esso si risolva al momento della realizzazione del progetto o del programma o
della fase di esso che ne costituisce l’oggetto.
Inoltre le parti possono recedere prima della scadenza del
termine per giusta causa ed altre cause e modalità (incluso il preavviso)
stabilite dalle parti nel contratto di lavoro individuale.
Si deve ritenere pertanto che indipendentemente dal termine
apposto al contratto qualora il progetto sia ultimato prima della scadenza il
contratto debba intendersi risolto. Tuttavia se, come ha inteso il legislatore,
è il progetto l’elemento caratterizzante della collaborazione il corrispettivo
determinato nel contratto sarà dovuto comunque per l’intero.
IX. Rinunzie e transazioni
I diritti derivanti dalle disposizioni contenute nelle
predette disposizioni possono essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le
parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro secondo lo schema
dell’art. 2113 c.c.
X. Sanzioni
I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa
instaurati senza l’individua-zione di uno specifico progetto, programma di
lavoro o fase di esso sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo
indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto. Si tratta di una
presunzione che può essere superata qualora il committente fornisca in giudizio
prova della esistenza di un rapporto di lavoro effettivamente autonomo.
Qualora invece, in corso di rapporto, venga accertato dal
giudice che il rapporto instaurato sia venuto a configurare un contratto di
lavoro subordinato per difetto del requisito dell’autonomia, esso si trasforma
in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di
fatto realizzatasi tra le parti.
Il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in
conformità ai principi generali dell’ordinamento, all’accertamento della
esistenza del progetto, programma di lavoro o fase di esso e non può essere
esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche,
organizzative o produttive che spettano al committente.
Detto controllo, inoltre, concerne in entrambi i casi
l’esistenza nei fatti di un progetto e non la sua mera deduzione nel contratto.
La mancata deduzione del progetto nel contratto, infatti, preclude solo la
possibilità di dimostrarne l’esistenza e la consistenza con prova testimoniale.
XI. Regime transitorio
L’art. 86, comma 1, prevede che le collaborazioni coordinate
e continuative stipulate ai sensi della disciplina vigente al momento di
entrata in vigore del decreto e che non possono essere ricondotte ad un
progetto o a una fase di esso, mantengono efficacia fino alla scadenza e, in
ogni caso, non oltre un anno dalla data di entrata in vigore del decreto
legislativo medesimo, ossia non oltre il 24 ottobre 2004.
Sempre per le collaborazioni in atto che non possono essere
ricondotte ad un progetto o a una fase di esso è prevista la facoltà di
stabilire termini più lunghi di efficacia transitoria, purché ciò sia stabilito
nell’ambito di un accordo aziendale con il quale il datore di lavoro contratta
con i sindacati interni la transizione di questi collaboratori o verso il
lavoro a progetto, così come disciplinato dal decreto legislativo n. 276/03, o
verso una forma di rapporto di lavoro subordinato che può essere individuata
fra quelle disciplinate dal “nuovo regime” dei rapporti di lavoro previsti dal
medesimo d. lgs. (job on call, job sharing, distacco, somministrazione,
appalto), ma anche già disciplinate (contratto di lavoro subordinato a tempo
indeterminato, a termine, a tempo parziale, ecc.).
INPS - Direzione Centrale delle Entrate Contributive
Roma, 22 Gennaio 2004
Circolare n. 9
OGGETTO: D.L.vo 10 settembre 2003, n. 276. Artt. 61 e
seguenti. Lavoro a progetto. Legge 24 novembre 2003, n.326. Art.44. Esercenti
attività di lavoro autonomo occasionale e incaricati delle vendite a domicilio
SOMMARIO: Riflessi in materia previden-ziale della nuova
disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative. Il lavoro
autonomo occasionale e le vendite a domicilio.
A) IL LAVORO A PROGETTO.
1) La nuova disciplina.
Il capo primo del titolo settimo del decreto legislativo 10
settembre 2003, n. 276, di attuazione della legge delega n. 30/2003, sotto il
titolo “lavoro a progetto”, detta una nuova disciplina delle collaborazioni
coordinate e continuative.
In particolare il primo comma dell’art. 61 stabilisce che:
“Ferma restando la disciplina per gli agenti e i rappresentanti di commercio, i
rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale
e senza vincolo di subor-dinazione, di cui all’articolo 409, n.3, del codice di
procedura civile devono essere riconducibili ad uno o più progetti specifici o
programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti
autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del
coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal
tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.” Sebbene sul
versante previden-ziale le collaborazioni coordinate e continuative sono
individuate dall’art. 50, comma 1, lettera c-bis) del TUIR, (gia 47, comma1,
lettera c-bis) la nuova configurazione di dette collaborazioni introdotta
dall’art. 61 del decreto legislativo n.276/2003 esplica la sua efficacia anche
ai fini previdenziali. Pertanto, a decorrere dal 24 ottobre 2003, data di
entrata in vigore della norma, anche ai fini dell’iscrizione nella Gestione
separata di cui alla legge n. 335/1995 e del pagamento dei relativi contributi,
i rapporti in argomento devono essere connotati dai requisiti di cui all’art.
61 citato. Le finalità antielusive che la norma persegue sono realizzate
tramite il necessario inquadramento dell’attività del lavoratore in un
progetto, programma o fasi di esso, in mancanza dei quali non è giuridicamente
configurabile il rapporto di collaborazione quale delineato dal decreto
legislativo n. 276/2003.
La definizione del progetto, del programma o della fase
di esso nonché i requisiti qualificanti della fattispecie sono detta-gliatamente
illustrati nella circolare n.1 dell’8 gennaio 2004 del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali alla quale, pertanto, si fa integrale rinvio.
2) Le esclusioni.
In considerazione delle finalità della nuova disciplina, la
stessa esclude dalla sua applicazione una serie di fattispecie nelle quali il
rischio di comportamenti irregolari o elusivi deve intendersi insussistente e
per le quali, quindi, non è necessario ricorrere al progetto o al programma di
lavoro o alle fasi di esso. In particolare, ai sensi del secondo comma
dell’articolo 61 in esame, le disposizioni di cui al comma uno che precede non
si applicano alle prestazioni occasionali, intendendosi per tali quelle di
durata inferiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso
committente, a meno che il compenso complessivamente percepito sia superiore a
5000 euro. Superati detti limiti, tornano a trovare applicazione le
disposizioni contenute nell’intero capo.
A tal riguardo si precisa che i limiti dei trenta giorni e
dei cinquemila euro annui devono essere entrambi riferiti a ciascun singolo
committente. Conseguentemente il superamento di detti limiti annui per effetto
del susseguirsi, in capo allo stesso collaboratore, di una pluralità di
rapporti, non rende necessaria l’esistenza del progetto o del programma di
lavoro.
Ai sensi del comma 3 dell’articolo in esame, come per le
collaborazioni occasionali e per gli stessi motivi, sono esclusi dal nuovo
regime i professionisti iscritti negli albi di categoria esistenti alla data
del 24 ottobre 2003, i pensionati di vecchiaia e le collaborazioni rese in
favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle
federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate ed agli enti
di promozione sportiva riconosciute dal CONI, nonché i componenti degli organi
di amministrazione e di controllo delle società ed i partecipanti a collegi e
commissioni.
Alla luce delle precisazioni contenute nella citata circolare
ministeriale tutte le predette fattispecie, sebbene escluse dal nuovo
regime, continuano ad essere disciplinate, nell’ambito dell’ordinamento
previdenziale, come per il passato.
Conseguentemente, in presenza dei requisiti già previsti
dalla disciplina fiscale e previdenziale, il versamento dei contributi
previdenziali continua ad essere obbligatorio in riferimento alle
collaborazioni dei professionisti iscritti agli albi, dei pensionati di
vecchiaia, dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle
società, dei membri dei comitati e commissioni nonché in riferimento alle
collaborazioni con le società ed associazioni sportive dilettantistiche.
Parimenti sono soggette a contribuzione previdenziale le
prestazioni “occasionali”, di durata inferiore a trenta giorni e per un compenso
non superiore a 5000 euro, in riferimento al medesimo committente, sempre che
sia configurabile un rapporto di collaborazione coordinata di cui all’art.50,
comma1, lettera c-bis) del TUIR e non ci si trovi in presenza di un rapporto di
lavoro autonomo di cui all’art. 2222 del Codice civile.
In ordine alle associazioni e società sportive
dilettantistiche preme evidenziare che la nuova previsione normativa in nulla
modifica l’attuale disciplina previdenziale e che, conseguentemente, nelle
fattispe-cie nelle quali gli emolumenti ed i compensi conseguiti siano
fiscalmente inquadrabili nei “redditi diversi” di cui all’art.67, comma 1,
lettera m, del TUIR, (già art.81, comma1, lettera m) non è configurabile
l’obbligo contributivo nei confronti della Gestione separata di cui alla legge
n.335/1995.
Sempre in materia di esclusioni si sottolinea che, ai sensi
dell’art.1, comma 2, del Decreto legislativo n. 276/2003 in argomento, le
disposizioni nello stesso contenute non trovano applicazione per le pubbliche
amministrazioni e per il loro personale. E ciò in attesa dei provvedimenti che
saranno adottati, in sede di determinazione dei profili di armonizza-zione
conseguenti dall’entrata in vigore del decreto legislativo più volte citato,
dal Ministro per la funzione pubblica.
Allo stato, pertanto, i rapporti di collaborazione instaurati
o che saranno instaurati da tutte le Amministrazioni pubbliche continueranno ad
essere disciplinati, in ogni loro aspetto, come per il passato.
3) La forma
L’articolo 62 del decreto prescrive i requisiti di forma del
contratto di collaborazione a progetto.
Il contratto deve essere stipulato in forma scritta (ai fini
della prova) e deve necessariamente indicare:
- la durata della prestazione, determinata o determinabile;
- il progetto o programma di lavoro o le fasi dello stesso
individuati nel loro contenuto caratterizzante;
- il corrispettivo ed i criteri per la sua determinazione, i
tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi delle spese;
- le modalità nelle quali si esplica il coordinamento del
lavoratore con il committente che, in ogni caso non possono pregiudicarne
l’autonomia nell’esecuzione dell’obbligazione;
- le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza
del collaboratore a progetto.
4) Le sanzioni.
L’articolo 69 dispone, in linea con le finalità della nuova
disciplina, il divieto di stipulare rapporti di collaborazione coordinata e
continuativa, ferme restando le eccezioni previste dall’articolo 61 che
precede, senza l’individuazione di uno specifico progetto o programma di lavoro
o fasi di esso. L’inosservanza di tale divieto comporta che i rapporti in
questione sono considerati, sin dalla loro costituzione, quali rapporti di
lavoro a tempo indeterminato. La norma va intesa, sempre ad avviso del Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, nel senso di una presunzione iuris tantum
dell’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente, salvo la facoltà del
committente di dimostrare, con inversione dell’onere della prova, che si tratti
di rapporto di diversa natura.
Inoltre, qualora in sede giudiziaria venga accertato che un
rapporto, ancorché instaurato nel rispetto formale delle condizioni previste
dall’articolo 61, venga a configurarsi quale rapporto di lavoro subordinato, lo
stesso si trasforma nella tipologia contrattuale di fatto realizzatasi tra le
parti.
5) Il periodo transitorio.
Le disposizioni transitorie e finali contenute nell’art. 86
del decreto prevedono che le collaborazioni coordinate e continuative stipulate
ai sensi della previgente disciplina, qualora non siano riconducibili ad un
progetto, ad un programma di lavoro o a fasi di esso, continuano ad esplicare i
loro effetti sino alla loro scadenza e, comunque, non oltre il 24 ottobre 2004.
Periodi di vigenza ulteriori dei rapporti in questione
potranno essere stabiliti esclusivamente nell’ambito di accordi sindacali
stipulati in sede aziendale con le istanze aziendali dei sindacati
comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale, secondo i criteri
enunciati nell’allegata circolare ministeriale.
6) Conferma delle procedure in atto.
Discende da tutto quanto precede che la nuova disciplina
civilistica delle collaborazioni coordinate e continuative non comporta
modifiche in ordine alle modalità e termini di versamento dei contributi, alla
individuazione della base imponibile, all’accredito della contribuzione ed alle
prestazioni previdenziali dei collaboratori iscritti alla Gestione separata di
cui all’art.2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n.335.
Non sussistono, pertanto, motivi per intervenire sulle
procedure in atto.
B) IL LAVORO AUTONOMO OCCASIONALE ED I VENDITORI A DOMICILIO.
L’art. 44 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito con
modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n.326, dispone che a decorrere dal
1° gennaio 2004 i soggetti esercenti attività lavoro autonomo occasionale e gli
incaricati alle vendite a domicilio sono iscritti alla Gestione separata
istituita presso l’INPS solo qualora il reddito annuo derivante da dette
attività sia superiore ad euro 5000 e che, per il versamento dei contributi da
parte dei soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, si
applicano le modalità ed i termini previsti per i collaboratori coordinati e
continuativi.
Trattasi di disposizione, di contenuto prettamente previdenziale
e contributivo, con la quale il legislatore interviene direttamente
sull’assetto della Gestione separata di cui alla legge n.335/1995.
E’ noto, a tal riguardo, che i soggetti che esercitano
attività di lavoro autonomo di cui all’art. 53, comma 1, del TUIR (già art. 49,
comma 1)* ed i venditori a domicilio di cui all’art.19 del decreto legislativo
31 marzo 1998, n.114 sono già tenuti all’iscrizione alla Gestione separata di
cui alla legge n.335/1995. Peraltro la legge istitutiva non pone alcun limite
di reddito per gli incaricati alle vendite a domicilio e non prende in
considerazione il lavoro autonomo “occasionale”. Conseguentemente, in
riferimento ai redditi da lavoro autonomo, dal primo gennaio del corrente anno
saranno assoggettati all’obbligo assicurativo e contributivo presso la Gestione
separata, non solo i percettori di redditi derivanti dall’esercizio, per
professione abituale, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle
d’impresa (i c.d. “professionisti privi di cassa”), come per il passato, ma
anche i lavoratori autonomi occasionali, percettori di redditi di lavoro
autonomo non esercitato abitualmente, fiscalmente classificati tra i “redditi
diversi” di cui all’art.67, comma 1, lettera l, del TUIR (già art. 81, comma 1,
lettera l).
Si rammenta, al riguardo, che lavoratore autonomo occasionale
può essere definito, alla luce dell’art. 2222 del Codice civile, chi si obbliga
a compiere un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio, senza
vincolo di subordinazione e senza alcun coordinamento con il com-mittente;
l’esercizio della attività, peraltro, deve essere del tutto occasionale, senza
i requisiti dell’abitualità e della professionalità.
Per tali soggetti, come per i venditori a domicilio (ma a
differenza di quanto previsto per i “collaboratori occasionali” di cui al punto
2 che precede), l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata e del pagamento
dei relativi contributi, nella misura fissata per le diverse tipologie di
assicurati, è subordinato al raggiungimento di un reddito annuo, derivante da
dette attività, superiore a 5000 euro, a prescindere dal numero dei committenti
delle prestazioni occasionali.
Considerato che il verificarsi di tale condizione è
accertabile soltanto a consuntivo, a chiusura dell’esercizio finanziario,
suscita talune perplessità il riferimento operato dalla disposizione in esame
alle modalità ed ai termini di versamento previsti, non per i lavoratori
autonomi iscritti alla Gestione separata (responsabili dell’intero pagamento
del contributo dovuto, nei termini e con le modalità di cui all’art.1, comma
212, della legge 23 dicembre 1996, n.662), ma a quelli vigenti per i
collaboratori coordinati e continuativi (responsabilità del pagamento a carico
dei singoli committenti, entro il giorno 16 del mese successivo a quello di
correspon-sione degli emolumenti).Sulla questione si fa riserva di fornire le
necessarie indicazioni dopo aver acquisito il parere del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali.
In attesa della predisposizione della nuova modulistica le
Sedi metteranno in evidenza le domande di iscrizione eventualmente presentate
dagli interessati.