DECORRENZA DELLA GARANZIA BIENNALE PER I VIZI
DELL'OPERA
(Cassazione Civile, Sez. I, 13 gennaio 2004, n. 271)
La "consegna", cui fa riferimento il comma terzo dell'art.
1667c.c., per gli effetti ivi previsti, è la consegna definitiva, che segue
all'accettazione dell'opera, o sia ad essa contestuale o che, comunque,
equivale ad accettazione implicita, ai sensi dell'art. 1665, comma quarto, cod.
civ..
Il che, a maggior ragione, è vero per l'appalto di opera pubblica, in
relazione al quale il soggetto committente ha non già solo il "diritto di
verificare l'opera compiuta prima di riceverne la consegna" -come
nell'appalto tra privati, ex art. 1665, comma primo c.c.- ma ha anche il dovere
ineludibile di procedere, attraverso il collaudo, ad una siffatta verifica
(cfr. artt. 358 ss l. 1865 n. 2248,
all. F; 121 r.d. 1895 n. 350; 80ss. R.d. 1938 n. 1165). Collaudo che, nel
caso di specie, oltreché necessario ed obbligatorio (e, quindi, non
rinunziabile) è anche formale, nel senso che la volontà di accettare l'opera
non può risultare "per facta concludentia", ma deve essere sempre
espressa, subordinata, come è, ad una particolare procedura. A fronte della
quale il privato appaltatore non è, per altro, privo di tutela, essendo
normativamente previsto che la collaudazione dell'opera debba essere comunque
"conclusa entro sei mesi dalla ultimazione dei lavori" (art. 5, co.
1°, l. n. 741/1981 ed essendogli riconosciuto il diritto al risarcimento del
danno che gli sia derivato da eventuali ingiustificati ritardi da parte
dell'Amministrazione committente (crf. Cass. n. 11312/95, per tutte).
Fatto
- L'Agenzia Territoriale per la Casa [ATC, già I.A.C.P.] di Vercelli ha
impugnato per cassazione la sentenza, in data 20 marzo 2000, della Corte di
appello di Torino che, in riforma della statuizione di primo grado, ha
respinto, per intervenuta prescrizione biennale ex art. 1667, co. 3, cod. civ.,
le domande da essa proposte nei confronti della Nuova Edil s.p.a. e volte al
previo accertamento del minor valore del fabbricato da quest'ultima costruito
rispetto a quello tra esse parti convenuto in appalto (stante, tra l'altro, un
rilevato dislivello della quota di calpestio dei ballatoi e diffusi fenomeni di
condensa nelle pareti esterne degli alloggi), con la conseguente condanna della
convenuta alla restituzione del maggior prezzo indebitamente così percepito ed
al risarcimento dei danni subiti dall'istituto appaltante.
- Resiste la società con controricorso.
- La ricorrente ha anche depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.
Diritto
1. L'odierna impugnazione si compone di tre motivi -il primo dei quali,
a sua volta, sub articolato in due censure- con cui l'A.T.C., rispettivamente,
addebita alla Corte di merito di avere:
a) violato, in rito, l'art. 112 c.p.c., dichiarando d'ufficio la nullità
della clausola negoziale (art. 20 capitolato speciale) con la quale la
prescrizione (di cui all'art. 1667 c.c.) era fatta decorrere solo dal momento
dell'"approvazione del collaudo" (in essa identificandosi la
"consegna" dell'opera);
b) violato, altresì, sul piano sostanziale, gli "artt. 358 ss.
L.1865 n.2248, 121 r.d. 1895 n. 350, 1667 c.c., 80 ne r.d. 1938 n. 1165",
non considerando che negli appalti di opere pubbliche, come quello per cui è
causa, "l'art. 1667 cit. è destinato ad operare solo dopo l'accettazione
dell'opera";
c) inadeguatamente motivato, omettendo di considerare che, nella specie,
"il termine di prescrizione biennale è [ra] stato numerosissime volte,
comunque, interrotto";
d) ulteriormente, infine errato -con ciò incorrendo, per altri profili,
in vizi di motivazione e violazione di leggi (artt.112 c.p.c., 1667, 1668, 1669
c.c.), con l'escludere che l'Istituto avesse fatto valere anche l'azione ex
art. 1669 cit., soggetta alla più lunga prescrizione decennale.
4. Precede, per ovvie ragioni di pregiudizialità logica, l'esame della
seconda delle riferite censure [quella sub b], evidente essendo che - se, in
materia di appalto di lavori pubblici, la disciplina di settore effettivamente
imponga di identificare nella consegna definitiva, "successiva al
collaudo" ed alla accettazione, e non anche in una eventuale consegna
anticipata (come nella specie), dell'opera, il "dies a quo" di
decorrenza della prescrizione biennale di cui all'art. 1667 c.c. -così come,
con tal mezzo, sostiene l'Agenzia ricorrente- la clausola del capitolato speciale,
stipulato tra le parti, risulterebbe conforme a legge e non si porrebbe il
problema, sollevato con il precedente motivo impugnatorio, della rilevabilità,
o non, d'ufficio di un suo contrasto con norma imperativa.
2 bis. Il motivo, che si viene ad esaminare, è fondato.
La sentenza impugnata si è, ben vero, uniformata al principio, a suo
tempo, enunciato dalla sentenza di questa Corte n. 1146 del 1982, a tenore
della quale "la decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di cui
all'art. 1667 c.c., non derogato da alcuna norma della disciplina dell'appalto
di opere pubbliche, è collegata alla consegna dell'opera, anche se effettuata
con riserva di verifica".
Ma tale risalente, ed isolato, precedente non resiste, ad avviso del
Collegio, ad una più approfondita lettura della normativa di riferimento.
L'azione, della cui prescrizione qui si discute, attiene infatti alla
fase della esecuzione del contratto e non potrebbe logicamente, per ciò, farsi
valere in un momento in cui la conclusione dello stesso è ancora aperta, a
fronte di una consegna anticipata, ma di fatto subordinata alla verifica ed
accettazione dell'opera commissionata.
Ciò, dunque, impone di ritenere che la "consegna", cui fa
riferimento il comma terzo dell'art. 1667, per gli effetti ivi previsti, sia,
appunto, la consegna definitiva, che segua all'accettazione dell'opera, o sia
ad essa contestuale o che, comunque, equivalga ad accettazione implicita, ai
sensi dell'art. 1665, comma quarto, cod. civ..
Il che, a maggior ragione, è vero per l'appalto di opera pubblica, in
relazione al quale il soggetto committente ha non già solo il "diritto di
verificare l'opera compiuta prima di riceverne la consegna" -come
nell'appalto tra privati, ex art. 1665, comma primo c.c.- ma ha anche il dovere
ineludibile di procedere, attraverso il collaudo, ad una siffatta verifica
(cfr. artt. 358 ss l. 1865 n. 2248, all. F; 121 r.d. 1895 n.
350; 80ss. R.d. 1938 n. 1165). Collaudo che, in questo caso, oltreché necessario
ed obbligatorio (e, quindi, non rinunziabile) è anche formale, nel senso che la
volontà di accettare l'opera non può risultare "per facta
concludentia", ma deve essere sempre espressa, subordinata, come è, ad una
particolare procedura. A fronte della quale il privato appaltatore non è, per
altro, privo di tutela, essendo normativamente previsto che la collaudazione
dell'opera debba essere comunque "conclusa entro sei mesi dalla
ultimazione dei lavori" (art. 5, co. 1°, l. n. 741/1981 ed essendogli
riconosciuto il diritto al risarcimento del danno che gli sia derivato da
eventuali ingiustificati ritardi da parte dell'Amministrazione committente
(crf. Cass. n. 11312/95, per tutte).
3. L'accoglimento, del secondo motivo del ricorso comporta
l'assorbimento, per quanto anticipato, del precedente primo mezzo, ma anche delle
censure residue (attinenti alla dedotta esistenza di atti interruttivi della
prescrizione sub art. 1667, co. 3, c.c. od alla prospettata applicabilità della
più ampia prescrizione sub art. 1669 c.c.), in quanto di carattere subordinato
rispetto alla doglianza principale sulla decorrenza (dai giudici a quibus
erroneamente anticipata) della prescrizione biennale ex art. 1667 cit..
4. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata, con rinvio della causa
ad altra Sezione della stessa Corte di appello di Torino, la quale si atterrà
ai principi come sopra enunciati nell'esame della eccezione di prescrizione
sollevata dalla società appaltatrice.
La stessa Corte provvederà anche a liquidare le spese di questo giudizio
di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso,assorbita ogni altra
censura; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, ad
altra Sezione della Corte di Torino.