LAVORI
PUBBLICI - NON AMMISSIBILE
(Corte di
Cassazione - Sez. I civile, 22/7/23004, n. 13643)
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omissis ...
2.1.1. L'altra
parte della doglianza, quella che investe la cattiva applicazione dell'articolo
30 del Dpr 1063/62, a dire del ricorrente nei fatti poi applicati, per
affermare l'esistenza di un termine finale alla sospensione legittima
dell'esecuzione dell'appalto è, invece, infondata.
La Corte
d'appello, rilevato che a tale disposizione non poteva farsi ricorso nel caso
esaminato, ha convalidato il ragionamento contenuto nel lodo, nella parte in
cui esso ha escluso una rilevanza dell'acquiescenza, da parte dell'appaltatore
Ati, oltre un termine che ha ricavato, sostanzialmente in via equitativa, da
parametri fattuali (periodo di effettiva esecuzione di alcuni lavori,
nonostante la formale sospensione) e legislativi (l'articolo 30 cit.). Insomma,
il termine finale alla temporanea acquiescenza sarebbe stato ricavato, da un
lato, considerando il lasso di tempo in cui l'Ati aveva comunque lavorato
(d'intesa con il committente) e, dall' altro, riferendosi al criterio contenuto
nell' articolo 30, secondo comma, cit. (che pure era stato escluso,
direttamente, in ordine alla fattispecie, per la carenza di quelle
"ragioni di pubblico interesse o necessità" che la presuppongono).
Sotto quest'ultimo profilo, il ragionamento compiuto dalla Corte territoriale,
è pienamente conforme alla giurisprudenza di questa Corte, la quale, nella
sentenza 5135/02, ha affermato, in tema di appalto di opere pubbliche, che
"le ragioni di pubblico interesse o necessità" (le quali, ai sensi
dell'articolo 30, comma secondo, Dpr 1063/62, legittimano l'ordine di sospensione
dei lavori) vanno identificate in esigenze pubbliche oggettive e sopravvenute
non previste (né prevedi bili) dall' Amministrazione con l'uso dell'ordinaria
diligenza, così che esse non possono essere' invocate al fine di porre rimedio
a negligenza o imprevidenza dell' Amministrazione medesima. Ne consegue che,
con riferimento all'ipotesi di 'sopravvenuta necessità di approvare una
cosiddetta "perizia di variante", è d'uopo che tale emergenza non sia
ricollegabile ad alcuna forma di negligenza o imperizia nella predisposizione e
nella verifica del progetto da parte dell' ente appaltante, tenuto, prima
dell'indizione della gara, a controllarne la validità in tutti i suoi aspetti
tecnici, e ad impiegare la dovuta diligenza nell'eliminare il rischio di impedimenti
alla realizzazione dell' opera sì come progettata.
A tale principio
la Corte si è rigorosamente attenuta, ritenendo corretto il ragionamento
arbitrale, che ne aveva già fatto applicazione.
Ma v'è di più:
La riduzione del
periodo di sospensione illegittima dell' esecuzione dell' appalto, operata
dagli arbitri, con un ragionamento in parte radicato su ragioni fattuali e in
parte tenendo conto del parametro giuridico costituito dal riferimento ai
termini massimi di sospensione legittima (di cui all'articolo 30, secondo comma
cit.), e così reso sostanzialmente operando una liquidazione equitativa del
danno, ex articolo 1226 Cc (con sua riduzione, riferita al periodo in cui esso
è stato calcolato, una volta affermata la complessiva illegittimità del fermo
del cantiere), mostra una evidente carenza d'interesse del Comune alla
impugnazione in parte qua, che almeno ha delimitato. l' area temporale del
danno risarcibile.
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