DELEGA AL
GOVERNO PER IL RIORDINO DELLA LEGISLAZIONE IN MATERIA AMBIENTALE
Dopo
un iter parlamentare durato più di tre anni, la Camera dei Deputati ha
approvato in via definitiva il disegno di legge (Atto S/1753 - C/1798)
contenente la delega al Governo per il riordino e il coordinamento della
legislazione in materia ambientale nonchè alcune
norme di immediata applicazione, fra cui quelle che
introducono la compensazione dei diritti edificatori ed un nuovo regime
sanzionatorio per gli interventi edilizi su immobili sottoposti a tutela.
La
delega rappresenta, pertanto, un’importante opportunità per semplificare ed apportare
modifiche ad una normativa che, oltre a discostarsi spesso in modo più
restrittivo dalla normativa comunitaria, si presenta complessa e
contraddittoria e quindi di difficile attuazione da parte dei soggetti chiamati
ad applicarla.
Tutte le materie oggetto della delega interessano direttamente o
indirettamente il settore e sono:
-
gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati
-
tutela delle acque
-
difesa del suolo
-
gestione delle aree protette
-
risarcimento dei danni all’ambiente
-
procedure per la Valutazione di impatto ambientale
(VIA), per la Valutazione ambientale strategica (VAS) e per l’autorizzazione
ambientale integrata (IPPC)
-
tutela dell’aria
La procedura.
Il
Governo ha a disposizione diciotto mesi dalla data di entrata
in vigore della legge per adottare, sentito il parere della Conferenza
unificata Stato-Regioni-Enti locali, una serie di
decreti legislativi, anche nella forma di Testi Unici.
La
proposta per l’adozione dei decreti spetta al Ministro dell’ambiente, che si
avvale di una apposita Commissione di ventiquattro
esperti, d’intesa con gli altri Ministri competenti (comma 11). È prevista
anche la consultazione delle organizzazioni imprenditoriali (comma 14).
Entro
un anno dalla data di entrata in vigore della legge
gli schemi dei decreti legislativi dovranno comunque essere trasmessi al
Parlamento per ottenere il parere delle Commissioni competenti. Il mancato
rispetto del termine comporterà la decadenza del Governo dal potere
legislativo.
È
previsto che nei due anni successivi all’entrata in vigore dei decreti
legislativi stessi il Governo possa modificarli ed
integrarli.
In
considerazione dei tempi ristretti previsti dalla legge, è probabile che il
Ministro procederà quanto prima all’insediamento della Commissione ed alla predisposizione
degli schemi dei decreti legislativi.
Principi e criteri direttivi.
I
decreti legislativi dovranno conformarsi ai principi e alla normativa
comunitaria nonchè al principio di sussidiarietà sancito dall’art. 118 della Costituzione, in
base al quale le competenze amministrative devono essere attribuite all’ente
più vicino ai cittadini ossia al Comune, salvo che il perseguimento del fine
pubblico richieda l’intervento delle Province, delle
Regioni o dello Stato.
In
particolare, dovranno essere rispettati alcuni principi e criteri direttivi
fondamentali, tra i quali:
-
certezza delle sanzioni per le violazioni delle disposizioni a tutela
dell’ambiente e coordinamento del sistema sanzionatorio
-
i principi di prevenzione, di precauzione e di riduzione degli inquinamenti e
dei danni all’ambiente
-
il principio ‘‘chi inquina paga”
-
l’adozione di misure che garantiscano la tempestività e l’efficacia dei piani e
dei programmi di tutela ambientale, estendendo, dove possibile, le procedure
semplificate previste dalla Legge 443/2001 (Legge
Obiettivo)
-
la semplificazione delle procedure in materia ambientale che prevedono obblighi
di dichiarazione, comunicazione, denuncia, notificazione.
La legge precisa, al comma 3, che, proprio per evitare successivi dubbi
interpretativi, i decreti dovranno individuare anche le norme abrogate.
Rifiuti e bonifiche.
Il
Governo dovrà innanzi tutto riscrivere la normativa generale in materia di
rifiuti oggi contenuta nel D.Lgs. 22/1997 (Decreto
Ronchi), assicurando, nel rispetto dei vincoli comunitari (comma 9 lett. a):
-
la riduzione della quantità e della pericolosità dei rifiuti
-
la semplificazione e la razionalizzazione delle
procedure di gestione
-
la promozione del recupero dei rifiuti, anche
attraverso incentivi e forme di sostegno ai soggetti che riciclano rifiuti nonchè all’utilizzo di prodotti derivanti da materiali
riciclati
In
tema di bonifiche, è prevista l’incentivazione del ricorso al finanziamento
privato, il riutilizzo anche a fini produttivi dei siti contaminati e la promozione di interventi di messa in sicurezza e di bonifica
dall’amianto.
La
legge delega peraltro non si limita solo ad individuare indirizzi per la
gestione dei rifiuti, ma nella ‘‘parte di diretta applicazione” (era la formula
utilizzata nei testi originari del provvedimento e cioè
prima della trasformazione in articolo unico per motivi legati alla necessità
di approvazione tramite il voto di fiducia) e cioè dal comma
In
particolare (comma 29), viene inserita nell’art. 6 del
Decreto Ronchi la definizione di ‘‘organizzatore del servizio di gestione dei
rifiuti e di bonifica dei siti” che indica l’impresa che svolge servizi di
gestione dei rifiuti (prodotti anche da terzi) e di bonifica dei siti
contaminati, anche ricorrendo e coordinando altre imprese (in possesso dei
requisiti di legge, ad es. iscrizione Albo gestori rifiuti, attestazione SOA
ecc.) per lo svolgimento di singole parti del servizio.
Questo
nuovo soggetto dovrà comunque essere iscritto all’Albo
gestori rifiuti nelle categorie relative alla intermediazione dei rifiuti e
alla bonifica dei siti, nonchè essere in possesso
dell’attestazione SOA per le opere di bonifica e protezione ambientale.
All’art.
10 del Ronchi viene poi inserito un regime speciale di
responsabilità del produttore di rifiuti nel caso in cui li conferisca a
soggetti autorizzati ad effettuare operazioni preliminari di stoccaggio
rispetto allo smaltimento (raggruppamento, ricondizionamento
e deposito preliminare).
Il
produttore dei rifiuti, qualora si rivolga a soggetti autorizzati a svolgere
solo operazioni preliminari di stoccaggio, per liberarsi dalla responsabilità
per la loro corretta gestione dovrà ricevere indietro, oltre alla quarta copia
del formulario, anche il certificato di avvenuto
smaltimento (le cui caratteristiche dovranno essere individuate con apposito
decreto ministeriale) rilasciato dal titolare del relativo impianto.
Pianificazione e vincoli di rilievo ambientale.
Sul
tema vengono affermati una serie di importanti
principi, quali:
-
eliminazione della sovrapposizione fra i vari piani di settore di livello
ambientale e loro coordinamento
con i piani urbanistici
-
semplificazione del procedimento di adozione e
approvazione di tali piani
- rimozione degli ostacoli organizzativi, procedurali
e finanziari alla piena operatività degli organi amministrativi cui spetta la
tutela del suolo
-
estensione della percentuale di territorio sottoposto a misure di tutela
-
articolazione delle misure di salvaguardia in base
alle specifiche situazioni locali
-
nei territori ricompresi nei parchi nazionali o regionali, previsione della decadenza dei vincoli Galasso con l’approvazione del piano del parco o delle
misure di salvaguardia
-
adozione di meccanismi premiali per chi migliora la qualità ambientale.
VIA, VAS e IPPC.
Il
Governo è chiamato poi a dare piena attuazione alle Direttive comunitarie
85/337/CEE e 2001/42/Ce e 96/61/CE in materia, rispettivamente, di Valutazione
d’impatto ambientale (VIA) su singoli interventi, Valutazione ambientale strategica (VAS) su piani e programmi e Autorizzazione
integrata ambientale (IPPC).
Dovrà
quindi essere rivista tutta la farraginosa normativa in materia di VIA e data
attuazione, per la prima volta, alla Direttiva VAS, il cui termine di recepimento è scaduto il 21 luglio scorso.
In
particolare, fatta comunque salva la disciplina
speciale sulla VIA prevista dal D.Lgs. 190/2002 per le grandi opere
strategiche, la nuova normativa in materia dovrà:
-
semplificare la procedura di VIA
- anticipare la VIA alla prima presentazione del
progetto dell’intervento da valutare
-
promuovere l’utilizzo della VAS nella stesura dei piani e programmi statali,
regionali e sovra comunali (peraltro alcune Regioni e Province, già
autonomamente, si sono conformate a questi indirizzi nella redazione dei loro
piani)
- prevedere meccanismi di coordinamento fra le due
procedure di VIA e VAS al fine di evitare inutili duplicazioni
-
garantire il completamento delle procedure in tempi certi
-
adottare procedure di coordinamento tra VIA e IPPC per gli impianti sottoposti
ad entrambe le procedure
-
accorpare in un unico provvedimento di autorizzazione
le diverse autorizzazioni ambientali nel caso di impianti non soggetti ad IPPC
ma sottoposti a più di un’autorizzazione ambientale settoriale.
Compensazione.
Fra
le ‘‘misure di diretta applicazione” vi è anche la norma (art. 1, commi 21 -
24) che introduce a livello nazionale la compensazione, istituto già anticipato
da alcune normative regionali e da diversi piani urbanistici comunali,
finalizzato, in una logica di bilanciamento degli interessi pubblici e privati,
a pervenire ad una accettabilità dei vincoli
all’edificazione sopravvenuti che eviti il contenzioso.
La
norma attribuisce infatti al privato la facoltà di
chiedere al Comune il trasferimento dei diritti edificatori già assentiti, ma
non più esercitabili a causa della successiva
imposizione di un vincolo diverso da quelli di natura urbanistica, su altra
area del territorio comunale di cui abbia acquisito la disponibilità a fini
edificatori.
Il
Comune, in accoglimento dell’istanza, dovrà approvare
le necessarie varianti allo strumento urbanistico.
A
fronte del trasferimento dei diritti edificatori, il proprietario dovrà cedere
al comune, a titolo gratuito, l’area interessata dal vincolo sopravvenuto.
L’attuazione
di questa norma, che l’ANCE aveva promosso però in una
formula più esplicita, è legata al preventivo chiarimento di cosa debba
intendersi da un lato per ‘‘vincoli sopravvenuti diversi da quelli di natura
urbanistica” e dall’altro per ‘‘diritto ad edificare già assentito a norma
delle vigenti disposizioni”.
Per
quanto riguarda la prima formula, in considerazione della collocazione
nella ‘‘Delega ambientale”, si ritiene che la norma faccia riferimento a
vincoli di tutela in senso lato, con ciò intendendosi tutti quei vincoli, anche
indennizzabili, che non attengono all’esercizio del potere pianificatorio
dell’ente locale, bensì alla salvaguardia di interessi collettivi.
Vi
rientrano, quindi, in via esemplificativa, i vincoli paesaggistici, di parco,
artistici, culturali, archeologici, boschivi, idrogeologici, i vincoli imposti
da piani di bacino o derivanti da prescrizioni a tutela delle risorse idriche,
fasce di rispetto.
Quanto
alla formula ‘‘diritto ad edificare già assentito a norma delle vigenti
disposizioni”, si ritiene che essa faccia riferimento ad aree sulle quali gli
strumenti di pianificazione abbiano riconosciuto un diritto di
edificazione.
Questo
significa che, oltre alle ipotesi in cui sia stato già rilasciato il permesso
di costruire, la compensazione è da ritenersi possibile ogni qual volta
l’imposizione del vincolo intervenga successivamente
ad una prescrizione urbanistica che comunque conformi la proprietà in termini
di edificabilità.
Del
resto, l’eventuale interpretazione più restrittiva che vorrebbe la
compensazione solo qualora il vincolo sopravvenga al titolo abilitativo
edilizio già rilasciato, non trova conferma nella norma, che parla solo di ‘‘diritto ad edificare già assentito a norma delle vigenti
disposizioni”, senza alcun riferimento limitativo al permesso di costruire.
La
norma infine specifica che l’accoglimento della domanda di compensazione da
parte del comune non costituisce titolo per richieste di indennizzo
a seguito dell’apposizione del vincolo di tutela, a meno che non si sia in
presenza di vincoli indennizzabili, nel qual caso il trasferimento del diritto
edificatorio è scomputato dall’indennizzo stesso.
In
questo modo viene confermata l’interpretazione sopra
riportata in base alla quale l’ambito di applicazione della norma non è limitato
a vincoli ricognitivi dai quali non deriva alcun
indennizzo, ma può ricomprendere anche vincoli
indennizzabili.
Nuovo regime sanzionatorio degli illeciti paesaggistici.
La
legge delega contiene infine nuove disposizioni in materia di
illeciti paesaggistici (art. 1, commi 32 - 39), apportando anche
modifiche al Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 42/2004) entrato
in vigore il 1° maggio 2004.
In
particolare, a fronte di alcune misure maggiormente
repressive degli illeciti edilizi in zone vincolate, sono previsti sia un nuovo
regime sanzionatorio per i cosiddetti reati minori, sia una sanatoria delle
opere realizzate entro il 30 settembre
Fra
le misure repressive vi è innanzitutto la previsione
di una normativa speciale per l’abbattimento degli abusi più rilevanti
realizzati sul territorio nazionale, attraverso l’attribuzione al Direttore
generale per i beni architettonici e il paesaggio del Ministero dei beni
culturali del potere sostitutivo in caso di mancato intervento del Comune o
della Regione competenti (commi 32 - 35).
Al
fine di garantire maggiore effettività alle sanzioni amministrative
(demolizione o pagamento di una somma di denaro) per gli interventi edilizi
eseguiti in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica,
modificando l’art. 167 del nuovo Codice dei beni culturali, viene
attribuito al Direttore regionale competente il potere di intervenire in via
sostitutiva e provvedere alla demolizione in caso di inerzia dell’autorità
competente ovvero su sua richiesta.
Le
somme riscosse in seguito al pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie
nonchè quelle derivanti dalla definizione della
sanatoria straordinaria degli illeciti paesaggistici prevista dalla stessa
legge delega, vengono vincolate all’esecuzione delle
demolizioni e alla realizzazione di interventi di recupero o riqualificazione
di aree degradate.
Più
articolate le novità sul piano delle sanzioni penali. Attraverso l’introduzione
nell’art. 181 di un nuovo comma 1 bis viene aggravata
la responsabilità per i reati paesaggistici considerati più gravi, vale a dire
per l’esecuzione di:
-
opere abusive, di qualunque tipologia, ricadenti in aree o su immobili
vincolati con provvedimento regionale ai sensi dell’art. 136 del Codice dei
beni culturali
-
opere abusive in aree tutelate per legge (ex Galasso)
ai sensi dell’art. 142 del Codice dei beni culturali, che abbiano comportato un
aumento della volumetria superiore al 30% del volume originario o in alternativa a 750 mc ovvero che
abbiano comportato una nuova costruzione con volume superiore a 1000 mc.
In
questi casi i soggetti responsabili sono ora puniti con la reclusione da
Come
accennato, a fronte di queste misure repressive, è stato introdotto un regime
sanzionatorio differenziato (nuovi commi 1 ter e 1 quater dell’art. 181)
per:
-
lavori realizzati in assenza o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica,
che non abbiano creato superfici utili o volumi ovvero
aumentato quelli esistenti (ad esempio, ristrutturazioni senza aumento di
volume, in quanto si ritiene che la rilevanza del limite della superficie dovrebbe
essere valutata in relazione all’oggetto specifico del vincolo; lavori di
restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria o ordinaria, che
abbiano alterato lo stato dei luoghi o l’aspetto esteriore degli edifici, non
essendo altrimenti necessaria l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art.
149 del Codice)
-
lavori nell’ambito dei quali siano stati impiegati materiali diversi da quelli
indicati nell’autorizzazione paesaggistica.
In
questi casi, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative, il
trasgressore ha la facoltà di presentare all’autorità competente alla tutela
del vincolo (Regione o Comune delegato) domanda di accertamento
di conformità paesaggistica dell’intervento, che qualora accolta determina
l’estinzione del reato e quindi la non applicazione della pena dell’arresto
fino a 2 anni e dell’ammenda da Euro
L’amministrazione
si pronuncia sulla domanda nel termine perentorio di 180 giorni, previo parere
vincolante della Soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di 90
giorni dalla richiesta.
Risulta
evidente come la norma rappresenti una eccezione al divieto di autorizzazione
paesaggistica in sanatoria stabilito dall’art. 146, comma 10, lettera c) dello
stesso Codice dei beni culturali.
Il
nuovo comma 1 quinquies dell’art. 181 del Codice
introduce, inoltre, la possibilità per il trasgressore, al di fuori delle
ipotesi di reato più gravi, di estinguere l’illecito penale attraverso la rimessione in pristino dello stato dei luoghi prima che a
ciò provveda l’autorità competente e comunque prima
che intervenga la condanna in sede giudiziale.
Accanto
a questa ‘‘regolarizzazione a regime” degli illeciti minori, la legge delega
prevede poi una sanatoria straordinaria (comma 37) per tutte le opere compiute
entro il 30 settembre 2004 senza l’autorizzazione paesistica o in difformità da
essa, qualora l’autorità amministrativa preposta alla
tutela del vincolo ne accerti la compatibilità paesaggistica.
L’estinzione
del reato di cui all’art. 181 e di ogni altro reato in
materia paesaggistica si produce:
-
se le opere abusive rientrano nelle tipologie di interventi
previsti dagli strumenti di pianificazione paesaggistica o altrimenti siano
comunque giudicate compatibili con il contesto paesaggistico;
-
se siano stati utilizzati materiali previsti dagli strumenti di pianificazione
paesaggistica o altrimenti siano comunque giudicati
compatibili con il contesto paesaggistico;
-
qualora il trasgressore abbia pagato la sanzione pecuniaria amministrativa
prevista dall’art. 167 maggiorata da un terzo alla metà ed una sanzione
pecuniaria aggiuntiva che varia da un minimo di Euro
3.000 ad un massimo di Euro 50.000.
Si
ritiene che il pagamento della sanzione pecuniaria di cui all’art. 167 estingue
anche l’illecito paesaggistico amministrativo.
Le
domande di accertamento di compatibilità paesaggistica
dovranno essere presentate entro il 31 gennaio 2005 all’autorità competente
alla gestione del vincolo (Regione o Comune delegato), che si pronuncerà previo
parere della Soprintendenza, in questo caso peraltro non vincolante.
La
norma permette quindi di regolarizzare l’illecito solo dal punto di vista
paesaggistico, senza alcun esplicito riferimento agli effetti urbanistico-edilizi della sanatoria.
Al
riguardo, taluno si pone un problema di coordinamento con il condono edilizio
varato dal Decreto Legge 269/2003 in assenza di indicazioni
normative di carattere interpretativo.
Premesso
che il condono edilizio è limitato agli abusi commessi entro il 31 marzo 2003,
si ricorda che, in base alla normativa sul condono edilizio (art.
In
particolare, si registra un’interpretazione secondo cui una volta ottenuta la
sanatoria ambientale in base alla legge delega, sarebbe possibile conseguire la
sanatoria edilizia nei limiti volumetrici stabiliti dalla regione.
Si
ricorda inoltre che la sanatoria ambientale della legge delega può comunque trovare applicazione in presenza di interventi
legittimi dal punto di vista edilizio ovvero suscettibili di ottenere
l’accertamento di conformità in sanatoria ai sensi dell’art. 36 del D.P.R.
380/2001 (T.U. Edilizia).