LA RESPONSABILITA’ PER LA ROVINA DI UN EDIFICIO E’ A
CARICO DEL PROPRIETARIO SE L’APPALTATORE E’ ASSENTE AUTORIZZATO
(Corte di Cassazione, Sezione
III, 20 dicembre 2004, n. 1666)
Una recente sentenza della
Corte di Cassazione ha stabilito il principio in base al quale, se
l’appaltatore si allontana dal cantiere in quanto autorizzato, il proprietario
è responsabile in caso di rovina dell’edificio. In tale caso la responsabilità
del proprietario è determinata dal dovere di vigilanza e custodia cui è tenuto anche
se sussiste la vigenza del contratto di appalto dei lavori.
Ne consegue che la
sussistenza del contratto suddetto non comporta il totale trasferimento
all’appaltatore delle responsabilità sull’edificio continuando a sussistere il
dovere di custodia e di vigilanza del proprietario.
Per quanto riguarda il
concetto di rovina riferito all’edificio deve intendersi disgregazione, seppure
parziale e limitata, di parti strutturali dell’edificio o degli elementi
accessori in esso incorporati stabilmente.
La Corte Suprema di Cassazione,
Sezione terza civile, ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso proposto
da:
Maltempi Maila, Maltempi Monica,
Maltempi Mariangela, difese dall’ avvocato Maurizio Salari, giurista ricorrenti contro Buoncristiani Giuseppe,
controricorrente contro Edilizia Paci s,r.l.nonchè contro Stramaccia Ivan,
intimato avverso la sentenza n. 237/00
della Corte d’ Appello di Perugia, sezione
civile, emessa il 22 giugno 2000, depositata il 04/09/00;RG.261-270/97 e
261/97.
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Così I’ impugnata sentenza:
“Con atto 4 settembre 1997 Maltempi
Maila, Monica e Mariangela proponevano appello avverso la sentenza del
Tribunale di Perugia 24/3/97 che le aveva condannate in solido al pagamento
della somma di L. 56.346.102, a favore dell’Edilizia Paci S.r.l., rigettando
anche le domande di manleva, avanzate dalle sorelle Maltempi, nei confronti del
fallimento Stramaccia e di Giuseppe Buoncristiani.
L’appello veniva proposto nei
confronti dell’Edilizia Paci e del geom. Giuseppe Buoncristiani.
Lamentavano le appellanti che non
era condivisibile l’inquadramento della fattispecie nell’ipotesi di cui
all’art. 2053 C.C., rilevando che le infiltrazioni si erano verificate mentre
erano in corso i lavori appaltati alla Ditta Stramaccia e diretti dal
Buoncristiani.
Si lamentava che “sussistevano le
prove dei fatti posti a fondamento della domanda di manleva, si lamentava
ancora il difetto di motivazione ex art. 2053 C.C., essendo ipotizzabile l’art.
2051 C.C. Si rilevava che il danno era stato quantificato solo sulla base della
C.T.U. lamentandosi che non si fosse tenuto conto che i mobili, pur
danneggiati, potevano essere venduti.
Con atto 26/11/97 si costituiva la
Edilizia Paci s.r.1, chiedendo la conferma della sentenza e chiedendo, in via
incidentale, il pagamento degli interessi e della rivalutazione monetaria con
decorrenza dalla data dell’evento dannoso.
Con atto 27/11/97, si costituiva il
geometra Buoncristiani chiedendo la conferma della sentenza, deducendo anche
sulla istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza avanzata
dalle appellanti.
L’istanza di sospensione venne
respinta con ordinanza 7/1/98. Le conclusioni venivano formulate il 20/5/99 e
la causa veniva ritenuta in decisione il 18/5/2000.
Con atto 10 settembre 1997 era stato
proposto appello anche contro il Fallimento Stramaccia lvan e con ordinanza
2/1/98 le cause erano state riunite”.
Dichiarata la contumacia del
suddetto Fallimento la Corte di Appello di Perugia, previa riunione dei due
gravami, con sentenza 4 settembre 2000, rigettava il principale ed accoglieva
l’incidentale, condannando le Maltempi alle spese del grado ed affermando:
- che la controversia andava
inquadrata nell’ambito dell‘art. 2053 (e non 2051) C.C., trattandosi di rovina
di edificio dipendente dall‘insuffciente copertura del tetto già demolito e
privo di solaio;
- che i danni erano stati valutati
correttamente;
- che il Buoncristiani non aveva,
quale direttore dei lavori, alcuna responsabilità tecnica dell’opera e che la
responsabilità della vicenda era delle appaltatrici, che avevano scelto un
appaltatore inadeguato e non lo avevano poi sostituito sollecitamente.
Per la cassazione di tale sentenza
hanno proposto ricorso le Maltempi, affidandolo a cinque motivi.
Hanno resistito la Edilizia Paci
s.r.l. in liquidazione ed il Buoncristiani con separati controricorsi
(quest’ultimo interessato solo dal quinto motivo).
Le Maltempi e l’Edilizia Paci hanno depositato memorie.
I MOTIVI
DELLA DECISIONE
Con il primo motivo le ricorrenti,
denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2051 e 2053 C.C.
ed il vizio della motivazione su un punto decisivo della controversia, in
relazione all’art. 360 m. 3 e 5 C.P.C., lamentano che i giudici del merito
abbiano inquadrato la presente fattispecie nell’ambito dell‘art. 2053 C.C.
(rovina di edificio) invece che dell’art. 2051 (danno da cose in custodia).
La censura non è fondata. Il giudice
di appello, premesso che “le infiltrazioni si verificarono per mancata od
insufficiente copertura provvisoria del tetto già demolito e privo anche del
solaio”, ha ravvisato nella specie un‘ipotesi di rovina di edificio, così
uniformandosi alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui per rovina deve
intendersi ogni disgregazione, sia pure limitata, degli elementi strutturali
della costruzione, ovvero degli elementi accessori in essa stabilmente
incorporati, con la conseguente responsabilità del proprietario che può andarne
esente solo fornendo la prova che la rovina non è dovuta a difetto di manutenzione
od a vizio di costruzione (Cass. 8 settembre 1998 n. 8876).
Il primo motivo va, pertanto,
rigettato.
Con il secondo mezzo le Maltempi,
denunciando il vizio della motivazione su un punto decisivo della controversia
attinente all’individuazione del custode dello stabile interessato dall’evento
(art. 360 n. 5 C.P.C.), assumono che come tale doveva ritenersi (non esse
committenti ma) I’appaltatore (Impresa Stramaccia) incaricata con ampia
autonomia di eseguire i lavori di ristrutturazione e consolidamento dello
stabile.
Neppure questa censura è fondata. La
Corte perugina l’ha infatti neutralizzata con il rilievo che l’onere di
vigilanza a carico del proprietario dell’edificio sussiste anche nel caso di
appalto dei lavori, perché l’esistenza di un tale contratto non produce il
totale trasferimento all’appaltatore del potere di fatto sull’immobile, al
punto da far venire meno il dovere di custodia e di vigilanza del proprietario.
Siffatta statuizione, in sé corretta ma non decisiva, trova adeguato completamento
nella precisazione che, nella specie, “la responsabilità delle appaltatrici
deriva anche dal non avere provveduto con sollecitudine alla mancanza
dell’appaltatore che abbandonò il cantiere con il consenso delle committenti e
che non aveva le dovute capacità tecniche ed organizzative”. In altre parole.
l’allontanamento autorizzato dell’appaltatore reintegrava in toto le
committenti nei loro doveri di custodia, non adempiuti.
Anche il secondo mezzo va, pertanto,
rigettato.
Le considerazioni svolte servono ad
introdurre l’esame del terzo motivo con cui le Maltempi denunciano un ulteriore
vizio della motivazione su un punto decisivo della controversia “in ordine
all’effettivo adempimento del dovere di custodia e vigilanza” di essi
proprietarie e custodi (art. 360 n. 5 C.P.C.). E’ evidente, infatti, che avere
fatto allontanare un appaltatore inadeguato senza sostituirlo sollecitamente e
senza adottare tutte le provvidenze necessarie (si trattava di edificio privo
di copertura) integrava tutti gli estremi del difetto di manutenzione, il cui
onere era ormai a carico delle sole proprietarie.
Anche il terzo motivo viene così
rigettato.
Con il quarto mezzo le ricorrenti
denunciano un ulteriore difetto della motivazione su altro punto decisivo della
controversia, lamentando che la Corte perugina abbia proceduto alla
liquidazione dei danni a favore della Edilizia Paci sulla base di un
accertamento tecnico preventivo.
Neppure questa doglianza coglie nel
segno. Essa si infrange contro l’accertamento del giudice di appello che, in
sintonia con quello di primo grado, ha affermato, da un lato, che la
quantificazione del danno è ancorata ad un preciso accertamento tecnico, non
intaccato dalle “generiche lagnanze” delle appellanti; dall’altro, che il
pregiudizio per la forzata chiusura dei locali era stato valutato
equitativamente, in rapporto al tempo necessario per le riparazioni siccome
previsto dal C.T.U. Si tratta, con ogni evidenza, di una quaestione
istituzionalmente devoluta al giudice di merito e sufficientemente motivata, a
fronte della quale le ricorrenti pretenderebbero inammissibilmente, in questa
sede, un diverso apprezzamento delle risultanze processuali, conforme alle loro
aspettative.
Anche il quarto motivo va, pertanto,
rigettato e, così, il ricorso delle Maltempi contro l ’Edilizia Paci, atteso
che l’ultimo motivo riguarda il geom. Buoncristiani, nei cui confronti si
lamenta il rigetto della domanda di garanzia ex art. 2236 C.C., con motivazione
caratterizzata da errori giuridici e vizi logici.
Neppure quest’ultimo mezzo può
ritenersi fondato. Esso infatti, al di là dei criteri affermati dalla
giurisprudenza in tema di incarico ai direttori dei lavori edilizi, risulta
neutralizzato dall’affermazione dell‘impugnata sentenza che “l’incarico del
Buoncristiani era di direzione dei lavori per l’attuazione quindi dell’opera
progettata e la buona riuscita della stessa, senza, quindi, alcuna
responsabilità tecnica dell’opera e senza, quindi, responsabiliti
dell’organizzazione dei lavori e delle modalità dei lavori stessi”. A fronte di
siffatta affermazione, le Maltempi hanno dedotto una serie di contestazioni
generiche, inidonee a supportare una diversa natura dell’incarico ricevuto dal
Buoncristiani e che, nella sostanza, si riducono alla omissione di quel preteso
dovere del direttore dei lavori di effettuare tempestive e frequenti visite al
cantiere, dovere la cui esistenza, ove configurato come continua presenza in
loco, è stato escluso dalla giurisprudenza (cfr. Cass. 7 febbraio 1975 n. 475).
Non è superfluo aggiungere che
l’evento dannoso si è verificato dopo che, essendosi allontanato I’appaltatore
(poi fallito), non c’erano più lavori da controllare.
Anche l’ultimo motivo, come i
precedenti, viene pertanto rigettato.
Stante il rigetto del ricorso, le
Maltempi devono essere condannate a rimborsare, all’ Edilizia Paci, le spese di
questo grado, mentre nel rapporto Maltempi-Buoncristiani giusti motivi inducono
a compensarle.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso,
compensa le spese del giudizio di cassazione nel rapporto processuale
Maltempi-Buoncristiani e condanna le Maltempi al pagamento di dette spese in
favore della Edilizia Paci s.r.l. liquidandole in complessivi € 3.100,di cui €
3.000 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.
Cosi deciso in Roma, il 20 dicembre
2004; nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema
di Cassazione.