FINANZIARIA 2005 - CHIARIMENTI
Con
la Circolare n.10/E del 16 marzo 2005, l’Agenzia
delle Entrate fornisce ufficialmente gli attesi chiarimenti sulle novità della
finanziaria 2005 e sui principali istituti dell’IRES.
In
particolare, questi i principali argomenti di
interesse per il settore:
-
contrasto all’evasione sui redditi immobiliari;
-
riflessi ai fini IVA della rivalutazione dei coefficienti catastali;
-
studi di settore e accertamento;
-
pianificazione fiscale concordata;
-
participation exemption.
Contrasto all’evasione sui redditi
immobiliari
Al
fine di far emergere attività economiche imponibili ai tributi statali e
locali, nel settore immobiliare, la finanziaria 2005 (art. 1, commi 341-346,
legge n.311/2004) ha
previsto nuove disposizioni finalizzate a combattere l’evasione dei redditi da
affitto per le locazioni dei fabbricati diverse da quelle a canone
convenzionato, di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 431.
In
particolare, è prevista:
-
la forte limitazione del potere di accertamento con riferimento
ai redditi dei fabbricati concessi in locazione, qualora si dichiari un reddito
non inferiore ad un importo pari al maggiore tra il canone di locazione ridotto
del 15% e il 10% del valore catastale dell’immobile, determinato con i criteri
di cui all’art. 52, comma 4, DPR 131/86 (rendita rivalutata del 5% moltiplicata
per i coefficienti).
Al
riguardo, l’Agenzia ha ora espressamente precisato che tale disposizione non
introduce una presunzione in ordine all’ammontare del
reddito derivante dagli immobili concessi in locazione, per cui, in caso di
dichiarazione di un reddito inferiore, la nuova disposizione non comporta un
adeguamento automatico fino al maggior reddito. In tal caso, possono essere
sempre esperiti gli ordinari poteri di accertamento.
Ciò
anche per i contratti di affitto in corso al 1°
gennaio 2005 che non rispettino i parametri previsti dalla finanziaria, per i
quali non sussiste quindi l’obbligo di adeguamento (tramite la risoluzione del
contratto già in essere e la successiva stipulazione di un nuova locazione);
-
ai fini dell’imposta di registro, l’esclusione dell’eventuale ulteriore liquidazione della medesima imposta, qualora il
canone di locazione denunciato nel contratto d’affitto, all’atto della
registrazione, sia non inferiore al 10% del valore “catastale” dell’immobile
(ai sensi dell’art. 52, comma 4, DPR 131/86). ;
-
in caso di accertamento dell’esistenza di un contratto
di locazione di immobili per il quale è stata omessa la registrazione, si
presume l’esistenza di un rapporto di locazione per il periodo d’imposta
accertato e per i quattro periodi antecedenti, con relativo recupero delle
imposte sul reddito. In tal caso, il canone di locazione viene
presuntivamente determinato in misura pari al 10% del valore “catastale” dell’immobile
(ai sensi art.52, comma 4, DPR 131/86).
L’Amministrazione,
in tal ambito, ha specificato che la disposizione rileva esclusivamente ai fini
fiscali.
Il
concetto di “valore catastale” dell’immobile, a cui fanno riferimento
tutte le citate disposizioni introdotte dalla finanziaria 2005, è quello
indicato nell’art.52, comma 4, del D.P.R. 131/1986 e
successive modificazioni e va determinato applicando alla rendita catastale,
rivalutata del 5%, sempre i moltiplicatori rivalutati del 20% come previsto, da
ultimo, dalla 191/2004.
Ciò
implica che, in caso di locazione di un’abitazione, anche se acquistata con i
benefici “prima casa” (registro al 3%, o IVA al 4%, più imposte ipotecarie e
catastali in misura fissa, pari a 168 euro ciascuna), il moltiplicatore da
applicare sulla rendita catastale, rivalutata del 5%, è sempre pari a 120.
L’unica
ipotesi in cui il moltiplicatore deve essere applicato nella misura di 110 (ai
sensi dell’art.1-bis, comma 7,
della legge 191/2004) riguarda, infatti, solo l’acquisto della “prima
casa” e non anche la locazione della stessa.
In
sostanza, per determinare il valore catastale dell’immobile, ai fini
dell’applicazione delle citata norme, si deve tener
conto dei seguenti coefficienti:
GRUPPI E CATEGORIE CATASTALI |
COEFFICIENTI AGGIORNATI (dal 1/8/04) |
A, B, C |
120 |
A/10, D |
60 |
C/1, E |
40,8 |
Per
quanto riguarda le locazioni inferiori all’anno,
inoltre, l’Amministrazione ha chiarito che il valore determinato su base
catastale deve essere rapportato alla durata del contratto (ad es. nel caso di
un contratto che abbia avuto la durata di tre mesi, il valore della rendita
ottenuto su base annua dovrà essere moltiplicato per 3/12).
Si
ricorda, infine, che la finanziaria ha previsto, sempre in materia di lotta al
sommerso negli affitti, anche la nullità dei contratti di locazione, o che
costituiscano diritti reali di godimento su unità immobiliari, quando
ricorrendone i presupposti, non siano registrati.
Riflessi ai fini IVA della rivalutazione dei
coefficienti catastali
Per
quanto riguarda i riflessi, ai fini dell’IVA, della rivalutazione dei
coefficienti catastali, disposta da ultimo dalla legge 191/2004, l’Agenzia ha
sostanzialmente ribadito quanto già precisato con la
Risoluzione n.33/E/2005 (cfr.
News ANCE n.638 del 3 marzo
2005).
In
particolare, per quanto riguarda la determinazione della base imponibile ai
fini dell’IVA, l’art.15, comma 1, del D.L. 41/1995 (convertito dalla legge 85/1995) prevede, per le
cessioni di fabbricati classificati o classificabili nei gruppi A, B e C soggette
ad IVA, che gli Uffici non possano procedere alla rettifica del corrispettivo
dichiarato nell’atto, se lo stesso è indicato in misura non inferiore al valore
determinato ai sensi dell’art.52 del DPR 131/1986,
ossia in base alla rendita catastale, rivalutata del 5%, e moltiplicata per i
relativi coefficienti catastali.
Al
riguardo, ai fini della determinazione del parametro catastale, l’Agenzia ha ribadito che si deve tenere conto dei moltiplicatori così
come da ultimo rivalutati dalla legge 191/2004 che, per quanto riguarda i
fabbricati classificati nei gruppi A, B e C (per i quali trova applicazione
l’art.15 del D.L. 41/1995 in caso di cessioni
soggette ad IVA), sono:
GRUPPI E CATEGORIE CATASTALI |
COEFFICIENTI AGGIORNATI (dal 1/8/04) |
A (eccetto A/10) B C (eccetto C/1) |
120 110 solo se prima casa |
A/10 |
60 |
C/1 |
40,8 |
In
ogni caso, si ricorda che, così come precisato anche nella citata Risoluzione n.33/E/2005, nel caso in cui il prezzo dichiarato sia
inferiore al dato parametrico, non opera in via automatica la presunzione che sia stata ridotta la base imponibile, in quanto la citata
norma del D.L. 41/1995 assume rilevanza al solo fine di indirizzare l’attività
di controllo degli uffici, nell’esercizio del potere di accertamento, non
derogando quindi al principio generale, stabilito dal D.P.R. 633/1972, stante
il quale la base imponibile IVA è costituita dal corrispettivo contrattuale.
Studi di settore e accertamento
Con
riferimento alle novità introdotte dalla finanziaria 2005 alla disciplina
dell’accertamento sulla base degli Studi di settore e delle norme
sull’adeguamento alle risultanze degli stessi,
l’Agenzia delle Entrate ha confermato quanto già espresso in occasione degli
incontri con la stampa specializzata (cfr. News ANCE n.243 del 28 gennaio 2005).
In particolare, questi i principali chiarimenti.
Applicazione degli Studi per i soggetti in contabilità ordinaria
La
legge 311/2004, modificando l’art. 10, comma 2, della legge 8 maggio 1998, n.146 estende ai soggetti in contabilità ordinaria per obbligo
(come la maggior parte delle imprese associate) l’accertamento sulla base degli
Studi di Settore, quando in almeno due periodi di imposta
su tre consecutivi, l’ammontare dei ricavi determinabili sulla base degli Studi
di Settore risulta superiore all’ammontare dei compensi dichiarati con
riferimento agli stessi periodi di imposta.
A partire dai controlli da effettuarsi per il periodo di imposta in corso al 31
dicembre 2004, tale misura, già operante per i contribuenti in contabilità
ordinaria per effetto di opzione, troverà quindi applicazione estesa per tutti
gli esercenti attività d’impresa in contabilità ordinaria.
A
questo proposito, l’Agenzia ha precisato che per i contribuenti in contabilità
ordinaria per obbligo è esclusa la possibilità di procedere ad accertamenti,
con il criterio della non congruità di due periodi d’imposta su tre, con
riguardo a periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2004.
Ciò
nonostante, ai fini di un eventuale accertamento relativamente
al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2004, è possibile operare
una verifica, tenendo conto di una situazione di non congruità per due periodi
d’imposta su tre, a partire dal periodo d’imposta 2002.
Esempi
PERIODI D’IMPOSTA |
ACCERTAMENTO PERIODO D’IMPOSTA 2004 |
||
2002 |
2003 |
2004 |
|
Non congruo |
Congruo |
Non congruo |
Si |
Congruo |
Non congruo |
Congruo |
No |
Congruo |
Non congruo |
Non congruo |
Si |
La
finanziaria
Al
riguardo, l’Agenzia ha precisato che i soggetti non in linea con i predetti
indici potranno essere sottoposti ad accertamento in base agli Studi, solo se,
nel medesimo periodo d’imposta, risultino anche non congrui alle risultanze degli stessi. Diversamente, i contribuenti
risultanti congrui non saranno sottoposti ad accertamento anche nel caso in
cui, per lo stesso periodo d’imposta, siano rilevate
significative situazioni di incoerenza rispetto ai nuovi indici.
Tali
indici saranno individuati con appositi provvedimenti
del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, sentito il parere della Commissione
degli esperti, i cui termini di emanazione non sono stati fissati dalle
disposizioni della finanziaria. Al riguardo, l’Agenzia ha precisato che alcuni
dei predetti indici potrebbero anche essere scelti tra quelli già previsti come
indicatori di coerenza per gli studi di settore (che, per l’SG69U,
sono il valore aggiunto per addetto e redditività).
Adeguamento oneroso agli Studi
Fermo
restando l’adeguamento gratuito (senza sanzioni), in sede di dichiarazione, per
i periodi di imposta in cui trova applicazione per la
prima volta lo Studio di Settore o la sua revisione, il comma 411 dell’art.1 della legge finanziaria
L’Agenzia
delle Entrate conferma, in tal ambito, che:
-
la nuova norma procedurale, estendendo l’adeguamento alle risultanze
degli studi anche ai fini IRAP, è entrata in vigore il 1° gennaio 2005 e trova
applicazione a partire dalle prossime dichiarazioni dei redditi relative al
periodo d’imposta 2004, indifferentemente per tutti i soggetti ai quali si
applicano gli studi di settore (senza distinzione riguardo alla decorrenza
dell’annualità di applicazione o di evoluzione degli studi);
-
la maggiorazione del 3% deve essere calcolata sull’intero ammontare dello
scostamento, se superiore al suddetto limite del 10% ed è
dovuta da tutti i contribuenti che applicano gli studi di settore con
decorrenza dal periodo d’imposta 2004, ad eccezione di quelli per i quali lo
studio di settore si applica per la prima volta ovvero per i quali lo studio si
applica in conseguenza della revisione del medesimo.
Pianificazione fiscale concordata
Come
noto, la Pianificazione fiscale concordata (art.1,
commi 387-398, legge 311/2004) permette ai contribuenti, titolari di reddito
d’impresa ed esercenti arti e professioni che sono stati soggetti agli Studi di
settore per il periodo d’imposta 2003, di concordare con l’Amministrazione la
base imponibile caratteristica dell’attività svolta per un triennio (a partire dal 2005), con benefici relativi alla riduzione
dell’imposizione fiscale e contributiva per gli importi eccedenti il reddito
imponibile pianificato.
Sotto
il profilo fiscale, infatti, è prevista, per la parte di reddito dichiarato
eccedente quello definito dalla pianificazione, una riduzione di 4 punti
percentuali dell’aliquota dell’IRES dovuta (29% anzichè
33%), ovvero una riduzione di 4 punti percentuali
sulla aliquota marginale IRPEF, con esclusione del primo scaglione di reddito
(su cui si applica l’aliquota del 23%).
Con
Regolamento del Ministero dell’Economia e delle Finanze sono individuate le
singole categorie di contribuenti nei cui riguardi
“progressivamente”, nel corso del triennio, troverà applicazione
Riguardo
al nuovo istituto, l’Agenzia delle Entrate ha sostanzialmente ribadito quanto già precedentemente chiarito per le vie
brevi (cfr. News ANCE n.244 del 28 gennaio 2005).
In particolare, queste le principali precisazioni
contenute nella citata Circolare 10/E/2005.
Soggetti esclusi
La
pianificazione può applicarsi a tutti i titolari di reddito
d’impresa e agli esercenti arti e professioni, per i quali, con riferimento al
periodo d’imposta 2003, hanno trovato applicazione gli Studi di settore.
Tuttavia,
l’art.1, comma 388, della finanziaria 2005 contempla,
tra i soggetti esclusi dall’istituto, i contribuenti che, dal 1° gennaio 2004,
svolgono attività diversa rispetto a quella esercitata
nel biennio 2002/2003.
Al
riguardo, l’Agenzia ha precisato che si possono ritenere omogenee, e pertanto
non ricadono nella causa di esclusione per “attività
diversa”, le attività svolte dal 1° gennaio 2004 contraddistinte dallo stesso
codice attività o da codici attività ricompresi nello
stesso studio di settore, rispetto a quelle esercitate nel corso del 2002 e del
2003.
Ulteriori
indicazioni in tal ambito potranno comunque essere desunte dai decreti,
previsti dal comma 398 dell’art.1 della Finanziaria
2005, con cui saranno approvate le note metodologiche per la formulazione della
proposta di pianificazione fiscale concordata.
Adesione alla pianificazione
L’adesione
al nuovo istituto avviene, ferma restando la congruità dei ricavi risultanti
dagli Studi di Settore per ciascun periodo d’imposta, con l’accettazione di una
proposta individuale formulata dall’Amministrazione, tra l’altro, tenendo conto
degli Studi di settore e dei dati sull’andamento dell’economia nazionale per
distinti settori economici di attività.
In
particolare, il contribuente deve comunicare l’adesione alla proposta entro 60
giorni dal suo ricevimento o, entro lo stesso termine, può definire la stessa
in contraddittorio con il competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate esclusivamente quando sia in grado di documentare
un’evidente infondatezza della proposta, sulla base dell’esistenza di:
-
significative variazioni degli elementi strutturali
nell’esercizio dell’attività rispetto a quelli presi a base per la formulazione
della proposta;
- dati ed elementi presi a base per la formulazione
della proposta divergenti sensibilmente all’atto dell’adesione.
Al
riguardo, è stato chiarito che tali ipotesi sono tassative, per
cui solo nel caso in cui il contribuente riesca a dimostrare l’esistenza
di una delle citate cause di infondatezza della proposta, può procedere alla
definizione di quest’ultima in contraddittorio con gli
uffici. La portata della norma (art.1, comma 391,
legge 311/2004), infatti, non lascia spazio a forme di concertazione che permettano al soggetto interessato di discutere nel merito
della proposta ricevuta al fine di ottenerne una rettifica. La dimostrazione
dei citati elementi produce, quindi, l’effetto di indurre l’Amministrazione a
formulare una nuova proposta.
Per
quanto riguarda le prove documentali che il contribuente può addurre in questi
casi, l’Agenzia ha chiarito che la tipologia delle stesse non può essere
definita a priori. Potrà, quindi, essere utilizzato ogni documento idoneo ad
attestare la difformità degli elementi strutturali e dei dati considerati in
fase di formulazione della proposta, rispetto alla
situazione esistente al momento dell’adesione.
Scritture contabili
Circa
l’obbligo della corretta tenuta delle scritture contabili durante il triennio di applicazione della pianificazione fiscale, l’Agenzia ha
precisato che lo stesso non viene meno, per cui, in ogni caso, la
determinazione dei ricavi e del reddito imponibile deve continuare ad avvenire
sulla base della contabilità.
Obiettivo
del nuovo istituto è, infatti, quello di fissare un livello minimo di ricavi e
di reddito, a fronte del quale è garantita al
contribuente una serie di benefici.
L’obbligazione
tributaria, quindi, non si esaurisce nel rispetto dei livelli di ricavo o di
reddito concordato con l’Amministrazione. Al riguardo, infatti, l’art.1, comma 396, della Finanziaria 2005 prevede che,
indipendentemente dal raggiungimento o meno dei livelli minimi concordati,
qualora il reddito dichiarato dal contribuente differisca da quello
effettivamente conseguito, questi perda i benefici previsti, con la sola
eccezione dell’inibizione del potere di accertamento
induttivo (di cui all’art.39, comma 2, lett.d, DPR 600/1973 e art.55,
comma 2, numero 3, DPR 633/1972).
Conseguentemente,
il contribuente che, pur allineandosi alla proposta di pianificazione, consegua
un reddito superiore alla soglia minima e ne ometta la
dichiarazione va incontro alle ordinarie sanzioni previste per l’infedele
dichiarazione, ossia da
A
parere dell’Agenzia, inoltre, l’esplicito riferimento al reddito, e non invece
ai soli ricavi, fa sì che lo scostamento del reddito può verificarsi, non solo
nell’ipotesi di omissione di maggiori ricavi
conseguiti rispetto a quelli dichiarati, ma anche in conseguenza di altri
eventi, quali l’illegittima deduzione di costi.
In
ogni caso, è stato precisato che la perdita dei benefici derivanti
dall’adesione della pianificazione si applica solo nell’esercizio in cui si verifica lo scostamento tra il reddito dichiarato e
quello effettivamente conseguito. Resta, invece, fermo l’accordo per le altre
annualità comprese nella pianificazione, nelle quali non si
verifica tale circostanza.
Effetti del mancato rispetto della pianificazione e degli Studi di
Settore
L’art.1, comma 395, della Finanziaria prevede che l’Amministrazione
finanziaria proceda ad accertamento parziale (ai fini delle imposte sul reddito
e dell’IVA), nel caso in cui il contribuente:
-
abbia dichiarato redditi inferiori a quelli pianificati,
salva l’ipotesi di documentati accadimenti straordinari e imprevedibili;
-
pur allineandosi al livello di reddito minimo
concordato, abbia dichiarato ricavi inferiori a quelli derivanti
dall’applicazione degli Studi di Settore.
Al
riguardo, l’Agenzia ha precisato che, in entrambe le ipotesi, l’accertamento
parziale è sostanzialmente finalizzato a far emergere un maggior reddito o dei maggiori ricavi rispetto a quelli dichiarati, consentendo di
rendere effettivo l’accordo liberamente sottoscritto dal contribuente.
In
tal senso, quindi, l’accertamento non implica la decadenza dalla pianificazione
per gli anni concordati.
Le
fattispecie che determinano il venir meno dell’accordo, infatti, sono
tassativamente elencate nell’art.1,
comma 396, che non contempla anche le citate ipotesi.
In
particolare, si ricorda che opera la decadenza dai benefici della
pianificazione, qualora:
-
il reddito dichiarato differisca da quanto effettivamente conseguito, ovvero non siano adempiuti gli obblighi formali e
sostanziali previsti in materia di IVA dal DPR 633/1972. In questi casi,
tuttavia, continua ad operare l’inibizione dei poteri d’accertamento induttivo
(di cui all’art.39, comma 2, lett.d,
DPR 600/1973 per le imposte sul reddito e all’art.55,
comma 2, numero 3, DPR 633/1972 per quanto riguarda l’IVA). Stanti i
chiarimenti precedentemente detti, la decadenza opera
solo per il periodo d’imposta in cui si verifica lo scostamento;
-
siano contestate al contribuente condotte che
integrano le fattispecie riguardanti alcuni delitti in materia di
dichiarazione, disciplinati dal D.L.gs.74/2000 e, più
in particolare, dagli artt.2-5 (dichiarazione
fraudolenta, infedele o omessa), 8 (emissione di fatture o altri documenti per
operazioni inesistenti), 10 (occultamento o distruzione di documenti
contabili), 11 (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte).
Inoltre,
si verifica la perdita dai benefici della
pianificazione, per l’intero triennio oggetto di pianificazione, nell’ipotesi
in cui emergano da controlli e segnalazioni, anche di fonte esterna
all’Amministrazione, dati difformi da quelli comunicati dal contribuente,
qualora gli stessi siano stati utilizzati per la formulazione della proposta
(art.1, comma
Al
riguardo, l’Agenzia ha precisato che la possono determinare la decadenza i soli
dati ed elementi difformi da quelli comunicati dal contribuente in grado di
modificare, significativamente, la previsione di ricavi e di reddito operata
dall’Amministrazione.
Infine,
nel caso di variazione dell’attività nel corso del
triennio, la pianificazione cessa di avere effetto dal periodo d’imposta nel
corso del quale si è verificato il cambiamento (art.1,
comma 398, legge 311/2004).
Diversamente,
non costituisce ipotesi di decadenza l’inapplicabilità o l’esclusione dagli
Studi di settore in uno dei tre periodi d’imposta che formano oggetto della
pianificazione. In questo caso, il contribuente non ha l’obbligo di dichiarare
ricavi congrui, in virtù dell’impossibilità di determinarne l’ammontare.
Participation exemption
Con
riferimento all’esenzione da imposizione delle plusvalenze realizzate a seguito
della vendita di partecipazioni societarie, in presenza
di determinate condizioni (art.87 del TUIR-DPR
917/1986, c.d. “participation exemption”),
l’Agenzia è nuovamente intervenuta sul requisito relativo alla “commercialita”’ dell’attività svolta dalla partecipata.
Si
ricorda, infatti, che una delle condizioni richieste dall’art.87 del TUIR, ai fini dell’applicabilità della Participation exemption, è quello
relativo allo svolgimento, da parte della società
partecipata, di un’attività commerciale. Tale condizione si presume non
esistente qualora la partecipata abbia il patrimonio prevalentemente costituito
da immobili, diversi dai beni merce e da quelli utilizzati direttamente
nell’attività (art.87, comma 1, lett.d,
TUIR).
A
tal fine, occorre mettere a confronto:
•
il valore corrente degli immobili (diversi da quelli alla cui produzione o al
cui scambio è effettivamente diretta l’attività dell’impresa, nonchè dagli impianti e dai fabbricati utilizzati
direttamente nell’esercizio d’impresa);
•
con il totale dell’attivo patrimoniale, anch’esso a valori correnti.
In
tal ambito, l’Agenzia ha precisato che i fabbricati utilizzati promiscuamente
nello svolgimento dell’attività possono considerarsi direttamente utilizzati
nell’esercizio d’impresa in misura pari al 50% del relativo valore.
Pertanto,
il 50% del valore dell’immobile “promiscuo” non concorre a determinare il
valore corrente degli immobili che va confrontato con il totale dell’attivo
patrimoniale. Naturalmente il restante 50%, che è da considerarsi estraneo
all’attività d’impresa, influirà sulla natura commerciale o meno dell’attività
svolta dalla partecipata.