LAVORI PUBBLICI - IN ATI LA CAPOGRUPPO DEV’ESSERE
QUALIFICATA PER LA QUOTA MAGGIORITARIA, ANCORCHÈ UNA MANDANTE ABBIA LA QUALIFICAZIONE
SOA PIÙ ELEVATA
(Consiglio di Giustizia
Amministrativa per la Regione siciliana, 8 marzo 2005, n. 97)
Con una recente sentenza, il
Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione siciliana si è pronunciato
in ordine all’applicazione dell’art. 95, comma 2, ultimo periodo, del D.P.R. n.
554/99, ai sensi del quale, com’è noto, ‘‘l’impresa mandataria in ogni caso possiede
i requisiti in misura maggioritaria”.
Il gravame aveva ad oggetto
l’ammissione alla gara di un raggruppamento temporaneo, risultato
aggiudicatario, in cui, per la categoria prevalente, la capogruppo mandataria
risultava in possesso di una classifica (la V) inferiore a quella della
mandante (la VII).
I giudici siciliani hanno
accolto l’appello anzitutto sul rilievo che, l’art. 95, comma 2, del D.P.R. n.
554/99, nel prevedere che, per le associazioni temporanee di tipo orizzontale,
‘‘l’impresa mandataria in ogni caso possiede i requisiti in misura
maggioritaria”, si riferisce non già ad una percentuale di possesso dei
requisiti in capo ad un’impresa in relazione all’importo dei lavori, ma alle
quote di partecipazione al raggruppamento.
Pertanto, poichè, nella
specie, non erano state indicate in fase di offerta le quote di partecipazione
all’associazione e di assunzione dei lavori, non poteva considerarsi
maggioritaria l’impresa indicata come capogruppo, per la quale, invece, si
sarebbe potuto presumere un ruolo (associativo ed operativo) unicamente
minoritario, proporzionato cioè alla sua minore qualificazione rispetto
all’impresa indicata come mandante.
La conclusione cui perviene
il Collegio muove dalla considerazione secondo cui la vigente normativa di
settore avrebbe posto un principio di corrispondenza sostanziale tra quote di
qualificazione, quote di partecipazione all’ATI e quote di esecuzione (cfr.
art. 13 comma 1 della legge n. 109/94 e art. 93 comma 4 del D.P.R. n. 554/99);
principio da osservarsi a partire dalla fase dell’offerta (in tal senso viene
richiamata la recente sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, 12 ottobre 2004,
n. 6586 che ha affermato la necessità che le quote di partecipazione al
raggruppamento delle singole imprese siano previamente indicate già in sede di
offerta, non essendo quindi sufficiente che vengano evidenziate ex post nella
fase esecutiva).
Da tale assunto viene fatto
discendere che, mentre in caso di previa indicazione di tali quote, può dirsi
maggioritaria l’impresa che, avendo una qualifica adeguata, assume
concretamente, in sede di offerta, una quota superiore o, comunque, non
inferiore a quella di ciascuna delle altre imprese associate (indipendentemente
dai valori assoluti di qualificazione di ciascuna impresa), altrettanto non può
dirsi nella ipotesi in cui - come nella specie - dall’offerta, non emerga
alcuna indicazione concreta di quote di partecipazione e di lavori nell’ambito
della associazione.
In quest’ultimo caso, a
parere del Collegio, l’unico parametro sostanziale di riscontro diventa la
qualificazione in possesso di ciascuna impresa; con la conseguenza che
maggioritaria risulta l’impresa che possiede - in assoluto - una qualificazione
maggiore o, comunque, non inferiore a quella delle altre associate.
Tale ragionamento, tuttavia,
non appare pienamente convincente.
Infatti, anzitutto non sembra
del tutto corretto affermare che esisterebbe un principio di corrispondenza,
già nella fase dell’offerta, tra quote di qualificazione, quote di partecipazione all’ATI e quote di
esecuzione.
Al riguardo, invero, occorre
chiarire che, poichè le quote di
qualificazione debbono essere rapportate all’importo dei lavori a base
di gara - come si evince dal combinato disposto dei commi 1 e 2 dell’art. 95
del D.P.R. n. 554/99 - le quote di partecipazione non possono che rappresentare
la percentuale operativa assunta dalle imprese relativamente all’intervento da
eseguire, finendo per coincidere con la nozione di ‘‘quote di esecuzione”.
Ed in tal senso sembrerebbe
disporre anche l’art. 93, comma 4 del DPR n. 554/99, ai sensi del quale ‘‘le
imprese riunite in associazione debbono eseguire i lavori nella percentuale
corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento”.
Ciò posto, il cennato
principio enunciato dal Collegio risulta condivisibile, nella sola parte in cui
afferma che le percentuali di partecipazione al raggruppamento - come sopra
definite - debbono corrispondere con le quote di esecuzione, e non nella parte
in cui si pone una corrispondenza tra quote di partecipazione e quote di
qualificazione
Nessuna norma, infatti,
stabilisce che le percentuali di partecipazione/esecuzione debbano
corrispondere alle quote di qualificazione, posto che, in fase esecutiva,
l’unica garanzia che compete all’amministrazione è che l’impresa che andrà ad
eseguire i lavori lo faccia nei limiti della propria effettiva qualificazione.
Da ciò discende altresì che,
poichè le quote di partecipazione/esecuzione, come si è detto, possono senza
dubbio variare rispetto alle quote rilevanti ai fini della qualificazione, esse
sono definibili anche ‘‘a valle” della gara, diversamente da quanto ritenuto
dalla pronuncia del Consiglio di Stato richiamata nella sentenza in commento
(sez. V, n. 6586/04).
Ancora più discutibile appare
poi il ragionamento seguito dai giudici siciliani nell’ipotesi in cui, come
nella fattispecie oggetto della pronuncia, nel raggruppamento concorrente siano
stati designati unicamente i ruoli (mandante-mandataria) delle imprese che ne
fanno parte, senza indicazione delle quote di partecipazione al raggruppamento
e di esecuzione dei lavori.
In tal caso, il Collegio, al
fine di individuare i ruoli in parola, fa ricorso alla presunzione secondo cui,
al di là delle specifiche designazioni effettuate, l’impresa capogruppo deve
essere identificata in quella che possiede la qualificazione in assoluto più
elevata.
Ora, anzitutto il ricorso a
tale presunzione non è previsto da alcuna disposizione normativa.
Inoltre, la tesi seguita si
fonda su un’interpretazione del concetto di ‘‘requisito maggioritario” -
richiesto dal sopracitato art. 95, comma 2, ultimo periodo, per quanto concerne la mandataria - non
condivisibile, in quanto il requisito in parola viene svincolato dall’importo
dei lavori a base di gara.
Infatti, come evidenziato
dall’Autorità di Vigilanza sui lavori pubblici in diverse pronunce (la n.
15/2001 e la n. 25/2001) qualora tale requisito - al pari di quelli minimi
richiesti per la partecipazione allo specifico appalto dal primo periodo dell’art.
95 comma 2 cit. - non venisse rapportato all’importo complessivo
dell’intervento, si creerebbe un vincolo restrittivo al mercato, venendo
privilegiate le imprese di grandi dimensioni.
Affermazione, quest’ultima ,
condivisa peraltro dallo stesso Collegio.
Ed allora, posto che
l’interpretazione del requisito maggioritario in termini assoluti - ovvero
riferito alle qualificazioni possedute dalle imprese - non è sostenibile,
comportando i suddetti effetti distorsivi per il mercato, non sembra nè logico
nè corretto renderla operativa solo per la circostanza, puramente formale, che
nell’offerta non siano state indicate le quote di partecipazione/esecuzione dei
lavori.