PARITÀ DI TRATTAMENTO NEL LAVORO UOMO DONNA - D.LGS  N. 145/2005

 

Nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 27 luglio scorso è stato pubblicato il Decreto legislativo n. 145/2005, con cui il Governo ha recepito la direttiva n. 2002/73/CE in materia di parità di trattamento tra gli uomini e le donne, per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionale e le condizioni di lavoro.

Il citato decreto apporta modifiche e integrazioni alle leggi nn. 125 del 10 aprile 1991 e 903 del 9 dicembre 1977, che disciplinano l’argomento.

In particolare, il provvedimento introduce la specifica distinzione tra discriminazione diretta e indiretta:

- la prima si ravvisa in qualsiasi patto o comportamento che determini un effetto pregiudizievole per il lavoratore in ragione del sesso, ovvero in un trattamento meno favorevole rispetto a quello di un altro lavoratore in situazione analoga;

- si realizza, invece, una discriminazione indiretta, qualora una disposizione, una prassi o un comportamento apparentemente neutri mettano o possano mettere in una posizione di particolare svantaggio i lavoratori di un determinato sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Sulla base di quanto disposto dalla predetta direttiva comunitaria, sono considerate discriminazione anche le molestie, ossia quei comportamenti determinati in ragione del sesso del lavoratore, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità del lavoratore  medesimo e di creare un clima intimidatorio, ostile o offensivo, nonchè le molestie sessuali, ovvero quei comportamenti indesiderati espressi in forma fisica, verbale o non, aventi il medesimo fine.

Il decreto prescrive quindi la nullità degli atti, patti o provvedimenti attinenti il rapporto di lavoro dei lavoratori vittime dei comportamenti sopra richiamati, adottati in conseguenza del rifiuto o della  sottomissione  ai  comportamenti medesimi.   

Vengono inoltre qualificati come discriminazioni quei trattamenti sfavorevoli attuati dal datore di lavoro quale reazione ad un reclamo o azione del lavoratore volta ad ottenere il rispetto del principio di parità di trattamento tra uomini e donne.

Ai sensi della normativa richiamata, il divieto di porre in essere le forme di discriminazione individuate dal legislatore si applica con riferimento sia all’accesso al lavoro sia alle iniziative in materia di orientamento, formazione, perfezionamento e aggiornamento professionale.

Si evidenzia, infine, che accanto alla cessazione del comportamento illegittimo e alla rimozione dei relativi effetti, con il decreto in esame viene prevista la facoltà per il lavoratore interessato di richiedere il risarcimento del danno anche non patrimoniale.