L’IMPOSTA DI BOLLO NEI DOCUMENTI DI GESTIONE DEI LAVORI PUBBLICI

 

Considerato che alcuni enti pubblici richiedono l’apposizione di marche da bollo su atti che riguardano la gestione di appalti pubblici, si ritiene opportuno affrontare nuovamente una tematica che si reputa già consolidata, osservando quanto segue.

L’attuale testo legislativo inerente l’imposta di bollo, approvato con D.P.R. n. 642/72 da ultimo modificato dal D.P.R. 30/12/82, n. 955, ricomprende nella Tariffa  - allegato A - parte I - gli atti, documenti e registri soggetti all’imposta fin dall’origine.

Nella medesima Tariffa - allegato A - parte II - sono viceversa individuati gli atti, documenti e registri soggetti all’imposta in caso d’uso.

Il citato D.P.R. n. 642/72 nel testo originario individuava all’articolo 2, 2° comma, il caso d’uso quando «un atto, documento o registro si deposita presso le amministrazioni dello Stato o gli Enti pubblici territoriali»; l’attuale testo (modificato dal richiamato D.P.R. n. 955/82) dispone viceversa che «si ha caso d’uso quando gli atti, i documenti e i registri sono presentati all’Ufficio del registro per la registrazione» (art. 2, 2° comma, D.P.R. 642/1972).

Gli atti e i documenti previsti per la gestione dei pubblici appalti (introdotti soprattutto con il Regolamento Generale – DPR 554/99) non sono previsti da alcun articolo della Tariffa - parte I - e non verificandosi il caso d’uso, agli stessi non sono applicabili gli articoli della Tariffa - parte II, sono pertanto da ritenersi esclusi dal campo di applicazione del tributo in esame.

Sono perciò da ritenersi esenti dall’imposta di bollo i seguenti documenti il cui elenco è da ritenersi indicativo:

- verbale di consegna dei lavori

- verbale di sospensione dei lavori

- verbale di ripresa dei lavori

- verbale di proroga dei lavori

- verbale di concordamento nuovi prezzi

- giornale dei lavori

- libretti delle misure

- le liste settimanali

- il registro di contabilità

- il sommario del registro di contabilità

- gli stati di avanzamento dei lavori

- i certificati di pagamento

- il certificato di ultimazione dei lavori

- il conto finale

- il certificato di collaudo

 

A conferma di quanto detto, si rammenta che in relazione agli appalti pubblici il Ministero delle Finanze – Dipartimento delle Entrate – nella parte conclusiva della propria circolare n. 171, del 1/7/1998, ha infatti evidenziato come: “ interpellata in merito l’Avvocatura Generale dello Stato che si  e’ espressa con parere prot. n. 27400 c.s. 5296/96 in data 25 febbraio 1997, si   ritiene che gli atti degli appaltatori, diversi dalle dichiarazioni negoziali, anche   unilaterali   (ossia   gli   atti a contenuto negoziale che costituiscono,  modificano,  estendono o estinguono gli effetti del contratto, quali gli   atti aggiuntivi, le dichiarazioni di rinuncia e simili atti da cui discendono effetti  sul   rapporto), siano riconducibili all’art. 28  della ripetuta Tariffa  (parte   2a)   approvata  con D.M. 20 agosto 1992  e quindi soggetti all’imposta di bollo nella misura di L. 600  solo in caso d’uso”, che come detto si verifica unicamente nel caso di registrazione all’Ufficio Registro.

 

Roma, in data 01.07.98

Dipartimento Entrate

Circolare n.171

Da piu’ parti  vengono chiesti chiarimenti in merito al regime, agli effetti dell’imposta   di bollo, della documentazione posta in essere dalle imprese in occasione dello svolgimento dei contratti di appalto stipulati con la Pubblica Amministrazione.                                                 

In particolare   viene posto quesito in ordine alla misura del tributo di bollo   sui numerosi documenti, quali a titolo esemplificativo i verbali e gli atti di avanzamento dei lavori mensili, i verbali di visita, di collaudo ed altri atti che nella pratica assumono le piu’ diverse denominazioni.

Com’è noto,  gli  atti in parola, quali atti di architetti, periti e misuratori o professionisti in genere, ricadono, in linea generale, tra quelli soggetti all’imposta   di bollo, nella misura di lire 600, solo in caso d’uso, indicati nell’art.  28 della vigente Tariffa (Parte 2a) approvata con D.M. 20 agosto 1992,   caso   d’uso  che si verifica con la presentazione degli stessi scritti all’Ufficio   del Registro per la registrazione (art. 2  del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642).

C’è da   tener   presente   che  prima delle modifiche apportate alla disciplina dell’imposta  di bollo, con il D.P.R. 30 dicembre 1982, n. 955, il caso d’uso   ricorreva,  oltre che con la presentazione degli atti all’Ufficio del registro   anche in  occasione   della loro produzione od esibizione in giudizio nell’ipotesi  di allegazione ad un atto pubblico o di deposito presso cancellerie o presso amministrazioni pubbliche.

Va precisato,   poi,  che   l’art. 2  della citata tariffa (Parte 1a) prevede che   “le   scritture  private  contenenti convenzioni con le quali si creano, si   modificano,  si estinguono si accertano o si documentano rapporti giuridici di  ogni specie, descrizioni, constatazioni ed inventari destinati a far prova fra le parti che li hanno sottoscritti” sono soggetti al tributo fin dall’origine nella  misura di  L. 20.000 per ogni foglio. In tale disposizione rientrano, oltre  che   tutti i  contratti di natura privatistica, tutte le scritture nonche’   le dichiarazioni unilaterali che importino costituzione, modificazione, trasferimento,   riconoscimento   ed   estinzione di diritti di qualsiasi natura, semprechè non redatti in forma di corrispondenza (art. 24 della citata Tariffa).

La portata   delle anzidette disposizioni ingenera perplessità nelle parti che  incorrono di frequente in trasgressioni, nella maggior parte, in buona fede, attese le diverse interpretazioni cui le stesse parti pervengono.

Al riguardo   giova   rilevare   che l’elemento tipico della scrittura privata deve  rinvenirsi    in  un   elemento formale rintracciabile nella sottoscrizione di  coloro che l’hanno posta in essere, dato che tale documento può assumere  il contenuto più vario.

Ne discende che una lettera contenente anche la firma del destinatario dovrebbe qualificarsi come scrittura privata.

Ciò, per quanto riguarda gli atti relativi al contratto di appalto, porterebbe alla conseguenza che tutta  la ponderosa documentazione tecnico-contabile, richiesta dalle  disposizioni che regolano minuziosamente l’iter procedimentale  degli appalti,    dovrebbe essere redatta in bollo (L. 20.000   per   ogni  esemplare, non trascurando che spesso il documento è formato da una sola facciata anche se di misura diversa da quella del foglio di carta   bollata   e non contiene scritti bensì disegni o schemi e simili), recando di norma la firma sia dell’ente appaltante sia della controparte.

Da quanto  esposto consegue che tali atti, di contenuto identico nella previsione legislativa, scontano l’imposta   in  misura diversa e cioe’ di L. 600,  se  recano la firma di una sola parte, o di L. 20.000, se recano la firma di entrambe le parti.

Inoltre dalla    circostanza    che,    di solito, gli atti scaturenti dall’originario contratto   di appalto  sono controfirmati dal committente, discenderebbe che   l’art.   28   risulterebbe difficilmente applicabile nella fattispecie in esame.

Invero, se la norma avesse la limitata portata sopradelineata, sarebbe inutile, laddove è corretto canone ermeneutico interpretarla nel senso in cui abbia una sua precisa finalità ed utilità.

Ciò posto,   interpellata in merito l’Avvocatura Generale dello Stato che si  è espressa con parere prot. n. 27400 c.s. 5296/96 in data 25 febbraio 1997, si   ritiene che gli atti degli appaltatori, diversi dalle dichiarazioni negoziali, anche   unilaterali   (ossia   gli   atti a contenuto negoziale che costituiscono,  modificano, estendono o estinguono gli effetti del contratto, quali gli   atti aggiuntivi, le dichiarazioni di rinuncia e simili atti da cui discendono effetti   sul   rapporto), siano riconducibili all’art. 28  della ripetuta Tariffa   (parte   2a)   approvata  con D.M. 20 agosto 1992  e quindi soggetti all’imposta di bollo nella misura di L. 600  solo in caso d’uso.