CONSORZIO STABILE - NOTA ILLUSTRATIVA DELL’ANCE
1. Considerazioni generali
introduttive
Va preliminarmente chiarito che il
consorzio stabile previsto all’art. 12 della legge n. 109/94 come modificato
dalla legge n. 166/2002 è nella forma un comune consorzio con attività esterna
la cui disciplina è contenuta agli artt. 2602 e seguenti del c.c..
Peraltro, rispetto alla disciplina
civilistica, la legislazione speciale disciplinante i consorzi stabili contiene
significative disposizioni cogenti integrative e disposizioni derogatorie della
stessa disciplina civilistica.
Disposizione integrativa cogente è
quella secondo cui, affinchè un consorzio stabile possa legittimamente
costituirsi e divenire operativo, sono necessarie le seguenti condizioni:
a. che il consorzio sia formato da
almeno tre consorziati;
b. che questi nell’atto costitutivo
si siano impegnati ad operare congiuntamente nel settore dei lavori pubblici
per almeno cinque anni;
c. che per il perseguimento dei loro
fini abbiano istituito una ‘‘comune struttura di impresa”.
Ove manchi, anche parzialmente, una
o più di tali condizioni il consorzio non può legittimamente operare
nell’esecuzione dei lavori pubblici e la SOA, investita del compito di
attribuirle una determinata qualificazione, deve necessariamente rigettare la
domanda.
A parte tali disposizioni
inderogabili, il consorzio stabile segue la comune disciplina civilistica e
perciò ha facoltà di inserire nel proprio statuto le clausole che ritenga più
opportune, purchè non si pongano in contrasto, appunto, con la normativa
speciale sui lavori pubblici e con i principi generali che necessariamente
devono essere rispettati in qualsiasi accordo contrattuale pena la nullità di
questo.
Così, per esempio, vi è ampia
libertà nella previsione di clausole statutarie circa le modalità di
funzionamento del consorzio, purchè sia garantita la partecipazione alla vita
dello stesso a tutti i consorziati.
Per il resto la comune disciplina
civilistica comporta che il consorzio debba essere costituito con atto redatto
in forma scritta, da depositare entro 30 giorni per l’iscrizione presso
l’Ufficio del registro delle imprese del luogo nel quale la comune struttura di
impresa dovrà operare; che le delibere possano essere impugnate davanti
all’Autorità giudiziaria entro 30 giorni dalla loro assunzione; che tutti i
contributi dei consorziati vadano a costituire il fondo consortile.
A quest’ultimo proposito è da ritenere
che la comune struttura di impresa vada necessariamente a costituire parte
integrante del fondo consortile in aggiunta ai contributi dei consorziati.
Circa il tempo minimo di operatività
del consorzio (5 anni) si può ritenere che la sua mancata previsione nell’atto
costitutivo non determini l’illegittima costituzione del consorzio, trovando in
tal caso applicazione l’art. 2604 cod. civ. secondo cui in mancanza di tale
determinazione la durata del consorzio si intende ipso iure per il periodo di dieci
anni.
2. Vantaggi connessi alla
costituzione di consorzi stabili
Fatte le premesse generali di cui al
precedente paragrafo è lecito chiedersi quali vantaggi sul piano pratico offre
il ricorso a tale figura giuridica considerando che, come è noto, gli appaltatori
possono ricorrere in occasione di ogni gara alla forma della associazione
temporanea che li vincola, con formalità del tutto semplici e poco costose,
esclusivamente per la singola gara cui essa concorre.
Va subito premesso che i vantaggi
più evidenti risiedono:
a. nel fatto che il consorzio stabile ottiene la
qualificazione SOA sulla base della somma delle qualificazioni possedute dalle
singole imprese consorziate;
b. nel fatto che nonostante il
presupposto di cui al punto a), il consorzio ha facoltà di fare eseguire i
lavori assunti in appalto ad una delle imprese consorziate indicandone il
nominativo in sede di offerta (art. 12, comma 2, I parte, e 13, comma 4, II
parte L. n. 109/94; art. 97, comma 1, D.P.R. n. 554/99);
c. nel fatto che l’impresa
consorziata mantiene comunque la sua autonomia rispetto al consorzio stabile
(arg. da art. 97, comma 3, D.P.R. n. 554/99) e che i lavori assunti in appalto
ed eseguiti dal consorzio vengono attribuiti ai fini dell’acquisizione di
qualificazioni più elevate sia ai consorziati in quanto imprese singole sia al
consorzio nelle percentuali stabilite per appaltatore e subappaltatore ai sensi
dell’art. 25 comma 6 e 24, comma 1^, lett. b) del D.P.R. n. 34/2000.
Si realizza così un innegabile
vantaggio sul piano concreto, assai simile a quello attribuito dalla disciplina
vigente (legge n. 422/1909) ai consorzi di cooperative di produzione e lavoro:
l’impresa consorziata viene messa in condizione di eseguire lavori di importo
più elevato rispetto alla sua qualificazione ed inoltre ai fini dei suoi
successivi incrementi di qualificazione può utilizzare il lavoro eseguito.
3. Possibili modalità di
operatività del consorzio
L’esposizione dei vantaggi
conseguenti la costituzione di un consorzio stabile postula, ai fini di una
esauriente trattazione del problema, un chiarimento circa le modalità
attraverso cui il consorzio può operare e la verifica sul piano concreto di
quale di dette modalità risulti più conveniente.
Dalla disciplina legislativa può
argomentarsi che il consorzio può agire in due modi:
a. tramite le singole imprese
consorziate e cioè dichiarando in occasione di ogni gara quale sarà l’impresa
esecutrice dei lavori;
b. tramite la istituita comune
struttura di impresa.
Sul piano pratico i vantaggi maggiori
si hanno indubbiamente operando nel modo sub a), perchè in tal caso, come
precedentemente detto, l’impresa singola, attraverso lo strumento del consorzio
stabile, esegue lavori di importo più elevato rispetto alla sua qualificazione
ed inoltre ai fini dell’incremento della qualificazione come impresa singola
può avvalersi dell’intero importo dei lavori eseguiti.
È perciò prevedibile e consigliabile
che i consorzi stabili decidano di operare, quanto meno prevalentemente,
attraverso le imprese singole.
Sarà consigliabile l’esecuzione dei
lavori attraverso la comune struttura di impresa soltanto in quei casi in cui
vi sia la volontà di stabilizzare nel tempo il consorzio, rendendolo
permanentemente soggetto imprenditoriale autonomo, attraverso il progressivo
incremento della comune struttura di impresa.
4. La società consortile
A quanto ora detto si ricollega la
facoltà, sancita dall’art. 10, comma 1, lett. c) della legge n. 109/94, di
costituire il consorzio stabile in forma di società consortile e cioè di
società che assuma come oggetto sociale le finalità tipiche del consorzio
stabile di cui al precedente paragrafo 1.
Viene da chiedersi quale possa
essere sul piano pratico il vantaggio di costituire un consorzio stabile in
forma di società consortile.
L’interrogativo non ha risposta
agevole ove si consideri che il consorzio è strumento più agile e che comporta
minori adempimenti sul piano amministrativo e civilistico di quanto non avvenga
per le società.
Pertanto, in linea di principio, è
prevedibile che la regola sarà costituita dal ricorso al consorzio stabile in
senso stretto, mentre il ricorso alla società consortile costituirà
l’eccezione; quest’ultima presumibilmente verrà adottata nei casi in cui, come
detto in chiusura del precedente paragrafo, l’intendimento delle imprese
consorziate sia quello, non tanto di costituire uno strumento di crescita
imprenditoriale ed assunzione congiunta per un determinato periodo degli
appalti, ma di avviare la costituzione di un nuovo soggetto giuridico al quale
nel tempo attribuire totale, stabile e definitiva autonomia.
Vi è però la necessità di far luce
su un possibile equivoco: la società consortile, ove costituita come prima
detto per dare luogo ad un soggetto autonomo operante come tale stabilmente nel
tempo, non può, in un secondo momento, proficuamente trasformarsi in una
società comune (non consortile). In tal caso infatti la situazione
identificherebbe uno scioglimento della società consortile con attribuzione
pro-quota ai consorziati dei requisiti eventualmente maturati a favore del
consorzio stesso ai sensi dell’art. 24, comma 1, del D.P.R. n. 34/2000 e art.
97, comma 5, del D.P.R. n. 554/99. In buona sostanza, con la trasformazione da
società consortile a società comune verrebbero ad annullarsi (anche sul piano
delle responsabilità) le individualità costituite dalle singole imprese
consorziate, con la conseguenza che necessariamente dovrebbe ricadersi nello
schema del venir meno del fenomeno consortile. In tal caso, dunque, tutti i
requisiti maturati dovrebbero essere attribuiti alle singole imprese
consorziate, ma non alla società di nuova costituzione; ciò naturalmente salva
l’ipotesi che la società di nuova costituzione incorpori le società consorziate
ovvero acquisti il loro ramo d’azienda inerente i lavori pubblici.
5. La responsabilità nei
confronti dell’amministrazione
La responsabilità dei consorzi
stabili è delineata dall’art. 12, comma 2 della legge n. 109/94 e dall’art. 97,
comma 1 del D.P.R. n. 554/99. Entrambe tali disposizioni stabiliscono la
possibilità di eseguire i lavori tramite il singolo consorziato, ma fanno salva
la responsabilità solidale dei consorziati nei confronti della stazione
appaltante.
Sul piano lessicale le due
disposizioni non sono particolarmente precise, perchè potrebbero far pensare
alla responsabilità solidale col consorzio esclusivamente delle imprese
indicate come esecutrici dei lavori; senonchè una conclusione di tal genere
finirebbe per svuotare di ogni serio contenuto la figura del consorzio stabile,
non soltanto con riguardo al vincolo del consorzio nei confronti
dell’amministrazione, ma anche con riguardo al vincolo di tutti i consorziati
tra di loro.
Infatti, ciò che giustifica la
disciplina del consorzio stabile è proprio la solidarietà di tutti i
consorziati; questa fa si che vi sia l’interesse comune a che l’opera venga
realizzata correttamente perchè, in caso contrario, vi è responsabilità sul
piano patrimoniale di tutti i consorziati. Ne consegue che il vincolo di
solidarietà determina l’effetto indiretto di impegnare le imprese non
esecutrici ad andare in soccorso di quelle esecutrici nel caso in cui queste
ultime si trovino in difficoltà e possano perciò risultare inadempienti nei
confronti dell’amministrazione. In definitiva è da ritenere sicuramente
preferibile la tesi che coinvolge in ogni caso la responsabilità solidale di
tutti i consorziati.
Pertanto, nei casi di inadempimento,
col fondo consortile rispondono solidalmente col proprio patrimonio non
soltanto le imprese esecutrici, ma anche ugualmente le altre imprese
consorziate.
Resta da chiarire se l’art. 97,
comma 1, che parla di ‘‘responsabilità sussidiaria e solidale”, in qualche modo
comporti affinamenti all’art. 12, comma 2, della legge n. 109 che invece parla
tout-court di responsabilità solidale. Ove si desse la prevalenza al concetto
di sussidiarietà dovrebbe ritenersi che l’amministrazione creditrice, per agire
nei confronti dei singoli consorziati, debba prima agire nei confronti del
fondo consortile.
La questione sul piano pratico
appare di scarsa rilevanza perchè è del tutto evidente che in sede processuale
l’amministrazione ha pieno titolo per chiamare in giudizio il consorzio e tutte
le consorziate. Sicchè il limite della sussidiarietà esplicherebbe i suoi
effetti soltanto in sede di processo di esecuzione allorchè, prima di procedere
al pignoramento sui beni dei singoli consorziati, il creditore dovrebbe
promuovere gli atti esecutivi nei confronti del consorzio.
Al di là di tale considerazione, che
comunque rivela come il problema abbia portata del tutto limitata, è da
ritenere che la solidarietà sia piena, perchè tale è delineata dalla norma di
legge che non potrebbe pertanto subire limitazioni ad opera della successiva norma
regolamentare.
6. La responsabilità nei
confronti dei terzi
La responsabilità del consorzio
stabile nei confronti dei terzi non appare disciplinata dalla legislazione
speciale nè risulta ad essa estensibile analogicamente il regime della
responsabilità nei confronti dell’amministrazione; ciò perchè la ratio di
quest’ultima va individuata nell’esigenza di garantire più sensibilmente il
pubblico interesse e nell’esigenza di consolidare il rapporto tra i
consorziati. Tale ratio non ricorre nel caso dei rapporti con i terzi
(subappaltatori, banche, maestranze, fornitori, ecc.), sicchè, relativamente a
questi, si ritiene debba operare il regime civilistico generale di cui all’art.
2615 del cod. civ..
Secondo quest’ultimo vi è una
disciplina differenziata a seconda che l’obbligazione sia stata assunta dal
consorzio in nome proprio ovvero in nome dei singoli consorziati.
Nel primo caso i terzi possono fare
valere i loro diritti esclusivamente sul fondo consortile.
Nel secondo col fondo consortile
risponde il consorziato in nome del quale il consorzio ha agito, ed in caso di
insolvenza di quest’ultimo, tutti gli altri consorziati in proporzione alle
rispettive quote di partecipazione.
Va da sè che, qualora l’obbligazione
nei confronti del terzo sia assunta non dal consorzio ma direttamente
dall’impresa consorziata indicata come esecutrice, la responsabilità nei
confronti del terzo sarà soltanto di quest’ultima.
7. Divieti
L’art. 12, comma 5, pone il divieto
di partecipare alla medesima gara per il consorzio e per i singoli consorziati;
la ratio risiede nell’esigenza di evitare potenziali collusioni in ragione
della sostanziale identificazione tra consorzio e consorziati.
La norma, per argomento a contrario,
lascia intendere che è invece ammessa la possibilità per i consorziati di
concorrere a gare cui il consorzio stabile non partecipi, venendo così lasciato
ai consorziati stessi un largo margine di autonomia operativa.
Nel caso di partecipazione
contemporanea alla medesima gara è da ritenere che debbano essere escluse sia
l’offerta del consorzio sia quella del consorziato, essendo interdetta
all’amministrazione la possibilità di verificare a quale dei due soggetti
attribuire la responsabilità della violazione del divieto. Naturalmente, per
quanto attiene ai rapporti interni tra i consorziati, nella sede
giurisdizionale civile occorrerà stabilire se il comportamento scorretto che ha
dato luogo alla doppia esclusione sia stato del consorzio ovvero del singolo
consorziato, tenuto conto dei patti e delle delibere consortili.
Le conclusioni cui ora si è
pervenuti non si ricavano in modo del tutto pacifico dalla lettura della norma.
Infatti, mentre l’art. 12, comma 5, vieta la contemporanea partecipazione alla
gara del consorzio e di tutti i consorziati, l’art. 13, comma 4, parte II,
sembra circoscrivere il divieto soltanto ai consorziati indicati dal consorzio
quali esecutori dei lavori.
Nel contrasto tra le due norme si
ritiene, quanto meno cautelativamente, doversi dare prevalenza alla prima e
cioè a quella contenente il divieto più generale, non fosse altro perchè
immediatamente di seguito contiene la disposizione penale che sanziona
automaticamente il divieto stesso con l’applicazione della fattispecie di cui
all’art. 353 codice penale (turbativa d’asta).
Quest’ultima disposizione lascia del
tutto perplessi proprio perchè sembra sancire l’automatica condanna per una
fattispecie penale stabilita esclusivamente a titolo di dolo, che presuppone
cioè l’accertamento della volontà di turbare una gara per trarne indebito profitto.
E poichè le disposizioni vanno interpretate nel senso più conforme ai principi
costituzionali ed a quelli generali del nostro ordinamento giuridico è
sostenibile certamente la tesi secondo cui, nonostante la cattiva formulazione
dell’art. 12, comma 5, la condanna per il reato ivi previsto possa avvenire
soltanto a seguito della accertata volontà di trarre indebito profitto da una
gara, con esclusione perciò di eventuali ipotesi colpose.
È poi da notare che la legge n.
166/2002 ha abrogato la seconda parte del comma 5 dell’art. 12, nella quale era
posto divieto ai partecipanti al consorzio stabile di costituire tra loro o con
terzi altri consorzi o associazioni temporanee. Deve perciò ritenersi
consentito ai soggetti consorziati di costituire associazioni temporanee tra
loro o con terzi; resta il problema se possano partecipare alla medesima gara
un consorzio stabile ed una associazione temporanea ovvero un consorzio non
stabile di cui faccia parte la stessa impresa costituente il consorzio stabile
stesso. Anche in tal caso la norma non offre una sicura risposta sicchè deve
necessariamente verificarsi se il principio posto a base del divieto sia
estensibile a questa particolare fattispecie. La risposta sembra dover essere
affermativa perchè se vige il divieto di partecipazione contemporanea alla
stessa gara del consorzio stabile e dei singoli consorziati, situazione
analoga, anche se più sfumata, va considerata la contemporanea partecipazione
del consorzio stabile e di una associazione contenente al suo interno una
impresa consorziata. Si ritiene pertanto, quantomeno in una prima fase di
applicazione della legge, di consigliare di evitare tali situazioni di doppia
partecipazione anche in ragione dell’indirizzo giurisprudenziale che vieta la
contemporanea partecipazione ad una gara dello stesso soggetto in più vesti,
quali che esse siano.
8. La qualificazione
Per quanto concerne la
qualificazione, occorre distinguere quella del consorzio stabile inerente i
primi cinque anni dalla sua costituzione dalle qualificazioni successive.
Per quanto concerne la prima,
dall’art. 12, comma 8 ter, della legge n. 109/94 come modificato dalla legge n.
166/02 si ricava che la prima qualificazione successiva alla costituzione debba
necessariamente avvenire da parte della SOA sulla base della somma delle
qualificazioni possedute dalle singole imprese consorziate.
Nel caso in cui tale somma ricada in
un importo intermedio tra una classifica e l’altra la qualificazione è ottenuta
per la classifica inferiore o in quella superiore a seconda che la somma si
collochi al di sotto ovvero alla pari o al di sopra della metà dell’intervallo
tra le due classifiche.
Per la qualificazione alla
classifica di importo illimitato è necessario che almeno una delle consorziate
possieda tale qualificazione ovvero che tra le consorziate ve ne sia almeno una
con qualifica alla classifica VII e due alla classifica V ovvero ve ne siano
almeno tre con classifica VI.
Per quanto concerne le
qualificazioni successive alla prima il sistema legislativo non è chiaro.
Dalla lettura delle varie
disposizioni ed in particolare degli articoli 12, comma 8 ter della legge n.
109/94, degli artt. 25 e 18 del D.P.R. n. 34/2000 sembra potersi ricavare che
ai fini delle qualificazioni successive ai primi cinque anni il consorzio
stabile abbia facoltà di scegliere tra due sistemi: o proseguire nella
qualificazione fondata sulla somma delle qualificazioni delle singole imprese
ovvero optare per una qualificazione del consorzio in sì considerato sulla base
dei requisiti dallo stesso acquisiti ai sensi dell’art. 25, comma 6 e 18 commi
3, 9 e 13, D.P.R. n. 34/2000.
L’opzione tra l’uno o l’altro
sistema di qualificazione di fatto verrà a dipendere dalle modalità con cui il
consorzio ha operato; infatti, se il consorzio ha totalmente o prevalentemente
operato facendo eseguire ai singoli consorziati, essendo maturati i requisiti
essenzialmente in capo a questi ultimi, avrà tutto l’interesse ad optare per il
sistema fondato sulla somma delle singole qualificazioni; se invece avrà
totalmente o prevalentemente operato con la propria struttura di impresa potrà
avere interesse ad optare per la qualificazione del consorzio in quanto tale,
essendo medio tempore maturati i requisiti, appunto, in favore di questo.
Disposizione di particolare favore
per i consorzi stabili è quella contenuta al comma 8 bis dell’art. 12, della
legge n. 109/94, introdotto dalla legge n. 166/2002, secondo cui, ai fini della
partecipazione alle gare, la somma delle cifre di affari realizzata da ciascuna
impresa nel quinquennio antecedente alla pubblicazione del bando è incrementata
di una percentuale pari al 20% nel primo anno, al 15% nel secondo e al 10%
negli anni successivi fino al compimento del quinquennio.
La disposizione va riferita all’art.
3, comma 6, del D.P.R. n. 34/2000, secondo cui per gli appalti di importo
superiore ad Euro 20.658.276, l’impresa, oltre alla qualificazione nella
classifica VIII, deve aver realizzato nel quinquennio antecedente alla
pubblicazione del bando una cifra d’affari in lavori non inferiore a tre volte
l’importo a base di asta.
Per i consorzi stabili la
possibilità di incrementare nelle misure sopra dette la somma delle cifre di
affari delle imprese consorziate costituisce una evidente facilitazione ai fini
della partecipazione a tali gare.
9. Scioglimento
Nel caso di scioglimento del
consorzio i requisiti maturati a favore di questo sono attribuiti pro quota ai
singoli consorziati in proporzione all’apporto dato dagli stessi
nell’esecuzione dei lavori (art. 97, comma 5, D.P.R. n. 554/99).
Peraltro, l’art. 12, comma 2, II
parte, della legge, stabilisce che tali requisiti possano essere attribuiti ai
singoli consorziati purchè lo scioglimento avvenga prima dei sei anni dalla
data di costituzione del consorzio. Quest’ultima disposizione non è pienamente
comprensibile sul piano logico perchè di fatto costituisce un incoraggiamento
allo scioglimento prima dello scadere dei sei anni, considerato che se lo
scioglimento avviene successivamente i singoli consorziati non possono
avvalersi dei requisiti maturati a favore del consorzio. È perciò sul punto
auspicabile un chiarimento legislativo.
10. Modifiche nella
composizione del consorzio
Va innanzitutto precisato che lo
statuto del consorzio deve escludere la possibilità di recesso per i singoli
consorziati per i primi cinque anni, ciò perchè elemento caratterizzante di
tale figura è appunto la volontà di operare stabilmente per un periodo non
inferiore a cinque anni.
Ne consegue che ove uno statuto
prevedesse la possibilità di recesso ad libitum in tale periodo la SOA dovrebbe
ritenere ciò come elemento preclusivo alla qualificazione.
Naturalmente quanto ora detto
riguarda il recesso ad libitum e non anche il recesso per giusta causa o le
ipotesi di risoluzione per inadempimento dei consorziati. Eventuali clausole
dello statuto che negassero tali possibilità sarebbero da considerare nulle
trattandosi di istituti a carattere inderogabile.
Viene da chiedersi cosa avvenga
qualora per un qualsivoglia motivo muti la composizione del consorzio o per
effetto dell’ingresso di altre consorziate o per effetto del venir meno di una
o più consorziate.
È da ritenere che in ogni caso il
consorzio debba dare immediata notizia alla SOA. Nel caso di ingresso di altra
consorziata perchè la SOA possa verificare la sussistenza in capo all’impresa
subentrante dei requisiti di ordine generale di cui all’art. 17 del D.P.R. n.
34/2000 ed eventualmente dare luogo ad un incremento di qualificazione del
consorzio. Identica considerazione va fatta nel caso di fuoriuscita da parte di
uno o più consorziati, perchè in tal caso la SOA deve essere messa in
condizione di ridimensionare eventualmente la qualificazione del consorzio.
11. Fallimento nel corso
dell’esecuzione di un appalto
Problema particolarmente delicato è
quello dell’eventualità che una delle imprese consorziate sia dichiarata
fallita nel corso dell’esecuzione di un appalto.
In tal caso occorre in termini
generali verificare se la ridotta qualificazione del consorzio copra l’importo dei
lavori ancora da eseguire. In caso affermativo il consorzio può senz’altro
proseguire nell’appalto eventualmente sostituendo l’impresa originariamente
indicata come esecutrice con altra impresa consorziata.
Può verificarsi l’ipotesi in cui a
seguito del fallimento della consorziata l’idoneità del consorzio si riduca al
di sotto dei lavori ancora da eseguire. In tal caso è da ritenere che rientri
nella discrezionalità dell’amministrazione l’apprezzamento circa la possibilità
di proseguire nella esecuzione dell’appalto, tenuto conto di tutte le
circostanze del caso.
Così, per esempio, se i lavori sono
in fase di avanzata esecuzione e pur nella sua ridotta composizione il
consorzio dia garanzie di buona esecuzione, l’amministrazione potrà ritenere
vantaggioso per il pubblico interesse non interporre ostacoli alla prosecuzione
e completamento dei lavori.
Ove invece si manifestino
controindicazioni, l’amministrazione potrà subordinare la prosecuzione dei
lavori alla reintegrazione dell’idoneità del consorzio con la sostituzione
dell’impresa fallita con altra impresa subentrante.
Va infine precisato che nel caso del
consorzio stabile che abbia indicato una consorziata dei lavori quale
esecutrice, trova applicazione nel caso di fallimento di quest’ultima, l’art.
81 della legge fallimentare secondo cui il curatore può chiedere di proseguire
nell’esecuzione e l’amministrazione può assentirvi se lo stesso offre garanzie
per la corretta prosecuzione dell’appalto.
12. Inadempimento
Altro problema particolarmente delicato
è quello dell’impresa indicata come esecutrice dei lavori che sia inadempiente
ai suoi obblighi contrattuali nei confronti dell’ente appaltante.
In tal caso è da ritenere che
l’amministrazione possa assentire a che su richiesta del consorzio la prosecuzione
dell’appalto avvenga ad opera di altra impresa consorziata in luogo di quella
inadempiente. Infatti, la solidarietà opera non soltanto sul piano risarcitorio
ma anche su quello dell’adempimento nell’obbligazione principale.
13. Appalti di durata
eccedente la vita del consorzio
Sembra doversi escludere la
possibilità che un consorzio assuma legittimamente appalti di durata eccedente
il suo periodo di operatività; ciò perchè al momento dell’aggiudicazione
l’amministrazione non avrebbe certezza circa la volontà di tutti i consorziati
di proseguire nell’attività consortile per il periodo necessario a coprire la
durata dell’appalto.
In tal caso presumibilmente
l’amministrazione considererebbe la circostanza come motivo di esclusione dalla
gara e la giurisprudenza amministrativa potrebbe avallare tale impostazione.
La soluzione a un problema di tal
genere è agevole e può essere indicata nel senso di stabilire nello statuto un
determinato periodo (per esempio 5 anni), ma con l’accettazione da parte di
tutti i consorziati di clausola di proroga automatica della durata del
consorzio nel caso di aggiudicazione di appalti di durata maggiore.