SANZIONI AMMINISTRATIVE- LEGGE 689/91- OPPOSIZIONE A ORDINANZA INGIUNZIONE- LETTERA MINISTERO DEL LAVORO

 

 

Il Ministero del Lavoro - Direzione Generale per l’Attività Ispettiva, traendo spunto dall’ultimo pronunciamento della Corte di Cassazione - sentenza n. 6148 del 2 marzo 2005 - con  lettera circolare dello scorso 20 giugno 2005 prot. 896 ha fornito le opportune istruzioni operative a cui dovranno attenersi gli Uffici Affari Legali e Contenzioso delle Direzioni regionali e Provinciali del Lavoro nei giudizi di opposizione avverso le ordinanze ingiunzioni ai sensi della legge n. 689/81.

Com’è noto, la disputa riguarda quei settori in cui la legge non prescrive un termine specifico per l’emissione dell’ordinanza - ingiunzione, che segue alla irrogazione di sanzioni amministrative applicate in conseguenza di accertamenti ispettivi.

La Pubblica Amministrazione ha in proposito da sempre sostenuto che, in assenza di una espressa previsione normativa, il termine da prendere in considerazione è quello fissato dall’articolo 29 della citata legge n. 689/81, termine di prescrizione quinquennale disposto per la riscossione delle somme dovute a titolo di sanzione. Mentre la giurisprudenza, dapprima di merito e poi di legittimità, ha in un primo tempo ritenuto che, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 241/90, normativa di portata generale, il termine di riferimento dovesse essere quello di cui all’art. 2 della suddetta legge e che dovesse decorrere, per ciascuna fase della procedura sanzionatoria, dall’esaurimento di quella precedente.

Successivamente, si è consolidato l’orientamento opposto in forza del quale nel procedimento di emissione delle ordinanze - ingiunzione ex art. 18, legge n. 689/81, legge speciale rispetto alla generalità dei principi contenuti nella legge in materia di trasparenza amministrativa, è da ritenere inapplicabile il termine di giorni trenta (ora novanta, salvo diversa previsione regolamentare, ex art. 3, legge n. 80/05) previsto dall’art. 2 della legge n. 241/90.

Ed in vero, la peculiarità del procedimento contenzioso di cui alla legge n. 689, avviato in forza di una specifica azione punitiva dell’autorità pubblica e caratterizzato, quindi, da un preciso oggetto ed una dettagliata articolazione in più fasi, nonchè della possibilità data al trasgressore di proporre nei termini di legge le proprie difese, giustifica la mancata previsione di un predeterminato termine per decidere senza che per ciò si debba fare necessariamente ricorso  a diverse disposizioni di carattere generale.

Alla luce di quanto sopra, il Ministero del Lavoro ha indicato ai propri Uffici periferici la linea difensiva da seguire in caso di opposizione ad ordinanza - ingiunzione fondata sul mancato rispetto del termine generale previsto per la conclusione dei procedimenti amministrativi di cui al richiamato art. 2, della legge n. 241/90, giacchè non è a tale termine che occorrerà fare riferimento, bensì al termine di prescrizione quinquennale stabilito dall’art. 28 della legge n. 689/81. tale termine, come da giurisprudenza consolidata, decorrerà dalla commissione dell’illecito ovvero, in caso di illecito permanente, dalla cessazione della permanenza.

Come ha più volte osservato la Suprema Corte, le disposizioni di cui al citato art. 2 sono difficilmente adattabili al procedimento che si conclude con l’emanazione dell’ordinanza - ingiunzione.

La legge n. 689/81, infatti, prevede che se non vi è la contestazione immediata la notifica della violazione debba effettuarsi nel termine di novanta giorni (art. 14).

Entro trenta giorni dalla contestazione, ovvero dalla notifica della violazione, gli interessati possono far pervenire scritti difensivi (art. 18). Pertanto, sostengono i Giudici di legittimità, ‘‘se il procedimento ha inizio con la contestazione della violazione, è esclusa in radice la possibilità che esso si concluda nei trenta giorni successivi, come prescrive la disposizione del 1990, giacchè è la stessa legge n. 689/81 che pone dei termini intermedi più ampi a garanzia dell’autore della violazione”.

Non appare, inoltre, condivisibile ‘‘la tesi secondo cui i trenta giorni di cui alla legge n. 241/90 dovrebbero  farsi decorrere dal momento in cui pervengono gli scritti difensivi, ovvero dal giorno in cui l’interessato viene sentito, di talchè, preso atto delle difese, l’amministrazione avrebbe il termine di trenta  giorni per effettuare l’ordinanza - ingiunzione.

Una simile ricostruzione sarebbe, infatti, del tutto arbitraria, in quanto l’art.2 della citata legge del 1990 prescrive che il termine di trenta giorni decorra (non trattandosi di procedura che  consegua ad una istanza) da una data precisa, ossia dall’inizio d’ufficio del procedimento.

La Cassazione ha, in buona sostanza, evidenziato che l’art. 18, della legge n. 689/81 prevede che l’ordinanza - ingiunzione seguente al mancato pagamento della sanzione in misura ridotta,  deve essere notificata nelle forme di cui all’ art. 14 della stessa legge, ma non anche nel termine di 90 giorni dall’accertamento previsto per la notificazione degli estremi delle violazioni accertate e, attesa la natura del procedimento e  della fase in questione (decisoria), ad essa non potrà applicarsi un termine che la legge n. 241/90 prescrive come decorrente dall’inizio dello stesso. Ovviamente tali considerazioni devono oggi essere lette tenendo conto delle modifiche apportate al più volte citato art. 2, della legge n. 241/90, dall’art. 3, comma 6 - bis, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, coordinato con la legge di conversione 14 maggio 2005, n. 90.

Pertanto, conformemente all’orientamento assunto dalla giurisprudenza prevalente,  la Pubblica Amministrazione potrà procedere all’emanazione dell’ordinanza - ingiunzione nel termine quinquennale di cui al richiamato art. 28 della Legge n. 689/81, ancorchè detta norma faccia riferimento al termine per riscuotere le somme dovute per le violazioni accertate.