ACCERTAMENTO
- OPERAZIONI BANCARIE NON GIUSTIFICATE
(Cassazione
tributaria Sentenza 28/9/02, n. 19003)
I
movimenti risultati dai conti devono essere imputati ai ricavi se il
contribuente non provi che gli essi sono stati registrati in contabilità, o che
comunque non hanno avuto rilevanza ai fini della determinazione del reddito
soggetto a imposta e che, altresì, i prelevamenti, non risultanti dalle
scritture contabili, sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché
costituire acquisizione di utili.
A
tal proposito, la Corte di cassazione ha ritenuto fondato il ricorso presentato
dall’Amministrazione finanziaria, riconoscendo la legittimità dell’avviso di
accertamento da essa proposto nei confronti di una società, e ha affermato che
con la previsione contemplata dall’articolo 32 del D.P.R. 600/1973, il
legislatore ha inteso considerare ricavi, fino a prova contraria, sia i
prelevamenti che i versamenti, in quanto ha ritenuto che il contribuente
evasore non occulti in pari misura ricavi e costi; anzi, la norma muove dal
presupposto che il contribuente tenda a occultare i ricavi, ma non i costi; né
appare lecito presumere che a ricavi occulti necessariamente corrispondano
costi occulti.
In
buona sostanza, sostiene la Corte, qualora la legge imponga sul piano
probatorio una inversione dell’onere della prova, il
soggetto onerato non può vincere la presunzione legale mediante altra
presunzione semplice, ma deve allegare e provare fatti certi.
Nella
specie, invece, il contribuente non ha provato né che i prelevamenti non hanno
costituito acquisizione di utili, né che sono serviti per pagare determinati
beneficiari.
Pertanto,
sulla base delle argomentazioni sopra evidenziate, deve ritenersi arbitraria la
percentuale di abbattimento dei ricavi applicata dai giudici di appello, non
solo in quanto non richiesta dal contribuente, ma anche perché è in contrasto
con la presunzione di legge disposta dal sopra citato articolo
32 del D.P.R. 600/1973.