cronaca pag. 10

STATI GENERALI. Un documento di «contributo e stimolo» del mondo produttivo prima dell’appuntamento di domani

«E adesso, dalle parole ai fatti»


Undici associazioni: il Centro servizi tecnologico, occasione da cogliere


di Mimmo Varone



Il mondo economico e produttivo bresciano non teme che la «montagna» degli Stati Generali partorisca il classico topolino. Quanto meno, qualcuna delle undici associazioni che hanno sottoscritto un lungo e articolato documento di «contributi e stimoli» alle istituzioni protagoniste degli stessi Stati Generali lo nega. E altre si limitano a un laconico «vediamo cosa succederà». Non è un caso, ad ogni modo, che il «documento degli undici» arrivi a una manciata di ore dall’appuntamento di domani intorno alla crisi che attanaglia l’economia e la società bresciane.
Quel «vediamo cosa accadrà», ripetuto da più d’uno sta a sottolineare l’aspettativa di un «passaggio in tempi brevi dalla conoscenza alla pratica, dall’analisi all’operatività», come riassume per tutti l’ex direttore Aib Salvatore D’Erasmo. Con lui ci sono i vertici delle organizzazioni imprenditoriali che hanno siglato il documento «rivolto all’opinione pubblica ma soprattutto alle istituzioni», a partire dal presidente Aib Franco Tamburini.
IL DOCUMENTO DEGLI UNDICI. E D’Erasmo può dire che «l’economia bresciana è qui». Cioè nella sala di via Cefalonia 60, dove ieri mattina si sono ritrovati per l’occasione l’Associazione artigiani di Enrico Mattinzoli e l’Ascom di Enrico Rossi Thielen, il Collegio costruttori di Giuliano Campana, la Confartigianato di Gianmaria Rizzi, la Confederazione italiana agricoltori di Aldo Donato Cipriano e la Confederazione artigianato di Andrea Rossetti, la Confesercenti di Piergiorgio Piccioli e la Federazione autotrasportatori di Antonio Petrogalli, la Lega cooperative di Magda Nassa e l’Unione provinciale agricoltori di Francesco Bettoni (rappresentato dal vice Sergio Visini).
Insieme per chiedere politiche di sviluppo concrete su «ricerca e innovazione - elenca Tamburini -, internazionalizzazione, nuovo rapporto imprese/banche, politica territoriale più vicina alle esigenze delle imprese, una politica energetica per dare iniezioni di competitività, formazione, infrastrutture, modernizzazione della pubblica amministrazione. Tutti d’accordo, su questo, uniti pure da un pressante invito a definire le priorità operative del dopo 25 gennaio, e «senza logiche di schieramento politiche».
Una convergenza così grande è un fatto nuovo - molti lo hanno sottolineato con soddisfazione - e sottende una determinazione a «fare sistema» e a «risolvere problemi che potrebbero minare l’economia tutta». Per ora gli «undici» non scendono troppo nel dettaglio ma si limitano a indicare «un punto di partenza per il dopo 25», dice Cipriano, da approfondire insieme a Comune di Brescia, Provincia, Regione, Università, Camera di commercio, insomma alle istituzioni protagoniste degli Stati generali. E soprattutto si muovono per evitare che tutto si riduca a parole come due anni fa, quando l’Aib di Bodini richiamò l’attenzione sul «rischio declino» che correva la provincia bresciana.
L’ANALISI DEGLI IMPRENDITORI.
Le associazioni economiche mettono in premessa la centralità dell’impresa, nella convinzione che la vocazione bresciana resti ancora quella manifatturiera e meccanica, che «ha ancora molto da dire sull’innovazione di prodotto e soprattutto di processo», ma non dimenticano le esigenze dell’agricoltura sulla produzione di energie pulite («biogas, bioetanolo, biodiesel», elenca Visini), dei costruttori impegnati nell’edilizia da risparmio energetico, dei trasportatori per l’autostrada per la Valtrompia, eccetera.
Innovazione, ad ogni modo, è la parola chiave. E il Centro servizi multisettoriale tecnologico (Csmt) prossimo venturo è l’occasione da cogliere al volo. «Potrebbe essere l’ulteriore colla che ci tiene insieme», ammette Tamburini. E precisa che «pur non avendone discusso nel dettaglio ne abbiamo sottolineato l’importanza strategica, con l’idea che i potenziali gestori istituzionali potrebbero lanciare l’avvio del Csmt e lungo il percorso aprire alla fondamentale sinergia pubblico/privato». E poi, «nessuno di noi vuole predominare - aggiunge - ma ritengo che la parte privata, portatrice dell’interesse e delle aspettative dell’impresa, debba essere presa in considerazione».
Le 11 pagine del documento, tuttavia, contengono di più. C’è una forte sollecitazione alla pubblica amministrazione a facilitare la vita delle aziende «con poche regole chiare e fatte rispettare», alle banche perchè «sostengano la crescita dimensionale delle imprese». E se la crisi investe il sistema-Paese, i destini dell’economia bresciana - ammettono gli «undici» - si giocano oltre che sull’innovazione pure su internazionalizzazione delle imprese e attrattività del territorio.
LE PROPOSTE. Da qui le proposte. Si chiedono politiche per favorire l’aggregazione fra imprese con incentivi fiscali, l'innovazione tecnologica con il Csmt e società di promozione e marketing, internazionalizzazione attraverso maggiori sinergie con enti nazionali (Ice, Sace, Simest), Regione e Camera di commercio. I rappresentanti dell’economia bresciana chiedono pure una «diversificazione delle fonti finanziarie e un rapporto più stabile tra banca e impresa», nonchè finanziamenti agevolati per innovazione, brevettazione e penetrazione nei nuovi mercati.
Per le politiche del territorio indicano la necessità di evitare irrigidimenti dei vincoli ambientali e di coinvolgere l’agricoltura nella politica energetica. Su lavoro e formazione propongono di innalzare complessivamente il livello di scolarità, attivare un sistema permanente di ricognizione delle figure professionali necessarie e intervenire di conseguenza sulle strutture formative, assicurando continuità di accesso alla formazione permanente.
Va da sè che nell’elenco ci sono pure le infrastrutture di trasporto, che «vanno ammodernate in tempi rapidi, diversificate e integrate». Ci sono il sistema logistico e la riqualificazione dei due poli fieristici. E alla pubblica amministrazione si chiede la semplificazione delle procedure, la ridefinizione delle attività dello sportello unico, la predisposizione di aree industriali e artigianali attrezzate. Il tutto, naturalmente, con l’impegno degli «undici» alla «più ampia disponibilità a collaborare».