D.LGS. N. 276/2003 - LAVORATORE AFFETTO
DA PATOLOGIE ONCOLOGICHE - CONSEGUENZE SUL RAPPORTO DI LAVORO - PERIODO DI
COMPORTO - INVALIDITÀ E SITUAZIONE DI HANDICAP GRAVE - DIRITTO AL LAVORO A
TEMPO PARZIALE
Il lavoratore affetto da
patologie oncologiche può trasformare il proprio rapporto di lavoro da tempo
pieno a tempo parziale, anche di tipo verticale, per rendere compatibile la
prestazione con la ridotta capacità lavorativa.
Ciò viene
evidenziato dal Ministero del lavoro nella circolare n. 40 del 22 dicembre
2005, passando in rassegna gli istituti posti a tutela dei lavoratori afflitti
da gravi patologie.
Il Ministero innanzitutto
sottolinea che l’articolo 2110 c.c. garantisce in caso di malattia, la
conservazione del posto di lavoro per un periodo minimo stabilito dalla legge o
dai contratti collettivi. Solo trascorso questo periodo, detto di comporto il
datore può recedere dal contratto di lavoro per giustificato motivo,
riconoscendo il periodo prescritto.
Il licenziamento intimato
per superamento del periodo di comporto, ma anteriormente alla scadenza di
questo, è nullo per violazione delle norme imperative in quanto il superamento
del periodo stesso costituisce una situazione autonomamente giustificatrice del
recesso, che deve pertanto sussistere prima della comunicazione di
licenziamento.
I contratti collettivi
prevedono talvolta un ulteriore periodo di comporto, che deve però essere
espressamente richiesto dal lavoratore e, seppure non retribuito, deve essere
giustificato, per l’intera durata, da regolare certificato medico.
Il calcolo del periodo di
comporto è regolato dai contratti collettivi. Il Ministero del lavoro considera
particolarmente significative le ipotesi di estensione del periodo di comporto
che tengono conto delle particolari esigenze dei lavoratori affetti da malattie
oncologiche, che spesso necessitano di un periodo di cure più lungo di quanto
la regola generale può prevedere.
A tal fine può essere utile
usufruire delle possibilità introdotte dall’art. 46 del Dlgs. n. 276/2003; si tratta del diritto, per il lavoratore
affetto da patologie oncologiche che comportino una ridotta capacità
lavorativa, di chiedere la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno
in rapporto a tempo parziale.
Si tratta di un diritto
soggettivo, a cui il datore di lavoro non può opporre
alcun rifiuto così come è tenuto a ritrasformare il rapporto di lavoro a tempo
pieno, su richiesta del lavoratore che, nel frattempo, abbia superato la crisi
o gli eventuali effetti invalidanti della terapia salvavita.
Ovviamente il datore di
lavoro potrà rappresentare le proprie esigenze organizzative nella scelta delle
modalità del part-time orizzontale, verticale o misto, dell’orario e della
distribuzione dello stesso.
Sono, comunque, prioritarie
le esigenze del lavoratore stante le finalità che la norma si pone, di tutela
della salute come bene primario.
Qualora la malattia
oncologica derivi da uno stato invalidante permanente, al lavoratore può essere
riconosciuta una situazione di invalidità se la riduzione della capacità
lavorativa non è inferiore a un terzo.
Se lo stato invalidante è
tale da essere ricondotto alla situazione di handicap grave riconosciuto
dall’apposita commissione medica di cui alla legge n. 104/92, ne derivano
particolari benefici, sia a favore del lavoratore che dei familiari.
Il lavoratore potrà,
infatti, godere di due ore al giorno di permesso
retribuito o, in alternativa, di permessi per tre giorni al mese.
Lo stesso diritto è
riconosciuto al familiare
che deve assisterlo nelle cure, secondo l’art. 33 della legge n. 104 del 1992.