APPALTI PUBBLICI
- ILLEGITTIMA
(Consiglio di Giustizia Amministrativa Regione
Siciliana, sentenza n. 589 del 05/09/2005)
E’ illegittima la clausola del bando di gara volta ad
escludere la re-sponsabilità della stazione appaltante per i vizi del progetto,
costi-tuendo l’appaltatore – sine nulla causa – garante della completezza,
correttezza e esattezza del contenuto degli elaborati progettuali, in quanto
viola l’art. 1229 del codice civile nonché il principio di buon andamento
dell’azione amministrativa.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per
. . . omissis .
. .
FATTO
Vengono in decisione gli appelli indicati in epigrafe,
proposti avverso la due sentenze ivi indicate, ambo le quali hanno accolto
ricorsi relativi alla medesima gara, bandita dalla Provincia di Siracusa per
l’affidamento dei lavori di “manutenzione straordinaria della strada regionale
n. 8 Pachino-Maucini”.
Il T.A.R. di Catania, in particolare, ha accolto il
ricorso proposto dall’Associazione provinciale degli industriali di Siracusa -
Sezione costruttori edili, nonché dalla ditta Cori s.r.l.,
per l’annullamento integrale del relativo bando di gara. Il T.A.R. di Palermo -
la cui competenza territoriale è stata oggetto di contestazioni, disattese in
primo grado per motivi di rito, e della cui riproposizione in appello si dirà
oltre ha invece accolto il ricorso della società Verga contro l’aggiudicazione
all’Impresa Testa. La decisione del T.A.R. di Catania è stata appellata
dall’impresa Testa, aggiudicataria, nonché dall’impresa Verga che ritiene di
aver titolo a conseguire l’aggiudicazione in base alla sentenza del T.A.R. di
Palermo (con atto che si afferma, alternativamente, qualificabile come
opposizione di terzo); quella del T.A.R. di Palermo è stata invece appellata
dall’impresa Testa e dalla Provincia di Siracusa.
All’odierna udienza le cause sono state trattenute in
decisione.
DIRITTO
1 - Gli appelli di cui in epigrafe - a coppie relativi
alla medesima sentenza e soggetti pertanto ad almeno due riunioni obbligatorie
ai sensi dell’art. 335 del cod.proc.civ. - possono
essere opportunamente tutti riuniti, perché relativi alla stessa vicenda
amministrativa e perciò reciprocamente fortemente connessi, secondo quanto si
preciserà oltre.
2 - Sono logicamente pregiudiziali gli appelli n. 996
e n. 1293.
Entrambi tali appelli contestano la legittimazione dei
ricorrenti in primo grado nel giudizio definito dal T.A.R. di Catania, nonché
la fondatezza del relativo ricorso di primo grado.
Nella specie, in prime cure era stato impugnato il
bando di gara, di cui alla narrativa in fatto che precede, per la presenza, in
esso, di una clausola viziata, con cui si richiedeva ai partecipanti, a pena di
esclusione, di rendere “una dichiarazione attestante: … b) di avere
attentamente esaminato gli elaborati progettuali dei lavori da appaltare e di
ritenerli assolutamente chiari, completi ed adeguati per l’esatta esecuzione
delle opere rinunciando, di conseguenza, e-spressamente a potere lamentare
danni e richiedere indennizzi, in qualunque tempo, modo e sede ed a qualsiasi
titolo in conseguenza di deficienze progettuali presunte o anche che dovessero
risultare vere”.
La sentenza di primo grado, accogliendo il ricorso, ha
annullato il bando; essa ha altresì affermando che “l’annullamento del bando di
gara determina altresì la caducazione di tutti gli atti successivi della
procedura, con conseguente improcedibilità, per sopravvenuta carenza di
interesse, dei ricorsi” che ulteriori ditte avevano proposto contro l’esito
della stessa gara: tale ultimo capo di sentenza non è stato peraltro appellato,
né dalle imprese i cui ricorsi sono stati dichiarati improcedibili, né da
quelle odiernamente appellanti che, pur avendovi accennato, non hanno però
proposto, sul punto, motivi di gravame.
La sentenza, per quanto devoluto all’esame di questo
Consiglio dagli appelli proposti, è meritevole di integrale conferma anche in
riferimento al suo contenuto motivazionale.
3 - I motivi di gravame volti a contestare la
legittimazione degli originari ricorrenti sono infondati.
La sussistenza, in capo alla ricorrente associazione
di categoria, della legittimazione a ricorrere avverso l’indicata clausola di
bando è dimostrata - quantomeno - dalla clausola statutaria in forza della
quale
È in proposito indubitabile la sussistenza
dell’interesse (categoriale) di tutti gli associati a contrastare l’inserzione,
nei bandi di gara pubblicati dalle varie amministrazioni, di clausole
(illegittime) del genere di quella sopra trascritta (c.d. clausola
tagliariserve). Né vale obiettare, come sostengono gli appellanti, che si sia
in presenza di un interesse disomogeneo tra gli associati, in quanto confliggente
con quello di coloro, tra essi, che abbiano egualmente voluto partecipare alla
gara e, più in particolare, del relativo vincitore.
Al contrario, l’interesse ad eliminare da questo bando (e da ogni
altro) una clausola che ha per effetto di azzerare la responsabilità della
stazione appaltante per fatto proprio risulta, ictu oculi, assolutamente
omogeneo tra tutti gli industriali, ivi inclusi quelli che abbiano partecipato
alla gara nonostante tale previsione.
A detta omogeneità di interesse si sottrae, ma per
motivi di natura evidentemente contingente che nulla hanno a che vedere con gli
interessi generali della categoria, solo quello dell’impresa aggiudicataria, il
cui obiettivo primario è quello di conservare, a qualsiasi costo, la conseguita
aggiudicazione. Epperò anche la ditta aggiudicataria, al di fuori della cennata
contingenza, è compartecipe dell’interesse categoriale che la clausola
controversa non sia inserita in altri bandi successivi: il che convince
definitivamente che l’interesse per la cui tutela l’associazione ha agito è,
oggettivamente, proprio di tutti gli associati.
La circostanza - del tutto contingente, come si è
visto - che una o, in ipotesi, più ditte possano, in concreto, avere un
interesse soggettivo contrastante con quello generale della categoria non è
perciò idonea a privare l’associazione di categoria della legittimazione al
ricorso in sede giurisdizionale amministrativa a tutela della legittimità dei
bandi di gara in contrasto con l’oggettivo interesse di tutte le ditte
associate.
Sicchè nessun dubbio residua circa la legittimazione
della associazione ricorrente in prime cure a proporre l’impugnativa de qua.
Resta da dire (ma senza più alcuna incidenza sulla
conservazione della sentenza gravata) della legittimazione della ditta Cori s.r.l., coricorrente in prime cure: il Collegio ritiene che
anche tale ditta, in quanto operante nel settore, era legittimata ad impugnare
un bando di gara ritenuto illegittimo
per la presenza di una clausola, giudicata inaccettabile, pur senza
presentare una domanda inequivocabilmente destinata ad incorrere in un’espressa
comminatoria di esclusione.
4 - Parimenti infondati sono i motivi con cui gli
appelli in esame censurano nel merito la sentenza di prime cure.
Il tenore letterale della clausola controversa è stato
sopra trascritto.
Essa, come esattamente rilevato ed argomentato dalla
sentenza di primo grado, viola, fra l’altro, l’art. 1229 del codice civile,
nonché il principio di buon andamento dell’azione amministrativa, in quanto dà
luogo a un esonero assoluto di responsabilità della stazione appal-tante per i
vizi del progetto, costituendo l’appaltatore - sine ulla causa - garante della
correttezza, completezza ed esattezza del contenuto degli elaborati
progettuali.
Del tutto diverso da quello della c.d. clausola
“tagliariserve”, di cui trattasi, è il contenuto dell’art. 71, comma 2, del
D.P.R. 21.12.1999, n. 554, invocato dagli appellanti a giustificazione della
legittimità della previsione del bando.
Detta norma regolamentare, infatti, appare
legittimamente limitata a richiedere al partecipante alla gara l’attestazione
di aver esaminato il progetto, di aver visionato i luoghi, di aver preso
conoscenza di ogni altra circostanza e di ritenere i lavori realizzabili, il
progetto adeguato e remunerativo il prezzo offerto.
È ovvio che in detta attestazione non è insita alcuna
rinunzia del concorrente ai diritti contrattuali che, in caso di
aggiudicazione, po-trebbero derivargli per fatto e colpa di controparte,
essendo i modesti obblighi (c.d. di protezione) che egli si assume ricompresi
in quelli generali che già gli sono imposti dall’esecuzione del contratto
secondo buona fede (art. 1375 cod. civ.); mentre restano a carico della
stazione appaltante tutte le conseguenze delle eventuali deficienze progettuali
che dovessero risultare provate.
L’illegittimità della clausola prevista nel bando in
esame consegue, al contrario, proprio alla sua specifica natura di norma
(pattiziamente imposta all’offerente come condizione per la sua partecipante
alla gara) limitativa o, come nella specie, del tutto esclusiva della
respon-sabilità contrattuale dell’appaltante per fatto proprio (quale
indubbiamente è la imperfetta redazione degli elaborati progettuali).
5 - Alla stregua di quanto fin qui detto, i due
ricorsi esaminati devono essere respinti: ne consegue il passaggio in giudicato
dell’appellata sentenza del T.A.R. di Catania tra tutte le parti di quel
giudizio, nonché nei confronti dell’impresa Verga, qui appellante o, comunque,
opponente di terzo avverso detta decisione.
La statuizione riverbera i propri effetti sugli altri
due appelli in epigrafe, proposti avverso la sentenza del T.A.R. di Palermo: in
forza del passaggio in giudicato, tra le stesse parti di quest’ultima, della
statuizione di annullamento del bando di gara e di “caducazione di tutti gli
atti successivi della procedura” medesima - che dovrà, perciò, essere ripetuta
dall’inizio - è definitivamente venuto meno lo stesso provvedimento di
aggiudicazione impugnato davanti al Tribunale del capoluogo, con conseguente
sopravvenuto difetto di interesse del ricorso ivi proposto in primo grado
dall’impresa Verga.
Per l’effetto, questo Consiglio, pronunciando sui
relativi appelli, deve annullare senza rinvio la sentenza del T.A.R. Palermo,
dichiarando il sopravvenuto difetto di interesse al relativo ricorso di primo
grado: resta ovviamente assorbita ogni questione riproposta con detti gravami,
ivi inclusa quella relativa alla competenza territoriale sollevata dalla
Provincia di Siracusa.
6 - In conclusione, previa riunione di tutti gli
appelli in epigrafe, devono essere respinti quelli avverso la sentenza del
T.A.R. Catania e, pronunziando su quelli avverso la sentenza del T.A.R. di
Palermo, deve disporsi l’annullamento senza rinvio di quest’ultima dandosi atto
del sopravvenuto difetto di interesse al relativo ricorso di primo grado.
7 - Sussistono comunque giusti motivi, in relazione
alla specificità della complessiva vicenda, per disporre l’integrale
compensazione delle spese del presente grado del giudizio per gli appelli
avverso la sentenza del T.A.R. Catania, e del doppio grado per gli altri due.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia amministrativa per
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall’Autorità amministrativa.
Depositata in segreteria il 5 settembre 2005