FINANZIARIA
2006 - RIVALUTAZIONE DEI BENI D’IMPRESA E DELLE AREE
EDIFICABILI
(L. 23/12/05, n. 266, art. 1 commi 469-476)
In attesa degli specifici chiarimenti ministeriali,
pubblichiamo un primo approfondimento dell’ANCE sulla riapertura dei termini
per la rivalutazione dei beni e delle aree edificabili delle imprese.
Tenuto conto dell’importanza che riveste questa
misura, in termini, sia di stimolo a nuovi e incisivi interventi di
riqualificazione urbana (spesso ostacolati dal prelievo fiscale connesso alle
plusvalenze realizzate all’atto di immissione degli immobili nel ciclo
produttivo), sia di adeguamento dei valori
patrimoniali dei bilanci delle imprese (anche in vista dell’entrata dei nuovi
criteri di rating previsti da Basilea 2), si ritiene utile fornire una prima
illustrazione delle disposizioni agevolative, in attesa dell’emanazione dei
chiarimenti ministeriali.
A tal fine, si ritiene comunque opportuno richiamare
alcune delle precisazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria in occasione
delle precedenti norme di rivalutazione, tenuto conto che le disposizioni
attualmente in vigore rinviano, in quanto compatibili, alle previsioni
normative della legge 342/2000, nonchè (art.1, comma 476) ai decreti ministeriali attuativi,
D.M. 13 aprile 2001, n.162 e D.M. 19 aprile 2002, n.86 (quest’ultimo emanato in occasione della riapertura dei
termini disposta dalla legge 448/2001).
Indice
1. Rivalutazione generale dei beni d’impresa
1.1 Soggetti ammessi
1.2 Beni rivalutabili e condizioni di applicabilità
1.3 Imposta sostitutiva: aliquote e versamento
1.4 Decorrenza degli effetti fiscali
1.5 Aspetti contabili: il saldo attivo
1.5.1 L’affrancamento del saldo attivo
2. Rivalutazione specifica delle aree edificabili e di
risulta
2.1 Aree rivalutabili e modalità applicative
2.1.1 Condizione di applicabilità
2.2 Imposta sostitutiva: aliquota e versamento
2.3 Decorrenza degli effetti fiscali e principali
questioni applicative
1. Rivalutazione generale
dei beni d’impresa
L’art. 1, comma 469, prevede che la rivalutazione dei
beni d’impresa, di cui alla Sezione II, del Capo I, della
legge 342/2000, si applichi ai beni risultanti dal bilancio relativo
all’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2004.
Vengono, così, riaperti i termini per effettuare, in via
facoltativa, la rivalutazione dei beni d’impresa prevista dalla legge 342/2000
(già precedentemente oggetto di proroghe e di riaperture dei termini), con il
versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sul reddito e dell’IRAP.
L’attuale rivalutazione generale presenta alcune
rilevanti differenze rispetto alla precedente, relative:
- alle aliquote dell’imposta sostitutiva, attualmente
pari al 6% per i beni non ammortizzabili ed al 12% per quelli ammortizzabili e
fissate, invece, dalla legge 342/2000 rispettivamente al 15% ed al 19%. La
misura ridotta del regime sostitutivo ora applicabile, rispetto a quello
precedente, contribuisce sicuramente a rendere più vantaggiosa l’attuale
rivalutazione;
- alla decorrenza degli effetti fiscali della
rivalutazione che, nella legge Finanziaria di quest’anno, è spostata al terzo
esercizio successivo a quello con riferimento al quale la stessa è effettuata (in
sostanza dal 2008). A differenza di quanto detto per le aliquote dell’imposta
sostitutiva, sotto questo profilo, l’attuale facoltà appare molto meno
vantaggiosa, in quanto la legge 342/2000 attribuiva efficacia fiscale immediata
alla rivalutazione.
1.1 Soggetti ammessi
La norma non esplicita quali siano i soggetti ammessi
alla rivalutazione. Tuttavia, il richiamo alla legge 342/2000
si ritiene idoneo a confermare l’ambito soggettivo dell’agevolazione già da
quest’ultima delineato nella precedente disposizione di rivalutazione (in
particolare, dagli artt.10 e 15, della stessa legge
342/2000).
Tenuto conto di ciò e di quanto precisato sul punto
dall’Amministrazione Finanziaria con
- società di capitali (società per azioni, società in
accomandita per azioni, società a responsabilità limitata);
- società di persone (società in nome collettivo e
società in accomandita semplice) e società ad esse
equiparate ai sensi dell’art. 5 del TUIR-DPR 917/1986;
- enti pubblici e privati diversi dalle società, che
hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali e
soggetti equiparati;
- enti pubblici e privati diversi dalle società, che
non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività
commerciali, per i beni relativi all’attività commerciale esercitata;
- persone fisiche che svolgono attività produttiva di
reddito d’impresa (ai sensi dell’art. 55 del TUIR-DPR 917/1986), per i beni
relativi all’attività commerciale esercitata;
- società ed enti di ogni tipo nonchè persone fisiche
non residenti, relativamente alle stabili organizzazioni situate nel territorio
stesso.
Diversamente, risultano esclusi i soggetti che
determinano il reddito su base forfetaria e le società semplici (C.M.
5/E/2001).
1.2 Beni rivalutabili e
condizioni di applicabilità
Tenuto conto dell’ambito oggettivo della precedente
norma agevolativa, si può affermare che anche l’attuale rivalutazione generale
sia ammessa per tutti i beni materiali ed immateriali relativi all’impresa,
purché iscritti tra le immobilizzazioni nel bilancio relativo all’esercizio in
corso al 31 dicembre 2004.
In quest’ambito, l’unica differenza riguarda l’attuale
esclusione dalla rivalutazione generale delle aree edificabili, ammesse
comunque alla specifica rivalutazione con aliquota del 19%, più avanti
illustrata.
Sono ammessi, quindi, alla rivalutazione generale:
- i fabbricati strumentali (es. opifici), iscritti in
bilancio tra le immobilizzazioni materiali (non destinati alla vendita);
- i fabbricati non strumentali (es. case di
abitazione), iscritti in bilancio tra le immobilizzazioni materiali (non
destinati alla vendita);
- gli impianti, i macchinari, le attrezzature
industriali (immobilizzazioni materiali);
- le immobilizzazioni immateriali, costituite da beni
consistenti in diritti giuridicamente tutelati (es. marchi e brevetti, diritti
di concessione, etc.);
- le partecipazioni in società controllate o collegate
(ai sensi dell’art. 2359 Codice Civile), sempre che costituiscano
immobilizzazioni.
Anche un’impresa che svolge attività di gestione
immobiliare può rivalutare i fabbricati dalla stessa posseduti e concessi in
locazione, purché iscritti in bilancio tra le immobilizzazioni (C.M. 5/E/2001).
Inoltre, possono essere oggetto di rivalutazione anche
i beni già completamente ammortizzati (art. 2, commi 1 e 3, D.M. 162/2001).
Non possono invece, in generale, essere rivalutati:
- i beni merce (ossia i beni alla cui produzione o
scambio è diretta l’attività, per esempio il magazzino delle imprese edili);
- l’avviamento, i costi pluriennali, i beni monetari
(es. crediti, obbligazioni etc.);
- le aree fabbricabili non ancora edificate, o
risultanti tali a seguito della demolizione degli edifici esistenti, sia se
iscritte tra le immobilizzazioni, sia costituenti beni merce (ossia destinate
alla vendita), in quanto ammesse alla specifica rivalutazione più avanti
illustrata.
La rivalutazione deve avvenire nel bilancio, o
rendiconto, relativo all’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre
2004, per il quale il termine di approvazione scade dopo il 1° gennaio 2006
(data di entrata in vigore della legge 266/2005 - finanziaria
2006). In sostanza, in caso di esercizio coincidente con l’anno solare,
la stessa deve essere eseguita nel bilancio relativo
all’esercizio 2005 (da approvare entro aprile 2006 o, in caso di
proroga, entro giugno 2006).
Queste, inoltre, le condizioni di applicabilità
dell’agevolazione che sono state esplicitate dal D.M. 162/2001 e che, si
ritiene, devono essere rispettate anche con riferimento all’attuale
rivalutazione:
- i beni rivalutabili devono risultare iscritti tra le
immobilizzazioni nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre
2004 ed in quello successivo, nel quale la rivalutazione è eseguita (art. 2,
D.M. 162/2001);
- la rivalutazione non può essere eseguita per singoli
cespiti, ma deve riguardare tutti i beni appartenenti alla stessa categoria
omogenea (art.4, D.M. 162/2001). A tal fine, per
categorie omogenee si intendono:
- azioni o quote raggruppate per natura;
- beni materiali ammortizzabili, diversi dagli
immobili e dai beni mobili registrati, raggruppati per anno di acquisizione e
coefficiente di ammortamento (ai sensi del D.M. 31 dicembre 1988);
- beni immateriali singolarmente;
- beni mobili registrati, distinti in aeromobili,
veicoli, navi ed imbarcazioni;
- beni immobili, distinti in:
-
aree non edificabili;
- fabbricati non strumentali;
- fabbricati strumentali per destinazione (ossia
effettivamente utilizzati nell’esercizio dell’attività, ai sensi dell’art. 43, comma 2, primo periodo, del TUIR-DPR
917/1986);
- fabbricati strumentali per natura (ossia quelli non
suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, ai sensi dell’art. 43, comma 2, secondo periodo del TUIR - DPR
917/1986). Si tratta, in sostanza, dei fabbricati classificati nelle categoria catastale A/10 - uffici e studi privati o
nei gruppi B - unità immobiliari per uso di alloggio collettivo, C - unità a
destinazione ordinaria commerciale e varie, D - immobili a destinazione
speciale (es. opifici e fabbricati industriali) ed E - immobili a destinazione
particolare.
In tal ambito, è stato precisato (C.M. 57/E/2001) che
un bene strumentale per natura, che sia anche impiegato nello svolgimento
dell’attività da parte dell’impresa proprietaria (cioè che sia strumentale
anche per destinazione, es. un ufficio di fatto utilizzato come tale
dall’impresa) deve essere raggruppato nella categoria dei fabbricati
strumentali per destinazione.
I requisiti di appartenenza alle categorie omogenee
vanno verificati alla data della chiusura del bilancio nel quale la
rivalutazione è stata eseguita (C.M. 57/E/2001), quindi, in caso di esercizio
coincidente con l’anno solare, al 31 dicembre 2005 (ferma restando comunque la
collocazione tra le immobilizzazioni nel bilancio relativo all’esercizio 2004).
Nel caso in cui dovessero
essere oggetto di rivalutazione, non tutti, ma solo alcuni dei beni
appartenenti alla stessa categoria omogenea, vengono disconosciuti gli effetti
fiscali della rivalutazione (C.M. 57/E/2001).
- il valore attribuito ai singoli beni, a seguito della
rivalutazione, non può risultare in nessun caso superiore
(art. 11, comma 2, legge 342/2000 e art. 6, D.M. 162/2001) al:
- valore realizzabile nel mercato, tenuto conto dei
prezzi di mercato e delle quotazioni di borsa;
- maggior valore che può essere fondatamente
attribuito in base alla valutazione della capacità produttiva;
- maggior valore che può essere fondatamente
attribuito in base alla valutazione della possibilità di utilizzazione
economica nell’impresa.
Deve, inoltre, essere utilizzato un unico criterio
(tra quelli appena elencati) per i beni appartenenti alla stessa categoria
omogenea (art. 4, comma 8, D.M. 162/2001).
1.3 Imposta sostitutiva:
aliquote e versamento
Circa il costo della rivalutazione generale, il comma
471 prevede il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi
(IRES/IRPEF) e dell’IRAP, da applicare sul maggior valore attribuito ai beni,
con aliquota pari al:
- 6% per i beni non ammortizzabili;
- 12% per i beni ammortizzabili.
L’imposta sostitutiva deve necessariamente essere
versata in un’unica soluzione, entro il termine di versamento del saldo delle
imposte sul reddito relative al periodo d’imposta in cui la rivalutazione è
eseguita (per la maggior parte dei soggetti, quindi, entro il 20 giugno 2006).
Da evidenziare che, nell’ambito della precedente
rivalutazione, l’art.12 della legge 342/2000 ha
previsto che l’imposta sostitutiva da versare può essere oggetto di
compensazione, ai sensi del D.Lgs. 241/1997, ed è indeducibile. La norma
attuale (comma 471) non dispone niente al riguardo, limitandosi a definire la
misura delle aliquote e la scadenza per il versamento della medesima imposta.
Tuttavia, anche per questa rivalutazione, dovrebbero trovare applicazione le
citate disposizioni dell’art. 12 della legge 342/2000.
1.4 Decorrenza degli effetti fiscali
Per espressa previsione normativa (art. 1, comma 470),
gli effetti fiscali delle rivalutazione generale, ai
fini delle imposte sul reddito (IRES/IRPEF) e dell’IRAP, decorrono dal terzo
periodo d’imposta successivo a quello con riferimento al quale la medesima è
eseguita (in sostanza dal
Ciò implica che, sia gli ammortamenti, sia le
plusvalenze (o minusvalenze) realizzate con l’eventuale vendita dei cespiti,
potranno essere calcolati sul valore rivalutato degli stessi solo a decorrere
dal 2008.
Nell’ipotesi di cessione dei beni prima di tale data,
le relative plusvalenze devono essere calcolate tenendo conto del costo degli
stessi prima della rivalutazione e, in questo caso, dovrebbe trovare
applicazione l’art. 3, comma 3, del D.M. 86/2002 che, riguardo alle precedenti
norme agevolative (L. 448/2001), ha stabilito che, al
soggetto che ha eseguito la rivalutazione, è attribuito un credito d’imposta
(ai fini delle imposte sul reddito) pari all’ammontare dell’imposta sostitutiva
pagata (ora 6% o 12%) riferibile ai beni ceduti.
1.5 Aspetti contabili: il saldo attivo
Contabilmente, l’operazione di rivalutazione dà luogo
ad un saldo attivo, costituito dall’importo iscritto nel passivo del bilancio
come contropartita dei maggiori valori attribuiti ai beni che, al netto
dell’imposta sostitutiva, deve essere imputato al capitale o accantonato in
un’apposita riserva, con esclusione di ogni diversa
utilizzazione (art. 13, comma 1, legge 342/2000).
Nel caso in cui il saldo attivo venga
attribuito ai soci (mediante riduzione della riserva o del capitale sociale o
del fondo), lo stesso, aumentato dell’imposta sostitutiva, concorre a formare
il reddito imponibile della società che ha eseguito la rivalutazione (art. 13,
comma 3, legge 342/2000). In tal caso, alla medesima società spetta un credito
d’imposta, ai fini delle imposte sui redditi, pari all’ammontare dell’imposta
sostitutiva pagata (6% o 12%).
Il medesimo importo distribuito, inoltre, verrà tassato, ai fini delle imposte sul reddito, in capo ai
soci, quale utile percepito dagli stessi (quindi, per un ammontare pari al 5%
se il socio è un soggetto IRES, ovvero per il 40% del relativo ammontare, se il
percettore è un soggetto IRPEF esercente attività commerciale. Per i soci non
esercenti attività commerciale, la tassazione avverrà sul 40% dell’ammontare
percepito se la partecipazione alla società è qualificata, o sul 100%, ma con
l’aliquota del 12,50%, in caso di partecipazione non qualificata).
In occasione della precedente riapertura dei termini
della rivalutazione, prevista dalla legge 448/2001 (che spostava gli effetti
fiscali della stessa al secondo periodo d’imposta successivo), nonchè dal relativo Decreto Ministeriale di attuazione 86/2002,
l’Agenzia delle Entrate ha affrontato, tra l’altro, le conseguenze relative:
(a) all’utilizzo della riserva prima della decorrenza
fiscale della rivalutazione.
Al riguardo, l’art. 4, comma 3, del D.M. 86/2002 ha
previsto che, in caso di distribuzione del saldo ai soci prima della decorrenza
fiscale della rivalutazione, lo stesso concorre alla
determinazione della base imponibile della società e, in deroga al principio di
differimento degli effetti fiscali, il maggior valore attribuito ai beni a
seguito della rivalutazione viene riconosciuto fiscalmente a decorrere dalla
medesima data.
In sostanza, in tal caso, l’attribuzione ai soci del
saldo attivo, concorrendo al reddito imponibile della società, “libera” i maggior valori iscritti sui beni rivalutati, per cui
questi ultimi sono riconosciuti fiscalmente a partire dall’inizio del periodo
d’imposta nel quale il saldo attivo distribuito ha concorso al reddito (C.M.
57/E/2002, par. 3.6 e 3.7). Nell’ipotesi di distribuzione parziale della
riserva, il riconoscimento fiscale dei maggior valori opera sino a concorrenza
degli importi attribuiti ai soci ed il contribuente dovrà indicare i beni per i
quali opera tale riconoscimento.
Diversamente, in caso di utilizzo del saldo a
copertura di perdite anche prima della decorrenza degli effetti fiscali della
rivalutazione, lo stesso non concorre alla determinazione del reddito
imponibile della società, per cui non si verifica
l’anticipazione del riconoscimento fiscale dei maggiori valori attribuiti ai
beni (C.M. 57/E/2002, par. 3.7);
(b) alla cessione del bene rivalutato effettuata nel
periodo di “sospensione” dell’efficacia tributaria della rivalutazione e gli
effetti che si producono sul saldo attivo.
In questo caso, la plusvalenza (o minusvalenza) che si
determina a seguito della vendita del bene deve essere determinata avuto
riguardo al costo dello stesso prima della rivalutazione e spetta alla società
un credito d’imposta pari all’ammontare dell’imposta sostitutiva pagata per la
rivalutazione. Contestualmente, la parte di riserva di rivalutazione riferibile
al bene ceduto viene “liberata” fiscalmente, per cui
nel caso in cui sia attribuita ai soci non concorre alla formazione del reddito
imponibile della società (C.M. 9/E/2002).
Su tali questioni, si attendono comunque i necessari
chiarimenti ministeriali, volti a precisare l’applicabilità di tali
disposizioni anche all’attuale rivalutazione.
1.5.1 L’affrancamento del saldo attivo
L’art. 1, comma 472, prevede la possibilità di affrancamento, in tutto o
in parte, del saldo attivo che si genera a seguito della rivalutazione
generale, mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sul
reddito e dell’IRAP, pari al 7%.
Con l’affrancamento del saldo attivo, la società ha la
facoltà di “liberare” fiscalmente la riserva che si genera a seguito della
rivalutazione, evitando così che tale ammontare, se distribuito, concorra nei modi ordinari alla determinazione del proprio
reddito imponibile da assoggettare all’aliquota IRES del 33%, o all’aliquota
marginale IRPEF.
A seguito dell’affrancamento, infatti, l’attribuzione
ai soci del saldo attivo non genera più materia imponibile per la società, alla
quale non spetta comunque il credito d’imposta pari all’imposta sostitutiva
versata per la rivalutazione (6% o 12%). Resta ferma, in ogni caso, la
tassazione in capo ai soci della relativa attribuzione del saldo attivo, quale
utile percepito.
L’imposta sostitutiva del 7% deve essere
obbligatoriamente versata in tre rate annuali, senza interessi, entro il
termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi, rispettivamente
secondo i seguenti importi:
- 10% nel 2006,
- 45% nel 2007,
- 45% nel 2008.
Circa le modalità applicative, il citato comma 472
della legge 266/2005 fa rinvio, in quanto compatibili, alle disposizioni di cui
all’art. 1, commi 475, 477 e 478, della legge 311/2004
(Finanziaria 2005), che ha previsto la possibilità di affrancamento di
alcune riserve in sospensione d’imposta, tra cui anche il saldo attivo relativo
alla rivalutazione disciplinata dalla legge 342/2000.
Tale rinvio normativo dovrebbe rendere applicabili,
anche all’attuale affrancamento, i chiarimenti forniti dall’Amministrazione
finanziaria con
In base agli attuali termini, ciò dovrebbe implicare
la possibilità di distribuire le riserve da rivalutazione già a partire dal 1°
gennaio 2006, versando l’imposta sostitutiva (per il 10%) entro il 20 giugno
Tenuto conto, però, che nella precedente norma di
affrancamento l’imposta sostitutiva doveva essere
versata in un’unica soluzione, è necessario che l’Amministrazione finanziaria
confermi l’applicabilità dei suddetti chiarimenti, considerato che la norma
attuale impone, invece, il pagamento rateale dell’imposta sostitutiva del 7%.
Ulteriori chiarimenti ministeriali sono attesi in
merito agli effetti che l’affrancamento del saldo attivo produce sulla
decorrenza dell’efficacia fiscale della rivalutazione, tenuto conto che, come
visto in precedenza, la distribuzione del saldo, con la conseguente ordinaria
imposizione fiscale dello stesso, potrebbe comportare un’anticipazione del
riconoscimento tributario dei maggiori valori attribuiti ai beni a seguito
della rivalutazione.
In assenza di disposizioni normative specifiche e in attesa delle precisazioni amministrative, si ritiene che
affrancamento e rivalutazione abbiano una differente efficacia fiscale, per cui
risulterebbe possibile distribuire le riserve affrancate senza che i relativi
importi siano assoggettati a tassazione per la società già dal 2006, mentre
rimarrebbe comunque ferma l’efficacia fiscale della rivalutazione a decorrere
dal 2008.
Sul punto tuttavia sono necessari specifici
chiarimenti ministeriali, tenuto conto anche del fatto che, per la prima volta,
la stessa disposizione normativa prevede contestualmente, sia la possibilità di
rivalutare i beni d’impresa, sia la facoltà di procedere all’affrancamento dei
saldi attivi che si generano a seguito della stessa.
2. Rivalutazione specifica delle aree edificabili e di
risulta
L’art. 1, commi 473-476, della legge 266/2005, prevede
una specifica rivalutazione delle aree edificabili, ancorché di risulta, iscritte, sia tra le immobilizzazioni che tra i
“beni merce”, nel bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre
Rispetto alla rivalutazione generale dei beni
d’impresa, quella specifica delle aree edificabili presenta alcune rilevanti
differenze relative a:
- beni rivalutabili;
- condizione di applicabilità;
- aliquota dell’imposta sostitutiva (in questo caso
pari al 19%) e modalità di versamento;
- decorrenza fiscale.
Resta fermo, invece, tra l’altro, quanto già detto con
riferimento ai soggetti ammessi alla rivalutazione, tenuto conto che il citato
comma 473 fa esplicito riferimento, in quanto compatibili, alle disposizioni di
cui agli articoli 10-15 della legge 342/2000 ed il comma 476 rinvia, anche per
questa rivalutazione, ai decreti ministeriali attuativi 162/2001 e 86/2002.
Risultano, quindi, ammessi anche a
questa rivalutazione tutti i titolari di reddito d’impresa, a
prescindere dalla forma giuridica assunta (sempre con l’eccezione delle società
semplici) e dal regime contabile adottato (ordinario o semplificato).
2.1 Aree rivalutabili e modalità
applicative
Possono essere oggetto di questa specifica
rivalutazione «le aree fabbricabili non ancora edificate, o risultanti tali a
seguito della demolizione degli edifici esistenti, incluse quelle alla cui
produzione o scambio è diretta l’attività d’impresa» (comma
473).
Tali beni devono risultare dal bilancio relativo
all’esercizio in corso al 31 dicembre 2004 o, per i soggetti in contabilità
semplificata, dal registro cespiti e dai registri tenuti ai fini dell’IVA (di
cui, rispettivamente, agli artt.16 e 18, del D.P.R.
600/1973) e, come per quella generale, la rivalutazione va eseguita nel
bilancio successivo (quindi, per i soggetti con esercizio coincidente con
l’anno solare, nel bilancio relativo all’esercizio 2005).
Nell’attesa di specifici chiarimenti ministeriali
circa l’individuazione della data in cui l’area fabbricabile deve risultare
“non ancora edificata”, o in cui deve essere avvenuta l’eventuale demolizione
del fabbricato esistente, si segnala che
Tenuto conto di ciò e di quanto espresso a livello normativo dal citato comma 473, dovrebbero essere
ammesse a questa specifica rivalutazione le seguenti aree, risultanti dal
bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2004:
- aree fabbricabili, non ancora edificate alla data di
chiusura del bilancio in cui la rivalutazione è eseguita (ossia, per la
generalità dei casi, al 31 dicembre 2005), iscritte tra le immobilizzazioni;
- aree edificabili, non ancora edificate alla data di
chiusura del bilancio in cui la rivalutazione è eseguita (ossia, per la
generalità dei casi, al 31 dicembre 2005), iscritte tra i beni merce;
- aree su cui insiste un fabbricato da demolire,
iscritto tra le immobilizzazioni, purché la demolizione avvenga entro il
termine di approvazione del bilancio 2005 (ossia entro aprile
2006 o, in caso di proroga, entro giugno 2006);
- aree su cui insiste un fabbricato da demolire, iscritto
tra i beni merce, purché la demolizione avvenga entro il termine di
approvazione del bilancio 2005 (ossia entro aprile 2006
o, in caso di proroga, entro giugno 2006).
Sul punto, si attendono comunque i necessari
chiarimenti ministeriali.
In ogni caso, anche per questa fattispecie, la norma
prevede l’obbligo di procedere alla rivalutazione di tutte le aree appartenenti
alla stessa categoria omogenea. A tal fine, le categorie omogenee sono
individuate in funzione della destinazione urbanistica dei medesimi terreni
(comma 473).
Dovrebbe trovare, quindi, applicazione
quanto stabilito al riguardo dal Decreto Ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444,
che individua (all’art. 2) le seguenti zone territoriali omogenee:
- Zona A: parti del territorio interessate da
agglomerati urbani che rivestono carattere storico-artistico;
- Zona B: parti del territorio, diverse dalle
precedenti, totalmente o parzialmente edificate (con superficie coperta non
inferiore al 12,5% della superficie fondiaria della zona e nelle quali la
densità territoriale sia superiore a 1,5 mc/mq);
- Zona C: parti del territorio destinate a nuovi
complessi insediativi, che risultino inedificate, o nelle quali l’edificazione
preesistente non raggiunga i limiti di superficie e
densità della zona B;
- Zona D: parti del territorio destinate a nuovi
impianti industriali o ad essi assimilati;
- Zona E: parti del territorio destinate ad usi
agricoli;
- Zona F: parti del territorio destinate ad
attrezzature e impianti di interesse generale.
Contabilmente, anche la rivalutazione delle aree dà
luogo ad un saldo attivo, costituito dall’importo iscritto nel passivo del
bilancio come contropartita dei maggiori valori alle stesse
attribuiti che, al netto dell’imposta sostitutiva (pari in questo caso
al 19%), deve essere imputato al capitale o accantonato in un’apposita riserva,
con esclusione di ogni diversa utilizzazione (art. 13, comma 1, legge
342/2000).
Da segnalare che, in questo caso, il saldo attivo non
può essere oggetto di affrancamento, per cui quando
attribuito ai soci (mediante riduzione della riserva o del capitale sociale o
del fondo), lo stesso, aumentato dell’imposta sostitutiva, concorre comunque a
formare il reddito imponibile della società che ha eseguito la rivalutazione,
alla quale spetta il credito d’imposta, ai fini delle imposte sui redditi, pari
all’ammontare dell’imposta sostitutiva pagata (19%). Allo stesso modo, il
medesimo importo distribuito è tassato in capo ai soci, come utile percepito.
2.1.1 Condizione di applicabilità
Rispetto alla rivalutazione generale dei beni d’impresa,
quella riguardante le aree edificabili è subordinata ad una specifica
condizione, prevista dal comma 474 del medesimo art.1,
della legge Finanziaria 2006 (legge 266/2005).
In tal caso, infatti, la rivalutazione è ammessa a
condizione che, nei cinque anni successivi alla stessa, avvenga
l’utilizzazione edificatoria dell’area rivalutata.
In caso contrario, si decade dal beneficio e
l’acquirente diviene solidalmente responsabile per il pagamento della maggiore
imposta dovuta dal cedente (in particolare, è stabilito che trovano
applicazione le disposizioni di cui all’art. 34, comma 3,
del D.P.R. 602/1973).
Circa il soggetto che deve provvedere
all’utilizzazione edificatoria dell’area, la norma non dispone niente al
riguardo. Tuttavia, proprio il citato principio di solidarietà “fiscale” a
carico dell’acquirente, in caso di mancata soddisfazione della condizione entro
i termini normativi, porta a ritenere che comunque la cessione dell’area possa
avvenire anche prima della sua utilizzazione edificatoria, purché a questa
provveda l’acquirente entro i cinque anni successivi alla rivalutazione
effettuata dal venditore. Solo in questo senso, infatti, si ritiene
giustificabile la previsione della solidarietà dell’acquirente per le maggiori
imposte dovute dal venditore.
Sempre il comma 474 prevede, poi, che i termini di
accertamento (fissati dall’art. 43 del D.P.R. 600/1973 al 31 dicembre del
quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o, in caso
di omissione, dal quinto anno successivo a quello in cui la stessa doveva
essere presentata) decorrano dalla data di utilizzazione edificatoria
dell’area.
Riguardo al momento in cui si deve intendere
verificata tale condizione, si rinvia al paragrafo 2.3
del presente documento, nella parte relative alle questioni applicative della
rivalutazione.
2.2 Imposta sostitutiva:
aliquota e versamento
Come detto, ulteriore differenza rispetto alla
rivalutazione generale dei beni d’impresa è costituita dall’aliquota
dell’imposta sostitutiva, nonchè dalle modalità di versamento della stessa.
Ai sensi del comma 475, infatti, la facoltà di
rivalutare le aree edificabili è subordinata al versamento di un’imposta
sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP, pari al 19% del maggior
valore alle stesse attribuito, da versare
obbligatoriamente in tre rate annuali, senza interessi, entro il termine di
versamento del saldo delle imposte sui redditi, rispettivamente secondo i
seguenti importi:
- 40% nel 2006,
- 35% nel 2007,
- 25% nel 2008.
Anche in questa ipotesi, dovrebbe trovare applicazione
l’art. 12 della legge 342/2000 che prevede l’indeducibilità dell’imposta
sostitutiva e la sua compensabilità ai sensi del D.Lgs. 241/1997.
2.3 Decorrenza degli effetti fiscali e principali questioni
applicative
Per quanto riguarda la decorrenza degli effetti
fiscali della rivalutazione delle aree, la legge non appare chiara al riguardo.
Tuttavia, si deve ritenere che la stessa produca i
propri effetti tributari a decorrere dall’esercizio successivo a quello con
riferimento al quale la stessa è eseguita (in sostanza dal 2006).
Ciò è direttamente desumibile dall’assenza di
un’espressa previsione normativa al riguardo (invece stabilita esplicitamente
per la rivalutazione generale dei beni d’impresa), nonchè dal richiamo espresso
(comma 473), tra gli altri, all’art. 12 della legge 342/2000 che prevede
l’efficacia fiscale immediata della rivalutazione.
Ciò implica, in sostanza, che:
- il maggior valore attribuito alle aree in sede di
rivalutazione è riconosciuto nel bilancio dell’esercizio 2005;
- gli effetti fiscali della rivalutazione trovano
immediata applicazione già nell’esercizio 2006, con la conseguenza che le
stesse possano essere cedute al nuovo valore così
rideterminato a partire dal 1° gennaio 2006 (in caso di esercizio coincidente
con l’anno solare).
In ogni caso, l’ANCE ha già
intrapreso le più opportune iniziative presso le competenti sedi, affinchè tale
orientamento trovi conferma ufficiale da parte dell’Amministrazione
Finanziaria.
A tal fine, si segnala che, durante la discussione
parlamentare del provvedimento, è stato accettato dal Governo un Ordine del
Giorno, nel quale la stessa Camera dei Deputati, nell’impegnare l’Esecutivo a
fornire determinati chiarimenti in materia di rivalutazione delle aree
edificabili, precisa espressamente, tra le premesse, l’efficacia fiscale
immediata di tale disposizione.
Nel medesimo Ordine del Giorno, inoltre, il Governo è
stato chiamato ad affrontare anche altre questioni riguardanti il concetto di
“area edificabile” ai fini della rivalutazione ed il momento in cui deve
intendersi realizzata la condizione di utilizzazione edificatoria della stessa
entro i cinque anni successivi.
In particolare, con l’accettazione dello stesso,
l’Esecutivo si è impegnato ad adottare iniziative
volte a:
- precisare che la condizione cui è subordinata la
rivalutazione delle aree, consistente nell’utilizzazione edificatoria delle
stesse entro i cinque anni successivi, si intenda realizzata con l’avvio dei
lavori, senza che sia necessaria, a tal fine,
l’ultimazione dell’intervento edilizio entro lo stesso termine;
- chiarire che non si verifica la decadenza dai
benefici derivanti dalla rivalutazione, nell’ipotesi in cui sopraggiunga un
impedimento di tipo procedurale e amministrativo che ostacoli l’utilizzazione
dell’area entro i termini previsti dalla norma (ad esempio, ritardi nel
rilascio del permesso di costruire o nell’approvazione del provvedimento
urbanistico attuativo);
- precisare che per «area edificabile», ai fini della
rivalutazione, debba intendersi quella risultante tale a seguito
dell’approvazione dello strumento urbanistico generale (Piano Regolatore
Generale), incidendo la presenza degli strumenti attuativi dello stesso solo
sul valore rivalutabile dell’area.
Su queste questioni, si attendono ora i necessari
chiarimenti ministeriali.