27 aprile 2006
economia pag. 11

Il settore pubblico resta il «motore»: a Brescia coinvolge il 30% delle imprese


Il vicepresidente del Collegio Costruttori con delega ai Lavori pubblici, Mario Parolini, traccia un bilancio delle riforme legislative per l’edilizia e rilancia
«Riforma appalti, serve un piano pluriennale»


Il sistema degli appalti pubblici in Italia è un «cantiere aperto»: le novità introdotte dal legislatore europeo e da quello nazionale stanno modificando il quadro normativo nel quale imprese ed enti appaltanti sono chiamati a operare. L’ultima novità riguarda la firma, apposta dal Presidente della Repubblica, al decreto legislativo che modifica il regime degli appalti sottosoglia (importi inferiori ai 5,3 milioni), in linea col recepimento delle direttive comunitarie che hanno competenza esclusiva per importi superiori a circa 5,3 milioni.
In questo quadro diventa fondamentale capire sia il trend del mercato degli appalti, con particolare attenzione al territorio bresciano, sia i cambiamenti che il testo è destinato ad apportare nel rapporto fra stazioni appaltanti e imprese. «E’ necessario sottolineare - spiega Mario Parolini, vicepresidente del Collegio Costruttori con delega per i lavori pubblici - il difficile momento delle imprese che svolgono prevalentemente opere pubbliche. L’Osservatorio di settore individua un calo di quasi il 20% dell’importo dei lavori appaltati nel 2005 rispetto a quelli del 2004. I primi segnali del 2006 non sono migliori, con una contrazione che è ancora più sensibile per i lavori stradali di medie dimensioni. Cominciamo addirittura a registrare una riduzione del numero di imprese interessate, anche perché prosegue, con il calo degli stanziamenti, l’aumento medio dell’importo di ogni appalto». In questo contesto s’inseriscono le norme introdotte dalla Ue e dal legislatore italiano. «Il decreto legislativo - spiega - apre una partita che rappresenta una sfida non solo per le imprese, ma anche per gli enti pubblici. Spesso la nostra categoria ha sollevato la questione relativa all’aggiudicazione, sottosoglia, con l’utilizzo delle medie, spesso non rispondente alle istanze di una corretta concorrenza. Il testo introduce la possibilità, da parte degli enti pubblici, di applicare anche il metodo alternativo del massimo ribasso». Una formula che, secondo il Collegio vede la legislazione nazionale allinearsi all’impianto europeo. «Certamente - aggiunge Parolini - il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che tenga conto del rapporto prezzo/prodotto, insieme alla liberalizzazione dell’appalto integrato, dove l’ente appaltante prospetta un progetto di massima, quindi migliorabile dall’appaltatore, e anche la formula dell’appalto-concorso sono concetti importanti, che dovrebbero trovare sempre più rispondenza anche negli appalti sottosoglia». Si tratta proprio di quegli appalti che coinvolgono la maggior parte delle imprese bresciane. «Non c’è dubbio. Il settore delle opere pubbliche è inequivocabilmente uno dei motori dell’economia provinciale: coinvolge il 30% delle realtà imprenditoriali edili esistenti a Brescia».
Anche questa riforma del sistema degli appalti però lascia alcuni elementi non risolti. «E’ una preoccupazione molto diffusa fra le imprese e fra le nostre associate, ma lo è anche fra le pubbliche amministrazioni che, se da un lato individuano nel sistema attuale, quello che oggi utilizza le cosiddette medie, qualche possibilità di distorsione, dall’altro sono preoccupate dalla prospettiva di dovere introdurre aggiudicazioni solo con il massimo ribasso. Senza un’adeguata preparazione progettuale, ciò significherebbe l’aumento delle contestazioni e dei contenziosi, come già sperimentato in passato. Per questo motivo su questo argomento il legislatore italiano, nonostante l’indirizzo dell’Ance, ha preferito lasciare in vigore, almeno per il momento, anche il meccanismo dell’individuazione automatica delle offerte anomale».
Diverso, invece, il panorama delle proposte relative ai ruoli di Pubblica amministrazione e impresa. «Crediamo che la Pubblica amministrazione - aggiunge Mario Parolini - debba indicare nel bando di gara criteri oggettivi con carattere non discriminatorio per selezionare i concorrenti. Tali criteri devono essere pertinenti all’oggetto del contratto: stiamo cercando di fare prediligere sistemi di scelta basati su patrimonializzazione e organizzazione aziendale, piuttosto che sulla sola valutazione del fatturato». Oltre ai problemi finanziari, appare chiaro come le riforme, per tradursi in pratica, debbano sempre fare affidamento su strutture agili nel recepirle. Non è la prima volta che in Italia si cerca di migliorare il sistema degli appalti pubblici. «La legge Merloni prevedeva la soluzione di alcune delle distorsioni applicative manifestate dalla normativa sugli appalti pubblici. E’ il caso, per esempio, della validazione del progetto, l’introduzione del responsabile del procedimento, i tempi e le modalità dettate dal Regolamento».
Non si può parlare di riforma degli appalti se non si inquadra il problema in un più ampio quadro, in un progetto di modernizzazione del territorio più lungimirante e da programmare. «Per l’entità delle cifre in gioco, per la complessità organizzativa della materia e i profondi risvolti di politica economica - conclude Parolini -, un progetto di modernizzazione del territorio può essere gestito solo con un impegno programmatico di Parlamento e Governo. E’ necessario un piano pluriennale che ponga una serie di obiettivi e priorità, un piano strategico che venga gestito con modalità e criteri da un’apposita cabina di regia: si deve passare dalla navigazione a vista a un metodo che presenti le caratteristiche di un business plan di impresa».