Edizione: 07/05/2006   testata: Giornale di Brescia   sezione:ECONOMIA

L’intervento del presidente dell’Ance Claudio De Albertis  
«No ai nuovi monopoli» 


BRESCIA

Il passaggio dal terreno della politica a quello della rappresentanza di categoria è stato affidato al presidente dell’Ance, Claudio De Albertis non ha voluto mancare alla festa per il 60esimo compleanno del Collegio, ma ha posto sul tavolo del dibattito anche una pertinente e attuale analisi sullo stato delle politiche economiche del Paese.
«Ancora una volta il nostro comparto non viene considerato come parte integrante del sistema industriale, come elemento utile per vincere la sfida della competitività. Sono preoccupato - ha aggiunto De Albertis - indipendentemente dalle forze politiche in campo, poiché noto che ancora ci dobbiamo accompagnare ad un demagogico assemblearismo permanente che non porta a risultati concreti. Del resto mi rendo pure conto che il pessimismo è un lusso che non possiamo permetterci se vogliamo superare la logica di un quadro nel quale ricette e strategie si sprecano, ma manca l'analisi sui reali vincoli strutturali che poggiano sul mancato riconoscimento dell'avvio di una società post-industriale, sulle diffuse ritrosie al cambiamento, sulle troppe sacche improduttive determinate da privatizzazioni senza liberalizzazione che hanno creato solo nuovi monopoli bloccando di fatto gli investimenti». Per De Albertis, quindi, servono maggiore serietà e determinazione per dare via libera ad un mercato concorrenziale dove lo Stato sia in grado, proprio perché il momento economico non è felice, di «rivalutare al massimo i beni di famiglia». «Questi beni sono le città, che devono cambiare implementando i motivi di attrazione di persone e capitali. A questo capitolo si deve aggiungere quello del turismo, quindi della rivalutazione del patrimonio storico del Paese».
Dal rilancio della ricerca agli investimenti pubblici, il monito dell'Ance è pressante: «non si può tornare indietro, si può solo modificare un sistema per renderlo più efficiente». Così la Legge Obiettivo «diventa difficile da rispettare se al suo interno i progetti inseriti diventano 250 rispetto agli originari 25, mentre scatta in contemporanea l'allarme Anas: se l'ente non riceverà risorse - ha concluso De Albertis - non solo non potrà avviare parecchie opere, ma entro l'estate potrebbe decidere di chiudere tutti i cantieri di sua pertinenza». Sarebbe il fallimento.