MODIFICHE AL
CODICE DEI BENI
CULTURALI E DEL PAESAGGIO
Sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 97
del 27 aprile 2006 (Supplemento Ordinario n. 102) i Decreti Legislativi n. 156
e 157 del 24 marzo 2006, contenenti correzioni ed integrazioni al D.Lgs. 42/2004 “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, dei
quali il primo è relativo ai beni culturali e il secondo ai beni paesaggistici.
I provvedimenti sono stati predisposti in attuazione dell’art. 10, comma 4, della Legge 137/2002 che delegava il
Governo ad apportare modifiche al Codice dei beni culturali entro due anni
dalla sua entrata in vigore, vale a dire entro il 1° maggio 2006.
Sebbene molte delle modifiche siano finalizzate a
correggere errori materiali e a chiarire o coordinare meglio alcune
disposizioni, vi sono anche diverse innovazioni, soprattutto per quanto
riguarda la tutela e la valorizzazione del paesaggio, di seguito analizzate.
Beni culturali
Verifica dell’interesse culturale di immobili pubblici
Si modifica il procedimento per la verifica dell’interesse
culturale dei beni pubblici (o di persone giuridiche private senza scopo di
lucro) realizzati da più di cinquant’anni e per ciò
stesso sottoposti dal Codice a misure di tutela in via cautelare fino
all’emanazione del provvedimento di vincolo (art. 12, D.Lgs. 42/04).
In particolare, viene
soppressa la norma che, in caso di mancata pronuncia da parte
dell’amministrazione competente nel termine di legge, prevedeva un’ipotesi di
silenzio-assenso e, quindi, la non sussistenza dell’interesse culturale del
bene con la conseguente possibilità di sdemanializzarlo ed alienarlo
liberamente. Il procedimento deve ora essere concluso entro 120 giorni con
provvedimento espresso dell’amministrazione competente e, in caso di mancata
pronuncia, l’ente pubblico (o la persona giuridica privata senza scopo di
lucro) proprietario dell’immobile può rivolgersi al TAR per far dichiarare
l’obbligo di provvedere nei confronti dell’amministrazione inadempiente.
Inoltre, la possibilità di presentare ricorso
amministrativo al Ministero dei beni culturali, già prevista dall’art. 16 nei
confronti del provvedimento che impone il vincolo culturale su beni privati, è
stata estesa anche al provvedimento conclusivo della verifica di cui all’art.
12, D.Lgs. 42/04.
Comunicazione alla soprintendenza dei mutamenti di
destinazione d’uso
Per dare concreta attuazione all’art. 20, comma 1, si
introduce una procedura per il controllo preventivo della compatibilità
dell’uso del bene vincolato con il suo carattere storico-artistico, attraverso
l’obbligo di comunicazione dei mutamenti di destinazione d’uso alla soprintendenza (art. 21, comma 4). Al riguardo, devono
comunque essere prese in considerazione le normative regionali in materia di
mutamento della destinazione d’uso, con o senza opere.
Nulla osta della soprintendenza per interventi edilizi
Al comma 5 dell’art. 21 si precisa che se i lavori non iniziano
entro 5 anni dal rilascio del nulla osta, il soprintendente può dettare
prescrizioni, ovvero integrare o variare quelle già date in relazione al mutare
delle tecniche di conservazione.
In applicazione del principio generale stabilito dalla
Legge 241/1990, come modificata dal Decreto Legge 35/2005, viene
poi eliminato il silenzio assenso nel procedimento di rilascio del nulla osta,
trascorsi 120 giorni dalla presentazione della domanda senza che la
soprintendenza si sia pronunciata. In questo caso il privato potrà ora
rivolgersi al TAR per far dichiarare l’obbligo dell’amministrazione
inadempiente a provvedere.
Cessione di beni vincolati
Il diritto di prelazione attribuito al Ministero dei
beni culturali, alla regione e agli altri enti territoriali interessati in caso
di alienazione a titolo oneroso (vendita, permuta, ecc.) di un bene vincolato, viene esteso anche alle ipotesi di conferimento in società
(art. 60).
Vengono poi modificati i termini del procedimento di
esercizio della prelazione, che ha inizio con la denuncia dell’atto di cessione
al soprintendente del luogo dove si trova il bene e si conclude entro 60 giorni
dalla ricezione della denuncia stessa.
In particolare, la regione e gli altri enti pubblici
interessati, ricevuta la comunicazione della denuncia da parte del
soprintendente, devono formulare l’eventuale proposta di prelazione entro 20
giorni (prima 30 giorni), indicando le specifiche finalità di valorizzazione
del bene. Il Ministero può rinunciare alla prelazione, trasferendone la facoltà
all’ente pubblico interessato che ha formulato la proposta, entro 20 giorni
(prima 40 giorni) dalla ricezione della denuncia (art. 62).
Beni paesaggistici
In via generale si sottolinea che le modifiche in tema
di paesaggio sembrano volte a rafforzare la partecipazione dello Stato (e
quindi del Ministero dei beni culturali) all’esercizio delle funzioni
amministrative (sia pianificatorie che autorizzatorie) attribuite alle Regioni.
Valorizzazione dei beni paesaggistici
Si stabilisce espressamente che la funzione di
valorizzazione dei beni paesaggistici comprende anche il recupero e la
riqualificazione degli immobili che risultano compromessi o degradati, delle
aree vincolate nonchè la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti e
integrati (art. 6).
Immobili vincolati con provvedimento regionale
Fra i complessi di immobili che possono essere
vincolati attraverso apposito provvedimento regionale, sono indicate
espressamente anche le zone di interesse archeologico (art.
136, comma 1, lettera c). La norma sembra avere una notevole portata
innovativa perchè, in combinato disposto con il nuovo comma 1,
lettera m) dell’art. 142, che disciplina le aree vincolate per legge (aree ex
Galasso), sembra chiarire che, fatte salve le zone archeologiche già
individuate alla data di entrata in vigore del Codice (1° maggio 2004), tali
aree d’ora in avanti potranno essere oggetto di tutela solo se perimetrate e
individuate con apposito provvedimento regionale di vincolo.
Peraltro, si ricorda che il testo originario del
decreto, approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri, oltre alle
zone archeologiche conteneva anche un espresso riferimento ai
centri storici, soppresso grazie all’azione intrapresa dall’Ance presso
le Commissioni parlamentari competenti durante la fase consultiva. In
particolare, l’Ance ha evidenziato che la definizione
di centro storico, propria della materia urbanistica e caratterizzata dalla non
omogeneità degli immobili in essa ricompresi, non appare mutuabile ai fini
della tutela del paesaggio, poichè è orientamento consolidato della
giurisprudenza che il vincolo paesaggistico debba essere imposto su beni
oggetto di puntuale individuazione
Procedimento di vincolo paesaggistico
Al fine di determinare meglio i termini, coordinare e
chiarire alcune disposizioni, viene riscritto il
procedimento amministrativo regionale che porta alla imposizione del vincolo
paesaggistico, di cui si riporta lo schema (articoli 137, 138, 139, 140 e 141).
1) Presentazione all’apposita Commissione regionale
(prima di livello provinciale) di una richiesta di valutazione dell’interesse
paesaggistico dell’immobile da parte del direttore regionale (ex soprintendente
regionale), regione o degli altri enti pubblici territoriali interessati.
2)
3) Pubblicazione della proposta di vincolo sull’albo
pretorio per 90 giorni e deposito presso gli uffici dei comuni interessati.
Qualora la proposta di vincolo riguardi singoli immobili, la proposta viene
anche comunicata al proprietario e ha valore di avviso di inizio del
procedimento di imposizione del vincolo.
N.B.:
Qualora la proposta di vincolo abbia ad oggetto complessi di immobili di cui
all’art. 136, comma 1, lettere c) e d), dal primo giorno della pubblicazione
decorre l’obbligo di chiedere il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica per
eseguire interventi su di essi. Qualora la proposta di vincolo riguardi invece
singoli immobili di cui all’art. 136, comma 1, lettere
a) e b), tale obbligo decorre dalla data di ricevimento della comunicazione.
4) Presentazione alla regione di osservazioni e
documenti da parte dei soggetti pubblici e privati interessati entro 30 giorni
(anzichè 60) successivi alla fine della pubblicazione. Il proprietario può
presentare osservazioni e documenti entro i 30 giorni (anzichè 60) successivi
alla comunicazione individuale.
5) Emanazione da parte della Regione del provvedimento
di imposizione del vincolo entro 60 giorni dalla scadenza dei termini per le
osservazioni (pena l’avvio della procedura di sostituzione da parte del
Ministero).
N.B.: In
conformità all’orientamento giurisprudenziale e dottrinale secondo cui il
vincolo non può essere una mera dichiarazione formale, il provvedimento deve
contenere “una specifica disciplina di tutela e l’indicazione di eventuali
prospettive di valorizzazione degli immobili e delle aree cui si riferiscono,
che vanno a costituire parte integrante del piano paesaggistico da approvare o
modificare”.
6) Pubblicazione del provvedimento sulla Gazzetta
Ufficiale e sul Bollettino Ufficiale della Regione, notifica al proprietario
qualora riguardi singoli immobili di cui all’art. 136, comma
1, lettere a) e b) e trascrizione nei registri immobiliari a cura della
regione.
Aree vincolate per legge (ex aree Galasso)
E’ riscritto l’art. 142 al fine di chiarire alcuni
dubbi interpretativi generati dal testo originario. In particolare, si precisa
che la tutela delle zone ex Legge Galasso non ha carattere temporaneo fino
all’approvazione dei piani paesaggistici regionali o all’adeguamento di quelli
esistenti, come ritenuto in precedenza.
In merito alle aree urbane sottratte a suo tempo alla
Legge Galasso e quindi al vincolo, si specifica che non sono comprese tra tali
aree quelle che alla data del 6 settembre 1985:
- erano delimitate negli strumenti urbanistici come
zone A e B;
- erano delimitate negli strumenti urbanistici come
zone diverse dalle A e B ed erano ricomprese in piani
pluriennali di attuazione, a condizione che le relative previsioni siano state
concretamente realizzate;
- nei comuni sprovvisti di tali strumenti ricadevano
nei centri edificati perimetrati ai sensi dell’art. 18 della L. 865/1971.
Pianificazione paesaggistica - Obiettivi
Senza alterare il principio per cui
il piano paesaggistico ha ad oggetto l’intero territorio regionale ma detta
prescrizioni conformative solo per le aree e gli immobili vincolati, si
specifica (art. 135) che fra gli obiettivi del piano vi devono essere:
- il mantenimento delle caratteristiche e degli
elementi costitutivi dei beni vincolati, tenuto conto anche delle tipologie
architettoniche, delle tecniche e dei materiali costruttivi;
- l’individuazione delle linee di sviluppo urbanistico
ed edilizio compatibili con il valore paesaggistico
della zona e con il principio del minor consumo del territorio;
- il recupero e la riqualificazione degli immobili e
delle aree che risultano compromessi o degradati;
- l’individuazione di altri interventi di
valorizzazione del paesaggio, anche in relazione al principio dello sviluppo
sostenibile.
Procedimento
L’art. 143, che disciplina il procedimento di
pianificazione paesaggistica, viene riscritto ai fine
di chiarire e determinare meglio la portata di alcune norme.
Fra le fasi della pianificazione oltre alla
ricognizione dell’intero territorio regionale e alla individuazione dei diversi
ambiti paesaggistici, si precisa che il piano dovrà anche individuare in modo
puntuale le aree ex Galasso e determinarne la specifica disciplina di tutela e
valorizzazione (comma 1, lettera b). Ciò in conformità al nuovo disposto
dell’art. 142.
Vengono previste alcune misure per incentivare l’elaborazione
congiunta del piano tra Stato e Regione, e in particolare che (commi 4 e 5):
- il parere della soprintendenza sulle domande di
autorizzazione paesaggistica è obbligatorio ma non più vincolante;
-
Come già affermato dalla giurisprudenza, vengono previste poi in via espressa misure di salvaguardia
in caso di adozione del piano paesaggistico per gli interventi su aree vincolate
(art. 144).
In particolare si demanda alle regioni la disciplina
del procedimento per l’approvazione del piano paesaggistico, con l’obbligo
comunque di stabilire che “a far data dall’adozione o approvazione preliminare
del piano... non sono consentiti per gli immobili e le aree di cui all’art. 134
(vale a dire, quelle vincolate) gli interventi in contrasto con le prescrizioni
di tutela per essi previste nel piano stesso”.
Autorizzazione paesaggistica
Viene riscritto l’art. 146, che disciplina i procedimento
per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e tre sono le principali
novità introdotte. In via preliminare,
si ricorda che il procedimento autorizzatorio disciplinato dall’art. 146
troverà applicazione a partire dal 2 maggio 2008, ovvero, se anteriore a tale
data, a partire dal termine dell’approvazione o dell’adeguamento del piano
paesaggistico regionale alle disposizioni del Codice (articoli 156 e 159).
Fino a tale data il procedimento di rilascio
dell’autorizzazione paesaggistica è disciplinato dall’art. 159 del Codice che
prevede un procedimento simile a quello del vecchio Testo Unico dei beni
culturali (D.Lgs. 490/1999), basato sullo schema autorizzazione
regionale-riesame della soprintendenza e possibilità di annullamento entro 60
giorni.
Delega del potere autorizzatorio
Si segnala innanzitutto la possibilità per le regioni
di delegare l’esercizio della funzione di rilascio della autorizzazione, oltre
che ai comuni, anche alle province o a forme associative e di cooperazione
degli enti locali (quelle previste dagli articoli 24, 30, 31 e 32 del D.Lgs.
267/2000 “Testo Unico Enti Locali”, fra le quali
consorzi e unioni di comuni) al fine di “garantire la necessaria distinzione
tra la tutela paesaggistica e le competenze urbanistiche ed edilizie” (comma
3).
Il nuovo testo sembra scoraggiare la delega della
funzione autorizzatoria ai comuni, poichè, come esplicitato anche nella
relazione di accompagno al D.Lgs. 157/2006, è ora subordinata:
- all’adozione del piano paesaggistico d’intesa con lo
Stato;
- all’adeguamento da parte dei comuni dei propri
strumenti urbanistici al piano paesaggistico.
In caso di delega ai comuni, poi, il parere che la
soprintendenza è chiamata a formulare nell’ambito del procedimento autorizzatorio
è sempre vincolante, anche qualora il piano paesaggistico sia stato elaborato
d’intesa Stato-Regione.
Si sottolinea comunque che l’entrata in vigore del
D.Lgs. 157/2006 non dovrebbe avere conseguenze immediate sull’attuale sistema
di delega ai comuni del potere autorizzatorio, poichè l’art. 146, come
evidenziato sopra, troverà applicazione al più dal 2
maggio 2008. Peraltro il nuovo comma 6 dell’art. 159
(“Procedimento di autorizzazione in via transitoria”), dispone l’applicazione
in via immediata di alcune norme dell’art. 146, fra le quali non è citato il
comma 3, che riguarda proprio i criteri di distribuzione della delega. Ciò
dovrebbe significare pertanto che il nuovo sistema di delega entrerà
in vigore, insieme al procedimento autorizzatorio delineato dall’art.
Parere della
soprintendenza
La seconda modifica di rilievo
riguarda il parere della soprintendenza, al quale viene
attribuito carattere vincolante, tranne nei casi in cui il contenuto del piano
paesaggistico regionale sia stato stabilito congiuntamente con lo Stato.
Si vengono così a creare due
regimi autorizzatori differenti a seconda che nella pianificazione
paesaggistica
a) se il piano è stato elaborato
congiuntamente, il parere non è vincolante e quindi l’autorità competente a
rilasciare il provvedimento di nulla osta ai lavori non è tenuta a
conformarvisi; in questo caso, come evidenziato sopra, qualora
b) se invece il piano non è
stato elaborato congiuntamente, il parere è vincolante (anche
se il comma 8 accorda all’amministrazione il potere di pronunciarsi
comunque qualora il parere non venga formulato nel termine di legge).
Sempre nell’ambito del
procedimento, di rilievo inoltre il richiamo all’art. 10 bis della Legge
241/1990 (introdotto dalla Legge 15/2005) che obbliga
l’amministrazione a comunicare agli interessati i motivi che impediscono
l’adozione del provvedimento favorevole, mettendoli in condizione di presentare
osservazioni scritte e documenti (comma 9, art. 146).
Autorizzazione in sanatoria per
gli abusi minori
Si ribadisce il divieto di
rilasciare autorizzazioni paesaggistiche in sanatoria successivamente alla
realizzazione degli interventi (comma 12 dell’art. 146), ma
vengono espressamente fatte salve le ipotesi di sanatoria ‘‘a regime”
introdotte dalla Legge 308/2004 “Delega ambientale” nell’art. 181 e ora
recepite anche nell’art. 167, comma 4, vale a dire:
a) lavori realizzati in assenza
o in difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano creato
superfici utili o volumi ovvero aumentato quelli esistenti;
b) lavori nell’ambito dei quali
siano stati impiegati materiali diversi da quelli indicati nell’autorizzazione
paesaggistica;
c) lavori comunque configurabili
quali interventi di manutenzione straordinaria o ordinaria ai sensi dell’art. 3
del D.P.R. 380/2001 ‘‘Testo Unico Edilizia” (che
abbiano alterato lo stato dei luoghi o l’aspetto esteriore degli edifici, non
essendo altrimenti necessaria l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art.
149 del Codice).
Peraltro, il nuovo comma 3 bis
dell’art. 182 consente di:
- concludere i procedimenti di
autorizzazione paesaggistica in sanatoria le cui domande siano state presentate
entro il 30 aprile 2004 (il Codice è entrato in vigore il 1° maggio 2004) e non
ancora definiti alla data di entrata in vigore del presente Decreto Legislativo,
- riaprire quelli definiti
negativamente senza pronuncia nel merito della compatibilità paesistica.
L’art. 159,
comma 6,
chiarisce poi che la norma relativa al divieto di autorizzazione in sanatoria
ha efficacia immediata.
Atti emanati prima dell’entrata
in vigore del Codice che conservano efficacia
Fra gli atti elencati all’art.
157, vengono inseriti anche i provvedimenti emanati ai
sensi dell’art. 1 ter del D.L. 312/1985, convertito dalla L.
431/1985 (Galasso), e cioè quelli di individuazione delle aree in cui è
vietata, fino all’adozione da parte delle regioni dei piani paesistici di cui
all’articolo 1-bis dello stesso D.L. 312/1985, ogni modificazione dell’assetto
del territorio nonchè qualsiasi opera edilizia, con esclusione degli interventi
di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di
restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto
esteriore degli edifici.
Sanzioni amministrative
L’art. 167 viene
integrato con le norme sulla sanatoria “a regime” di cui all’art. 1, comma 36,
lettera c) della Legge 308/2004, così che, facendo chiarezza, sarà possibile
sanare l’abuso non solo sotto il profilo penale come già previsto, ma anche
sotto quello amministrativo. Viene eliminata
l’alternatività fra sanzione pecuniaria e demolitoria: in caso di violazioni
degli obblighi stabiliti dal Codice il trasgressore è sempre tenuto alla
rimessione in pristino, mentre la sanzione pecuniaria è prevista solo qualora
venga accertata la compatibilità paesaggistica dell’opera abusiva nei casi di
cui all’art. 167, comma 4.
Condono ambientale
Il nuovo comma 3 ter dell’art.
182 disciplina ulteriormente la sanatoria straordinaria (cd. condono
ambientale) di cui all’1, comma 37 della Legge
308/2004.
In particolare, si chiarisce
che:
- le domande presentate entro il
31 gennaio 2005, se accolte, permetteranno di estinguere sia il reato penale
che l’illecito amministrativo;
- il parere sulla compatibilità
paesaggistica dell’intervento edilizio che la soprintendenza deve rilasciare
all’amministrazione è vincolante e quindi non può essere disatteso;
- il procedimento deve essere
comunque concluso con provvedimento espresso motivato, sebbene continui a non
essere indicato un termine finale;
- resta ferma la quantificazione
della sanzione pecuniaria prevista dalla Legge 308/2004, determinata previa
perizia di stima, equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il
profitto conseguito mediante la trasgressione, a cui
peraltro deve aggiungersi una sanzione pecuniaria aggiuntiva determinata
dall’amministrazione tra un minimo di Euro 3.000 e un massimo di Euro 50.000.