APPALTI
PUBBLICI - DIVIETO DI PARTECIPAZIONE DI UN CONSORZIO STABILE E DELLE IMPRESE
CONSORZIATE ALLA MEDESIMA GARA
(Consiglio di Stato, Sezione V, 24 marzo
2006, n. 1529)
E’ vietata la partecipazione ad
una medesima gara di un consorzio stabile e delle imprese consorziate. Non ha
consistenza il presupposto interpretativo secondo cui l’art. 13, comma
La disposizione, poi (con formula
che sostanzialmente ricalca quella contenuta nell’art. 12, comma 5, per le
imprese facenti parte di un consorzio stabile), interdice la partecipazione ad
una medesima gara delle imprese che già vi partecipano in una delle strutture
plurime da essa indicate. L’art. 13,
comma
La disposizione, infatti, dopo
avere prescritto che i consorzi stabili sono tenuti ad indicare per quali consorziati il consorzio concorre (“I consorzi di cui
all’articolo 10, comma 1, lettere b) e c), sono tenuti ad indicare, in sede di
offerta, per quali consorziati il consorzio concorre”) specifica, per i
consorziati, tale ulteriore divieto (“a questi ultimi è fatto divieto di
partecipare, in qualsiasi altra forma, alla medesima gara”). La
espressione “in qualsiasi altra forma” vale ad evitare che l’impresa
indicata come esecutrice dei lavori, per la quale già vige il divieto di
partecipazione alla medesima gara alla quale già partecipa il consorzio di cui
fa parte come impresa singola, possa intervenire alla gara in altra formazione
associativa (in qualsiasi altra forma). Le disposizioni fin qui esaminate, in
sostanza, nonostante la loro formulazione non sia propriamente perspicua, hanno
voluto stabilire che un’impresa consorziata non può mai partecipare ad una gara
nella quale concorra anche il consorzio stabile del quale fa parte né in forma
singola né in forma associata. Il legislatore, sulla scia dei divieti di
partecipazione congiunta ad una medesima gara di imprese tra loro collegate,
formalmente o solo sostanzialmente, ha inteso evitare, con la normativa
contenuta negli artt. 12, comma 5, e 13, comma 4,, la
partecipazione di imprese collegate occasionalmente o, come è il caso dei
consorzi stabili, addirittura unite tra loro al punto da dar vita ad un’unica
struttura imprenditoriale. Ed invero, secondo la definizione che dei consorzi
stabili dà lo stesso art. 12, comma 1, della legge n. 109 del 1994, si
intendono per consorzi stabili quelli in possesso, a norma dell’art. 11, dei
requisiti previsti dagli artt. 9, formati da non meno di tre consorziati che,
con decisione dei rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare
in modo congiunto nel settore dei lavori pubblici, per un periodo di tempo non
inferiore a cinque anni, costituendo a tal fine una comune struttura di
impresa. La comune struttura d’impresa e la finalità di operare in modo
congiunto nel settore dei lavori pubblici, ad avviso della Sezione, implicano
legami tra le imprese e il consorzio, che, sebbene tanto il consorzio stabile
quanto le imprese consorziate conservino la loro autonoma soggettività
giuridica, sono più stretti di ogni altra forma di collegamento già raffigurata
dalla legge (ex art. 2359 c.c.) e giustifica ampiamente l’estensione del divieto
di partecipazione congiunta ad una medesima gara in tutte le diverse figure che
il complesso della normativa in esame ha voluto delineare. Concorrono a
rafforzare tale interpretazione, altre disposizioni, concernenti proprio la
partecipazione dei consorzi stabili alle gare pubbliche, che pongono in rilievo
la stretta connessione, al di là del già rilevato profilo strutturale,
intercorrente tra essi e le imprese consorziate. Tali sono le disposizioni che legittimano il consorzio stabile a
partecipare alle predette gare facendo leva sui requisiti posseduti dalle
singole imprese consorziate (quelle secondo cui tutte le imprese consorziate, e
non solo, quindi, quelle indicate come esecutrici dei lavori, debbano essere in
possesso dell’attestazione di qualificazione SOA necessaria per l’appalto;
quella che dà la facoltà di sommare le cifre di affari di tutte le imprese per
raggiungere il plafond richiesto come requisito di partecipazione; ed altre
disposizioni contenute nell’art. 97 del D.P.R. 554/99). Va infine considerato
che l’applicabilità, rimasta in vigore, dell’art. 353 c.p.,
nel profilo che configura la punibilità di collusioni tra i concorrenti ai fini
di indirizzare il risultato di una gara, è indice della finalità del
legislatore di rinvigorire le misure dirette ad evitare distorsioni delle gare
pubbliche dovute a possibili intese fra i concorrenti.