Edizione: 09/09/2006   testata: Giornale di Brescia   sezione:ECONOMIA

Allarme del Collegio dei costruttori di Brescia sugli effetti di mercato del decreto di luglio  
«Bersani blocca la crescita edilizia»  
Affari, anche già chiusi, rinviati a tempi migliori. Tasse difficili da scaricare sul prezzo

Gianmichele Portieri

BRESCIA

Forse è presto per parlare di affari andati in fumo o di una inversione di tendenza rispetto a nove anni vissuti di corsa (talvolta anche un po’ folle), ma è un fatto che l’edilizia dopo le ferie è rimasta con il piede alzato, incerta se fare un passo avanti o uno indietro. Nuove vendite non se ne concludono e persino chi ha già firmato un compromesso cerca di sfilarsi dall’affare o almeno di prendere tempo. Chi sfugge più da un mercato, che per anni è stato florido, sono soprattutto le aziende che desideravano acquistare immobili strumentali e sta alla larga dalle imprese edili chi compera per investimento.
A lanciare l’allarme sugli effetti dissuasivi del cosiddetto «Decreto Bersani» di luglio è stato ieri il presidente del Collegio costruttori edili di Brescia Giuliano Campana con i vice presidente Giuliano Paterlini e Mario Parolini.
Campana dice che la manovra di mezza estate del Governo, trova i costruttori contrariati e persino demoralizzati. Un settore che da nove anni «tirava» malgrado un’economia in affanno, che ha creato migliaia di posti di lavoro, che vale a Brescia 84mila addetti con l’ampio indotto, risulta bloccato dalla manovra Bersani-Visco e potrebbe fermarsi del tutto se le misure non venissero riviste.
Non c’è, nel misurato discorso del presidente Campana («noi non andiamo in piazza come i tassisti») livore antigovernativo. Alcune misure, in pratica tutte quelle tese a contrastare il lavoro nero e per la sicurezza nei cantieri, trovano i costruttori bresciani in sintonia con il Governo. I costruttori sono piuttosto stupefatti al limite dell’incredulità della maldestraggine della manovra fiscale di cui, forse per la fretta, non si sono valutati gli effetti sul settore. Sembra, dicono, che ci sia acredine verso l’edilizia, quasi fosse tutta popolata da evasori fiscali e speculatori immobiliari modello «furbetti del quartierino». Non è così o almeno non è sempre così. Le imprese sono convinte che i nuovi oneri non sia tutti scaricabili sui prezzi che sono determinati dalla concorrenza di mercato.
Sarà difficile, ad esempio, scaricare in fattura la nuova imposta catastale del 4% che grava sulle compravendite di beni strumentali. La «punizione» verso le società fa il paio con l’esclusione dagli ammoratamenti del valore dell’area su cui insiste l’edificio. Si torna all’agricoltura anche nelle metropoli. Gli immmobili inseriti nei piani urbanistici particolareggiati scontano un’imposta che passa dall’1% all’11%: un aumento secco del 10% delle tasse.
Ma c’è parecchio di anche più subdolo e persino di retroattivo, tanto che Campana e i suoi fanno voti perchè intervenga l’Unione Europea mettere le cose a posto. È previsto che per gli immobili tenuti invenduti dalle imprese per più di quattro anni (Bersani ritiene che avvenga a fini speculativi) si perde l’intera detraibilità dell’Iva sui costi di costruzione. In pratica si dovrà ricostruire l’Iva a suo tempo pagata (e di solito già compensata) e versarla ora per allora. Complicazioni a parte è difficile dire quanto costi il «giochino», ma dovrebbe pesare più del 10%. Insomma un fior di tassa.
Una vera e propria tassa è inoltre quella che scatta per il fatto che le aree sono fiscalmente fabbricabili fin dalla adozione degli strumenti urbanistici. In passato si doveva almeno aspettare l’approvazione della Regione, oggi della Provincia. Oggi si rischia di pagare per una delibera comunale che può decadere. Come se le aree non fossero già abbastanza care.
Delicato è il discorso sul valore «normale» degli immobili venduti dai soggetti Iva. Da tempo le tasse si pagavano sul valore catastale rivalutato pur dichiarando il valore di mercato. Ora questo valore è oggetto di accertamento fiscale con il rischio di dover pagare, dopo anni, delle belle somme. La misura spaventa gli acquirenti e un po’ anche le imprese perchè rende aleatorio e incerto l’effettivo carico fiscale.