INPS
- PRESTAZIONI ECONOMICHE DI MALATTIA E DI MATERNITA’ - QUESTIONI VARIE -
CIRCOLARE N. 95 bis/2006
L’Inps, con la circolare n.
95 bis/2006, che di seguito si pubblica, ha fornito numerosi chiarimenti in
materia di indennità di malattia e di maternità. Se ne richiamano qui di
seguito alcuni tra di essi.
Malattia inferiore a quattro
giorni, invio della certificazione anche all’Inps
Si ritiene tale precisazione
di particolare interesse tra quelle fornite dall’Inps con la circolare in
commento.
Era infatti parere piuttosto
diffuso che il lavoratore potesse consegnare la certificazione medica al solo
datore di lavoro, in caso di malattia che si esaurisce nel periodo di carenza,
cioè con una durata fino a tre giorni.
Al riguardo, l’Istituto fa
presente ora, invece, che le disposizioni vigenti (art. 1, comma 149, della
legge n. 311/04, che ha sostituito i commi 1 e 2 della legge n. 33/80) prevedono
in via generale che, nei casi di infermità comportanti incapacità lavorativa,
la certificazione medica rilasciata ai lavoratori aventi diritto alla indennità
di malattia debba essere inviata a tutti i destinatari previsti;
specificamente, quindi, all’Inps e al datore di lavoro.
Sulla base di tale
disposizione, l’Inps sostiene che l’onere dell’invio della predetta
certificazione all’ente previdenziale permanga pure per la malattia di durata
inferiore a quattro giorni, tenuto conto anche dei riflessi che possono porsi
nell’eventualità di successiva ricaduta.
In conclusione l’Istituto ha
chiarito che in caso di malattia inferiore a quattro giorni, il lavoratore deve
certificare l’assenza sia al datore di lavoro che all’Inps
Festività soppresse
Le giornate infrasettimanali
non più considerate festive (Ascensione; Corpus Domini; 19 marzo; 29 giugno; 4
novembre) sono indennizzabili per la malattia e la maternità solo se le stesse,
come avviene generalmente, sono normalmente lavorate e retribuite.
Per le stesse non viene
pertanto corrisposto, oltre al compenso per il lavoro svolto, un ulteriore
emolumento pari al trattamento dovuto per i giorni festivi. Infatti la
disposizione vigente (secondo comma, art. 6, legge n. 138/43) precisa che
l’indennità non è dovuta per le giornate in cui il lavoratore in malattia
percepisce dal datore di lavoro un trattamento economico, non integrativo della
indennità di malattia, di importo pari o superiore a quello previdenziale.
Malattia all’estero
Per i lavoratori occupati in
Italia che si ammalano durante temporanei soggiorni in Paesi che non fanno
parte della UE o che non hanno stipulato con il nostro Paese convenzioni o
accordi specifici che regolano la materia, la corresponsione dell’indennità di
malattia avviene solo dopo la presentazione all’Inps della certificazione
medica in originale, legalizzata a cura della rappresentanza diplomatica o
consolare italiana all’estero.
Alcune ambasciate o consolati
operanti nei predetti Paesi incaricano medici di loro fiducia per esaminare i
certificati di che trattasi. Detti medici, dopo avere accertata la veridicità
degli stessi, consegnano agli interessati la certificazione “originale”
convalidata, ovvero in sostituzione di questa stessa di altra da loro redatta direttamente in
lingua italiana.
In presenza di tali
situazioni la legalizzazione deve ritenersi in sostanza perfezionata all’atto
della convalida della suddetta certificazione originale o della redazione della
nuova, fermo restando che è comunque sempre necessaria la attestazione, da
parte della ambasciata o consolato interessati, del proprio medico fiduciario
conferita al sanitario che ha svolto il servizio in discorso, nonchè della
autenticità della firma del medesimo.
Tale adempimento può non
essere richiesto ai lavoratori che si ammalano in Paesi extra Ue, ma che hanno
stipulato con l’Italia (o con la UE) convenzioni in cui è espressamente
previsto che la certificazione di malattia rilasciata dalla istituzione locale
competente (o da medici abilitati dalla stessa) è esente da legalizzazione.
Si tratta dei Paesi extra UE
con i quali trova applicazione la
disciplina comunitaria: Islanda, Norvegia e Liechtenstein (Accordo See),
Svizzera e Turchia, nonchè i Paesi con i quali sono state stipulate convenzioni
estese all’assicurazione per malattia, e cioè: Argentina, Bosnia-Erzegovina,
Brasile, Croazia, Jersey e Isole del Canale, Macedonia, Principato di Monaco,
Repubblica di San Marino, Stato di Serbia e Montenegro, Tunisia, Uruguay e
Venezuela.
Lavoratori iscritti alla
gestione separata
Con la circolare in commento,
a modifica delle disposizioni impartite in precedenza, l’Inps ha disposto che
ai fini dell’indennizzo per le giornate per le quali viene documentata
l’effettuazione di prestazioni in regime di “day hospital’’ le stesse sono da
equiparare a giornate di ricovero.
Tale criterio è valido anche
per i lavoratori iscritti alla gestione separata (art. 2, comma 26, legge n.
335/95), fermo restando che anche per tali giornate l’indennità di malattia
viene erogata secondo le diverse modalità e misure previste per la particolare
categoria delle collaborazioni coordinate e continuative.
La circolare in esame precisa
altresì che nei confronti di co.co.co. non opera il cosiddetto principio
dell’automatismo delle prestazioni previdenziali previsto per i prestatori di
lavoro ordinari ex art. 2116 c.c., in base al quale le suddette prestazioni
sono comunque garantite anche nel caso di mancato o irregolare versamento da
parte dell’imprenditore dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti.
Infatti, trattandosi di
lavoratori la cui attività è qualificabile, al punto di vista giuridico, come
autonoma, il mancato o irregolare versamento dei contributi obbligatori non
consente la maturazione del diritto alle prestazioni e la conseguente corresponsione,
in favore degli stessi, delle prestazioni medesime.
Riposi di maternità
È stato chiesto di sapere se,
ai fini della fruizione dei riposi per allattamento (artt. 39 e seguenti del
D.Lgs. n. 151/01) sia possibile considerare le “ore di recupero”, ossia le ore
espletate oltre il previsto orario giornaliero di lavoro ed accumulate con il
sistema della cosiddetta “banca ore”, con i periodi di riposo.
Al riguardo, l’Inps precisa
che ai fini del diritto ai riposi giornalieri di che trattasi e al relativo
trattamento economico, si deve fare riferimento all’orario giornaliero
contrattuale normale e non all’orario effettivamente prestato in concreto nelle
singole giornate.
Ne consegue che i riposi in
questione sono riconoscibili anche laddove la somma delle ore di recupero e di
allattamento esauriscano l’intero orario giornaliero di lavoro comportando di
fatto la totale astensione dall’attività lavorativa.
Infine, risulta più
favorevole il riconoscimento dei suddetti riposi per le lavoratrici in
part-time, comprensivo anche del caso limite di una sola ora di lavoro
nell’arco della intera giornata. Ciò in quanto la dizione letterale della norma
(art. 39, comma 1, del citato T.U.) si limita a prevedere l’orario giornaliero
(6 ore) al di sotto del quale il riposo è pari a un’ora, ma non anche l’orario
minimo necessario per poter fruire del riposo stesso.
L’eventuale coincidenza del
riposo giornaliero con l’unica ora di lavoro, pur comportando la totale
astensione della lavoratrice dalla attività lavorativa, non può precludere
pertanto il riconoscimento del diritto al riposo in parola.
Padre di gemelli
A parziale rettifica delle
istruzioni fornite in una precedente circolare (n. 8/03), l’Istituto interviene
in merito al diritto del padre, lavoratore dipendente, al raddoppio dei periodi
di riposo giornaliero per allattamento, con particolare riferimento alla
ipotesi in cui, trattandosi di lavoratrice/madre non dipendente, si verifichi
il cosiddetto parto plurimo.
Fermo restando che per la
lavoratrice madre non dipendente deve intendersi la lavoratrice autonoma avente
diritto ad un trattamento economico di maternità a carico dell’Inps o di altro
ente previdenziale, va precisato che, in linea con l’evoluzione legislativa e
giurisprudenziale tendente ad assicurare ad entrambi i genitori un ruolo
paritario nelle cure fisiche ed affettiva del bambino, anche nell’ipotesi
considerata, il padre lavoratore dipendente può fruire, in caso di parto
plurimo, del beneficio in esame in misura doppia (art. 41 del già citato T.U.).
Circa le modalità di
fruizione dei riposi giornalieri nella specifica ipotesi considerata di parto
plurimo di madre lavoratrice non dipendente, il padre lavoratore dipendente può
fruire dei riposi in parola anche durante i tre mesi successivi al parto; nonchè
durante l’eventuale periodo di congedo parentale della madre.
In tali periodi, tuttavia, il
diritto ai riposi spetta nella misura di 2 ore o 1 ora, a seconda dell’orario
di lavoro, in analogia a quanto disposto in merito alle ore “aggiuntive”
riconosciute al padre in caso di madre lavoratrice dipendente.
Inps
Roma, 6 Settembre 2006
Circolare n. 95 bis
Oggetto:
Prestazioni economiche di malattia e di maternità. Questioni varie.
Sommario:
1. Indennizzabilità festività
soppresse.
2. Legalizzazione dei certificati
di malattia rilasciati in Paesi extra UE..
3. Indennità di malattia e
lavoratori aventi titolo a prestazioni pensionistiche.
4. Lavoratori iscritti alla
gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della legge n. 335/1995:
inapplicabilità dei termini di decadenza stabiliti dalla legge n. 438/1992;
equiparazione del day hospital al ricovero;inapplicabilità del c.d. automatismo
delle prestazioni.
5. Il lavoratore agricolo a
tempo determinato che ha prestato nell’anno precedente l’inizio dell’evento
morboso almeno 51 giornate di attività come lavoratore agricolo a tempo
indeterminato ha diritto all’indennità di malattia per un numero di giornate
pari a quelle effettuate nell’anno precedente.
6. I lavoratori che
beneficiano dell’incentivo al posticipo del pensionamento hanno diritto
all’indennità di malattia.
7. Riposi giornalieri ex art.
39 del T.U.( c.d. riposi di allattamento ) : cumulabilità coi recuperi
effettuati mediante l’utilizzo della
“banca ore”; compatibilità col part-time orizzontale; diritto del padre al raddoppio dei permessi in caso di
parto plurimo; fruibilità da parte delle lavoratrici dipendenti in distacco
sindacale.
8. La riemissione in
pagamento di assegni per prestazioni economiche di malattia e di maternità non
riscossi è subordinata alla verifica del mancato decorso del termine annuale di
prescrizione vigente nella materia.
9. Nei casi di malattia
ascrivibile a “mobbing” l’azione di surroga può essere attivata autonomamente
dall’Istituto solo quando vi è stato un previo accertamento di responsabilità
del terzo in sede giudiziale.
10. Nelle ipotesi di malattie
che si esauriscono nel periodo di carenza permane in capo al lavoratore l’obbligo dell’invio del
certificato medico sia all’INPS che al datore di lavoro .
1) Festività soppresse
(malattia e maternità).
Sono pervenute richieste di
chiarimenti circa l’indennizzabilità delle giornate infrasettimanali non più
considerate festive per effetto della legge 5 marzo 1977, n. 54 e successive
modificazioni (trattasi come noto delle ricorrenze dell’Ascensione, del Corpus
Domini, del 19 marzo, del 29 giugno e del 4 novembre).
Al riguardo si ribadisce che
le predette giornate sono indennizzabili solo se le stesse – come peraltro in
genere avviene – sono normalmente lavorate e retribuite (per le stesse non
viene cioè corrisposto, oltre al compenso per il lavoro svolto, un ulteriore
emolumento pari al trattamento dovuto per i giorni festivi) (1).
Infatti il 2° comma dell’art.
6 della legge n.138/1943, precisa che l’indennità non è dovuta per le giornate
in cui il lavoratore ammalato percepisce dal datore di lavoro un trattamento
economico, non integrativo della indennità di malattia, di importo pari o
superiore a quello previdenziale.
Il criterio comporta che
nell’ipotesi, segnalata da alcune Sedi, di aziende che corrispondono per
contratto ai propri dipendenti nella prima successiva domenica del mese
considerato il compenso aggiuntivo relativo alla festività soppressa cadente in
un giorno feriale lavorativo, al lavoratore assente per malattia nel giorno ex
festivo stesso spetterà, per tale giorno, in quanto normalmente retribuito, il
trattamento previdenziale. Nell’ipotesi di impiegati, la domenica non sarà
indennizzabile, ai sensi del citato art. 6, comma 2 della legge n. 138/1943 (2).
2) Lavoratori occupati in
italia che si ammalano durante temporanei soggiorni all’estero. legalizzazione
dei certificati di malattia (malattia).
Secondo le disposizioni
impartite (v. da ultimo circ. n. 136/2003, par. 11), per i lavoratori occupati
in Italia che si ammalano durante temporanei soggiorni in Paesi che non fanno
parte della Unione Europea (3) o che non hanno stipulato con l’Italia
Convenzioni o Accordi specifici che regolano la materia, la corresponsione
dell’indennità di malattia può aver luogo solo dopo la presentazione all’INPS
della certificazione originale, legalizzata a cura della locale rappresentanza
diplomatica o consolare italiana.
E’ stato segnalato che alcune
Ambasciate o Consolati operanti presso i predetti Paesi (ad esempio Marocco,
Sri Lanka) incaricano medici di loro fiducia di esaminare i certificati di cui
trattasi. Detti medici, dopo averne accertata la veridicità, consegnano agli
interessati (che talvolta vengono anche sottoposti a visita) la certificazione
“originale” convalidata, ovvero, in sostituzione di questa, altra
certificazione da loro redatta direttamente in lingua italiana.
In presenza di tali
situazioni la legalizzazione deve ritenersi in sostanza perfezionata all’atto
della convalida della certificazione originale o della redazione della nuova
certificazione, fermo restando che è comunque sempre necessaria la
attestazione, da parte dell’ambasciata o consolato interessati, della veste di
proprio medico fiduciario conferita al sanitario che ha svolto il servizio in
argomento, nonché della autenticità della sua firma.
Sull’argomento
“legalizzazione”, più in generale, si ritiene utile fornire le seguenti
indicazioni. L’adempimento può non essere richiesto ai lavoratori che si
ammalano in Paesi non facenti parte dell’Unione Europea ma che hanno stipulato
con l’Italia (o con la U.E.) Convenzioni o Accordi specifici che regolano la
materia in cui è espressamente previsto che la certificazione di malattia
rilasciata dall’Istituzione locale competente (o, per quanto qui interessa, da
medici abilitati dalla stessa) è esente da legalizzazione.
I Paesi di cui trattasi sono:
(4)
- Paesi extra UE con i quali
sono stati stipulati Accordi che prevedono l’applicazione della disciplina
comunitaria: Islanda, Norvegia e Liechtenstein in base
all’Accordo SEE (Spazio Economico Europeo), Svizzera (in base all’Accordo sulla
libera circolazione tra CH e UE) e Turchia (in applicazione alla Convenzione
Europea di sicurezza sociale).
- Paesi extra UE con i
quali sono stati stipulate Convenzioni estese all’assicurazione per malattia:
Argentina, Bosnia-Erzegovina (5), Brasile, Croazia, Jersey e Isole del Canale,
Macedonia (5), Principato di Monaco, Repubblica di San Marino, Stato di Serbia
e Montenegro (5), Tunisia, Uruguay e Venezuela.
In particolare si richiama
l’attenzione di codeste Sedi sulla possibilità, prevista in genere da dette
Convenzioni o Accordi, di richiedere alle locali Casse o Istituzioni analoghe
l’effettuazione di accertamenti sanitari sui lavoratori assistiti in Italia che
si ammalano sul territorio estero, fornendo le generalità degli interessati ed
il loro esatto recapito all’estero.
E’ ovvio che per gli altri
Paesi per i quali, ancorché in presenza di Convenzioni sulla materia, non è
prevista espressa dispensa, continua ad essere necessaria la legalizzazione da
parte delle rappresentanze diplomatiche o consolari, secondo le disposizioni
vigenti.
Infine, si ricorda che sono
esenti da legalizzazione a condizione che rechino l’’APOSTILLE’ gli atti e i
documenti rilasciati dagli Stati aderenti alla Convenzione dell’Aja del 5
ottobre 1961.
3) Lavoratori aventi titolo
alle prestazioni pensionistiche (malattia).
Continuano a pervenire
quesiti in tema di riconoscibilità del diritto all’indennità di malattia nei
confronti di assicurati aventi titolo a prestazioni pensionistiche. Al riguardo
si conferma che ai soggetti in questione non compete il diritto all’indennità
di malattia per gli eventi morbosi che iniziano successivamente alla data della
cessazione del rapporto di lavoro (v. circ. n. 134406 AGO – n. 286 SL/149 del
23.7.1983, par. 7); ciò anche se la malattia inizia entro il termine di
copertura assicurativa (due mesi, o 60 giorni se il conteggio è più favorevole,
dalla cessazione del rapporto di lavoro).
In sostanza, la limitazione
opera nei confronti dei soggetti già titolari di un trattamento pensionistico
al momento della cessazione del rapporto di lavoro nonché di quelli che cessano
l’attività per pensionamento o comunque per acquisizione di un trattamento di
quiescenza.
I criteri sopra indicati
riguardano la generalità degli assicurati (compresi i marittimi, tenendo conto
ovviamente delle particolarità vigenti per la categoria: la cessazione del
rapporto di lavoro coincide con il giorno dello sbarco; il periodo di copertura
assicurativa ha la durata di 28 giorni) e vanno applicati anche nei confronti
dei pensionati che, dopo la cessazione dell’attività, assumono un nuovo lavoro.
Avuto riguardo infatti alla
funzione dell’indennità di malattia, di compensare la perdita della retribuzione
causata dall’evento morboso che rende il soggetto temporaneamente incapace al
lavoro, la previsione di mantenimento, sia pure per un limitato periodo di
tempo, del diritto alla indennità dopo la cessazione del rapporto di lavoro è
da riferirsi soltanto a coloro che si trovano contingentemente privi di
occupazione e non godono di erogazioni diverse, presupposti non rinvenibili nel
caso di titolari di un trattamento di quiescenza.
Resta inteso che quanto
precede non rileva ai fini dell’indennizzabilità delle malattie iniziate prima
della cessazione del rapporto di lavoro; queste saranno quindi indennizzate,
nei limiti massimi previsti, anche per il periodo successivo alla cessazione
del rapporto di lavoro stesso, ovviamente se a tempo indeterminato (art. 5,
comma 2, legge 638/1983) (6).
A completamento delle
indicazioni fornite, si ricorda infine (v. circ. n. 182/1997, par. 7) che
l’indennità di malattia – quando l’evento denunciato, iniziato in costanza di
lavoro, è riconducibile alla stessa patologia per la quale è stato concesso
l’assegno di invalidità – spetta soltanto se è sanitariamente riscontrabile una
riacutizzazione o una complicanza della patologia stessa, tale da produrre un’
incapacità lavorativa (7).
Resta ferma l’incompatibilità
tra la pensione di inabilità e l’indennità di malattia.
4) Lavoratori iscritti alla
Gestione Separata di cui all’art. 2 comma 26, della Legge n. 335/1995.
a) Decadenza (malattia e
maternità).
In occasione della
istruttoria dei ricorsi presentati dai lavoratori in argomento in materia di
indennità di maternità e di indennità di malattia per i periodi di ricovero si
è rilevato che talvolta nella lettera con cui viene data agli interessati la
comunicazione di non accoglimento della domanda è indicato che l’azione giudiziaria
per l’ottenimento della prestazione in contestazione è assoggettata ai termini
di decadenza di un anno previsti dalla legge n. 438/1992.
Al riguardo si precisa che la
decadenza contemplata dalla legge suddetta è espressamente limitata alle prestazioni
temporanee ai lavoratori dipendenti e quindi non è riferibile a quelle in
esame.
Non appare neppure possibile
estendere in via analogica ai soggetti di cui trattasi la particolare
disciplina in questione, atteso che le norme sulla decadenza hanno natura
eccezionale e pertanto non possono applicarsi oltre i casi ed i tempi in esse
considerati.
Resta fermo, nella materia,
il termine annuale di prescrizione, decorrente, secondo i criteri forniti con
messaggio n. 009337 del 31.3.2006, dalla conclusione del procedimento
amministrativo, salvo idonei atti interruttivi.
Le Sedi sono pertanto
invitate, a modificare nel senso anzidetto le indicazioni fornite sull’aspetto
di interesse nelle comunicazioni di reiezione della prestazione.
b) Day hospital (malattia).
Con circolare n. 136/2003, a
modifica delle disposizioni in precedenza impartite con circolare n.192/1996
sullo specifico aspetto, è stato disposto che ai fini erogativi di interesse le
giornate per le quali viene documentata l’effettuazione di prestazioni in
regime di day hospital sono da equiparare a giornate di ricovero.
Il criterio vale anche per i
lavoratori iscritti alla gestione separata di cui trattasi, fermo restando
ovviamente che pure per dette giornate l’indennità va erogata secondo le diverse
modalità e misure previste per la
particolare categoria.
c) Automatismo delle prestazioni (malattia e maternità)
Nei confronti dei soggetti
iscritti alla gestione separata di cui trattasi si rammenta che non opera il
c.d. principio dell’automatismo delle prestazioni previdenziali sancito per i
“prestatori di lavoro”, dall’art. 2116 del cod. civ., in forza del quale le
suddette prestazioni sono comunque garantite anche nel caso di mancato o
irregolare versamento da parte dell’imprenditore dei contributi previdenziali e
assistenziali dovuti.
Trattandosi infatti di
lavoratori la cui attività è giuridicamente qualificabile come autonoma, il
mancato o irregolare versamento dei contributi obbligatori impedisce la
maturazione del diritto alle prestazioni e la conseguente corresponsione, in
favore degli stessi, delle prestazioni medesime.
5) Lavoratori agricoli a
tempo determinato. periodo indennizzabile (Malattia).
…(omissis)…
6) Legge n. 243 del 23 agosto
2004: incentivo al posticipo del pensionamento (malattia).
Con riferimento ai lavoratori
che beneficiano dell’incentivo al posticipo del pensionamento (cd. bonus)
previsto dalla L. 243 del 23.8.2004 (art. 1, comma da
Stante la permanenza del
relativo obbligo contributivo ne deriva che ai lavoratori che decidano di
fruire del cd. bonus spetta il diritto all’indennità di malattia secondo la
disciplina generale applicabile ai lavoratori subordinati (8).
In particolare, atteso che,
in caso di fruizione del cd. bonus, la somma corrispondente alla contribuzione
che il datore di lavoro avrebbe dovuto versare all’INPS a fini pensionistici
viene interamente corrisposta al lavoratore, la somma stessa non dovrà essere
inclusa, in base ai principi generali vigenti nella materia, nella retribuzione
utile per il calcolo delle indennità in argomento.
7) Riposi giornalieri (c.d.
per allattamento) .
7.1 Diritto ai riposi e
“banca ore”.
…(omissis)…
7.2 Riposi giornalieri e
part-time.
Si forniscono chiarimenti in
merito alla possibilità di riconoscere i riposi giornalieri nel caso limite
della lavoratrice madre a tempo parziale c.d. orizzontale, tenuta in base al
programma contrattuale ad effettuare solo un’ora di lavoro nell’arco della
giornata.
In linea con l’orientamento
espresso in proposito dal Ministero vigilante– orientamento recentemente
confermato dal Coordinamento generale legale dell’Istituto-
L’eventuale coincidenza del
riposo giornaliero con l’unica ora di lavoro, pur comportando la totale
astensione della lavoratrice dall’attività lavorativa, non precluderà pertanto
il riconoscimento del diritto al riposo in questione.
7.3 Diritto del padre ai
riposi in caso di parto plurimo.
A parziale rettifica delle
istruzioni fornite con circ. 8/2003, par. 2, si forniscono chiarimenti in
merito al diritto del padre, lavoratore dipendente, al raddoppio dei periodi di
riposo giornaliero di cui agli artt. 39 e ss. del testo unico vigente in materia,
con particolare riferimento all’ipotesi in cui, trattandosi di madre lavoratrice non dipendente, si
verifichi il c.d. parto plurimo.
In particolare, fermo
restando che, ai sensi di quanto previsto dall’art. 40, lett. c, del D. Lgs.
151/2001 (T.U. della maternità), per madre lavoratrice non dipendente deve
intendersi la lavoratrice autonoma (artigiana, commerciante, coltivatrice
diretta, colona, mezzadra, imprenditrice agricola professionale,
parasubordinata e libera professionista) avente diritto ad un trattamento
economico di maternità a carico dell’Istituto o di altro Ente previdenziale, si
precisa - in linea con l’evoluzione legislativa e giurisprudenziale sempre più
tendente ad assicurare ad entrambi i genitori un ruolo paritario nelle cure
fisiche ed affettive del bambino – che, anche nell’ipotesi considerata, il
padre dipendente può fruire, in caso di parto plurimo, del beneficio in esame
in misura raddoppiata secondo quanto previsto dall’art. 41 del presente testo
unico.
Circa le modalità di
fruizione dei riposi giornalieri nella specifica ipotesi considerata (parto
plurimo di madre lavoratrice non dipendente), si precisa inoltre che il padre
lavoratore dipendente può fruire dei riposi stessi anche durante i tre mesi
dopo il parto nonché durante l’eventuale periodo di congedo parentale della
madre; in tali periodi, tuttavia, il diritto spetta nella misura di 2 ore o 1
ora a seconda dell’orario di lavoro, in
analogia a quanto disposto in merito alle ore “aggiuntive” riconosciute al
padre in caso di madre lavoratrice dipendente (v. circ. 109/2000, par. 2.2., 3°
capoverso).
7.4 Diritto delle lavoratrici
in distacco sindacale.
La giurisprudenza di
legittimità ha espresso l’orientamento, ormai consolidato, secondo cui ,
durante i periodi di aspettativa sindacale non retribuita ai sensi dell’art.31
della legge 20 maggio 1970, n
Tale principio generale va,
pertanto, applicato anche all’indennità per i riposi giornalieri, atteso che
l’indennità cosiddetta per allattamento costituisce una delle prestazioni a
tutela della maternità, in specie alternativa (e comunque integrativa) rispetto
al congedo parentale durante il primo anno di vita del bambino.
Più in particolare, con
riferimento specifico al calcolo dell’indennità in questione, si dovrà fare
riferimento alla retribuzione che la lavoratrice avrebbe maturato allorché
fosse rimasta in servizio, desumibile dall’ultimo CCNL relativo al settore
produttivo di appartenenza della lavoratrice ed alle mansioni svolte prima del
distacco sindacale.
8) Assegni non riscossi
(malattia e maternità).
E’ stato chiesto se nel caso
in cui l’indennità di malattia e maternità sia stata corrisposta mediante
assegno ed il lavoratore abbia trascurato di riscuoterlo, si possa eccepire la
prescrizione annuale ex art. 6 della legge n. 138/1943 alla richiesta di
riemissione dell’assegno stesso, avanzata dall’interessato dopo che è trascorso
oltre un anno dalla ricezione del primo assegno.
Al riguardo si fa presente
che l’emissione dell’assegno, stante la sua natura di mezzo di pagamento, non
produce la novazione del rapporto fondamentale sottostante, che quindi rimane
in essere con tutte le caratteristiche sue proprie, ivi compresa quella che
attiene alla prescrizione applicabile.
La riemissione in pagamento
di assegni per le prestazioni economiche in questione deve intendersi quindi
subordinata in ogni caso alla verifica del mancato decorso del termine di
prescrizione annuale predetto, fatto salvo l’effetto interruttivo da attribuire
all’emissione del precedente assegno, in cui deve ravvisarsi un riconoscimento
di debito da parte dell’Istituto.
9) Esperibilità dell’azione
di surroga in ipotesi di mobbing (malattia).
Alcune Sedi hanno chiesto se
la presenza di patologie riconducibili, sulla scorta delle dichiarazioni rese
dall’assicurato, a possibili situazioni di mobbing (9), sia presupposto idoneo
e sufficiente per intraprendere l’azione di surroga per responsabilità di
terzi.
Al riguardo si osserva che
per la giurisprudenza prevalente gli elementi essenziali della fattispecie
sono: l’aggressione o persecuzione di carattere psicologico; la sua frequenza,
sistematicità e durata nel tempo; il suo andamento progressivo; le conseguenze
patologiche gravi che ne derivano per il lavoratore.
In relazione a quanto precede
è evidente che la prova del nesso causale tra il pregiudizio subito e la
malattia è particolarmente ardua, in quanto il lavoratore, per ottenere il
risarcimento, deve dimostrare il collegamento della malattia con una pluralità
di comportamenti che si inseriscono in una precisa strategia persecutoria posta
in essere dal datore di lavoro al fine di isolarlo psicologicamente e
fisicamente.
L’Istituto troverebbe
pertanto gravi difficoltà nell’intentare cause autonome per mobbing,
dovendo provare gli elementi costitutivi
della fattispecie e, in particolare, il nesso causale.
Sulla base delle
considerazioni sopra esposte, ferma restando l’esperibilità in astratto
dell’azione surrogatoria nelle situazioni in questione ( trattandosi comunque
di menomazione della capacità lavorativa ascrivibile a comportamento doloso del
terzo responsabile ), di norma le Sedi
non daranno avvio ad autonoma procedura di recupero per i
casi di malattia semplicemente additati come mobbing e privi di un accertamento
giudiziale di responsabilità del datore di lavoro.
10) Invio della
certificazione medica per le malattie che si esauriscono in carenza (malattia)
.
È stato chiesto se nel caso
di malattie che si esauriscono in carenza
il lavoratore possa consegnare la certificazione medica al solo datore
di lavoro, omettendo cioè di inviarla
all’INPS.
Al riguardo si fa presente
che le disposizioni vigenti (art. 1, comma 149 della legge 30.12.2004, n.311,
che ha sostituito i commi 1 e 2 della legge n. 33/1980) prevedono in via
generale che, nei casi di infermità comportanti incapacità lavorativa, la
certificazione rilasciata ai lavoratori aventi diritto all’indennità di
malattia debba essere inviata ai destinatari previsti (INPS e datore di
lavoro).
Avuto riguardo a quanto
precede si ritiene quindi che l’onere dell’invio della certificazione all’INPS permanga pure relativamente alle
malattie di durata inferiore a quattro giorni (per le quali, come noto, non è
dovuto il trattamento previdenziale), tenuto conto anche dei riflessi che
possono porsi nell’eventualità di successive ricadute.
Note:
(1) Nell’eventualità che dette
giornate coincidano con la domenica, si applicheranno ovviamente le
disposizioni vigenti per le domeniche stesse (non indennizzabilità per gli
operai, corresponsione dell’indennità per gli impiegati). La situazione non è
infatti equiparabile alle “festività infrasettimanali coincidenti con la
domenica” – non indennizzabili neanche agli impiegati-, avendo le giornate in
questione perso, per effetto della legge sopra citata, la connotazione di
“festività”.
(2) Se ad esempio il datore
di lavoro corrisponde il 6 novembre 2005 (prima domenica del mese di novembre)
il compenso aggiuntivo previsto per la giornata ex festiva del 4 novembre 2005
(venerdì), all’impiegato assente per malattia il 4 novembre spetta, per tale
ultimo giorno, la prestazione previdenziale in quanto trattasi di giornata non
retribuita. Il 6 novembre 2005 non sarà peraltro indennizzabile, non perché
coincidente con la domenica, ma perchè retribuito.
(3) Si elencano, ad ogni buon
conto, oltre all’Italia, i Paesi ai quali, alla data del 1 gennaio 2006 viene
applicata la normativa comunitaria: Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia,
Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito
(Gran Bretagna e Irlanda del Nord), Repubblica Ceca, Repubblica di Cipro,
Slovenia, Slovacchia, Spagna, Svezia e Ungheria.
Con l’occasione si ricorda ad
ogni buon conto che a decorrere dal 1.6.2004 il formulario E111 è stato
sostituito dalla TEAM (Tessera Europea Assicurazione Malattia), e che dalla
stessa data è stato soppresso il
formulario E 113 (v. messaggio n. 027699 del 1.8.2005).
(4) I testi dei relativi
Accordi e Convenzioni sono consultabili su “INPS INTERNET” (INPS; Informazioni;
Panorama internazionale; Le convenzioni internazionali; Normativa; Stati esteri
- convenzioni bilaterali).
(5) Sono ancora applicabili
gli accordi a suo tempo stipulati con l’ex Yugoslavia.
(6) Si rammenta che,
diversamente dagli altri assicurati, ai lavoratori dello spettacolo ed ai
marittimi non è applicabile il divieto di corrispondere trattamenti economici
di malattia dopo la cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato (v.
comma 7, art. 7, della legge n. 638/1983).
(7) Il particolare
accertamento non è ovviamente necessario se la malattia denunciata è diversa.
(8) Poiché per i lavoratori
di cui trattasi permane anche l’assoggettamento alla contribuzione per
maternità, gli stessi hanno anche diritto alle relative prestazioni, limitate
peraltro verosimilmente a casi di adozione, affidamento o permessi per
handicap.
(9) Come indicato nella
sentenza n. 623 del 25.10.2005 della III Sez. Centrale d’Appello della Corte
dei Conti, si verifica una situazione di mobbing “quando un dipendente è
oggetto ripetuto di soprusi da parte dei superiori e, in particolare, quando
vengono poste in essere pratiche dirette ad isolarlo dall’ambiente di lavoro o
ad espellerlo, con la conseguenza di intaccare gravemente l’equilibrio psichico
dello stesso, menomandone la capacità lavorativa e la fiducia in se stesso e
provocando catastrofe emotiva, depressione e talvolta persino il suicidio”.