DECRETO
BERSANI - L. 248/2006 - ULTERIORI CHIARIMENTI IN MATERIA DI LAVORO - CIRCOLARE
MINISTERO LAVORO N. 28/2006
Si fa seguito a quanto
precedentemente comunicato in materia (cfr. suppl. n. 4 e n. 5 al Not. n.
7/2006 e Not. n. 8-9/2006) per segnalare che il Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale, con circolare n. 29 del 28 settembre
Nel pubblicare la richiamata
circolare si segnalano i punti di maggiore interesse.
1. Obbligo di comunicazione
anticipata dell’instaurazione del rapporto di lavoro nel settore edile
L’art. 36 bis, comma 6,
prevede che la comunicazione al competente Centro per l’impiego
dell’instaurazione del rapporto di lavoro da parte delle imprese edili deve
essere effettuata il giorno antecedente a quello di instaurazione del rapporto
stesso.
Tale comunicazione deve
risultare da documentazione “avente data certa”. A parere del Ministero del
Lavoro tale circostanza è desumibile, oltre che dalla tradizionale raccomandata
con avviso di ricevimento, anche da comunicazioni telematiche (fax ovvero posta
elettronica certificata).
2. Provvedimento di
sospensione dei lavori in conseguenza dell’accertamento di lavoratori
irregolari
Possono essere raggiunte dal
provvedimento di sospensione le imprese che svolgono le attività descritte
dall’allegato I del D.Lgs. n. 494/1996, nel quale sono ricomprese sia aziende
inquadrate o inquadrabili previdenzialmente come imprese edili sia imprese non
edili che operano comunque nell’ambito delle realtà di cantiere.
La sospensione, inoltre,
riguarda la singola azienda che, nell’ambito del cantiere, presenti i
presupposti di irregolarità individuati dalla disposizione in esame e non
riguarda invece il cantiere considerato nella sua interezza, tranne
evidentemente le ipotesi in cui nel cantiere operi una sola azienda.
Per personale “non risultante
dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria” si deve il personale
totalmente sconosciuto alla P.A. in quanto non iscritto nella documentazione
obbligatoria né oggetto di alcuna comunicazione prescritta dalla normativa
lavoristica e previdenziale. Ne consegue che, da tale formulazione, restano
esclusi ad esempio gli eventuali rapporti di collaborazione coordinata e continuativa
a progetto (o altre forme di lavoro autonomo) che, seppur ritenuti fittizi,
risultano comunque iscritti sul libro matricola, così come previsto dal D.Lgs.
n. 38/2000.
La percentuale del 20 per
cento di personale irregolare va calcolata avendo come riferimento la totalità
dei lavoratori della singola impresa operanti nel cantiere al momento
dell’accesso ispettivo (e non già complessivamente in forza all’azienda)
risultanti dalle “scritture o da altra documentazione obbligatoria” come sopra
chiarito.
Inoltre il Ministero
sottolinea il carattere discrezionale del provvedimento di sospensione. Più
precisamente il Ministero ritiene che il provvedimento di sospensione dei
lavori nel cantiere debba essere “di norma adottato” ogniqualvolta si riscontri
la sussistenza di uno o ambedue i presupposti di legge, salvo valutare
circostanze particolari che suggeriscano, sotto il profilo dell’opportunità, di
non adottare il provvedimento in questione. Nella circolare in parola viene
chiarito che il provvedimento può non essere adottato quando il rischio per la
salute e sicurezza dei lavoratori risulta di lieve entità in relazione alla
specifica attività svolta nel cantiere ovvero quando l’interruzione
dell’attività svolta dall’impresa determini a sua volta una situazione di
pericolo per l’incolumità dei lavoratori delle altre imprese che operano nel
cantiere.
L’inosservanza del
provvedimento di sospensione dei lavori configura l’ipotesi di reato di cui
all’art. 650 c.p. il quale punisce “chiunque non osserva un provvedimento
legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica
o d’ordine pubblico o d’igiene” con l’arresto sino a tre mesi e l’ammenda sino
ad euro 206.
3. Obbligo di munire i
dipendenti che operano nei cantieri di cartellino identificativo
Anche in questo caso il campo
di applicazione della previsione va individuato con riferimento a tutte le
imprese che svolgono le attività di cui all’Allegato I del D.Lgs. 494/1996.
Si sottolinea che nella
circolare in parola vengono confermate le osservazioni già contenute nelle
precedenti note informative del Collegio.
Ministero del Lavoro e della
Previdenza Sociale
Direzione Generale Per
l’attività Ispettiva
Circolare n. 29
Roma, 28 settembre 2006
Allegato:
modello da utilizzare per l’adozione del provvedimento di sospensione dei
lavori
Oggetto:
Art. 36 bis D.L. n. 223/2006 (conv. con L. n. 248/2006).
Come noto, il D.L. n.
223/2006, convertito con modificazioni dalla L. n. 248/2006 (in G.U. n. 186
dell’11 agosto 2006), ha introdotto all’art. 36 bis “Misure urgenti per il
contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di
lavoro”.
La normativa, al fine di
assicurare una più efficace azione di prevenzione oltre che di repressione del
lavoro sommerso nonché di riduzione del fenomeno infortunistico dei luoghi di
lavoro, da un lato interviene a potenziare i poteri e le prerogative del
personale ispettivo del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e,
dall’altro, introduce nuovi adempimenti volti a rendere più “trasparenti” le
modalità di assunzione e di impiego del personale dipendente, riformulando,
altresì, in senso conforme alle indicazioni della Corte Costituzionale, la c.d.
maxisanzione per il lavoro “nero” già prevista dall’art. 3, comma 3, D.L. n.
12/2002 (conv. da L. n. 73/2002).
Si ritiene utile fornire
alcuni chiarimenti operativi sulle predette novità, al fine di una corretta
interpretazione delle previsioni normative in fase di prima applicazione.
Provvedimento di sospensione
dei lavori nel cantiere
L’art. 36 bis del D.L. n.
223/2006 si caratterizza, anzitutto, per aver concentrato l’attenzione sulle
ricadute che l’utilizzo di manodopera irregolare può avere sulle problematiche
di sicurezza nei luoghi di lavoro. Già in passato, infatti, si era avuto modo
di constatare che le imprese che ricorrono a manodopera irregolare sono anche
quelle che presentano maggiori tassi infortunistici; invero, prima d’oggi
nessuna disposizione normativa aveva espressamente e direttamente collegato i
due fenomeni, operando la presunzione secondo cui il lavoro irregolare
determina automaticamente anche una condizione di criticità sul fronte della
sicurezza sul lavoro.
Tale collegamento emerge in
particolare dalla previsione di cui al comma 1 del predetto articolo il quale
prevede che “(…) il personale ispettivo del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale, anche su segnalazione dell’Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS) e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro
gli infortuni sul lavoro (INAIL), può adottare il provvedimento di sospensione
dei lavori nell’ambito dei cantieri edili qualora riscontri l’impiego di
personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione
obbligatoria, in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori
regolarmente occupati nel cantiere ovvero in caso di reiterate violazioni della
disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero
e settimanale, di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile
2003, n. 66, e successive modificazioni”. La ratio della disposizione, come
accennato in premessa, individua una “presunzione” da parte dell’ordinamento
circa la situazione di pericolosità che si verifica in cantiere in conseguenza
del ricorso a manodopera “non risultante dalle scritture o da altra
documentazione obbligatoria” giacché la stessa, oltre a non essere regolare
sotto il profilo strettamente lavoristico, non ha verosimilmente ricevuto
alcuna “formazione ed informazione” sui pericoli che caratterizzano l’attività
svolta nel settore edile.
In primo luogo va chiarito
l’ambito di applicazione della disposizione che – stante il riferimento a
“l’ambito dei cantieri edili” – sembra coincidere con le imprese che svolgono
le attività descritte dall’allegato I del D.Lgs. n. 494/1996, nel quale sono
ricomprese sia aziende inquadrate o inquadrabili previdenzialmente come imprese
edili sia imprese non edili che operano comunque nell’ambito delle realtà di
cantiere.
Si tratta in particolare di
imprese che svolgono:
1) lavori di costruzione,
manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento,
ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il rinnovamento o lo
smantellamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura, in cemento
armato, in metallo, in legno o in altri materiali, comprese le linee
elettriche, le parti strutturali degli impianti elettrici, le opere stradali,
ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche e, solo per la parte che
comporta lavori edili o di ingegneria civile, le opere di bonifica, di
sistemazione forestale e di sterro;
2) scavi, montaggio e
smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per i lavori edili o di
ingegneria civile.
Per quanto concerne
l’”oggetto” del provvedimento di sospensione dei lavori si ritiene che lo
stesso vada riferito ad ogni singola azienda che, nell’ambito del cantiere,
presenti i presupposti di irregolarità individuati dalla disposizione in esame
e non riguardi invece il cantiere considerato nella sua interezza, tranne
evidentemente le ipotesi in cui nel cantiere operi una sola azienda. Tale
orientamento risponde alla logica di non penalizzare, con un provvedimento che
sospenda la complessiva attività del cantiere, anche le imprese che in detto
ambito operano in condizioni di regolarità e alle quali sarebbe peraltro
inibita la prosecuzione dei lavori senza poter nemmeno incidere in alcun modo
sulla regolarizzazione delle violazioni riscontrate; regolarizzazione che viene
posta dal legislatore quale condizione per la ripresa dei lavori stessi.
Venendo invece alle
condizioni individuate dalla norma per l’adozione del provvedimento di
sospensione si ritiene opportuno chiarire quanto segue.
Con riferimento al personale
“non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria” si
precisa che lo stesso va individuato nel personale totalmente sconosciuto alla
P.A. in quanto non iscritto nella documentazione obbligatoria né oggetto di
alcuna comunicazione prescritta dalla normativa lavoristica e previdenziale. Ne
consegue che, da tale formulazione, restano esclusi ad esempio gli eventuali
rapporti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto (o altre forme
di lavoro autonomo) che, seppur ritenuti fittizi, risultano comunque iscritti
sul libro matricola, così come previsto dal D.Lgs. n. 38/2000. Viceversa,
eventuali forme di collaborazione occasionale ritenute non genuine, in assenza
di qualunque formalizzazione su libri o documenti obbligatori, potranno,
invece, contribuire alla determinazione della percentuale di personale
irregolare.
Relativamente al calcolo
della percentuale del personale “in nero” va in secondo luogo chiarito che
detta percentuale va rapportata alla totalità dei lavoratori della singola
impresa operanti nel cantiere al momento dell’accesso ispettivo (e non già
complessivamente in forza all’azienda) risultanti dalle “scritture o da altra
documentazione obbligatoria” come sopra chiarito. A titolo esemplificativo si
consideri l’ipotesi di un’impresa con 30 dipendenti in forza che occupa in un
cantiere, al momento dell’accesso ispettivo, 10 lavoratori, di cui 3 non
iscritti sul libro matricola. Detta impresa potrà essere destinataria del
provvedimento di sospensione in quanto i 3 lavoratori irregolari – rapportati
ai 7 lavoratori regolarmente occupati (i 3 lavoratori irregolari vanno dunque
esclusi dalla base di calcolo) – rappresentano oltre il 40% della totalità
della manodopera.
Ancora con riferimento ai
presupposti di adozione del provvedimento di sospensione, un ulteriore
chiarimento attiene alla ipotesi “di reiterate violazioni della disciplina in
materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e
settimanale”. In tal caso, in particolare, il termine “reiterate” va
interpretato come ripetizione di una o più delle diverse condotte illecite
contemplate nella norma in esame, riferita ad almeno un lavoratore, in un
determinato arco temporale (l’art. 8 bis della L. n. 689/1981, ad esempio,
prende in considerazione gli ultimi 5 anni), tale da non poter considerare la
condotta stessa meramente occasionale.
Altre osservazioni attengono
al carattere “discrezionale” del provvedimento cautelare in esame. In proposito
va ricordato che la ratio della disposizione è quella di garantire l’integrità
psicofisica dei lavoratori operanti nel settore edile e tale finalità deve
opportunamente guidare il personale ispettivo nell’esercizio del potere
discrezionale riconosciuto dalla disposizione. Proprio sulla base di tale
premessa, quindi, considerata l’oggettività e la determinatezza dei presupposti
normativi, si ritiene che il provvedimento di sospensione dei lavori nel
cantiere debba essere “di norma adottato” ogniqualvolta si riscontri la
sussistenza di uno o ambedue i presupposti sopra indicati, salvo valutare
circostanze particolari che suggeriscano, sotto il profilo dell’opportunità, di
non adottare il provvedimento in questione.
In particolare, un utile
criterio volto ad orientare la valutazione dell’organo di vigilanza va legato
alla natura del rischio dell’attività svolta dai lavoratori irregolari, tenendo
conto che il provvedimento può non essere adottato:
1) quando il rischio per la
salute e sicurezza dei lavoratori risulta di lieve entità in relazione alla
specifica attività svolta nel cantiere (es. tinteggiatura interna, posa in
opera di rivestimenti ecc.);
2) quando l’interruzione
dell’attività svolta dall’impresa determini a sua volta una situazione di
pericolo per l’incolumità dei lavoratori delle altre imprese che operano nel
cantiere (si pensi, ad esempio, alla sospensione di uno scavo in presenza di
una falda d’acqua o a scavi aperti in strade di grande traffico, a demolizioni
il cui stato di avanzamento abbia già pregiudicato la stabilità della struttura
residua e/o adiacente o, ancora, alla necessità di ultimare eventuali lavori di
rimozione di materiale nocivo quale l’amianto).
Tenendo conto di quanto sopra
evidenziato e rilevata la necessità che l’obbligo di motivazione comporta
sempre una adeguata valutazione dei presupposti del provvedimento di
sospensione, si richiama l’attenzione del personale ispettivo sull’esigenza di
specificare, oltre che nel provvedimento stesso, anche nel verbale di
accertamento, le specifiche fasi di lavorazione effettuate dall’azienda al
momento della verifica ispettiva.
La necessaria valutazione di
tali circostanze comporta, quale conseguente corollario, che nelle ipotesi in
cui gli ispettori di vigilanza degli istituti previdenziali e assicurativi
accertino la sussistenza dei presupposti che legittimano l’adozione del
provvedimento di sospensione, gli stessi ne diano immediata comunicazione,
mediante trasmissione del verbale anche in via telematica, alla Direzione
provinciale del lavoro, affinché quest’ultima mediante proprio personale attivi
le dovute valutazioni ai fini dell’adozione del provvedimento di sospensione
dei lavori.
Si sottolinea, inoltre, che
l’informativa ai competenti uffici del Ministero delle infrastrutture relativa
all’adozione del provvedimento di sospensione va fatta a cura della Direzione
provinciale del lavoro e non già da parte del personale ispettivo che adotta il
provvedimento medesimo.
L’art. 36 bis, al comma 2,
stabilisce inoltre che “è condizione per la revoca del provvedimento da parte
del personale ispettivo (…):
a) la regolarizzazione dei
lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione
obbligatoria;
b) l’accertamento del
ripristino delle regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi di reiterate
violazioni alla disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di
riposo giornaliero e settimanale, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003,
n. 66, e successive modificazioni. È comunque fatta salva l’applicazione delle
sanzioni penali e amministrative vigenti”.
In proposito occorre chiarire
che per la regolarizzazione dei lavoratori “in nero”, oltre alla registrazione
degli stessi sui libri obbligatori, al pagamento delle sanzioni amministrative
e civili ed al versamento dei relativi contributi previdenziali ed
assicurativi, è necessaria anche l’ottemperanza agli obblighi più immediati di
natura prevenzionistica di cui al D.Lgs. n. 626/1994,con specifico riferimento
almeno alla sorveglianza sanitaria (visite mediche preventive) e alla
formazione ed informazione sui pericoli legati all’attività svolta nel cantiere
nonché alla fornitura dei dispositivi di protezione individuale.
A tal proposito, si coglie
l’occasione per ricordare al personale ispettivo che, ogniqualvolta venga
accertata la presenza di manodopera “in nero” nelle attività edili,
configurandosi nella quasi totalità dei casi la violazione degli obblighi,
puniti penalmente, legati alla sicurezza dei lavoratori (almeno in riferimento
all’omessa sorveglianza sanitaria e alla mancata formazione ed informazione),
il predetto personale ispettivo dovrà adottare il provvedimento di prescrizione
obbligatoria relativo a tali ipotesi contravvenzionali e verificare,
conseguentemente, l’ottemperanza alla prescrizione impartita.
Per quanto invece concerne il
“ripristino delle regolari condizioni di lavoro” nelle ipotesi di violazioni in
materia di tempi di lavoro e di riposi, detto ripristino non può che aversi con
il solo pagamento delle relative sanzioni amministrative, stante
l’impossibilità sostanziale di una reintegrazione dell’ordine giuridico
violato, trattandosi di condotte di natura commissiva, come peraltro già
chiarito con circolare n. 8/2005 di questo Ministero.
L’inosservanza del
provvedimento di sospensione dei lavori configura l’ipotesi di reato di cui
all’art. 650 c.p. il quale punisce “chiunque non osserva un provvedimento
legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica
o d’ordine pubblico o d’igiene” con l’arresto sino a tre mesi e l’ammenda sino
ad euro
Ultime osservazioni attengono
alla possibilità di impugnare il provvedimento cautelare in sede
amministrativa. Al riguardo, pur in assenza di una espressa previsione
normativa in tal senso – contrariamente a quanto avviene con riferimento ad
altri poteri ispettivi (ad es. diffida accertativa ex art. 12 del D.Lgs. n.
124/2004, impugnabile presso il Comitato regionale per i rapporti di lavoro di
cui all’art. 17 dello stesso decreto) – sembra potersi ammettere un ricorso di
natura gerarchica alle Direzioni regionali del lavoro territorialmente competenti,
secondo quanto stabilito in via generale dal D.P.R. n. 1199 del 1971. Resta
comunque inalterata la possibilità, da parte della Direzione provinciale del
lavoro, di revocare il provvedimento di sospensione dei lavori in via di
autotutela, ai sensi degli artt. 21 quinquies e 21 nonies della L. n. 241/1990.
Si allega, in calce alla
presente circolare, il modello da utilizzare per l’adozione del provvedimento
di sospensione dei lavori, già diramato con nota prot. n. 25/I/0002975 del 24
agosto 2006.
Lavoro nei cantieri: tessera
di riconoscimento o registro
Il comma 3 dell’art. 36 bis
introduce l’obbligo per i datori di lavoro, nell’ambito dei cantieri edili, di
munire il personale occupato, a decorrere dal 1º ottobre 2006, di apposita
tessera di riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalità del
lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro.
Anche in tal caso il campo di
applicazione della previsione va individuato con riferimento a tutte le imprese
che svolgono le attività di cui all’Allegato I del D.Lgs. 494/1996.
Tenuto conto delle finalità
della disposizione volta alla immediata identificazione e riconoscibilità del
personale operante in cantiere, i lavoratori sono tenuti a portare indosso in
chiara evidenza detta tessera di riconoscimento; medesimo obbligo fa capo ai
lavoratori autonomi che operano nel cantiere stesso, i quali sono tenuti a
provvedervi per proprio conto (ad es. artigiani).
I dati contenuti nella
tessera di riconoscimento devono consentire l’inequivoco ed immediato riconoscimento
del lavoratore interessato e pertanto, oltre alla fotografia, deve essere
riportato in modo leggibile almeno il nome, il cognome e la data di nascita. La
tessera inoltre deve indicare il nome o la ragione sociale dell’impresa datrice
di lavoro.
La previsione normativa
stabilisce ancora che, in via alternativa, i soli datori di lavoro che occupano
meno di dieci dipendenti (cioè massimo nove) possono assolvere all’obbligo di
esporre la tessera “mediante annotazione, su apposito registro di cantiere vidimato
dalla Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente da tenersi
sul luogo di lavoro, degli estremi del personale giornalmente impiegato nei
lavori”.
Con riferimento all’ambito
applicativo della previsione si precisa che il suddetto limite numerico va
riferito al personale stabilmente in forza all’azienda, tenendo presente che
per il computo dello stesso “si tiene conto di tutti i lavoratori impiegati a
prescindere dalla tipologia dei rapporti di lavoro instaurati, ivi compresi
quelli autonomi”. Il riferimento ai lavoratori autonomi, evidentemente, è da
interpretarsi nel senso di comprendere nel calcolo i lavoratori non subordinati
che intrattengono comunque un rapporto continuativo con l’impresa (ad es.
collaboratori coordinati e continuativi a progetto e associati in
partecipazione).
Dalla formulazione della
norma, inoltre, si evince che l’obbligo di tenere il registro in argomento è
riferito a ciascun cantiere, cosicché l’impresa interessata è tenuta ad
istituire più registri qualora impegnata contemporaneamente in lavori da
effettuare in luoghi diversi.
Viceversa, in caso di lavori
da realizzarsi in tempi diversi, sarà possibile utilizzare il medesimo registro
evidenziando tuttavia separatamente il giorno ed il luogo cui le annotazioni si
riferiscono.
Tale registro non può mai
essere rimosso dal luogo di lavoro in quanto altrimenti si vanifica la finalità
per la quale lo stesso è stato istituito; va altresì precisato che le
annotazioni sullo stesso vanno effettuate necessariamente prima dell’inizio
dell’attività lavorativa giornaliera in quanto trattasi di un registro “di
presenza” in cantiere.
Per quanto concerne le
modalità di vidimazione del registro da parte delle Direzioni provinciali del
lavoro è possibile rinviare in via analogica a quanto previsto dal T.U. n.
1124/1965 con riferimento ai libri di paga e matricola.
Sotto il profilo
sanzionatorio la mancata tenuta sul luogo di lavoro del registro ovvero
l’irregolare tenuta dello stesso comporta in capo al datore di lavoro la
medesima sanzione prevista con riferimento alle tessere di riconoscimento (da
euro100 ad euro 500 per ciascun lavoratore), essendo il registro uno strumento
alternativo ed equipollente alle stesse.
Nei confronti di tali
sanzioni si ricorda da ultimo che non è ammessa la procedura di diffida di cui
all’articolo 13 del D.Lgs. n. 124/2004 per espressa previsione normativa.
Edilizia: comunicazione
preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro
Il comma 6 dell’art. 36 bis
ha previsto l’immediata operatività della previsione di cui all’art. 86, comma
10 bis, del D.Lgs. n. 276/2003 stabilendo che “nei casi di instaurazione di
rapporti di lavoro nel settore edile, i datori di lavoro sono tenuti a dare la
comunicazione di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge 1º ottobre
1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n.
608, e successive modificazioni, il giorno antecedente a quello di
instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data
certa”.
Come noto, tale previsione
era precedentemente subordinata all’emanazione del decreto interministeriale,
non ancora adottato, di cui al comma 7 dell’art. 4 bis, del D.Lgs. n. 181/2000
cui viene demandata la definizione dei moduli unificati per le comunicazioni
obbligatorie.
In proposito va specificato
che le imprese tenute a tale adempimento sono le imprese edili in senso
stretto, non potendo trovare applicazione lo stesso criterio interpretativo
adottato con riferimento al comma 1 dell’art. 36 bis che, come già detto, fa riferimento
alle imprese rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 494/1996. Ciò
significa, in sostanza, che va tenuto presente l’inquadramento – ovvero
l’inquadrabilità – previdenziale delle imprese in questione ai fini della
applicazione della norma.
Quanto alla modalità di
comunicazione dell’assunzione, che deve risultare da documentazione “avente
data certa”, si deve ritenere che tale circostanza sia desumibile, oltre che
dalla tradizionale raccomandata a/r, anche da comunicazioni telematiche (fax
ovvero posta elettronica certificata). Occorre precisare che, in caso di
instaurazione di rapporti di lavoro in un giorno immediatamente successivo a
una giornata festiva, l’adempimento in questione potrà essere effettuato anche
nella stessa giornata festiva, stante il tenore letterale della previsione
normativa e considerata la possibilità di avvalersi di strumenti telematici
(fax e posta elettronica certificata).
Si ricorda, da ultimo, che la
violazione dell’obbligo di comunicazione preventiva di instaurazione del
rapporto di lavoro è punita con la sanzione amministrativa di cui all’art. 19,
comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003, pari ad una somma da euro 100 ad euro 500.
Maxisanzione per il lavoro
“nero”
L’art. 36 bis, comma 7,
modifica la c.d. maxisanzione per il lavoro nero, introdotta nel 2002 dal D.L.
n. 12/2002 (conv. da L. n. 73/2002). La legge di conversione del D.L. n.
223/2006 stabilisce che “ferma restando l’applicazione delle sanzioni già
previste dalla normativa in vigore, l’impiego di lavoratori non risultanti
dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, è altresì punito con la
sanzione amministrativa da euro
Senza modificare il comma 4
dell’art. 3 del D.L. 12/2002 – secondo il quale “alla constatazione della
violazione procedono gli organi preposti ai controlli in materia fiscale,
contributiva e del lavoro” – l’art. 36 bis sostituisce invece il comma 5 del
predetto articolo, stabilendo che alla contestazione della sanzione
amministrativa ai sensi dell’art. 14 della L. n. 689/1981 provvede il personale
ispettivo della Direzione provinciale del lavoro territorialmente competente,
Direzione che provvederà successivamente ad emettere l’eventuale ordinanza di
ingiunzione o di archiviazione. È infine stabilito che nei confronti della
sanzione non è ammessa la procedura di diffida di cui all’art. 13 del D.Lgs. n.
124/2004.
In proposito va anzitutto
sottolineato che la sanzione si aggiunge (“ferma restando l’applicazione delle
sanzioni già previste dalla normativa in vigore”) ad ogni ulteriore
provvedimento di carattere sanzionatorio legato all’utilizzo di manodopera
irregolare (omessa comunicazione di assunzione, omessa consegna della relativa
dichiarazione, omessa denuncia all’INAIL del codice fiscale ecc.).
Va inoltre sottolineato che
la fattispecie in argomento si realizza attraverso “l’impiego” di qualunque
tipologia di lavoratore a qualunque titolo e per qualsiasi ragione non risultante
dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, restando invece fuori
dall’applicazione della sanzione tutte le forme di prestazione lavorativa che
occultano rapporti di lavoro subordinato dietro altre tipologie contrattuali
(ad es. contratti di collaborazione coordinata e continuativa a progetto)
sempre che risultino dalla documentazione aziendale o da comunicazioni
effettuate ad amministrazioni pubbliche.
Per quanto concerne l’importo
sanzionatorio, è prevista una sanzione amministrativa da “euro
Al riguardo si sottolinea che
trattasi di una sanzione proporzionale che prevede un importo minimo e massimo
(euro 1.500 - euro 12.000) ed un importo in misura fissa di euro 150 per
ciascuna giornata di lavoro effettivo. Tale ultimo importo (euro 150
giornaliere) costituisce una mera maggiorazione della sanzione edittale e
perciò per esso non trova applicazione l’art. 16 della L. n. 689/1981.
Per quanto attiene ai profili
contributivi, la sanzione civile prevista dalla norma trova applicazione
evidentemente con esclusivo riferimento ai contributi evasi, trattandosi di
rapporti di lavoro totalmente in nero. La quantificazione della stessa in
misura comunque non inferiore ad euro 3.000 per ciascun lavoratore, e
distintamente riferita alla contribuzione previdenziale e alla assicurazione
INAIL, costituisce una scelta del legislatore che interviene a stabilire una
soglia minima di tale misura afflittiva nelle ipotesi in cui la quantificazione
della stessa risulti inferiore a tale importo. Va peraltro precisato che la
sanzione trova evidentemente applicazione nelle ipotesi in cui sia scaduto il
termine per il versamento dei contributivi relativi al periodo di paga in corso
al momento dell’accertamento.
Occorre infine precisare il
regime sanzionatorio applicabile alle fattispecie di “impiego di lavoratori non
risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria”, nelle
ipotesi in cui la condotta sia iniziata anteriormente all’entrata in vigore
della L. n. 248/2006 (12 agosto 2006) e proseguita oltre tale data. Trattasi,
in altre parole, di un problema di successione di leggi nel tempo che
sanzionano condotte di natura permanente quale, per l’appunto, quella in esame.
Va premesso, anzitutto, che
nel campo degli illeciti amministrativi trova applicazione il principio del
tempus regit actum, secondo il quale la disciplina applicabile è quella in
vigore al momento della commissione della violazione, senza che – come avviene
invece in campo penale – debba valutarsi il principio del favor rei alla luce
delle previsioni sanzionatorie sopravvenute (v. circ. n. 37/2003). Per quanto
attiene alla consumazione dell’illecito di natura permanente tuttavia – come
sostenuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza maggioritaria (Consiglio di
Stato, sez. IV, 25 novembre 2003, n. 7769) – bisogna tenere presente che lo
stesso si realizza, non con l’inizio ma con la cessazione del comportamento
lesivo che, di norma, coincide con la data dell’accertamento da parte del
personale ispettivo. Nel caso in esame, pertanto, il rapporto di lavoro “in
nero” iniziato prima del 12 agosto 2006 e proseguito oltre tale data rientra
nel campo di applicazione della nuova disciplina introdotta dall’art. 36 bis,
comma 7 che prevede, quale organo competente alla irrogazione della sanzione,
la Direzione provinciale del lavoro e non già l’Agenzia delle Entrate.
Facendo riserva di fornire
ulteriori e più approfonditi chiarimenti in ordine alle problematiche sopra
evidenziate, si invita il personale ispettivo di attenersi alle indicazioni
fornite con la presente circolare.
Allegato
(…omissis…)