Edizione: 15/02/2007   testata: Giornale di Brescia   sezione:SEBINO E FRANCIACORTA

Costruttore raggirato dagli zingari. Per non vendere la casa costretto a sborsare il doppio della cauzione  
Palazzolo, in scena la truffa della caparra  
Le trattative venivano condotte da un elegante acquirente, che rappresentava i nomadi
Il raggiro si è ripetuto più volte nella zona di Palazzolo
Il raggiro si è ripetuto più volte nella zona di Palazzolo
Claudio Venturelli

PALAZZOLO

È un inganno al limite del sottile confine che separa il consentito dal non consentito.
L’ingrediente principale è l’ingegno (dobbiamo ammetterlo), il protagonista un signore molto elegante, a bordo di una lussuosa automobile, e un costruttore edile che fa il suo mestiere, ovvero vende un immobile.
Quello che ancora non sa è che che presto sarà chiamato - ai sensi dell’articolo 1385 del Codice Civile - a restituire il doppio di quanto incassato con la caparra confirmatoria finalizzata alla compravendita di un appartamento.
Descritti personaggi e scenografia, ora entriamo nel dettaglio di quanto previsto dalla sceneggiatura, peraltro già descritta nelle cronache dei giornali locali bresciani e veronesi.
Questo perché il caso non è purtroppo rimasto isolato ad un singolo episodio, ma si è ripetuto più volte in provincia di Verona ed almeno in altre quattro occasioni è stato segnalato a Brescia, ultimamente nell’area di Palazzolo sull’Oglio. Il copione si ripete e segue passaggi ormai mandati a memoria, messi in scena in modo consumato.
Il «cliente» si presenta all’appuntamento col costruttore-venditore, individuando un appartamento, meglio se di piccole - medie dimensioni, collocato in una palazzina nuova o appena ristrutturata, quindi con ancora parecchi locali in vendita (come vedremo questo è un fattore indispensabile per la buona riuscita del-
l’«affare»).
L’atto primo della recita consiste, come sempre accade quando c’è di mezzo un acquisto importante, nell’interessamento puntuale sulle caratteristiche dell’immobile, in una prima e poi in una seconda visita, in una trattativa in piena regola dove si tratta e si chiede lo sconto, senza nessuna fretta.
Alla fine, quando la decisione è presa, si fissa la caparra confirmatoria e il cliente versa puntualmente il dovuto.
L’atto secondo diventa meno gradevole. L’acquirente, infatti, chiede un altro appuntamento. Il motivo? Deve ordinare la cucina e, quindi, preferisce prendere le misure sul posto. Il signore distinto arriva sì, ma questa volta in camper e con un nugolo di variopinte persone. Il «coccolone» lo prende il venditore: si rende conto che i suoi interlocutori sono zingari.
Tradotto in altre parole: gli appartamenti ancora invenduti, corrono il rischio di rimanere tali, a meno di non essere ceduti ad altri clienti nomadi che, proprio per la loro natura, difficilmente diventano stanziali tanto da voler vivere in un condominio (semmai preferiscono acquistare un terreno dove parcheggiare le roulotte).
Ed è a quel punto che scatta la richiesta: o mi vendi l’appartamento, oppure recedi dal contratto e mi restituisci il doppio della caparra confirmatoria, così come stabilisce l’art. 1385 del Codice Civile.
Così il costruttore paga. C’è chi è riuscito a cavarsela con poche migliaia di euro, chi invece ha dovuto rimetterci parecchio, anche perché dal garbo si passa a far la voce grossa e si minaccia causa.
Le considerazioni da fare sono due. La prima è di carattere etico e sociale: chi mette in atto la sceneggiatura descritta altro non fa se non mettere ancor di più in difficoltà i nomadi, quelli che si integrano nel nostro sistema.
La seconda è di natura giuridico-legale. Una possibile soluzione per cercare di limitare i danni, oltre naturalmente a un’istruttoria su chi sta per comperare, consiste nel pattuire innanzitutto un acconto sul prezzo di importo consistente, e, in aggiunta, una «multa penitenziale», prevista dall’art. 1373 del Codice Civile, oppure, in alternativa alla multa, una caparra penitenziale, regolamentata dell’art. 1386, entrambe di importo modesto.
È invece sconsigliabile il ricorso alla caparra confirmatoria. Sia la multa che la caparra penitenziale, che, si ribadisce, è opportuno siano di importo contenuto, svolgono la funzione di corrispettivo del recesso. La diversità tra le due sta nel fatto che nella multa il corrispettivo del recesso non è versato al momento della stipulazione del contratto, ma è solo promesso ed il recesso è efficace solo dopo il versamento del corrispettivo.
Nella caparra penitenziale, invece, il corrispettivo viene dato, normalmente dall’acquirente, al momento della stipula e chi recede perde la caparra data o deve restituire il doppio di quella che ha ricevuta.