D. Lgs. 6 febbraio 2007 n. 30 - Attuazione della
direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro
familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri
È stato pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 72 del 27 marzo 2007 il decreto legislativo n. 30 del 6
febbraio 2007 di attuazione della direttiva comunitaria 2004/38/ CE relativa al
diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di
soggiornare liberamente nel territorio degli stati membri.
Il provvedimento in parola
- che abroga il D.P.R. n. 1656/1965, il D.Lgs. n. 52/2002, il D.P.R. n. 53/02,
il D.P.R. n. 54/2004 -disciplina le modalità di esercizio della libera
circolazione, ingresso e soggiorno nel territorio dello Stato da parte dei
cittadini dell’Unione europea e dei loro familiari, il diritto di soggiorno
permanente nel territorio dello Stato dei
medesimi soggetti, nonché le limitazioni a tali diritti per motivi di
ordine pubblico e di pubblica sicurezza.
Il Ministero dell’interno
con circolare n. 19 del 6 aprile 2007 ha impartito le prime indicazioni
operative.
Nel riportare qui di
seguito le più importanti novità introdotte dal decreto legislativo in oggetto,
con riserva di tornare sull’argomento in occasione di successivi
approfondimenti, si segnala che il decreto in breve prevede che:
- per soggiorni in Italia
superiori a tre mesi non serve più la carta di soggiorno rilasciata dalla
Questura. In questo caso, i cittadini comunitari i, trascorsi i tre mesi,
devono solamente richiedere l’iscrizione anagrafica presso il Comune. Alla
richiesta, se il motivo del soggiorno è per lavoro, deve essere allegata
documentazione attestante l’attività lavorativa svolta - ad esempio la lettera
di assunzione. L’ufficio anagrafe rilascerà una ricevuta che di fatto
sostituisce la vecchia carta di soggiorno.
- per soggiorni in Italia
inferiori a tre mesi
ai cittadini comunitari non
è richiesta alcuna formalità né particolari condizioni, salvo il possesso dei
un documento di identità valido per l’espatrio rilasciato dal loro paese.
I cittadini dell’Unione che
hanno presentato la domanda di carta di soggiorno prima dell’11 aprile, possono
iscriversi all’anagrafe con la ricevuta rilasciata dalla Questura o da Poste
Italiane e con l’autocertificazione dei requisiti richiesti dalla nuova
normativa.
Il familiare non
comunitario del cittadino dell’Unione, continuerà a richiedere la carta di
soggiorno alla Questura.
Premesso il diritto, per il
cittadino dell’Unione in possesso di documento di identità valido per
l’espatrio, di lasciare il territorio nazionale per recarsi in un altro Stato
dell’Unione, l’art. 4 del decreto, al 2° comma, precisa che, per i minori degli
anni diciotto, il diritto alla circolazione è esercitato secondo le modalità
stabilite dalla legislazione dello stato in cui hanno la cittadinanza.
Il provvedimento
specifica, inoltre, che i cittadini
comunitari hanno diritto di soggiornare senza alcuna condizione o formalità nel
territorio nazionale per un periodo non superiore a tre mesi, salvo il possesso
di un documento valido per l’espatrio, riportando, anche le condizioni di
permanenza degli eventuali familiari (art. 6, co. 2).
Il diritto a soggiornare
per periodi superiori a tre mesi è subordinato all’esistenza di un regolare
lavoro subordinato o autonomo nello Stato o a risorse economiche sufficienti o
alla frequenza di corsi di formazione o di studi, unitamente a risorse
economiche sufficienti, comunque idoneamente documentate e al possesso di
un’assicurazione sanitaria o altro titolo idoneo a coprire i rischi nel
territorio nazionale.
Tale diritto è esteso anche
ad eventuali familiari come ivi definiti (art. 2).
Il diritto al soggiorno per
periodi superiori a tre mesi permane anche in determinate circostanze in cui il
cittadino comunitario, già lavoratore subordinato o autonomo sul territorio nazionale,
sia temporaneamente inabile al lavoro per malattia o infortunio, si trovi in
stato di disoccupazione involontaria al termine, comunque, di un’attività
lavorativa così come definita dall’art. 7, co. 3.
Quanto alle formalità
amministrative cui devono adempiere i cittadini dell’Unione che intendano
soggiornare in Italia per più di tre mesi, l’art. 9 del decreto legislativo
riporta la documentazione necessaria che dovrà essere presentata per
l’iscrizione anagrafica di cui al D.P.R.
n. 223/1989.
Il provvedimento prende in
considerazione, inoltre, la condizione dei familiari del cittadino comunitario
e la possibilità di conservazione del diritto di soggiorno per i medesimi in
particolari situazioni.
L’art. 14, al primo comma,
sancisce, il diritto al soggiorno permanente svincolato dalle condizioni
previste negli articoli precedenti, ogni qualvolta il cittadino dell’Unione
abbia soggiornato legalmente ed in via continuativa per cinque anni nel
territorio nazionale, riportando, poi, le assenze dal territorio che non
pregiudicano tale continuità. Viceversa, il diritto al soggiorno permanente si
perde, in ogni caso, a seguito di assenze di durata superiore ai due anni
consecutivi.
Il diritto di ingresso e di
soggiorno dei cittadini dell’Unione possono essere pregiudicati esclusivamente
per motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza.
Con l’emanazione del
decreto n. 30/2007 viene, altresì, abrogato il co. 4
dell’art. 30 del D.Lgs. n. 286/1998 il quale sanciva che: “Allo straniero che
effettua il ricongiungimento con il cittadino italiano o di uno Stato membro
dell’Unione europea, ovvero con straniero titolare della carta di soggiorno di
cui all’articolo 9, è rilasciata una carta di soggiorno”.
Ministero dell’Interno
Dipartimento per gli Affari
Interni e Territoriali
Roma, 6 aprile 2007
Prot. n.
200704163/15100/14865
Circolare n. 19
Oggetto: Decreto legislativo n.
30, del 6 febbraio 2007, recante “ Attuazione della direttiva 2004/38/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 relativa al diritto dei
cittadini dell’unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare
liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive
64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/194/CEE, 75/34/CEE, 75/35 (CE),
90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE.
Nella Gazzetta Ufficiale n.
72, del 27 marzo 2007, è stato pubblicato il decreto legislativo indicato in
oggetto, sulla libera circolazione ed il soggiorno dei cittadini dell’Unione e
i loro familiari.
Il decreto legislativo, che
entrerà in vigore l’11 aprile p.v., dà attuazione alla direttiva comunitaria n.
2004/38, la quale, nel far venire meno la carta di soggiorno quale titolo
abilitante al soggiorno dei cittadini dell’Unione presso gli Stati membri,
prevede che i singoli ordinamenti interni possano richiedere nei loro confronti
“l’iscrizione presso le autorità competenti” (art. 8, par. 1).
Tale facoltà è stata
esercitata dal nostro Stato attraverso la specifica disciplina dell’iscrizione
anagrafica dei cittadini dell’Unione, che viene subordinata non solo all’
accertamento della dimora abituale dell’istante, ma anche alla verifica della
sussistenza delle condizioni previste dal decreto legislativo per l’esercizio
del diritto di soggiorno in Italia.
Il diritto di soggiorno è
riconosciuto nei confronti dei cittadini dell’Unione che esercitano un’attività
lavorativa in Italia, o che dispongano di risorse economiche sufficienti per la
permanenza in Italia, oltre che di un’assicurazione sanitaria o altro titolo di
copertura dei rischi, ovvero che seguano un corso di studi o di formazione
professionale.
Il decreto legislativo
disciplina inoltre il diritto di soggiorno dei familiari dei cittadini aventi
un autonomo diritto di soggiorno, sopraindicati, a seconda che siano o meno cittadini
dell’Unione.
Mentre per i primi tre mesi
di soggiorno non sono previste condizioni o formalità, per periodi di soggiorno superiori ai tre mesi
sono prescritte tre distinte procedure: quella relativa ai cittadini
dell’Unione aventi un autonomo diritto di soggiorno; quella relativa ai
cittadini dell’Unione, familiari dei cittadini aventi un autonomo diritto di
soggiorno; quella relativa ai familiari dei cittadini dell’Unione, non aventi
la cittadinanza di uno Stato membro.
Il decreto legislativo
indica le ipotesi di conservazione del diritto di soggiorno al venir meno delle
condizioni che ne hanno determinato il riconoscimento, introduce il diritto di
soggiorno permanente e individua le ipotesi di limitazione del diritto d’ingresso
e di soggiorno, disciplinando i relativi provvedimenti di allontanamento.
Le norme del decreto
legislativo, se più favorevoli, si applicano anche al familiare, dell’Unione o
meno, del cittadino italiano.
Di seguito si illustra la
disciplina contenuta nel decreto legislativo, con specifico riferimento ai
sottoelencati aspetti:
1) iscrizione anagrafica
del cittadino dell’Unione avente un autonomo diritto di soggiorno;
2) iscrizione anagrafica
del familiare del cittadino dell’Unione, avente cittadinanza di uno Stato membro;
3) iscrizione anagrafica
del familiare del cittadino dell’Unione, non avente cittadinanza di uno Stato membro;
4) conservazione del
diritto di soggiorno;
5) diritto di soggiorno
permanente;
6) acquisizione anticipata
del diritto di soggiorno permanente;
7) misure di
allontanamento;
8) regime transitorio
1) Iscrizione anagrafica
del cittadino dell’Unione avente un autonomo diritto di soggiorno; (artt. 7, 9
e 19)
Il cittadino dell’Unione
che intenda soggiornare in Italia per un periodo superiore a tre mesi è tenuto
ad iscriversi all’anagrafe della popolazione residente.
Nei confronti del cittadino
dell’Unione si applicano la legge ed il regolamento anagrafico.
Al momento della richiesta
d’iscrizione viene rilasciata all’interessato una attestazione, contenente il
nome, il cognome, l’indirizzo del luogo di dimora abituale dichiarato e la data
della presentazione dell’istanza d’iscrizione.
A tale proposito, al fine
di semplificare gli adempimenti a carico dell’amministrazione comunale,
potrebbe risultare utile includere nella richiamata attestazione (ALL. 1) la
comunicazione di avvio del procedimento, ai sensi della legge 241/1990 e
successive modificazioni.
Oltre alla documentazione
richiesta per l’iscrizione anagrafica del cittadino italiano proveniente
dall’estero, il cittadino dell’Unione deve produrre la seguente documentazione:
Nella ipotesi di soggiorno
per motivi di lavoro, deve essere prodotta la documentazione attestante
l’attività lavorativa esercitata. I cittadini della Romania e della Bulgaria,
per l’esercizio di talune attività lavorative, dovranno anche esibire il nulla
osta rilasciato dallo Sportello Unico per l’Immigrazione, come è meglio
specificato di seguito.
Il cittadino dell’Unione
che decida di soggiornare in Italia, senza svolgere un’attività lavorativa o di
studio o di formazione professionale, deve dimostrare la disponibilità di
risorse economiche sufficienti al soggiorno, per sé e per i propri familiari.
Tale disponibilità è autodichiarata dall’interessato,
ai sensi degli artt. 46 e 47 del DPR 445/2000. Per la quantificazione delle
risorse economiche sufficienti si utilizza il parametro dell’importo
dell’assegno sociale, consistente per l’anno 2007 in euro 5.061,68 annue. Tale
importo viene considerato sufficiente per il soggiorno del richiedente e di un
familiare. Deve essere raddoppiato nel caso di ulteriori uno o due familiari
conviventi. Va triplicato se i familiari conviventi sono quattro o più di
quattro. Nel calcolo del reddito complessivo va tenuto conto di eventuali
ulteriori entrate da parte dei familiari conviventi (art. 29, c. 3, lett. b)
del d. leg.vo 286/1998).
Tabella esemplificativa
Limite di reddito Numero componenti
euro 5.061,68 Solo richiedente o Richiedente
+ un familiare
euro 10.123,36 Richiedente + due familiari o
Richiedente + tre familiari
euro 15.185,04 Richiedente + quattro familiari e oltre
In aggiunta al requisito
reddituale il cittadino dell’Unione deve produrre la documentazione attestante
la titolarità di una polizza di assicurazione che copra le spese sanitarie.
Nella ipotesi di soggiorno
per motivi di istruzione o di formazione professionale l’interessato deve
produrre la documentazione attestante l’iscrizione presso un istituto pubblico
o privato riconosciuto, la titolarità di una polizza di assicurazione sanitaria
e la disponibilità di risorse economiche, come specificate nel punto
precedente.
Per quanto riguarda
l’esercizio del diritto di soggiorno per motivi di lavoro occorre tenere
presente che i cittadini dei Paesi neocomunitari (Romania e Bulgaria),
relativamente all’accesso al mercato del lavoro sono attualmente soggetti ad un
regime transitorio, che durerà fino al 1° gennaio 2008.
Il regime transitorio
prevede che per i cittadini di tali Paesi l’accesso al lavoro sia liberalizzato per alcuni settori, mentre per
i restanti sia subordinato al possesso di un
nulla osta rilasciato dallo Sportello Unico per l’Immigrazione.
In particolare, l’accesso
al mercato del lavoro non è subordinato ad alcuna condizione per il lavoro
stagionale e per il lavoro nei seguenti settori: agricolo e turistico
alberghiero; domestico e di assistenza alla persona; edilizio; metalmeccanico;
dirigenziale e altamente qualificato.
Per tutti i restanti
settori produttivi – ai quali il cittadino della Romania e della Bulgaria
accede previa rilascio del nulla osta dello Sportello Unico per l’Immigrazione
- il lavoratore dovrà produrre tale documento
ai fini dell’iscrizione anagrafica disciplinata dal decreto legislativo.
Ciò posto, a seguito
dell’iscrizione anagrafica – subordinata oltre che alla verifica dei richiamati
requisiti, anche all’accertamento della dimora abituale - viene consegnato
all’interessato il relativo certificato d’iscrizione. Quest’ultimo dovrà contenere il riferimento della
norma ai sensi della quale è stato prodotto (art. 9 del d. leg.vo in commento).
Analogo riferimento deve essere inoltre annotato nella scheda individuale
d’iscrizione anagrafica dell’interessato.
Il
decreto legislativo prevede che avverso il provvedimento di rifiuto o di revoca
del diritto di soggiorno è ammesso ricorso al tribunale in composizione
monocratica del luogo ove dimora il richiedente.
Tale
rimedio è quindi esperibile dal cittadino dell’Unione, avente o meno un
autonomo diritto di soggiorno, a cui sia stata respinta o revocata la richiesta
d’iscrizione anagrafica per mancanza dei requisiti previsti dal decreto
legislativo in esame.
Resta
ferma la facoltà dell’interessato di presentare ricorso al Prefetto entro 30
giorni dalla comunicazione del provvedimento in caso di rigetto dell’istanza
per la mancanza dei requisiti previsti dalla legge 1228/1954 e dal d.P.R. n. 223/1989.
Con
riguardo ai cittadini dell’Unione attualmente in possesso della Carta di
soggiorno in corso di validità, e quindi già iscritti nei registri della
popolazione residente, si ritiene opportuno evidenziare che fino alla scadenza
del titolo stesso nei loro confronti non sussiste l’obbligo di presentare la
documentazione indicata dal decreto legislativo.
2)
Iscrizione anagrafica del familiare del cittadino dell’Unione, avente la
cittadinanza di uno Stato membro (artt. 2 e 9).
I
familiari del cittadino dell’Unione aventi diritto di soggiorno ai sensi dell’art.
2, punto 2, del decreto legislativo in commento sono i seguenti: il coniuge, i
discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge;
gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge.
I
cittadini dell’Unione in questione devono presentare, per l’iscrizione
anagrafica, un documento d’identità ed un documento che attesti la qualità di
familiare nei sensi soprarichiamati, o di familiare a carico.
La
qualità di vivenza a carico può essere attestata dall’interessato mediante la dichiarazione
sostitutiva di cui all’art. 46 del D.P.R. 445/2000.
L’esibizione
dell’attestato della richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare cittadino
dell’Unione avente un autonomo diritto di soggiorno, prevista dal decreto
legislativo, si ritiene che possa essere omessa, in quanto presente già agli
atti del Comune stesso.
3)
Iscrizione anagrafica del familiare del cittadino dell’Unione, non avente la
cittadinanza di uno Stato membro (artt. 9 e 10).
Il
titolo di soggiorno del familiare del cittadino dell’Unione, non avente la
cittadinanza di uno Stato membro è la “Carta di soggiorno di familiare di un
cittadino dell’Unione”.
Essendo
l’iscrizione anagrafica dello straniero – nel quadro normativo attuale - subordinata alla regolarità del soggiorno (art.
6, c. 7, d. leg.vo n. 286/1998), deve ritenersi che per questa categoria di
soggetti l’iscrizione anagrafica resti subordinata al rilascio da parte della
Questura del richiamato titolo.
Per
questo motivo si ritiene opportuno che l’adempimento relativo alla richiesta
d’iscrizione anagrafica sia successivo all’acquisizione della Carta di
soggiorno, sebbene non debba negarsi all’interessato la possibilità di
richiedere l’iscrizione in un momento antecedente all’ottenimento della Carta.
In
tale caso il perfezionamento del procedimento d’iscrizione conseguirà
all’esibizione della Carta di soggiorno che nel frattempo sarà rilasciata dalla
Questura all’interessato secondo le procedure in vigore.
Il
decreto legislativo prevede che l’interessato produca, per l’iscrizione
anagrafica, il passaporto e il visto d’ingresso quando richiesto, i documenti
che attestino la qualità di familiare e, se necessario, in relazione alla
tipologia d’istanza, di familiare a carico, nonché l’attestato della richiesta
d’iscrizione anagrafica del familiare del cittadino dell’Unione.
In
proposito si ritiene che possa essere omessa la presentazione dell’attestato
della richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell’Unione, in
quanto già agli atti del Comune.
Resta
fermo l’obbligo di comunicare alla Questura l’avvenuta iscrizione anagrafica
dei soggetti rientranti nella categoria in esame, come previsto dall’art. 6, c.
7, del decreto leg.vo n. 286/1998.
Il
decreto legislativo prevede che per l’iscrizione anagrafica, per il rilascio
della ricevuta d’iscrizione e del documento d’identità si applichino ai
cittadini dell’Unione e ai loro familiari, le medesime disposizioni previste
per il cittadino italiano.
4)
conservazione del diritto di soggiorno (artt. 11, 12,13).
Il
decreto legislativo disciplina le ipotesi di conservazione del diritto di
soggiorno al venir meno delle condizioni che originariamente ne avevano
determinato il riconoscimento.
Per
quanto riguarda i cittadini dell’Unione non aventi un autonomo diritto di
soggiorno, le ipotesi contemplate sono le seguenti: decesso del cittadino
dell’Unione o sua partenza dal territorio nazionale, divorzio e annullamento
del matrimonio.
Tali
eventi non incidono sul diritto di soggiorno del familiare cittadino dell’Unione
che abbia acquisito il diritto di soggiorno permanente o che abbia i requisiti
per divenire a sua volta titolare di un autonomo diritto di soggiorno, ai sensi
dell’art. 7, c. 1, nonché dei figli o del genitore che ne ha l’affidamento, nel
caso in cui i figli siano iscritti in un istituto scolastico, fino al termine degli studi.
Il decreto legislativo
disciplina inoltre specifici casi di conservazione del diritto di soggiorno del
cittadino dell’Unione, già lavoratore subordinato o autonomo. Le ipotesi prese
in considerazione dalla norma (art. 7, c. 3) sono le seguenti: cittadino
temporaneamente inabile a seguito di malattia o infortunio; cittadino che dopo
aver esercitato per oltre un anno un’attività lavorativa nel territorio
nazionale si trova in stato di disoccupazione involontaria debitamente
comprovata, ed è iscritto presso il Centro per l’impiego, ovvero ha reso la
dichiarazione ex art. 2, c. 1, del d. leg.vo 181/2000 che attesti l’immediata
disponibilità all’impiego; cittadino in stato di disoccupazione involontaria al
termine di un contratto di lavoro di durata inferiore ad un anno, o si è
trovato in stato di disoccupazione involontaria nei primi dodici mesi di
soggiorno in Italia ed è iscritto presso il Centro per l’impiego o abbia reso
apposita dichiarazione di disponibilità all’impiego; cittadino che segue un
corso di formazione professionale.
5) Diritto di soggiorno
permanente (artt. 14, 15,16,18).
Il cittadino dell’Unione
che ha soggiornato legalmente e in via continuativa, per cinque anni, nel
territorio nazionale acquisisce un diritto di soggiorno permanente. Tale titolo
esonera l’interessato dalla conservazione dei requisiti previsti dal decreto
legislativo per il riconoscimento del diritto di soggiorno.
L’assenza dal territorio
nazionale di durata superiore a due anni consecutivi comporta la perdita del
diritto.
Per i soli cittadini
dell’Unione, la relativa attestazione (ALL. 2) è rilasciata dal Comune di
residenza entro 30 giorni dalla richiesta dell’interessato, mentre per gli
stranieri extracomunitari, familiari di cittadini dell’Unione, è competente la
Questura.
Il decreto legislativo
prevede che la richiesta debba essere corredata dalla documentazione atta a
dimostrare la sussistenza delle condizioni previste per la maturazione del diritto.
Si ritiene che la
condizione relativa alla continuità del soggiorno possa essere accertata
attraverso l’iscrizione anagrafica dell’interessato.
La condizione che questi
abbia soggiornato legalmente deve intendersi – anche alla luce di quanto
indicato nel preambolo della direttiva - nel senso che nel corso dei cinque
anni di soggiorno l’interessato abbia risieduto nel territorio alle condizioni
previste nel decreto legislativo e senza essere stato oggetto di misure di
allontanamento.
Il decreto legislativo
specifica che non pregiudicano la continuità del soggiorno le assenze che non
superino complessivamente sei mesi l’anno, ovvero le assenze di durata
superiore giustificate dall’assolvimento
di obblighi militari ovvero fino a dodici mesi consecutivi per motivi
rilevanti. Tra questi ultimi il decreto legislativo annovera, a titolo
esemplificativo, la gravidanza e la maternità, la malattia grave, gli studi o
la formazione professionale o il distacco per motivi di lavoro in un altro
Stato membro o in un Paese terzo.
Si ritiene che tali assenze
vadano considerate nel calcolo del quinquennio previsto per la maturazione del
diritto di soggiorno permanente, nel senso che i relativi periodi debbano
essere computati quali periodi di soggiorno nel territorio nazionale.
La continuità del soggiorno
è invece interrotta dal provvedimento di allontanamento della persona
interessata.
6)
Maturazione anticipata del diritto di soggiorno permanente (art. 15).
Di
seguito si indicano le ipotesi - riguardanti i lavoratori che hanno cessato la
propria attività nel territorio nazionale, ed i loro familiari - in cui il
diritto di soggiorno permanente viene maturato prima dei cinque anni di
soggiorno.
a)
Pensionamento dell’interessato.
Rientrano
in questa ipotesi il lavoratore subordinato o autonomo che, nel momento in cui
cessa l’attività ha raggiunto l’età prevista per la pensione di vecchiaia,
nonché il lavoratore subordinato che cessa di svolgere la propria attività a
seguito di pensionamento anticipato, qualora abbia svolto in Italia la propria
attività negli ultimi dodici mesi e vi abbia soggiornato in via continuativa
per oltre tre anni.
Se il
lavoratore non ha diritto alla pensione di vecchiaia, la condizione relativa
all’età è considerata soddisfatta al
raggiungimento dei 60 anni.
b)Sopravvenuta
incapacità lavorativa permanente.
Si
tratta dell’ipotesi del lavoratore subordinato o autonomo che ha soggiornato in
modo continuativo nello Stato per almeno due anni e cessa di lavorare a causa
di una sopravvenuta incapacità lavorativa permanente.
Non sono poste condizioni legate alla durata del
soggiorno nel caso in cui l’incapacità al lavoro sia dovuta ad un infortunio
sul lavoro o ad una malattia professionale dai quali consegue il diritto ad una
prestazione interamente o parzialmente a carico di un’istituzione dello Stato.
c)
Esercizio dell’attività lavorativa in altro Stato membro.
L’ipotesi
in esame si riferisce al lavoratore subordinato o autonomo che dopo aver
espletato tre anni di attività e di soggiorno continuativi in Italia esercita
un’attività subordinata in altro Stato dell’Unione, permanendo le condizioni
per la sua iscrizione anagrafica. Il decreto legislativo specifica che, con
riguardo alle ipotesi indicate alle lettere a) e b), i periodi di occupazione
trascorsi in altro Stato dell’Unione ove l’interessato esercita l’attività sono
considerati trascorsi nel territorio nazionale. Nelle stesse ipotesi di cui
alle lettere a) e b) la sussistenza delle condizioni di durata del soggiorno e
dell’attività non sono necessarie se il coniuge dell’interessato è cittadino
italiano o ha perso la cittadinanza italiana a seguito del matrimonio.
Ai
fini della maturazione anticipata del diritto di soggiorno permanente si
considera periodo di occupazione il periodo di iscrizione alle liste di
mobilità o di disoccupazione involontaria, il periodo di sospensione
dell’attività indipendenti dalla volontà dell’interessato e l’assenza dal
lavoro o la cessazione dell’attività per malattia o infortunio.
Il
diritto al soggiorno permanente maturato anticipatamente alle condizioni
sopraesposte è esteso al familiare che soggiorna in Italia con il lavoratore
subordinato o autonomo di cui sopra.
Qualora
il lavoratore deceda prima di avere acquisito il diritto di soggiorno
permanente, il familiare che ha soggiornato con lui matura il diritto al
soggiorno permanente alle seguenti condizioni: il lavoratore abbia
soggiornato per due anni continuativi in
Italia prima del decesso; il decesso sia avvenuto a seguito di infortunio sul
lavoro o malattia professionale; il coniuge abbia perso la cittadinanza
italiana a seguito del matrimonio.
7)
Misure di allontanamento (Artt. 8, 13, 20 e 21).
Oltre
alle ipotesi di allontanamento per motivi di sicurezza e di ordine pubblico,
disciplinati dall’art. 20, il decreto legislativo prevede che il provvedimento
di allontanamento dei cittadini dell’Unione possa essere adottato quando
vengano meno le condizioni che determinano il diritto di soggiorno
dell’interessato (art. 21).
In tali
casi il provvedimento di allontanamento viene adottato dal Prefetto
territorialmente competente in base al luogo di iscrizione anagrafica del
destinatario e sarà comunicato al comune ove lo stesso è iscritto, analogamente
a quanto avverrà per il provvedimento di allontanamento adottato per motivi
legati all’ordine e alla sicurezza pubblica.
Il
provvedimento prevede un termine per lasciare il territorio nazionale non
inferiore a un mese. Non può invece essere imposto un divieto di reingresso. Il
provvedimento adottato dal Prefetto è impugnabile davanti al Tribunale entro 20
giorni dalla sua notifica.
In
relazione a tale competenza del Prefetto è necessario che il comune, qualora
nel corso degli adempimenti previsti dal decreto legislativo dovesse verificare
l’assenza o il venir meno delle condizioni di soggiorno, provveda a darne
comunicazione al Prefetto.
L’art.
13, c. 3, del decreto legislativo prevede che i cittadini dell’Unione che siano
lavoratori subordinati o autonomi o che siano nelle particolari condizioni
specificate dalla norma stessa, afferenti allo stato di disoccupazione, non
possono divenire oggetto di provvedimenti di allontanamento, se non di quelli
adottati per motivi di ordine e sicurezza pubblica.
8)
Regime transitorio.
Occorre
in questa sede affrontare il problema relativo alle Carte di soggiorno
richieste alle Questure in data anteriore all’11 aprile, ovvero prima
dell’entrata in vigore del decreto legislativo, ed a quella data non ancora
rilasciate.
In tali
ipotesi il cittadino dell’Unione dovrà necessariamente recarsi in Comune per
chiedere l’iscrizione ai sensi del decreto legislativo, non potendo la Questura
rilasciare la Carta di soggiorno oltre quella data.
Al fine
di semplificare gli adempimenti a carico dell’interessato si ritiene che quest’ultimo
debba limitarsi ad esibire all’Ufficio d’anagrafe la ricevuta di presentazione
dell’istanza di Carta di soggiorno, rilasciata dalla Questura o da Poste
italiane S.p.a., e autodichiarare la sussistenza delle condizioni di soggiorno
previste dal decreto legislativo in oggetto.
La
verifica di tali condizioni potrà poi essere svolta a campione dal Comune,
utilizzando la documentazione in possesso della Questura.
A
livello locale potranno essere assunte le più idonee intese al fine di dare
concreta attuazione alla soluzione esposta, non escludendo la possibilità di
trasferire ai Comuni, su loro richiesta, la documentazione in possesso delle
Questure, nelle forme e con le modalità ritenute più opportune.
Si
pregano le SS.LL. di portare a conoscenza dei Sig.ri Sindaci il contenuto della
presente circolare, sensibilizzandoli sull’importanza delle nuove procedure e
ponendo in essere ogni utile iniziativa finalizzata alla sua corretta
applicazione.
Sarà
cura della Direzione Centrale per i Servizi Demografici fornire ulteriori
indicazioni sugli aspetti problematici che dovessero emergere in sede
applicativa, e che potranno essere segnalati all’indirizzo di posta elettronica
segreteriaservizidemografici@interno.it.
Il
testo della presente circolare è reperibile sul sito internet di questo
Ministero.