SICUREZZA SUL LAVORO - LEGGE 3 AGOSTO 2007 N. 127 - PRIMI
COMMENTI
Nella Gazzetta Ufficiale
del 10 agosto 2007, n. 185 è stata pubblicata la legge 3 agosto 2007, n. 123
‘’Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega
al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”.
La norma è entrata in
vigore, dopo i 15 giorni di ‘’vacatio legis’’ e, quindi, il 25 agosto 2007.
Si fornisce qui di seguito
un primo commento analitico del disposto di legge, partendo dalle norme
contenute negli articoli da 2 a 12 che risultano operanti dal 25 agosto 2007.
NORME
OPERANTI DAL 25 AGOSTO 2007
Art. 2 (Notizia
all’Inail, in taluni casi di esercizio dell’azione penale)
La norma prevede che il
pubblico ministero, in caso di esercizio dell’azione penale per i delitti di
omicidio colposo o di lesioni personali colpose, se il fatto è commesso con
violazioni delle norme sulla sicurezza e salute dei lavoratori, ne dia
immediata notizia all’Inail ai fini dell’eventuale costituzione di parte civile
e dell’azione di regresso.
In base a tale dispositivo,
pertanto, viene riconosciuta all’Inail la facoltà di costituirsi parte civile
nel procedimento penale e di esercitare l’azione di regresso nello svolgimento
dello stesso.
Sino all’entrata in vigore
della presente norma l’unica fonte normativa in materia era rappresentata dagli
artt. 10 e 11 T.U. 1124/65, in base ai quali l’azione di regresso esercitata
dall’Inail era consentita sulla base di una sentenza di condanna, passata in
giudicato, in ordine alla penale responsabilità del datore di lavoro, ovvero in
caso di altro tipo di sentenza diversa da quella di condanna, dimostrando in
sede civile ciò che non era stato possibile dimostrare in sede penale (cfr.
Corte Costituzionale, sentenza n. 102/1981)
La nuova previsione
normativa consente, pertanto, all’Istituto assistenziale di semplificare
l’esercizio dell’azione di regresso, esercitando quest’ultima nel contesto del
procedimento penale e, nel contempo, al datore di lavoro di alleggerire la propria
posizione processuale, non dovendosi più sottoporre ad un distinto giudizio
civile in via di regresso, successivo ad un primo giudizio penale e
indipendentemente dagli esiti di quest’ultimo, ivi compreso il caso di
assoluzione.
Resta fermo, ad ogni buon
conto, che la reintegra delle somme di cui all’art 11 del D.p.r. n. 1124/65 è
condizionata al positivo accertamento della responsabilità penale del datore di
lavoro.
Art. 3 (Modifiche al
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626)
Le modifiche riguardano gli
articoli 7, 18 e 19 del D.Lgs. n. 626/94 ed, in particolare:
a) Il comma 3 dell’art. 7,
che prevedeva l’obbligo del datore di lavoro committente di promuovere la
cooperazione ed il coordinamento tra le varie imprese coinvolte nell’esecuzione
dei lavori (senza specificare le modalità), è sostituito da un nuovo comma
secondo il quale la promozione della cooperazione e il coordinamento si attua
mediante l’elaborazione di un unico documento di valutazione dei rischi che
indichi le misure adottate per eliminare le interferenze.
Premesso che, più che di
parlare di misure adottate per eliminare le interferenze, avrebbe avuto più
senso parlare di misure adottate per eliminare i rischi da interferenza (ed, in
tal senso, sarà cura dell’Ance ottenere i necessari chiarimenti), si ritiene
che, nel caso di appalti di lavori di costruzioni, l’impresa che si avvale di
subappaltatori possa dare attuazione alla norma facendo riferimento
(eventualmente con proprie integrazioni) a quanto contenuto nel PSC trasmessole
dal committente e che l’impresa stessa è già tenuta a trasmettere ai
subappaltatori (vedi art. 13, comma 2 del D.Lgs. n. 494/96).
Il documento di cui si è
fatto cenno dovrà essere allegato al contratto di appalto d’opera.
Viene riconfermato che gli
obblighi di cooperazione e coordinamento (ed il relativo documento) non si
applicano ai rischi specifici propri dei subappaltatori.
b) Alla fine dell’articolo
è aggiunto il comma 3-ter che prevede che nei contratti di appalto e di
subappalto siano indicati i costi relativi alla sicurezza sul lavoro e che a
tali dati possano accedere il rappresentante dei lavoratori e le organizzazioni
sindacali dei lavoratori. Anche in tal caso si ritiene che l’impresa che si
avvalga di subappaltatori possa fare riferimento alla stima dei costi della
sicurezza fornitale dal committente nell’ambito del PSC, depurandola dai costi
sostenuti dall’impresa appaltatrice o da altri subappaltatori.
c) Il terzo periodo del
secondo comma dell’art. 18 del D.Lgs. n. 626/94 che prevedeva che il
rappresentante dei lavoratori potesse essere eletto o designato dai lavoratori
nell’ambito delle rappresentanze sindacali è sostituito con la semplice
previsione che il rappresentante dei lavoratori è, di norma, eletto dai
lavoratori stessi.
d) Alla fine dell’art. 18 è
inserito un nuovo comma che prevede la elezione dei rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza in una unica giornata su tutto il territorio
nazionale; la data e le modalità di elezione saranno definite con apposito
decreto, fermo restando diverse determinazioni in sede di contrattazione
collettiva.
e) Il
comma 5 dell’art. 19 del D.Lgs. n. 626/94 che prevedeva il semplice accesso del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza al documento di valutazione e al
registro infortuni è sostituito da analoga disposizione che prevede, su
richiesta, la fornitura in copia dei documenti di cui sopra.
f) Dopo il comma 5
dell’art. 19 del D.Lgs. n. 626/94 è aggiunto un nuovo comma che prevede che i
rappresentanti territoriali e di comparto dei lavoratori svolgano la loro
attività con riferimento a tutte le unità produttive del territorio o del
comparto di rispettiva competenza. Appare ovvio che tale competenza non si
estenda alle imprese nelle quali sia presente un rappresentante dei lavoratori
eletto autonomamente.
Art. 4 (Disposizioni in
materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro)
Tali disposizioni
riguardano principalmente la pubblica amministrazione e trattano di:
- coordinamento
dell’attività di vigilanza, affidato al presidente della provincia o ad un
assessore da lui delegato e ciò in attesa di un ulteriore decreto;
- finanziamenti per
l’immissione in ruolo di personale e per il funzionamento e potenziamento
dell’attività ispettiva;
- progetti sperimentali in
ambito scolastico e nei percorsi di formazione professionale per favorire la
conoscenza delle tematiche di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro.
Si segnala che il comma 6
dell’articolo in esame estende al personale non ispettivo degli istituti
previdenziali la facoltà di diffida in merito alla disciplina delle
irregolarità amministrative; in tal modo anche il personale amministrativo
degli istituti previdenziali è tenuto ad applicare la procedura di diffida di
cui all’art. 13 del D. Lgs. n. 124/04.
Art. 5 (Disposizioni per
il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela della salute e della
sicurezza dei lavoratori)
Il presente articolo
estende alla generalità delle imprese quanto già previsto dall’art. 36 bis
della L. 248/2006 per il settore dell’edilizia in materia di sospensione
dell’attività imprenditoriale, ogni qual volta siano accertate le violazioni
prescritte dalla norma medesima.
Al riguardo il Ministero
del Lavoro, con circolare n. 10797 del
22 agosto scorso, ha impartito le prime
istruzioni operative e interpretative in materia, anche sulla scorta di quanto
già chiarito con circolare del 29 settembre 2006 a seguito dell’emanazione
dell’art. 36bis.
In particolare, l’articolo
dispone che il personale ispettivo del Ministero del Lavoro possa disporre la
suddetta sospensione laddove riscontri l’impiego di personale non
risultante dalle scritture o da altra
documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori regolarmente
occupati, ovvero in caso di reiterate violazioni sulla disciplina degli orari
di lavoro.
La
novità più rilevante è comunque rappresentata dalla possibilità di comminare la
sanzione della sospensione anche in caso di gravi e reiterate violazioni della
disciplina in materia di tutela e sicurezza sul lavoro.
Il
provvedimento di sospensione, tempestivamente comunicato alle amministrazioni
competenti, comporterà l’interdizione alla contrattazione con le pubbliche
amministrazioni ed alla partecipazione a gare pubbliche per periodi di tempo
specificamente indicati.
Parimenti a quanto già
previsto per il settore dell’edilizia, la revoca del provvedimento di
sospensione potrà seguire ad un’opportuna regolarizzazione da parte
dell’imprenditore circa i lavoratori non risultanti dalle scritture o dalla
documentazione obbligatoria, circa la violazione delle norme sugli orari di
lavoro e di quelle attinenti alla sicurezza e alla salute sul lavoro ed
attraverso il pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva rispetto alle sanzioni complessivamente
irrogate che sarà all’uopo calcolata dal personale ispettivo, in relazione alle violazioni immediatamente
accertate, così come ha chiarito il Ministero nella circolare da ultimo
pubblicata.
La previsione della
ulteriore sanzione amministrativa è stata inserita dall’art. 5 del T.U. quale unica modificazione all’art. 36 bis del
decreto Bersani.
Quest’ultimo infatti ha
previsto l’aggiunta al comma 2 dell’art. 36bis, dopo la lettera b), della
lettera b-bis): ‘’il pagamento di una sanzione amministrativa aggiuntiva
rispetto a quelle di cui alla lettera b), ultimo periodo, pari ad un quinto
delle sanzioni amministrative complessivamente irrogate”.
Sulla scorta di quanto
previsto dal nuovo disposto di legge circa l’applicazione e l’ambito di
operatività della norma in questione, soprattutto alla luce del già esistente
art. 36 bis della L. n. 248/2006, sono sorti diversi dubbi attualmente
all’esame di tutte le parti interessate.
Vero è, infatti, che come
già anticipato nella circolare del Ministero del lavoro, il disposto dell’art.
5 del T.U. pare non trovare applicazione per il settore dell’edilizia, il quale
rimarrebbe pertanto escluso dalla novità importante dal medesimo introdotta
circa l’applicazione del provvedimento di sospensione anche in caso di gravi e
reiterate violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza sul
lavoro.
Pur non negando l’indubbia
perplessità derivante da una simile interpretazione, non sembra possibile
attribuire una diversa interpretazione al significato letterale delle parole
contenute nell’art. 5 del T.U., ove si legge espressamente: ‘’ Fermo restando
quanto previsto dall’art. 36bis (...) della L. 248/2006, come modificato dal
presente articolo (...)’’.
Appare pertanto evidente
che il provvedimento di sospensione citato dalla norma e comprensivo della
novità riguardante l’adozione del provvedimento anche in caso di reiterate e
gravi violazioni in materia di norme antinfortunistiche trovi applicazione per
tutti i settori imprenditoriali che esulino dal campo di applicazione dell’art.
36 bis, che rimane pienamente operativo pur se modificato con l’aggiunta del
suddetto punto b-bis. In tal senso si è espressa la circolare ministeriale di
cui sopra.
Si rimane comunque in
attesa di eventuali chiarimenti interpretativi che possano dirimere i dubbi
attualmente sorti sulla portata applicativa della norma, posto che dallo stesso
dicastero sono state diramate, attraverso gli organi di stampa, interpretazioni
difformi dalla circolare medesima.
Occorre segnalare, infine
che, per quanto concerne gravi e reiterate violazioni in materia di salute e
sicurezza sul lavoro, il potere di sospensione viene esteso al personale
ispettivo delle ASL.
Art. 6 (Tessera di
riconoscimento per il personale delle imprese appaltatrici e subappaltatrici)
Prevede, dal 1 settembre
2007, l’estensione a tutti i settori produttivi degli obblighi in materia di
tessera di riconoscimento già in atto nel settore delle costruzioni.
Tale previsione normativa
obbligherà tutte le imprese che operano in regime di appalto e subappalto a
fornire un’apposita tessera di riconoscimento al proprio personale occupato
nelle attività del cantiere. Tale obbligo viene esteso, inoltre, ai lavoratori
autonomi sempre in regime di appalto e subappalto che dovranno provvedere per
proprio conto alla predisposizione del tesserino medesimo.
Al riguardo, si ricorda che
l’obbligo del tesserino di riconoscimento è previsto per le imprese che
occupano nel cantiere più di nove dipendenti; le imprese al di sotto di tale
soglia potranno assolvere a tale obbligo mediante annotazione degli estremi
degli occupati su un apposito registro vidimato dalla Direzione Provinciale del
Lavoro.
Art. 7 (Poteri degli
organi paritetici)
Si riconosce agli organismi
paritetici di cui all’art. 20 del D.Lgs. n. 626/94 e, quindi, nel settore delle
costruzioni, ai CPT, la possibilità di effettuare nei luoghi di lavoro
rientranti nei territori e nei comparti produttivi di competenza, sopralluoghi
finalizzati a valutare l’applicazione delle norme in materia di sicurezza del
lavoro.
Degli esisti dei
sopralluoghi viene informata la competente autorità di coordinamento (vedi art.
4); come già segnalato in precedenza
l’Ance ha promosso uno specifico ordine del giorno, fatto proprio dal
Governo, che prevede che le autorità preposte ai controlli tengano conto
dell’attività degli organismi paritetici privilegiando i controlli sulle
aziende che non si avvalgono dell’opera degli organismi paritetici,
sottolineando che gli organismi paritetici di cui all’art. 20 del D.Lgs. 626/94
hanno una funzione di consulenza e di assistenza alle aziende volta a favorire
l’applicazione delle vigenti norme in materia di sicurezza e di tutela della
salute e non anche di controllo, attività, quest’ultima, di competenza
esclusiva degli organismi istituzionali preposti alla vigilanza (ASL e DPL).
L’articolo si conclude con
la previsione secondo la quale gli organismi paritetici possono richiedere alle
autorità di coordinamento l’effettuazione di controlli in specifiche situazioni
segnalate dagli organismi paritetici stessi.
Art. 8 (Modifiche
all’art. 86 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163)
Il comma 3 bis
dell’articolo 86 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture è stato aggiunto dalla legge finanziaria 2007 (art. 1 comma 909) e
prevede che, ai fini della valutazione delle anomalie delle offerte, il valore
economico dell’offerta debba essere adeguato al costo del lavoro, così come
risultante dalle apposite tabelle predisposte dal Ministero del Lavoro
(cosiddetto decreto Salvi).
Con la legge oggetto di
commento il valore economico dell’offerta dovrà essere adeguato e soddisfacente
non solo rispetto al costo del lavoro ma anche al costo relativo alla
sicurezza, il quale deve essere specificatamente indicato e risultare congruo
rispetto all’entità e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle
forniture.
È appena il caso di
ricordare che nel caso di appalto di opere di costruzione la materia della
valutazione dei costi di sicurezza è già normata
dalle disposizioni del D.Lgs. n. 494/96 e del DPR n. 222/03.
Inoltre, nell’art. 86 del
codice viene inserito un ulteriore comma (3-ter) che stabilisce che il costo
relativo alla sicurezza non può essere comunque soggetto a ribasso d’asta
(norma già vigente nel caso di appalti di opere edili e di genio civile).
Art. 9 (Modifica del
decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231)
Come è noto il D.Lgs. n.
231/01 stabilisce la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per
tutta una serie di reati (concussione, corruzione, falsi, reati societari,
etc.) commessi da dipendenti o soggetti investiti di funzioni di
rappresentanza, amministrazione o direzione.
Con la modifica introdotta
dalla legge in commento la responsabilità amministrativa è estesa ai casi di
omicidio colposo e lesioni gravi e gravissime, commessi con violazione delle
norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro.
La sanzione pecuniaria
prevista è fissata in misura non inferiore a mille quote (l’importo della quota
può oscillare da 258 a 1.549 euro), ciò salvo il caso che la pena sia ridotta
in virtù delle previsioni di cui all’art. 12 del già citato D.Lgs. n. 231/01.
Sono previste inoltre
sanzioni interdittive per durata non inferiore a tre mesi e non superiore ad un
anno.
Le sanzioni interdittive
previste dal D.Lgs. n. 231/01 vanno dall’interdizione all’esercizio
dell’attività, al divieto di contrattare con la pubblica amministrazione,
all’esclusione e alla revoca di contributi e finanziamenti, etc., fino al
divieto di pubblicizzare beni e servizi.
Nel rammentare che l’ente
può usufruire dell’esonero della responsabilità predisponendo ai fini prevenzionali modelli di organizzazione e gestione idonei a
prevenire la commissione dei reati di cui trattasi, ci riserviamo di fornire
specifiche indicazioni per agevolare l’adozione da parte delle imprese di tali
modelli organizzativi.
Art. 10 (Credito
d’imposta)
A decorrere dal 2008 e per
il biennio 2008-2009 è previsto a favore dei datori di lavoro un credito di
imposta nella misura massima del 50% delle spese sostenute per la
partecipazione dei lavoratori a programmi e percorsi formativi in materia di
sicurezza sul lavoro.
L’esiguità
della spesa complessiva prevista (20 milioni di euro l’anno) ridimensiona
grandemente la valenza della agevolazione.
Art. 11 (Modifica
dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296)
La legge n. 296/06, meglio
nota come legge finanziaria 2007, prevedeva, al comma 1198, nei confronti dei
datori di lavoro che avessero presentato istanza di regolarizzazione, la
sospensione per un anno di ispezioni e verifiche da parte degli organi di
vigilanza anche con riferimento alle norme poste a tutela della salute e
sicurezza dei lavoratori.
Col nuovo provvedimento,
ferma restando l’esenzione dai controlli per le altre materie oggetto di
regolarizzazione, si esclude dalla stessa esenzione la materia della sicurezza
e salute sul lavoro.
Art.
12 (Assunzione di ispettori del lavoro)
La norma autorizza il
Ministero del lavoro ad immettere in servizio 300 nuovi ispettori del lavoro, a
partire dal gennaio 2008.
DELEGA AL GOVERNO PER
L’EMANAZIONE DEL T.U.
Art.
1 (Delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia
di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro)
Come è noto, il disegno di
legge del Governo che ha portato all’approvazione della legge in commento
constava praticamente di un solo articolo in cui si fissavano i principi di
delega per l’emanazione di un Testo Unico in materia di sicurezza sul lavoro.
Tali principi sono
sostanzialmente rimasti inalterati in quanto, nel corso della discussione
parlamentare, la maggioranza non ha recepito quasi nessuno degli emendamenti
correttivi proposti, pur riconoscendone, in taluni casi, la fondatezza. Tale
atteggiamento si è riscontrato anche a proposito degli emendamenti proposti in
relazione agli articoli da 2 a 12, immediatamente operanti, e che sono stati
introdotti alla vigilia dell’approvazione del provvedimento da parte del Senato
e che la Camera ha approvato senza modifiche e, quindi, in modo definitivo.
Ciò premesso, l’articolo 1
della legge conferisce al Governo la delega per emanare entro nove mesi dalla
entrata in vigore della norma (25 agosto u.s.) uno o più decreti nel rispetto
di una serie di principi e criteri direttivi generali sui quali, di seguito, si
fornisce un primo commento.
Rimandando al testo della
norma per ulteriori particolari e ricordando che un commento più esaustivo sarà
possibile solo dopo che il Governo avrà presentato i decreti di attuazione
della norma, per quanto concerne i principi della delega si evidenziano aspetti
condivisibili, numerose previsioni discutibili e altre previsioni che l’intero
mondo della produzione ritiene inaccettabili.
Tra gli aspetti
condivisibili vanno citati:
- il riordino della
normativa vigente; oggettivamente disorganica e in alcuni casi ampiamente
obsoleta;
- la semplificazione degli
adempimenti burocratici a carico delle imprese; si noti che la normativa
vigente prevede addirittura sanzioni penali per la mancata trasmissione di una
comunicazione;
- la riaffermazione del
principio della bilateralità; del quale il settore delle costruzioni è un
antesignano;
- l’ipotesi di
finanziamenti alle imprese e agli Enti bilaterali; che, ci si augura, non resti
una sola enunciazione di principio, come potrebbe lasciar ritenere la
modestissima rilevanza delle disposizioni contenute nell’art. 10;
- la
diffusione della cultura della sicurezza; per la quale l’Ance è già fortemente
impegnata;
- il coordinamento delle
attività in materia di sicurezza finalizzato all’emanazione di indirizzi
uniformi su tutto il territorio nazionale.
Tra le previsioni
discutibili o poco chiare il disegno di legge prevede:
- il rafforzamento dei
provvedimenti in materia di responsabilità solidale con particolare riferimento
ai subappalti; quando le norme in materia (almeno per ciò che concerne il
settore delle costruzioni), sono state già definite dall’ultima legge
finanziaria;
- il coordinamento degli
interventi di prevenzione con riferimento ai subappalti; senza far cenno che,
almeno nel settore delle costruzioni, le norme già esistono e sono tra le
più severe d’Europa;
- nuovi meccanismi di
appalto; che, invece di premiare in sede di gara le imprese più ‘’virtuose”, sembrano prevedere solo vincoli
e divieti.
Infine, totalmente non
condivisibile appare il sistema sanzionatorio preannunciato dal Disegno di Legge, infatti:
- nonostante tutti gli operatori della sicurezza
considerino l’attuale sistema sanzionatorio sufficientemente afflittivo e
che, in caso di infortunio, le sanzioni
siano già state recentemente appesantite, il disegno di legge prevede, per
reati di omissione senza effetti lesivi sul lavoratore, la pena dell’arresto
fino a 3 anni (attualmente la pena massima è di sei mesi) o ammende fino a
100.000 euro (attualmente l’ammenda massima è di 4.000 euro, e, solo per
infrazioni commesse dai fabbricanti di attrezzature, di 30.000 euro);
- in alcuni casi
risulterebbe obbligatorio l’arresto senza possibilità di applicazione del
sistema vigente che prevede, in caso di pronto adeguamento e sempre che non ci
siano state lesioni al lavoratore, il pagamento di una sanzione amministrativa,
a tal proposito occorre segnalare che il testo è piuttosto oscuro ed è
augurabile che esso sia interpretato in maniera meno pesante in sede di
esercizio della delega;
- si prevede, in caso di
infrazioni solo formali, una ammenda fino a 20.000 euro.