Inps - Accesso alle dichiarazioni dei lavoratori in
occasione di visite ispettive - Nota istituto del 10
settembre 2007
La materia relativa al
diritto di accesso ai documenti amministrativi ha dato luogo ad un vivace
contenzioso in merito alla possibilità per il datore di lavoro di accedere in fase
amministrativa alle dichiarazioni dei lavoratori rese nel corso di accertamenti
ispettivi.
Su tale materia alcuni Enti
previdenziali hanno adottato un comportamento restrittivo, diretto a
salvaguardare la posizione del lavoratore, da intendersi quale soggetto più
debole nell’ambito del rapporto di lavoro, sottraendolo in tal modo a possibili
ritorsioni da parte del datore di lavoro.
L’indirizzo suddetto era
stato precisato dall’Inps nel Regolamento applicativo della legge n. 241/90.
Detto Regolamento, all’art. 17, comma 2, sottraeva all’accesso, a tutela della
riservatezza, tutti i documenti indicati nell’allegato a), fra i quali indicava
al punto 12, capo II, le dichiarazioni rilasciate dai lavoratori che
costituiscano base per la redazione del verbale ispettivo, al fine di prevenire
pressioni, discriminazioni o ritorsioni ai danni dei lavoratori stessi.
La stessa posizione è stata
ribadita dall’art. 2 del D.m. 757/94, avente per
oggetto il ‘’Regolamento concernente le categorie di documenti formali o stabilmente
detenuti dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale sottratti al
diritto di accesso, ai sensi dell’art. 24, comma 4, della legge 7 agosto 1990,
n. 241’’.
Quest’ultima norma dispone
alla lettera c) del comma 1 che sono sottratti al diritto di accesso i
documenti contenenti notizie acquisite nel corso delle attività ispettive,
quando dalla loro divulgazione possano derivare azioni discriminatorie o
indebite pressioni o pregiudizi a carico di lavoratori o di terzi.
Di recente, l’Avvocatura dell’Inps,
con pronuncia rilasciata in data 10 settembre 2007 e diretta a soddisfare uno
specifico quesito in materia, prende atto di un consolidato orientamento
giurisprudenziale avverso e rivede, in buona sostanza, le proprie posizioni,
annunciando l’imminente modifica del citato Regolamento Inps per la disciplina
del diritto di accesso, ai sensi dei principi di cui alla legge n. 15/05.
Tale legge, all’art. 15,
comma 1, ha infatti sostituito il concetto di diritto di accesso, introdotto
dall’art. 22 della citata legge n. 241/90, con la locuzione ‘’diritto degli
interessati di prendere visione di estrarre copia dei documenti amministrativì’.
La scelta di che trattasi
tende alla salvaguardia del principio enunciato nel comma successivo della
predetta legge n.15, in base al quale
l’accesso ai documenti amministrativi, attese
le rilevanti finalità di pubblico interesse che gli sono proprie,
costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire
la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, ed attiene
ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art.
127, comma 2, lett m), della Costituzione.
Inoltre al seguente comma 3
- della legge in parola - si dispone che
tutti i documenti amministrativi sono accessibili, ad eccezione di quelli
indicati all’art. 24, commi 1, 2, 3, 5 e 6 della legge n. 241/90 più volte
citata.
La questione di che
trattasi era già stata affrontata da numerose pronunce giurisprudenziali, le
quali avevano uniformemente considerato maggiormente meritevoli di tutela il
diritto alla difesa degli interessi giuridici del richiedente rispetto al
diritto alla riservatezza del lavoratore (Cons. Stato, sez. VI,
13 dicembre 2004, n. 7389; Cons. Stato, sez. VI, 29
luglio 2004, n. 5362).
La prevalenza del diritto
di difesa su quello alla riservatezza sancito da una norma primaria, impone
pertanto di disapplicare le norme regolamentari in contrasto, vertendosi in materia di diritti soggettivi.
Si fa, peraltro, notare che
il Regolamento dell’Istituto non invocava nel dettaglio il diritto alla
riservatezza dei lavoratori come causa di esclusione del diritto di accesso, bensì l’esigenza di
salvaguardare gli stessi da eventuali ritorsioni o discriminazioni.
Di recente, la
giurisprudenza amministrativa ha ritenuto anche tale timore infondato, in
considerazione dell’esistenza di specifiche garanzie esistenti nell’ordinamento
giuridico vigente a tutela del lavoratore (Tar Emilia Romagna - Bologna, n.
299/2001; Tar Veneto, Sez. III, n. 2760/2003).
Anche il Consiglio di
Stato, di recente, ha operato una differenziazione tra lavoratori ancora in
forza al soggetto ispezionato - e, quindi, suscettibili di eventuali ritorsioni
- e dipendenti non più occupati dal datore di lavoro.
Tale interpretazione trova
fondamento nell’art. 3 del citato Dm. N. 757/94, secondo cui i documenti
relativi a notizie acquisite nel corso di attività ispettive sono sottratti
all’accesso finchè
perduri il rapporto di lavoro, salvo che le notizie contenute nei detti
documenti risultino a quella data sottoposti al segreto istruttorio penale.
Secondo il Consiglio di
Stato, pur risultando chiaro che il divieto di
accesso di cui al Regolamento in parola sia volto a tutelare i
lavoratori contro il richiamato pericolo di azioni discriminatorie, di indebite
pressioni e pregiudizi, risulta altrettanto evidente che tale esigenza di
tutela viene meno, secondo la norma richiamata, quando cessa il rapporto di
lavoro, sempre che non vi sia una preclusione derivante dal detto segreto
istruttorio penale.
Alla luce di quanto sopra,
l’Amministrazione dovrebbe consentire l’accesso pieno alle dichiarazioni degli
eventuali ex dipendenti, mediante la sola visione alle dichiarazioni dei
dipendenti ancora in forza (Cons. Stato, sez. VI, 14
gennaio 2003, n. 1923; Cons. Stato, sez. VI, 3 maggio
2002, n. 2366).
La recente pronuncia
dell’Avvocatura dell’Inps in esame va oltre tale ultima interpretazione e
allarga quindi la platea dei documenti pienamente accessibili al datore di
lavoro in fase amministrativa, sia con riguardo alle norme regolamentari
interne che rispetto a tali sentenze da ultimo citate, disponendo che non
appare pertanto utilmente contestabile la richiesta di accesso proposta al
datore di lavoro in relazione alle dichiarazioni rilasciate dai lavoratori nel
corso dell’accertamento ispettivo.
È opportuno sottolineare,
peraltro, che le considerazioni di cui sopra riguardano esclusivamente
l’accesso agli atti ai sensi della legge n. 241/90 attivato in una fase
successiva alla conclusione degli accertamenti ispettivi, vista la attuale
impossibilità per i funzionari addetti alla vigilanza di rilasciare copia delle
suddette dichiarazioni in sede di accesso ispettivo o nel corso
dell’accertamento stesso, tanto al datore di lavoro quanto allo stesso
lavoratore.
Tale disposizione è
contenuta nei rispettivi ‘’Codici di comportamento” degli ispettori di
vigilanza, elaborati dal Ministero del lavoro, dall’Inps e dall’Inail in base
all’art. 54, comma 5, del D.Lgs. n. 165/01 ed emanati in base al Protocollo di
intesa del 7 aprile 2005.