D.LGS. 276/2003 - APPALTO
ILLECITO - MINISTERO DEL LAVORO - NOTA N. 15749/2007
Con nota
numero 15749 del 27 novembre 2007 il Ministero del Lavoro, rispondendo ad un
quesito ha ribadito la differenza tra appalto genuino e appalto illecito di
manodopera, rinviando inoltre a quanto contenuto nell’art. 29 del D.lgs. n.
276/2003.
La nota in
commento indica che l’appalto lecito deve caratterizzarsi per l’organizzazione
dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore e per l’assunzione del rischio
d’impresa da parte dello stesso, quindi della gestione dell’intera attività
lavorativa complessivamente valutata.
Il concetto
di rischio, precisa il dicastero, deve essere valutato rispetto all’entità di
lavoro che ciascuna parte impegnata nel contratto, in questo caso
l’appaltatore, si impegna direttamente a portare a compimento.
La nota
continua indicando inoltre che l’autonoma organizzazione non può limitarsi alla
mera predisposizione dei turni di lavoro e/o alla gestione amministrativa delle
retribuzioni.
La tesi è
supportata dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 16788/2006, citata dalla
nota del Ministero, nella quale si legge che: ‘’soltanto in alcune ipotesi
eccezionali l’autonomia imprenditoriale può essere ravvisata essenzialmente
nella predisposizione della sola organizzazione del lavoro, richiedendo la
regola generale che l’attività appaltata sia supportata da mezzi e capitali
propri dell’appaltatore”.
Si configura,
secondo il dicastero, interposizione di manodopera, sanzionata dalla legge,
anche nei casi in cui la non assunzione del rischio a proprio carico si ravvisa
in quanto, citando un esempio, il committente retribuisce comunque
l’appaltatore a prescindere dal risultato conseguito.
Vengono anche
richiamate due sentenze della Corte di Cassazione in merito(Cass
25/7/2003 n.11545 e Cass. 12/3/1996 n.2014) le quali confermano che si è in
presenza di illecita fornitura di mere prestazioni lavorative anche quando
l’appaltatore sia fornito di una propria ed effettiva autonoma organizzazione,
ma nel caso si limita a prestare soltanto la manodopera senza assumersi alcun
rischio economico dei lavori appaltati.
Di seguito si
riporta la nota del Ministero che ha precisato la casistica dell’appalto
illecito.
Ministero
Del Lavoro
Oggetto: Prot
16437 - Appalto avente ad oggetto servizi infermieristici
o assistenza infermieristica - liceità o meno dello stesso - Art. 29 D. Lgs. 276/2003.
Con
riferimento alla fattispecie illustrata nel quesito indicato in oggetto si
ritiene che, secondo quanto rappresentato, possano evidenziarsi i seguenti
elementi sintomatici della non genuinità dell’appalto.
Innanzitutto
l’appaltatore non sembra aver assunto su di sé il rischio d’impresa, in quanto
non si è esposto all’eventuale risultato negativo dell’attività, qualora
l’opera o il servizio non siano portati a compimento Si tenga presente,
infatti, che la gestione “a proprio rischio” da parte dell’appaltatore va oltre
il mero significato economico relativo alle prospettive di convenienza
dell’affare, acquisendo l’espressione un valore giuridico preciso nel senso che
l’assunzione del rischio nell’esecuzione del rapporto contrattuale è a carico
delle parti per quello che ciascuna vi impegna direttamente. Nel caso
dell’appaltatore, dunque egli assume su di sé il rischio della gestione
dell’intera attività lavorativa complessivamente valutata.
Su questa
nozione di rischio si fonda la distinzione tra appalto genuino e appalto
illecito di manodopera: nel primo caso il committente deve il corrispettivo
solo con la prestazione del risultato (opera o servizio) originariamente
pattuito, nel secondo il committente retribuisce comunque l’appaltatore a
prescindere dal conseguimento di un risultato per il solo fatto di aver svolto
il lavoro.
Va peraltro
sottolineato che, nella fattispecie concreta, il compenso pattuito con il
committente appare commisurato meccanicamente al tempo impiegato dai lavoratori
per eseguire il lavoro nonché, con riferimento alla tipologia delle prestazioni
lavorative, l’attività svolta sembra rientrare nelle mansioni tipiche dei
dipendenti del committente, non avere un carattere contingente e non esaurirsi
in un tempo determinato
Appare,
inoltre, non sussistere da parte del presunto appaltatore una
autonoma organizzazione funzionale e gestionale, in quanto la stessa non
può identificarsi con la mera predisposizione dei turni di lavoro e/o gestione
amministrativa delle retribuzioni. Depone in tal senso la sentenza della
Cassazione del 21, luglio 2006, n. 16788, con la quale si è espressamente
chiarito che soltanto in alcune ipotesi eccezionali (da accertare
rigorosamente,) l’autonomia imprenditoriale può essere ravvisata essenzialmente
nella predisposizione della sola organizzazione del lavoro”, in quanto “la
regola generale richiede che l’attività appaltata sia supportata da mezzi e
capitali propri dell’appaltatore.
La Corte
precisa, altresì, con riferimento agli appalti interni - caratterizzati daIl’affidamento ad un appaltatore di attività strettamente
attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente -, che il fenomeno
dell’interposizione illecita di manodopera sussiste “ tutte te
volte in cui, l’appaltatore metta a disposizione del committente una
prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore/datore di lavoro i
soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione,
pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione),
ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione
stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo “.
SuI punto va infine ricordato
che si ha ugualmente illecita fornitura di mere prestazioni lavorative anche
nel caso in cui l’appaltatore sia fornito di una propria effettiva e autonoma
organizzazione imprenditoriale, ma di fatto si limiti a prestare soltanto la
manodopera, senza assumere su di se alcun rischio economico nell’esecuzione dei
lavori appaltati (Cass. 25 luglio 2003, n 11545; Cass. 12 marzo 1996, n. 2014).