LEGGE 24 DICEMBRE 2007 N. 247 - PROTOCOLLO
DEL 23 LUGLIO 2007 - ULTERIORI CHIARIMENTI
Di seguito si fornisce una ulteriore illustrazione delle novità introdotte dalla
Legge 24 dicembre 2007, n. 247 (cfr. not. n. 1 e n.
2/2008), pubblicando un ampio stralcio della circolare di Confindustria del 28
gennaio 2008, n. 19005.
Confindustria
Circolare 28 gennaio
2008, n. 19005
A seguito dell’approvazione
della Legge 24 dicembre 2007, n. 247 contenente “Norme di attuazione del
Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per
favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia
di lavoro e previdenza sociale”, provvediamo, come di consueto, a fornire
indicazioni su alcune delle nuove disposizioni di più immediato interesse per
le imprese.
Norme in materia di
lavoro a tempo determinato
La Legge n. 247 del 2007
(art. 1, commi da 39 a 43) modifica la disciplina del contratto a termine
contenuta nel decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368.
Va, innanzitutto, ricordato
che in base all’art. 1, comma. 94, della L. n. 247del 2007, le nuove
disposizioni in materia di contratti a termine sono entrate in vigore il 1°
gennaio 2008.
La prima modifica riguarda
il comma 1 dell’articolo 1 del D.Lgs. n. 368 del 2001 al quale viene ora
premessa l’affermazione “che il contratto di lavoro subordinato è stipulato di
regola a tempo indeterminato”.
Tale previsione richiama il
preambolo dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, siglato dalle
parti sociali europee (UNICE, CEEP, CES), recepito nella Direttiva 1999/70/CE,
che dispone testualmente: “Le parti firmatarie dell`accordo riconoscono che i
contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune
dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori.”
Pertanto, il nuovo comma 1
dell’articolo 1 del D.Lgs. n. 368/2001, non può essere equiparato all’ormai
abrogato disposto del comma 1 dell’art.1 della Legge n. 230 del 1960 (che
prevedeva che “il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato, salvo le
eccezioni appresso indicate”), perché non introduce alcuna presunzione legale a
favore della durata a tempo indeterminato del rapporto di lavoro.
Il nuovo comma 1
dell’articolo 1 del d.lgs. n. 368/2001 va, dunque, più semplicemente considerato
come la trasposizione, nel nostro ordinamento, del principio comunitario
secondo il quale il rapporto di lavoro a tempo indeterminato costituisce la
“forma comune” dei rapporti di lavoro.
Gli aspetti più rilevanti
delle modifiche introdotte riguardano la successione di più contratti a tempo
determinato.
La disciplina del 2001,
confermando largamente la disciplina anteriore, aveva già individuato una serie
di casi in cui dalla successione di più contratti a termine può conseguire la
conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Tali ipotesi sono le
seguenti:
Ipotesi |
Conseguenze |
Nel
caso in cui il lavoratore con contratto a termine inferiore a 6 mesi prosegua
tale rapporto oltre il ventesimo giorno dopo la scadenza prevista: |
il contratto si considera a
tempo indeterminato dopo il ventesimo giorno. |
Nel
caso in cui il lavoratore con contratto a termine superiore a 6 mesi prosegua
tale rapporto oltre il trentesimo giorno dopo la scadenza prevista: |
il contratto si considera a
tempo indeterminato dopo il trentesimo giorno. |
Nel
caso in cui il lavoratore venga riassunto a termine entro un periodo di 10
giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi: |
il secondo contratto si considera
a tempo indeterminato |
Nel
caso in cui il lavoratore venga riassunto a termine entro un periodo di 20
giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi: |
il secondo contratto si
considera a tempo indeterminato |
Nel
caso in cui il lavoratore venga riassunto con un secondo contratto di lavoro
a termine senza soluzione di continuità con il primo: |
il rapporto di lavoro si
considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo
contratto |
La disciplina dettata dalla
legge n. 247/2007, confermate tali ipotesi, ne ha aggiunta un’altra di natura
generale.
Fatta salva la disciplina
transitoria di cui si dirà più avanti, il principio generale introdotto dalla
Legge n. 247/2007 è che la successione di contratti a termine con lo stesso
lavoratore, per lo svolgimento di mansioni equivalenti, non può più protrarsi
per un periodo illimitato di tempo, ma deve rispettare un limite massimo di 36
mesi di rapporto di lavoro.
Nel caso di raggiungimento
del limite dei 36 mesi, per effetto di successione di vari contratti a termine,
l’effetto della conversione a tempo indeterminato non opera immediatamente, ma
soltanto ove il rapporto di lavoro a termine si protragga oltre il ventesimo
giorno dalla scadenza prevista dal contratto stesso.
Pertanto nel caso in cui,
per effetto di successione di contratti a termine o proroghe per lo svolgimento
di mansioni equivalenti, il rapporto o i rapporti di lavoro tra lo stesso
datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbiano complessivamente superato i 36
mesi (si ripete, comprensivi di proroghe e rinnovi), il rapporto di lavoro si
considera a tempo indeterminato ove il rapporto stesso si protragga oltre il
ventesimo giorno dalla data di scadenza prevista nel contratto con il quale è
stato raggiunto il limite dei 36 mesi.
In sostanza, secondo quanto
prevede l’art. 5, comma 2, del D.Lgs. n. 368/2001, così come modificato dalla
l. n. 247/2007, per il caso di superamento del limite massimo dei 36 mesi, in
virtù di successione di contratti a termine, si applica la stessa disciplina
prevista nel caso in cui un contratto a termine di durata inferiore a 6 mesi si
protragga oltre il termine inizialmente previsto.
La previsione del periodo
“cuscinetto” di 20 giorni consente di evitare l’automatismo dell’immediata
conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro che oltrepassi i 36
mesi, per effetto di successione di contratti a termine, anche solo per un
giorno.
Pertanto, in caso di
prosecuzione del rapporto di lavoro contenuta nel termine di venti giorni non
opererà la conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro, ma le
ulteriori giornate di lavoro dovranno essere compensate con le maggiorazioni
previste dall’art. 4, comma. 1, del D.Lgs. n. 368/2001 (20% per i primi 10
giorni e 40% per i successivi).
Naturalmente, ai fini del
calcolo del limite temporale massimo di 36 mesi, dovranno essere conteggiate
anche le eventuali giornate di lavoro svolte successivamente alla scadenza di un
pregresso contratto stipulato tra le parti, vale a dire i venti giorni (al
massimo), per contratti di durata inferiore a 6 mesi, e i trenta giorni (al
massimo), per i contratti di durata superiore.
Circa la nozione di
“mansioni equivalenti” è opportuno precisare che l’orientamento
giurisprudenziale del tutto prevalente considera equivalenti le mansioni che
rispettano la professionalità acquisita dal prestatore, professionalità che può
essere “danneggiata” anche soltanto dall’assegnazione di nuove mansioni che
rientrino, in ipotesi, nella stessa qualifica contrattuale di quelle svolte in
precedenza, ma che non consentano l’utilizzazione o l’arricchimento del
patrimonio professionale acquisito nella pregressa fase del rapporto (cfr.
Cass. Sez. Un. 7 agosto 1998, n. 7755 e Cass. Sez. Un. 24 novembre 2006, n.
25033)
Quindi, qualora fosse
svolto un periodo di lavoro con espletamento di mansioni “non equivalenti” a
quelle effettuate nel precedente rapporto a termine, tale periodo non sarà
conteggiato ai fini del raggiungimento del limite temporale dei 36 mesi.
Secondo le intese raggiunte
fra le parti, la nuova disciplina prevede una deroga all’applicazione del
limite temporale dei 36 mesi.
Ed infatti, qualora il
rapporto tra le parti abbia raggiunto e non oltrepassato il termine dei 36 mesi
(compresi i venti giorni “cuscinetto”), per effetto di successione di contratti
a termine, sarà possibile stipulare, per una sola volta, tra gli stessi
soggetti, un ulteriore successivo contratto a termine a condizione che la stipula
avvenga presso la Direzione provinciale del lavoro competente
per territorio e con l’assistenza di un rappresentante di una delle
organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano
nazionale cui il lavoratore sia iscritto o conferisca mandato.
Ciò, naturalmente, sempre
se le mansioni che andrà a svolgere il lavoratore debbano considerarsi
equivalenti a quelle svolte nei precedenti rapporti a termine.
La determinazione della
durata massima di questo ulteriore contratto sarà stabilita, attraverso avvisi
comuni, dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro.
La disciplina del limite
dei 36 mesi e dell’eventuale ulteriore contratto concluso con l’assistenza
sindacale (che, d’ora in avanti, per convenzione, chiameremo “deroga
assistita”) non trova però applicazione:
- in caso di rapporto di
lavoro subordinato a tempo determinato instaurato con un dirigente (cfr. art.
10, comma 4, come modificato dalla L. n. 247/2007);
- in caso di rapporto di
lavoro subordinato a tempo determinato stipulato tra il lavoratore e l’Agenzia
di somministrazione che lo assume (cfr. art. 22; comma 2, del D. Lgs. 276/2003, come modificato dalla L. n. 247/2007);
- ai lavoratori addetti ad
attività stagionali ( art. 5, comma 4 ter).
La legge prevede che le citate attività stagionali sono quelle indicate nel DPR
n. 1525/1963 (e successive modifiche ed integrazioni), nonché quelle che
saranno individuate dai contratti nazionali di settore e dagli avvisi comuni.
Sempre in tema di lavoro
stagionale, ricordiamo che le disposizioni della Legge n. 247 del 2007
prevedono che i lavoratori stagionali hanno diritto di precedenza rispetto a
nuove assunzioni a termine da parte dello stesso datore di lavoro e per le
medesime attività (art. 5, comma 4 quinquies).
Tale diritto di precedenza,
però, può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti in tal
senso la propria volontà al datore di lavoro entro tre mesi dalla data di
cessazione del rapporto e si estingue entro un anno dalla data di cessazione
del rapporto medesimo (art. 5, comma 4 sexies).
Circa gli eventuali limiti
percentuali, la disciplina dettata dalla Legge n. 247 del 2007 prevede che il
ricorso al contratto a termine non è soggetto al rispetto dei limiti
percentuali di utilizzazione dell’istituto eventualmente posti dai ccnl, in caso di:
- avvio di nuove attività
(start up);
- ragioni sostitutive;
- attività stagionali;
- specifici spettacoli
ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;
- lavoratori di età
superiore a 55 anni;
Di conseguenza resta
affidato ai contratti collettivi nazionali di lavoro la possibilità di
stabilire il limite percentuale di utilizzo per:
- i contratti a termine
stipulati per l’intensificazione dell’attività lavorativa in determinati
periodi dell’anno;
- i contratti a tempo
determinato stipulati a conclusione di un periodo di tirocinio o di stage, ovvero conclusi quando l’assunzione abbia
luogo per l’esecuzione di un`opera o di un servizio definiti
o predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario o occasionale;
- i contratti a termine che
non siano superiori a 7 mesi, compresa l’eventuale proroga.
Infine, la disciplina della
Legge n. 247/2007 ha anche introdotto, per i lavoratori con contratto a termine
superiore a 6 mesi, il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo
indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi,
con riferimento alle mansioni già svolte in esecuzione dei rapporti a termine.
In questo caso, il diritto
di precedenza può essere esercitato a condizione che il lavoratore manifesti in
tal senso la propria volontà al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di
cessazione del rapporto ed il diritto si estingue entro un anno dalla data di
cessazione del rapporto medesimo.
Regime transitorio
Per la fase di prima
applicazione della nuova normativa, la disciplina transitoria prevede che:
- i contratti a termine in
corso al 1° gennaio 2008 esplicano i loro effetti fino al termine pattuito nel
contratto, anche in deroga al limite temporale dei 36 mesi;
- per coloro che non hanno
in corso un rapporto di lavoro a termine, al 1° gennaio 2008, ma avevano già
svolto, con il medesimo datore di lavoro e sempre con riferimento a mansioni
equivalenti, rapporti di lavoro a termine anche per periodi superiori a 36 mesi,
la nuova disciplina si applicherà solamente decorsi 15 mesi dal 1° gennaio 2008
e, pertanto, a far data dal 1° aprile 2009.
Al termine di questi 15
mesi, qualora il periodo complessivo del rapporto o dei rapporti di lavoro a
termine, tra il medesimo datore di lavoro ed il medesimo lavoratore per lo
svolgimento di mansioni equivalenti, abbia raggiunto o superato il tetto dei 36
mesi, potrà essere instaurato soltanto un ultimo contratto a termine, in
applicazione della disciplina della deroga assistita
In pratica la nuova
disciplina transitoria opererà come segue:
1° ipotesi:
I contratti a termine
stipulati prima dell’entrata in vigore della Legge n. 247/2007 ed in corso
all’1.1.08 proseguono fino a naturale scadenza anche oltre i 36 mesi, senza che
operi la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato qualora
superino tale limite temporale.
Tali contratti possono
essere prorogati ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. n. 368/2001.
Naturalmente, ove la durata
della proroga superi il termine del 31. 3. 2009 occorrerà tener conto di tutti
i periodi pregressi lavorati ai fini del calcolo del raggiungimento del limite
dei 36 mesi.
Pertanto, per evitare
l’effetto della conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato,
occorrerà verificare che la somma dei periodi di lavoro effettuati ed ancora da
effettuare oltre il 1° aprile 2009 non superi il limite dei 36 mesi.
Nel caso in cui al rapporto
che era in corso all’ 1.1.2008, poi scaduto nel corso del 2008, si voglia far
seguire la stipulazione di un nuovo contratto a termine, per lo svolgimento di
mansioni equivalenti, i periodi lavorati prima e dopo
il 1° gennaio 2008 saranno immediatamente computabili, al fine di verificare il
raggiungimento del limite temporale dei 36 mesi.
Pertanto ove detto limite
fosse stato già raggiunto, sarà possibile stipulare un ulteriore contratto a
tempo determinato solamente avvalendosi della c.d. deroga assistita.
2° ipotesi:
Per quanto concerne i nuovi
contratti a termine, stipulati a partire dal 1° gennaio 2008 con lavoratori che
abbiano già lavorato alle dipendenze dello stesso datore di lavoro e per lo
svolgimento di mansioni equivalenti, i periodi lavorati antecedentemente al 1°
gennaio 2008 si calcoleranno ai fini del raggiungimento del limite dei 36 mesi soltanto decorso il periodo di 15 mesi.
Pertanto, la norma
transitoria posticipa l’applicazione dell’eventuale effetto derivante dalla
conversione del rapporto a tempo indeterminato al 1° aprile 2009.
Naturalmente, nel calcolare
il limite temporale dei 36 mesi si terrà conto, a quella data, anche dei
contratti a termine stipulati anteriormente al 31.12.2007 tra le stesse parti e
con mansioni equivalenti.
Norme in materia di
lavoro a tempo parziale
La Legge n. 247 del 2007 ha
parzialmente modificato anche la disciplina del lavoro a tempo parziale, di cui
al D.Lgs. n. 61 del 2000.
La maggiore novità riguarda
il rafforzamento del ruolo della contrattazione collettiva a svantaggio
dell’autonomia individuale.
Ciò in quanto a far data
dal 1° gennaio 2008, la possibilità di pattuire con il singolo lavoratore
specifiche modalità e condizioni di svolgimento della prestazione lavorativa,
attraverso le c. d. clausole elastiche e flessibili, sarà consentita al datore
di lavoro solo se espressamente prevista dalla contrattazione collettiva.
Precedentemente il D. Lgs. n. 61 del 2000, così come modificato dal D.Lgs. n. 276
del 2003, consentiva alla contrattazione collettiva, anche aziendale, di
stabilire condizioni, modalità e limiti delle clausole elastiche e flessibili
ma, in mancanza, consentiva comunque all’autonomia individuale di concordare
l’adozione di tali clausole, pur richiedendo la puntuale indicazione, nel
contratto individuale a tempo parziale, della durata della prestazione
lavorativa e della collocazione temporale dell’orario.
Con la nuova normativa, la
regolamentazione di tali aspetti del part time non
potrà più essere oggetto soltanto di accordo individuale tra il lavoratore ed
il datore di lavoro.
Quanto poi alla possibilità
di introdurre una specifica regolamentazione delle modalità e dei tetti di
utilizzo delle clausole elastiche e flessibili attraverso la contrattazione
aziendale, l’interpretazione delle modifiche introdotte dalle disposizioni
della legge n. 247del 2007 legittima la stipula di contratti aziendali, ma con
l’assistenza delle organizzazioni sindacali territoriali appartenenti alle
organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Inoltre le nuove norme, in
caso di modifica della durata della prestazione lavorativa o della sua
collocazione temporale, aumentano i giorni di preavviso in favore del
prestatore di lavoro, portandoli da due a cinque, fatte salve le intese tra le
parti.
L’art. 1, comma 44, lett.
e) della Legge n. 247 del 2007, ha reintrodotto, nel D.Lgs. n. 61 del 2000, l’articolo 12 ter che prevede il
diritto di precedenza, nelle assunzioni con contratto a tempo pieno per
l’espletamento delle stesse mansioni o di quelle equivalenti a quelle oggetto
del rapporto di lavoro a tempo parziale, per il lavoratore che abbia
trasformato il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo
parziale.
Inoltre, vengono ampliate
le ipotesi di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di
lavoro a tempo parziale, già previste dall’articolo 12 bis del D.Lgs. n. 61 del
2000.
Con l’aggiunta del comma 2,
si prevede che in caso di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli
o i genitori del lavoratore e nel caso in cui il lavoratore assista una persona
convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, con connotazione di
gravità ed alla quale è stata riconosciuta una percentuale di invalidità pari
al 100 per cento, con necessità di assistenza continua in quanto non in grado di
compiere gli atti quotidiani della vita, è riconosciuta la priorità della
trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
Al comma 3 viene disposto
che in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio
convivente di età non superiore agli anni tredici o con figlio convivente
portatore di handicap, è riconosciuta la priorità alla trasformazione del
contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
Lavoro intermittente
L’art. 1, co. 45 della legge n. 247 del 2007 abroga gli articoli da
33 a 40 del D.Lgs. n. 276 del 2003 e successive modificazioni.
Pertanto, l’istituto del
lavoro intermittente (c.d. lavoro a chiamata o job on call)
non potrà più essere utilizzato a partire dalla data di entrata in vigore della
nuova normativa.
Per quanto concerne i
contratti individuali in essere alla data di entrata in vigore della presente
legge, mantengono la loro efficacia fino alla loro naturale scadenza, anche
qualora trattasi di contratto di lavoro intermittente
stipulato a tempo indeterminato.
Somministrazione di
lavoro a tempo indeterminato
Viene anche abolito il
contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato (c.d. staff
leasing), di cui al Titolo III, Capo 1 del D.Lgs. n. 276 del
2003 e successive modificazioni.
I contratti di
somministrazione di lavoro a tempo indeterminato conclusi antecedentemente alla
data di entrata in vigore della presente legge continuano a dispiegare i loro
effetti fino alla loro naturale scadenza.