LEGGE 12/2005 - ANALISI
E COMMENTO DELLE ULTIME MODIFICHE ALLA LEGGE REGIONALE PER IL GOVERNO DEL
TERRITORIO
Sul 1°
Supplemento Straordinario del Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia n.
12 del 17 marzo 2008 è stata pubblicata la Legge Regionale 14 marzo 2008, n. 4
recante “Ulteriori modifiche ed integrazioni alla L.R
.11 marzo 2005, n. 12 - Legge per il governo del territorio”.
Si
riporta di seguito una analisi predisposta da Ance
Lombardia relativa alle modifiche apportate alla disciplina urbanistica
lombarda e che risultano di particolare interesse per il settore delle costruzioni. Il commento
viene proposto in carattere corsivo.
Si
ricorda che sul sito internet del Collegio (www.ancebrescia.it) nella sezione
“Urbanistica” è già disponibile il testo
coordinato della legge regionale n.12/2005, come pubblicata sul Burl.
Legge 12/2005 - Analisi e commento
Articolo
1 - Oggetto e criteri ispiratori
L’articolo
1 viene integrato del comma 3bis, rispetto al quale la Regione, in
collaborazione con le Province e gli altri enti locali promuove, attraverso gli
strumenti di pianificazione, il recupero e la riqualificazione delle aree
dismesse.
Il nuovo
comma persegue l’obiettivo di dare maggior forza alle istanze del recupero e
della riqualificazione delle aree degradate e dismesse, istanze che la Regione
Lombardia sta fortemente portando avanti anche attraverso il piano territoriale
regionale, recentemente adottato dalla Giunta regionale. Il comma specifica
che, per il raggiungimento dell’obiettivo, è necessaria anche la collaborazione
delle province e degli enti locali.
Articolo
2 - Correlazione tra gli strumenti di pianificazione territoriale
Con
un’integrazione al comma 4 dell’articolo 2, viene esplicitata la natura di
strumenti di coordinamento, oltre a quelle di orientamento e di indirizzo già
previste dalla lettera della norma, del Piano territoriale regionale e del
Piano territoriale di coordinamento provinciale.
L’integrazione
di questo comma risponde alla volontà di maggiore specificazione che nasce
dall’esigenza di riconoscere tali piani non solo come
strumenti d’inquadramento delle politiche di sviluppo territoriale, ma anche
come elementi di raccordo, ai fini attuativi, delle strategie di governo del
territorio degli enti interessati.
Articolo
3 - Strumenti per il coordinamento e l’integrazione delle informazioni
Nell’ottica
della ricerca di una sempre maggiore trasparenza e accessibilità alla
documentazione della Pubblica Amministrazione, nel nuovo comma 4 dell’articolo
3 si precisa, rispetto alla formulazione originale, che i dati raccolti dal
sistema informativo territoriale di Regione Lombardia saranno messi liberamente
a disposizione del pubblico e saranno consultabili tramite apposito sito web a
cura della Giunta.
Articolo
5 - Osservatorio permanente della programmazione territoriale
In base
al nuovo testo dell’articolo 5, l’Osservatorio permanente della programmazione
territoriale, preposto al monitoraggio delle dinamiche territoriali e degli
effetti determinati dall’implementazione delle strategie di pianificazione e
governo del territorio, sostituisce la precedente Autorità per la
programmazione territoriale. L’Osservatorio, al quale partecipano anche
rappresentanti degli enti locali, viene costituito dal Consiglio regionale, su
proposta della Giunta, presso la Direzione generale competente.
L’attività
dell’Osservatorio si esplica nella redazione di una relazione annuale,
trasmessa al Consiglio e alla Giunta regionale, sull’applicazione delle norme
in materia di governo del territorio. Rispetto ai compiti assegnati in
precedenza all’Autorità per la programmazione territoriale, all’Osservatorio
non spetta più la determinazione dei criteri, dei modi e dei tempi per la
redazione dei Pgt per i comuni con meno di 15mila
abitanti (rimettendola integralmente alla Giunta regionale, ai sensi dell’articolo
7), né l’esercizio del ruolo di composizione di eventuali conflitti tra i
diversi livelli di pianificazione.
La
modifica apportata comporta, in buona sostanza, la perdita di due importanti
funzioni quali la determinazione dei criteri, dei modi e dei tempi per la
redazione dei Pgt per i comuni con meno di 15mila
abitanti e l’esercizio del ruolo di composizione di eventuali conflitti tra i
diversi livelli di pianificazione di competenza dell’Autorità secondo la
previgente l.r. 12/2005. L’abbandono di un organo di supporto più strutturato,
ma meno agile, in favore di uno più operativo, ma con funzioni meno cogenti è
l’assunto alla base del passaggio da Autorità ad Osservatorio.
Articolo
7 - Piano di governo del territorio
All’articolo
7 è stato sostituito il comma 3, in base al quale i comuni con popolazione
compresa tra i 2.001 e i 15.000 abitanti potranno usufruire, con riferimento ai
diversi contesti territoriali e socioeconomici, di una versione semplificata,
in termini di contenuti, dei Pgt.
A seguito dell’introduzione del nuovo articolo
10bis, recante misure di semplificazione per la redazione dei Piani di governo
del territorio a favore dei comuni con popolazione inferiore a 2.000 abitanti,
la nuova versione del comma 3 prevede che la Giunta regionale, acquisito il
parere della Commissione consiliare competente, deliberi successivamente sui
contenuti del Piano di governo del territorio per i soli comuni con popolazione
compresa tra 2.001 e 15.000 abitanti (si tratta di circa 800 comuni in Lombardia).
In altri termini: definiti i contenuti standard per i comuni al di sopra dei
15.000 abitanti e quelli semplificati per i piccoli comuni (quelli, cioè, con
popolazione al di sotto dei 2.000 abitanti), si rimanda ad un successivo
provvedimento regionale la definizione di eventuali misure di semplificazione
per i comuni compresi tra 2.001 e 15.000 abitanti, fatta salva la loro facoltà
di avvalersi della disciplina ordinaria prevista per i comuni più grandi. È
opportuno che la redazione di tale provvedimento, da parte della Giunta, non
determini un potenziale snaturamento del Pgt.
Articolo
8 - Documento di piano
Al comma
1 dell’articolo 8, è prevista un’integrazione di marginale rilevanza: accanto
ai grandi sistemi territoriali, alle reti infrastrutturali, agli
elementi invarianti dal punto di vista insediativo, storico-culturale e naturalistico-paesaggistico, vengono inseriti,
nell’ambito del quadro conoscitivo del territorio comunale, i tracciati e le
fasce di rispetto degli elettrodotti.
Una
seconda aggiunta - non sostanziale - si evince dalla modificata lettera b) del
comma 2, dove si dice che, in relazione alla definizione degli obiettivi
quantitativi di sviluppo complessivo del Pgt, il
Documento di piano tiene conto, oltre che degli aspetti della riqualificazione
del territorio, della minimizzazione del consumo del suolo in coerenza con
l’utilizzazione ottimale delle risorse territoriali, della definizione
dell’assetto viabilistico e della mobilità, nonché della possibilità di
utilizzazione e miglioramento dei servizi pubblici e di interesse pubblico o
generale, anche a livello sovracomunale, anche
(dell’utilizzazione ottimale) delle risorse ambientali ed energetiche.
La
modifica alla lettera e) del comma 2 affida al Documento di piano la
definizione degli indici urbanistici “in linea di massima”, le vocazioni
funzionali (le destinazioni d’uso compatibili con gli obiettivi di cui sopra) e
i criteri di negoziazione degli ambiti di trasformazione (realizzazione di
standard qualitativi, reperimento di spazi da destinare ad uso pubblico…).
La nuova
disposizione di cui alla lettera e-bis del comma 2 assegna al Documento di
piano il compito di individuare le aree degradate o dismesse, determinando le
finalità del recupero e le modalità d’intervento, in coerenza con gli obiettivi
di riqualificazione urbana ed ambientale.
La
lettera e-ter del comma 2 stabilisce che il Documento
di piano, d’intesa con i comuni limitrofi, possa individuare le aree nelle
quali il Piano dei servizi prevede la localizzazione dei campi di sosta o di
transito dei nomadi.
La lettera e-quater, infine,
prevede che il Documento di piano individui i principali elementi
caratterizzanti il paesaggio ed il territorio, definendo altresì specifici
requisiti degli interventi incidenti sul carattere del paesaggio e sui modi in
cui questo viene percepito al fine di contenere al minimo le ricadute
sull’integrità delle preesistenze.
Le modifiche apportate all’articolo 8 paiono andare nella
direzione di uno snaturamento della funzione strategica del Documento di piano
che, in base al nuovo testo, sembra ora potere conformare taluni suoli. La
previsione che esso definisca gli indici urbanistico-edilizi
(a tal proposito, non è chiaro che valore abbia l’inciso “in linea di massima”
e a che cosa si riferisca), le vocazioni funzionali e i criteri di
negoziazione, ad esempio, pare in contrasto con il terzo comma dello stesso
articolo 8, che recita: “Il Documento di piano non contiene previsioni che
producano effetti diretti sul regime giuridico dei suoli”.
Come pure la disposizione in base alla quale il Documento
di piano individua puntualmente, anche dal punto di vista grafico, gli ambiti
caratterizzati da fenomeni di degrado e dismissione e le modalità di intervento
a cui assoggettarli.
Infine, va nella stessa direzione la modifica in base
alla quale il Documento di piano “individua i principali elementi
caratterizzanti il paesaggio ed il territorio, definendo altresì specifici
requisiti degli interventi incidenti sul carattere del paesaggio e sui modi in
cui questo viene percepito”: si noti che solo gli interventi eseguiti su beni
soggetti a vincolo paesaggistico possono essere sottoposti a specifiche
discipline di trasformazione. Per le opere ricadenti al di fuori delle aree
vincolate i piani possono solo prevedere indirizzi e criteri d’uso facoltativi
per i relativi proprietari. In realtà tali funzioni spettano necessariamente al
Piano paesaggistico regionale, ai sensi del D.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni
culturali e del paesaggio), e tenuto conto dell’indicazione dei contenuti
minimi del Piano paesaggistico, il Documento di piano dovrebbe avere esclusivo
valore strategico. Con tale natura strategica, pertanto, le modifiche
introdotte all’articolo 8, non sono del tutto coerenti: il Documento di piano
non può assumere una funzione localizzativa, mentre le novità apportante paiono, al contrario, enfatizzare una
dimensione attuativa di questo atto.
Articolo 9 - Piano dei servizi
Le modifiche apportate al comma 1 dell’articolo 9
introducono un esplicito riferimento all’obbligo, per i comuni che verranno
indicati dalla Giunta regionale sulla base dei fabbisogni insediativi rilevati
dal Programma regionale per l’edilizia residenziale pubblica (Prerp), di individuare nel Piano dei servizi aree da
assoggettare all’attuazione di interventi di edilizia residenziale pubblica.
Per gli stessi comuni è previsto che tutti gli strumenti
attuativi della programmazione negoziata (tra cui certamente i Programmi
integrati di intervento) che prevedano destinazioni residenziali, assicurino la
realizzazione di quote di edilizia in regime di social housing.
Per quanto riguarda il comma 6, la possibilità di
realizzare piani dei servizi di carattere sovracomunale
non è più circoscritta ai soli comuni con meno di 20.000 abitanti, ma a tutti i
comuni della Lombardia.
Infine, la modifica al comma 15 prevede che la
realizzazione di attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale non
contenute in maniera esplicita nel Piano dei servizi non comporti più, come
avveniva in precedenza, l’applicazione della procedura di variante allo stesso;
è tuttavia richiesta l’autorizzazione da parte del Consiglio comunale.
Il nuovo comma 1bis dell’articolo 9
precisa che l’individuazione di campi di sosta e transito dei nomadi è
da prevedersi, nell’ambito del Piano dei servizi, esclusivamente all’interno
delle aree già indicate con tale scopo dal Documento di piano.
Le modifiche apportate all’articolo 9 introducono un
importante riferimento per quanto riguarda il settore dell’edilizia pubblica.
Il concetto di edilizia residenziale pubblica, con riferimento alla previsione
del comma 1, viene infatti esplicitamente allargato anche all’ambito
dell’edilizia convenzionata: si viene progressivamente affermando
un’interpretazione estensiva del concetto di social housing,
comprendente, assieme all’edilizia sociale in senso stretto, anche tipologie di
intervento come l’edilizia agevolata e quella convenzionata, sia per la vendita
che per l’affitto.
Si ricorda che il più recente Prerp
(quello relativo al triennio 2007-2009) prevedeva sei gruppi di fabbisogno:
basso (872 comuni), in media (561 comuni), in aumento (99 comuni), elevato (6
comuni), critico (7 comuni) e acuto (Milano). La definizione di quelle che
saranno le classi di fabbisogno i cui comuni saranno assoggettati alle
previsioni di cui al comma 1 dell’articolo 9 è demandata a successiva
deliberazione da parte della Giunta.
Per quanto riguarda la disciplina dei campi di sosta e
transito dei nomadi, si segnala il riferimento alla nuova lettera e ter) del precedente articolo 8, comma 2, la
quale prevede la possibilità che gli ambiti per la localizzazione degli
stessi, previo accordo con i comuni limitrofi, siano individuati nel Documento
di piano. Si ricorda, a questo proposito, che su questo tema la l.r. 4/2008 ha
provveduto ad abrogare l’articolo 3 della l.r. 77/1989 per la tutela delle etnie nomadi e seminomadi (articolo 104, comma 1,
nuova lettera q bis).
Articolo
10 - Piano delle regole
Il comma
2 dell’articolo 10 prevede che il Piano delle regole individui, nell’ambito del
tessuto urbano consolidato, i “nuclei di antica formazione” e i beni sottoposti
a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs.
42/2004): per tali ambiti si indica, in aggiunta ai parametri da rispettare in
caso di nuova edificazione o sostituzione già previsti
nella formulazione previgente del comma 3, la “mitigazione delle infrastrutture
della viabilità con elementi vegetali tipici locali”.
Questa
disposizione risponde all’esigenza di un inserimento più compatibile con il
contesto insediativo consolidato, di nuove infrastrutture per la mobilità,
sfruttando le proprietà fonoassorbenti, estetiche e di schermo
dall’inquinamento delle essenze arboree piantumate.
Articolo
10bis - Disposizioni speciali per i comuni con popolazione
inferiore o pari a 2.000 abitanti
Il nuovo
articolo 10bis delinea per i comuni fino a 2.000 abitanti (che si compone di 9
commi) un nuovo apparato pianificatorio, che dovrebbe
introdurre misure di semplificazione dello strumento di governo del territorio
per i piccoli comuni della Lombardia (circa 650).
I tre
atti del Piano di governo del territorio (Documento di piano, Piano dei servizi
e Piano delle regole), vengono raggruppati in un unico documento le cui
previsioni hanno validità a tempo indeterminato: al comma 2 è previsto un
aggiornamento con cadenza quinquennale, per l’adeguamento della programmazione
attuativa. I commi 3, 4, 5, 7 ed 8 descrivono i contenuti che il Pgt semplificato deve sviluppare.
Un
elemento di novità riguarda la possibilità di redigere il Piano dei servizi in
forma congiunta con altri comuni e condiviso a livello operativo e gestionale.
In tal caso, in sede di prima approvazione del Pgt,
il Piano dei servizi può fare riferimento ai soli aspetti comunali, rinviando a
eventuale successiva variante gli adeguamenti derivanti dal piano sovracomunale.
Dalla
lettura del nuovo articolo emerge una non sostanziale differenza con quanto
previsto per il Pgt in forma ordinaria, in quanto gli
elementi che devono essere contenuti nel documento sono numerosi e comunque
suddivisi secondo i tre capitoli; per certi aspetti sembra venga riproposto lo
strumento del Prg.
Articolo
11 - Compensazione, perequazione ed incentivazione urbanistica
La
disposizione inserita nel nuovo comma 2bis dell’articolo 11 introduce la
possibilità di utilizzare l’istituto della perequazione urbanistica su scala sovracomunale, sulla base di criteri
uniformi applicati ad aree di trasformazione preventivamente individuate
a tal fine dal Documento di piano dei comuni interessati. Le aree che i comuni
recupereranno mediante le procedure di trasferimento dei diritti edificatori,
dovranno essere utilizzate per la realizzazione di servizi pubblici o di
interesse pubblico o generale di carattere sovracomunale
(inclusi i parchi di interesse sovracomunale), sulla
base di quanto previsto all’interno dei Piani dei servizi dei comuni coinvolti
nella procedura.
A seguito delle modifiche introdotte al comma 4, la cessione dei
diritti edificatori viene regolata mediante un registro pubblico dei
trasferimenti, istituito presso ciascun comune.
La
modifica del comma 5 introduce un’importante estensione, facoltativa, della
disciplina di incentivazione urbanistica; questa consiste in un bonus
volumetrico, nella misura non superiore al 15% della volumetria ammessa, a
vantaggio delle iniziative di recupero delle aree degradate o dimesse, nonché
ai fini della conservazione degli immobili di interesse storico-artistico.
La legge
lombarda per il governo del territorio è stata la prima norma regionale a
sviluppare ampiamente i concetti di perequazione e compensazione e la l.r.
4/2008 ha proseguito su questa strada, estendendo l’applicazione di tali
istituti.
Qualche
dubbio nasce, però, da alcune modifiche apportate: nel testo attuale, i diritti
edificatori sono solo genericamente “commerciabili”, e non “liberamente
commerciabili” come nella versione precedente della norma: sebbene il
significato, di fatto, non cambi, ci si chiede il
motivo di una tale modifica e se questa possa avere qualche conseguenza
nell’autonomia privatistica del trasferimento dei diritti.
Inoltre,
la novità del registro dei diritti edificatori e la sua crucialità
per il funzionamento della perequazione e della compensazione urbanistica
attraverso la commercializzazione delle volumetrie, renderebbero necessario
prevedere un coordinamento delle modalità e dei criteri di realizzazione di
tali registri ai quali i comuni possano riferirsi (magari con la previsione di
criteri di indirizzo generali ed omogenei a livello regionale).
Le prime
apprensioni nascono, anzitutto, dalla natura giuridica dei diritti edificatori
stessi che, ad oggi, risulta piuttosto controversa.
Tra le
varie teorie al riguardo, se ne evidenziano due in particolare. Secondo parte
della dottrina, si tratterebbe di “diritti di credito” e l’amministrazione
sarebbe il debitore; secondo altra parte della dottrina si tratterebbe di
“facoltà di godimento” (diverse dai diritti) legate al diritto di proprietà,
che non hanno un’autonomia giuridica e, dunque, non trattandosi di diritti, non
potrebbero essere iscritti in un registro.
In ogni
caso, senza entrare nel merito della disciplina di questi istituti, che non è
stata modificata in maniera sostanziale dalla l.r. 4/2008, va sottolineato il
fatto che, secondo la legge lombarda, tanto la perequazione che la
compensazione sono istituti facoltativi, rimessi, pertanto, alla
discrezionalità delle amministrazioni locali; il che significa
che il Piano di governo del territorio potrebbe essere attuato anche senza far
ricorso ad essi.
Art. 12 -
Piani attuativi comunali
L’integrazione al comma 4 dell’articolo 12 introduce, con
riferimento alla presentazione di piani attuativi da parte dei proprietari
(riuniti in consorzio) rappresentanti la maggioranza assoluta del valore degli
immobili oggetto del piano stesso, una precisazione dei termini (10 giorni)
entro i quali il sindaco è tenuto ad attivare la procedura di cui all’articolo
27, comma 5, della Legge 1° agosto 2002, n.166 (Disposizioni in materia di
infrastrutture e trasporti). In base a tale norma, il sindaco “diffida i
proprietari che non abbiano aderito alla formazione del consorzio ad attuare le
indicazioni del predetto piano attuativo sottoscrivendo la convenzione
presentata. Decorso infruttuosamente il termine assegnato, il consorzio
consegue la piena disponibilità degli immobili ed è abilitato a promuovere
l’avvio della procedura espropriativa a proprio favore delle aree e delle
costruzioni dei proprietari non aderenti”. Segue l’avvio delle procedure di
adozione e di approvazione del piano attuativo, ai sensi dell’articolo 14 della
l.r. 12/2005: si precisa, inoltre, che il termine di 90 giorni previsto per
l’adozione da parte del Consiglio comunale scatta all’atto della conclusione
della procedura di cui alla Legge 166/2002 sopra citata.
Articolo 13 - Approvazione degli atti costituenti il
piano di governo del territorio
Il comma 1 dell’articolo 13 è stato integrato della
previsione secondo cui i comuni con popolazione superiore a 2.000 abitanti
approvano, “in fase di prima approvazione”, i tre atti del Pgt
mediante un unico procedimento.
Le modifiche apportate al comma 5 richiedono che il
comune, in fase di deposito degli atti presso la segreteria comunale per la
raccolta delle osservazioni, trasmetta alla Provincia (o, secondo il comma 5
bis, alla Regione nel caso la Provincia di appartenenza sia sprovvista di Ptcp vigente) non solo il Documento di piano, ma anche il
Piano dei servizi e il Piano delle regole.
Il comma 11 viene integrato della parte riguardante la
costituzione del sistema informativo territoriale. A tal riguardo tutti i
comuni sono tenuti ad inviare in forma telematica e digitale gli atti di Pgt alla Regione per la redazione del Sit.
Secondo il nuovo comma 14bis, i comuni, con deliberazione
motivata del Consiglio comunale, possono procedere alla correzione di errori
materiali e a rettifiche degli atti di Pgt, non costituenti variante agli stessi.
Posto che la valutazione di compatibilità del Pgt, espressa dalla Provincia (o dalla Regione), rispetto
alle previsioni del Ptcp (o del Ptr),
rimane circoscritta al solo Documento di piano, preoccupa la prescrizione
secondo cui è necessario l’invio anche degli altri due atti, sui quali è
probabile che la Provincia vorrà comunque esprimere il proprio parere. Il
rischio è che si determini un allungamento dei tempi di approvazione dei Piani
e che la provincia esprima valutazioni anche dove queste non le vengano
richieste.
Articolo
14 - Approvazione dei piani attuativi e loro varianti. Interventi sostitutivi
Secondo
il nuovo comma 4bis, il Piano di governo del territorio può stabilire i casi in
cui i piani attuativi e le loro varianti, conformi alle previsioni degli atti
di Pgt, sono adottati dalla Giunta
comunale e approvati dal Consiglio comunale.
La versione
originaria della l.r. 12 per il governo del territorio, approvata nel marzo del
2005, prevedeva che i piani attuativi conformi al piano fossero adottati ed
approvati (entro 30 giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle
osservazioni) da parte della Giunta comunale; successivamente, con la l.r. 12
del luglio 2006, la competenza per l’adozione e l’approvazione (con termini
dilatati a 60 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle
osservazioni) è passata al Consiglio comunale. Il nuovo comma 4 bis conferma
quest’ultima impostazione, precisando però che il Piano di governo del
territorio può prevedere (facoltativamente) i casi in cui piani attuativi
conformi al piano possano essere adottati dalla Giunta
comunale ed approvati dal Consiglio comunale.
Tale
condizione pare, però, sorprendente in quanto lo strumento urbanistico viene
ora investito di un ruolo che non riguarda esclusivamente la programmazione del
territorio, ma anche la definizione delle ripartizioni dei compiti di Giunta e
Consiglio comunale, dando luogo a differenze sostanziali di carattere
amministrativo, tra un comune e l’altro, sulle modalità di approvazione dei
piani attuativi. Si ritiene invece più corretto dal punto di vista procedurale
adottare e approvare i piani attuativi conformi allo strumento urbanistico in
Giunta senza il passaggio in Consiglio Comunale; non bisogna dimenticare,
infatti, che il Consiglio è l’organo di indirizzo e di controllo
politico-amministrativo, mentre è la Giunta ad avere una competenza esecutiva.
Articolo
15 - Contenuti del piano territoriale di coordinamento provinciale
Alle
lettere d) ed f) del comma 2 dell’articolo 15 vengono aggiunti - tra i contenuti di carattere programmatorio
del Ptcp - riferimenti espliciti agli interventi di
inserimento ambientale e paesaggistico delle infrastrutture di trasporto
(indicando che devono essere previste adeguate opere di rinverdimento
e piantagione) e agli interventi di riqualificazione del sistema del verde
locale lungo i corridoi tecnologici di interesse sovracomunale.
La
modifica al comma 4 stabilisce che spetta alla Provincia individuare gli ambiti
destinati all’attività agricola di interesse strategico. Tale operazione deve
avvenire in conformità ai criteri che la Giunta regionale dovrà emanare e con
l’obbligo per la Provincia di acquisire le proposte dei Comuni.
Secondo
l’integrazione apportata al comma 6, finché non verrà approvato il Ptr, la parte dei Ptcp inerente la tutela del paesaggio dovrà essere approvata o adeguata in
coerenza con le previsioni del Piano territoriale paesistico regionale
(recentemente integrato e aggiornato con d.g.r.
8/6447del 16 gennaio 2008) e nel rispetto degli specifici criteri deliberati
dalla Giunta regionale (d.g.r. 8/6421 del 27 dicembre
2007).
Il nuovo
comma 7bis conferisce la possibilità ai Ptcp di
prevedere e disciplinare azioni di coordinamento per l’attuazione del Ptcp stesso (anche finalizzate all’attuazione della
perequazione territoriale intercomunale); azioni da definire d’intesa con i
comuni interessati e che potranno prevedere anche forme di compartecipazione ai
proventi derivanti dai contributi di costruzione.
Particolare
attenzione merita la modifica occorsa al comma 4 secondo la
quale alla Provincia non spetta più l’individuazione delle aree agricole
tout court, ma, bensì, l’individuazione degli ambiti destinati all’attività
agricola “di interesse strategico”. In attesa del futuro provvedimento della
Giunta regionale nel quale verranno fissati i criteri per la loro
individuazione, sorgono dubbi in merito alla definizione di attività agricole
di interesse strategico. Permane, inoltre, la criticità inerente
all’individuazione, a livello provinciale, di aree che, a livello comunale,
dovranno essere escluse, ai sensi della disciplina della l.r. 12/2005, dagli
ambiti di trasformazione.
Articolo
16 - Conferenza dei comuni, delle comunità montane e degli
gestori delle aree regionali protette
Il comma
1 dell’articolo 16 integra con ulteriori dettagli l’ambito di competenza della
“conferenza dei comuni, delle comunità montane e degli enti parco”, istituita
presso ciascuna provincia: spetta infatti a questo organismo, alla luce della
sua funzione consultiva e propositiva per quanto concerne le materie del
governo del territorio delegate alle province, definire le modalità operative
per la redazione di piani dei servizi intercomunali (si vedano le modifiche
all’articolo 9), per il conferimento in forma digitale degli elaborati di piano
(articolo 13, comma 11) e per l’ottimizzazione organizzativa per l’acquisizione
e la gestione del sistema delle conoscenze e degli indicatori di monitoraggio.
Articolo
17 - Approvazione del piano territoriale di coordinamento provinciale
Il comma 9 dell’articolo 17, così modificato, prevede che
il Consiglio provinciale possa approvare il Piano territoriale di coordinamento
provinciale solo dopo aver esaminato e deciso in merito alle proposte di
controdeduzioni e modifiche pervenute dalla Giunta. Con la modifica apportata,
viene meno la richiesta di esaminare anche il parere espresso dalla conferenza
dei comuni, delle comunità montane e degli enti parco. La motivazione sta nella
volontà politica di volere conferire maggiore autorità all’ente provinciale in
fase di approvazione del proprio Ptcp.
La modifica al comma 10 stabilisce che, ai fini della
realizzazione del sistema informativo territoriale anche la provincia, così
come previsto per i comuni all’articolo 3, è tenuta a trasmettere in formato
digitale, alla Regione, gli elaborati del Ptcp, già
pubblicati sul Bollettino ufficiale della Regione.
Articolo 19 - Oggetto e contenuti del piano territoriale
regionale
L’integrazione apportata al comma 2, lettera a), punto 2
dell’articolo 19 precisa che il Piano territoriale
regionale, nell’indicazione del quadro delle iniziative inerenti alla
realizzazione delle infrastrutture e delle opere pubbliche di interesse
regionale e nazionale, pone attenzione al loro inserimento nel paesaggio e nel
territorio rurale e forestale.
Diversamente, l’integrazione di cui al comma 2, lettera
c), punto 1 attiene all’individuazione, tra gli strumenti del Ptr, di forme di “compensazione energetica”,
contestualmente alle modalità di compensazione ambientale per interventi che
determinino impatti rilevanti sul territorio (queste ultime erano già presenti
nel testo previgente).
Articolo
25 - Norma transitoria
Il nuovo comma 8sexies dell’articolo 25 introduce
specifiche previsioni in materia di edilizia sociale per i 14 comuni della
Lombardia classificati nell’ambito del Prerp “a
fabbisogno acuto, critico ed elevato” (Milano; Bresso,
Cesano Boscone, Cinisello
Balsamo, Cologno Monzese, Corsico,
Cusano Milanino, Sesto San
Giovanni; Bergamo, Brescia, Campione d’Italia, Como, Monza e Sirmione), aventi
validità fino all’approvazione del Piano di governo del territorio. La norma
transitoria, con l’obiettivo di ridurre l’emergenza della casa nei comuni a
maggior pressione insediativa attraverso l’aumento dell’offerta di alloggi con
finalità sociali (è compresa anche l’edilizia convenzionata), prevede la
possibilità di attuare, anche in deroga al piano vigente, alcune tipologie di
intervento, come il recupero di edifici esistenti, nel rispetto della
volumetria preesistente (fino a un massimo, per gli edifici a destinazione
produttiva, di 5.000 mq): sono ammessi però anche interventi di nuova
costruzione, nei limiti dell’indice medio di zona per la destinazione
residenziale, su aree destinate a servizi. Tale previsione è estesa anche alle
aree a servizi localizzate all’interno di piani attuativi e Programmi integrati
di intervento previsti dal piano vigente; in ogni caso, dalle aree a servizi
sono esplicitamente escluse le aree a verde e parcheggi.
Gli interventi di cui sopra sono subordinati al rilascio
del permesso di costruire, una volta verificata, da parte del comune, la
compatibilità della destinazione con la specifica localizzazione.
I nuovi commi 8 septies ed 8 octies introducono importanti misure volte a favorire
l’inserimento delle infrastrutture di rilevanza regionale e nazionale nei
contesti locali: in particolare, il comma 8octies specifica che spetta al
consiglio comunale l’individuazione degli edifici le cui destinazioni d’uso
siano rese incompatibili a seguito della realizzazione di infrastrutture di
trasporto di rilevanza nazionale e regionale (si pensi agli effetti
determinati, in un contesto locale, dall’inquinamento acustico legato al
passaggio di una ferrovia). Per tali immobili, la deliberazione comunale
conterrà la determinazione degli usi ammissibili alla luce delle mutate
condizioni di contesto, nonché la previsione di idonee modifiche alla
strumentazione urbanistica necessarie per garantirne la funzionalità.
Il comma 8septies della norma transitoria introduce,
inoltre, la possibilità che edifici non agricoli, demoliti o non più funzionali
all’utilizzo, per motivi di incompatibilità della destinazione d’uso, possano
essere ricostruiti, previa deliberazione del consiglio comunale, anche in
deroga agli strumenti di pianificazione di livello comunale e senza necessità
di preventivo nulla-osta regionale.
La l.r. 4/2008 riconosce nel problema della casa una
delle criticità più evidenti a livello regionale, ed individua nella normativa
in materia di governo del territorio una delle leve utilizzabili per arginare
la cronica carenza di alloggi, soprattutto nelle aree a maggior pressione
insediativa, come il capoluogo regionale e il suo hinterland. In una fase
storica in cui, a seguito dell’esaurimento del canale di finanziamento ex Gescal, si assiste all’assottigliamento delle risorse
pubbliche per il sistema dell’edilizia residenziale pubblica, e nella quale si
manifesta una diversificazione del problema abitativo (che si estende oggi a
categorie di utenti non in possesso dei requisiti per accedere all’edilizia
sociale in senso stretto, ma nel contempo in seria difficoltà sul libero
mercato), l’urbanistica può contribuire a rendere praticabile per altre
categorie di soggetti attuatori, diverse dagli enti pubblici e dalle Aler, un settore complesso come quello dell’housing sociale.
Al “social housing”, ovvero ad
un concetto esteso di edilizia pubblica - comprendente tutto ciò che non è
edilizia libera in senso stretto, incluse quindi anche l’agevolata e la
convenzionata per la vendita e l’affitto - sembra fare riferimento la l.r.
4/2008, che introduce nella l.r. 12/2005 importanti leve di carattere
urbanistico a vantaggio di questo tipo di interventi (si vedano anche i
commenti agli articoli 9, 43 e 44). La norma transitoria, in particolare,
configura una “procedura accelerata” per l’attuazione di interventi volti a
contenere l’emergenza casa proprio in quei comuni caratterizzati dal massimo
fabbisogno in termini abitativi a livello regionale, ammettendovi la
possibilità di realizzare interventi di social housing
su aree a standard e servizi, anche in deroga agli strumenti urbanistici
vigenti (fino all’approvazione del nuovo Pgt),
subordinati al solo rilascio del permesso di costruire. È comunque opportuno
precisare che si tratta di una facoltà posta in capo alle amministrazioni
comunali, che è lecito attendersi andrà puntualmente a scontrarsi - a livello
politico - con la delicatezza di un tema come quello dell’utilizzo delle aree a
standard e servizi a fini edificatori: ciò nonostante siano esplicitamente
escluse, per i fini indicati nel presente articolo, le aree adibite a verde e
parcheggi.
Articolo
26 - Adeguamento dei piani
Il comma
2 dell’articolo 26 è stato rivisitato eliminando la possibilità, per i comuni
con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, di deliberare l’avvio di procedimento
di adeguamento dei loro Prg a decorrere dall’entrata
in vigore della deliberazione di Giunta regionale di cui al modificato comma 3
dell’articolo 7 (inerente la semplificazione dei
contenuti del Pgt per i comuni fino a 2.000 abitanti,
di cui al nuovo articolo 10bis). Alla luce della modifica in oggetto, tutti i
comuni devono avviare il procedimento di redazione dei Pgt
entro un anno dalla data di entrata in vigore della l.r.12/2005 (ovvero dal 31
marzo 2005) e procedere alla sua completa approvazione nei tempi stabiliti,
ovvero, salvo rimandi, entro il mese di marzo 2009 a pena di sanzioni di
carattere amministrativo.
Articolo
28 - Regolamento edilizio
In base
alla nuova lettera i ter) del comma 1, il Regolamento
edilizio comunale dovrà disciplinare, oltre a quanto già previsto, anche le
modalità per il conseguimento della certificazione energetica degli edifici.
Altri aspetti di nuova introduzione che il Regolamento edilizio comunale dovrà
disciplinare sono, al comma 1, lettera i bis), le modalità di compilazione dei
progetti delle opere viabilistiche (e annesse aree verdi e aree di rispetto e
sicurezza) e, al comma 1, lettera e), in materia di sicurezza sul lavoro, la
vigilanza riguardo all’obbligo di installazione di sistemi fissi di ancoraggio
al fine di prevenire le cadute dall’alto.
Le
modifiche al primo comma dell’articolo 28 intervengono su molteplici aspetti
legati alla disciplina dell’attività edificatoria contenuta nei regolamenti
edilizi comunali: risparmio
energetico, progetto della viabilità,
sicurezza sul lavoro. La disposizione di cui alla lettera i ter),
in particolare, mette in risalto uno degli aspetti più critici rappresentati
dalla recente normativa regionale in materia di efficienza energetica degli
edifici (d.g.r. 8/5018 del 26 giugno 2007 e
successive modifiche): ogni comune potrebbe, infatti, prevedere per il
territorio di sua competenza misure dettate da una interpretazione
più restrittiva della normativa regionale sopra richiamata.
Per
quanto concerne la lettera i bis), si tratta di un intervento del legislatore
regionale dettato dalla necessità di dotare ogni comune dei requisiti minimi
per i progetti presentati, al fine di addivenire ad un miglioramento
qualitativo degli elementi che compongono un’infrastruttura viaria quali aree
verdi, svincoli, rotatorie o banchine laterali. Infine, l’integrazione della
lettera e) è dettata dalla volontà di prevedere, anche a livello comunale e
nell’ambito della vigilanza sull’esecuzione dei lavori, misure in materia di
sicurezza.
Articolo
29 - Procedura di approvazione del regolamento edilizio
A
differenza della versione previgente, viene qui palesato che, in fase di
approvazione del Regolamento edilizio comunale, l’autorità preposta
all’espressione del parere sulle norme di carattere igienico-sanitario
contenute nel Regolamento è individuata nell’Asl.
Articolo
32 - Sportello unico per l’edilizia
Allo
sportello unico per l’edilizia, laddove costituito, è riconosciuta competenza
al rilascio dell’attestato relativo alla certificazione energetica.
Nell’ambito
della procedura per la certificazione energetica degli edifici questa
introduzione, tale modifica è una precisazione in merito alle competenze e agli
adempimenti delle amministrazioni comunali.
Articolo
33 - Trasformazioni soggette a permesso di costruire
Ai sensi
del nuovo comma 3bis dell’articolo 33, non sono subordinati a permesso di
costruire, oltre ai casi già citati nella formulazione previgente della l.r.
12/2005 (commi 2 e 3, articolo 33), gli interventi di realizzazione di bacini
idrici per la pesca sportiva, la piscicoltura, l’irrigazione e degli altri
bacini idrici assimilabili per morfologia e modalità d’esecuzione.
L’autorizzazione per la realizzazione dei bacini idrici di cui sopra -
rilasciata dalla Regione ai sensi del comma 3 dell’art. 36 della l.r. 14/1998
(recante “Nuove norme per la disciplina della coltivazione di sostanze minerali
di cava”) - è estesa anche all’esecuzione dei relativi scavi.
Le
modifiche introdotte, da un lato, puntano ad incentivare la realizzazione di bacini
idrici con specifiche finalità, dall’altro, anticipano il momento in cui
richiedere l’autorizzazione.
Art. 38 -
Procedimento per il rilascio del permesso di costruire
Il nuovo
comma 7bis dell’articolo 38 introduce un’importante modifica relativa al procedimento
per il rilascio del permesso di costruire quanto alla determinazione degli
oneri dovuti. La disposizione prevede che l’ammontare degli oneri sia definito
con riferimento alla data di presentazione della richiesta del permesso di
costruire, ovvero, nel caso di piani attuativi o di atti di programmazione
negoziata con valenza territoriale, al momento della loro approvazione (a
condizione che la richiesta del permesso di costruire, ovvero la denuncia di
inizio attività siano presentate entro e non oltre trentasei mesi dalla data della approvazione medesima).
La
determinazione temporale relativa al calcolo degli oneri chiarisce, dunque,
alcuni dubbi interpretativi che anche la prassi giurisprudenziale aveva
contribuito ad ingenerare: fino a questa novella, infatti, tale determinazione
veniva spesso effettuata con riferimento al momento del rilascio del titolo
abilitativo e non, come prevede ora la norma, con riferimento alla
presentazione della richiesta del titolo stesso.
L’emendamento
risponde, pertanto, ad un’esigenza di certezza: all’atto della presentazione
del progetto per la richiesta del titolo abilitativo e nel momento
dell’approvazione da parte del Consiglio comunale dello strumento urbanistico
(attraverso la dichiarazione irrevocabile di assenso resa dal proponente
rispetto alla proposta progettuale, nonché ai contenuti della convenzione di
attuazione di tale strumento) si stabiliscono gli aspetti economico-finanziari
dell’intervento edilizio, che diventano da quel momento
impegnativi per l’operatore privato. Considerato che, generalmente, in
Lombardia dalla data di approvazione dello strumento urbanistico trascorrono
6/8 mesi prima della stipula della relativa convenzione e altri 6/8 mesi prima
del rilascio del titolo abilitativo, la modifica fissa in termini più equi il
rapporto tra pubblico e privato conferendo, in questo modo, maggiore certezza
all’investitore. Parte della dottrina ritiene che la disposizione, ispirata da
un evidente favor per il privato investitore, sia applicabile non solo
dall’entrata in vigore della l.r. 4/2008 (1° aprile 2008), ma anche,
trattandosi di norma che incide sul procedimento e onde evitare casi di
evidente ingiustizia sostanziale, a tutti i procedimenti attualmente in corso.
Articolo
42 - Disciplina della denuncia di inizio attività
Il nuovo
comma 6 dell’articolo 42 introduce una specificazione relativa alla validità
del titolo abilitativo disciplinato in questo articolo. A differenza
dell’impostazione previgente, i lavori oggetto della Denuncia di inizio
attività devono iniziare entro il termine massimo di un anno dalla data di
efficacia della denuncia stessa. Rimane invariato il termine di tre anni
dall’inizio dei lavori entro cui ultimare l’intervento. Inoltre, l’interessato
è tenuto a comunicare immediatamente al comune la data di inizio e di
ultimazione dei lavori, secondo le modalità indicate nel Regolamento edilizio.
La
determinazione temporale relativa alla disciplina della denuncia di inizio
attività contribuisce a fornire chiarezza sui tempi di realizzazione
all’Amministrazione pubblica. Un unico dubbio potrebbe nascere dall’utilizzo
dell’avverbio “immediatamente” (non tipico nell’articolazione di una norma di
legge) di nuova introduzione: potrebbe essere causa di controversie nel caso in
cui il comune contesti un’eventuale scarsa solerzia da
parte dell’interessato.
Articolo
43 - Contributo di costruzione
Il nuovo
comma 2bis dell’articolo 43 introduce l’obbligo, per i comuni, di prevedere una
maggiorazione in termini percentuali, oscillante tra l’1,5% e il 5%, dei
contributi di costruzione dovuti per gli interventi di nuova costruzione che
sottraggano superfici agricole: i proventi di tale maggiorazione saranno da
destinare ad interventi di carattere forestale e di recupero della naturalità
dei luoghi (quali ad esempio quelli aderenti al programma “10.000 ettari di
nuovi boschi e sistemi verdi multifunzionali” promosso dalla Direzione generale
Agricoltura della Regione Lombardia). Le modalità per l’applicazione di tale
norma saranno definite dalla Giunta con apposito provvedimento.
Il nuovo
comma 2ter riguarda, invece, la disciplina dell’housing
sociale, rispetto alla quale viene introdotto un importantissimo principio: con
riferimento ai servizi abitativi a canone convenzionato (ai sensi della l.r.
14/2007), interventi legati alla locazione per un periodo di almeno trent’anni,
a vantaggio di soggetti incapaci di accedere al libero mercato e al sistema
dell’edilizia residenziale pubblica, ovvero titolari di esigenze abitative di carattere
temporaneo, si prevede infatti l’azzeramento totale del contributo di
costruzione, ad esclusione della quota di oneri legata alla realizzazione delle
opere di urbanizzazione richieste. Rimane comunque ferma, anche per ciò che
concerne quest’ultima quota, la facoltà in capo ai comuni di ridurre al 50%
l’ammontare degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria (si veda il
commento all’articolo 44, comma 15).
Il comma
2bis introduce per la prima volta, a livello lombardo, un principio di “risarcimento”
rispetto ai danni ambientali legate al consumo di suolo, a supporto delle
politiche regionali e comunitarie degli ultimi anni che volgono sempre più alla
tutela e salvaguardia delle aree agricole in quanto patrimonio paesistico-ambientale da preservare e risorsa economica del
territorio. In attesa di indicazioni da parte della Giunta, rimane da chiarire
se la previsione, direttamente nell’ambito dell’intervento su suolo agricolo,
di misure volte alla riduzione dell’impatto ambientale dello stesso (ad
esempio, la realizzazione di un impianto di fitodepurazione,
il recupero ecologico di un ambito degradato o la bonifica di un suolo
inquinato) possa costituire una voce scomputabile dal costo aggiuntivo dovuto
ai sensi di suddetta norma (ovvero se gli “interventi forestali a rilevanza
ecologica e di incremento della naturalità” possano essere integrati
direttamente nel progetto e scomputati dal contributo dovuto).
Per
quanto concerne la seconda modifica, questa va certamente nella direzione di un
significativo impegno per le politiche regionali per l’housing
sociale, attraverso incentivi di carattere urbanistico come la riduzione degli
oneri connessi all’attuazione degli interventi destinati alla realizzazione di
alloggi a vantaggio di categorie “deboli” di utenti, unitamente ad altre misure
(alcune delle quali costituenti importanti novità della l.r. 4/2008), come
aumenti di volumetria e la facoltà di attuare iniziative di questa natura su
aree a servizi (si veda, a questo proposito, il commento all’articolo 25).
Articolo
44 - Oneri di urbanizzazione
Al comma
15 dell’articolo 44 viene introdotta la facoltà, per i comuni, di ridurre del
50% il contributo per le opere di urbanizzazione primarie o secondarie per
quanto riguarda gli interventi di housing sociale (si
citano, infatti, in maniera esplicita l’edilizia residenziale pubblica in senso
stretto, ma anche quella agevolata e la convenzionata, evidentemente sia in
vendita che in affitto). Tale possibilità di riduzione degli oneri di
urbanizzazione, in precedenza, era ammessa esclusivamente con riferimento alla
realizzazione di edifici compresi in piani di zona ai sensi della Legge 167/62.
Art. 50 -
Poteri regionali di annullamento ed inibizione
La
modifica apportata al comma 11 elimina il riferimento all’articolo 40 del Testo
unico per l’edilizia (d.P.R. 380/2001) relativo alla
“sospensione o demolizione di interventi abusivi da parte della regione”. La
disciplina dei poteri regionali di annullamento ed inibizione si applica dal
momento in cui il Piano di governo del territorio diviene efficace; fino ad allora trovano applicazione gli articoli 38 (Interventi
eseguiti in base a permesso annullato) e 39 (Annullamento del permesso di
costruire da parte della regione) del d.P.R.
380/2001, e non più l’articolo 40.
Articolo
51 - Disciplina urbanistica
In base
alla nuova versione del comma 1 dell’articolo 51, costituisce destinazione
d’uso di un edificio, oltre a quanto già indicato nel testo previgente (“la
funzione o il complesso di funzioni ammesse dagli strumenti di pianificazione
per l’area o l’edificio”), anche la funzione (o il complesso di funzioni),
derivante da provvedimenti definitivi di condono edilizio, purché compatibili
con la destinazione principale. È considerata, inoltre, destinazione d’uso
complementare, accessoria o compatibile, assieme a quella che integra o rende
possibile la destinazione d’uso principale, anche quella prevista dallo
strumento urbanistico generale “a titolo di pertinenza o custodia”. È stato,
inoltre, aggiunto nell’articolato dell’ultimo periodo del comma 1, l’avverbio
“sempre” in riferimento all’ammissibilità del passaggio da una destinazione
all’altra (siano esse destinazioni principali, complementari, accessorie o
compatibili, come sopra definite): il cambio di destinazione, che risulta
pertanto sempre possibile, è comunque tenuto al rispetto dei criteri
dell’articolo 51 stesso, e deve confrontarsi con eventuali esclusioni
esplicitate nel Piano di governo del territorio.
Il testo
dell’articolo così come approvato, oltre a non presentare più la criticità
contenuta nel testo originario del progetto di legge di modifica (che mirava a
limitare i margini di manovra nelle procedure di cambio di destinazione d’uso),
estende il novero delle destinazioni d’uso ammissibili e rafforza la possibilità
di passare dall’una all’altra destinazione, subordinandole ad un unico
principio: quello della “compatibilità”.
Articolo
52 - Mutamenti di destinazione d’uso con e senza opere edilizie
In base
alla nuova versione del comma 2 dell’articolo 52, sono soggetti a preventiva
comunicazione dell’interessato al comune anche i mutamenti di destinazione
d’uso riguardanti unità immobiliari o parti di esse, la cui superficie lorda di
pavimento non sia superiore a 150 metri quadrati, per i quali in precedenza suddetta
comunicazione non era dovuta.
Questa
modifica rappresenta un passo indietro rispetto al testo originario della l.r.
12/2005: infatti, in precedenza, le unità immobiliari non superiori ai 150
metri quadrati erano esentate dal dover presentare preventiva comunicazione al
comune. La modifica in oggetto risponde alla volontà di monitorare, a livello
locale, tutti i mutamenti di destinazione d’uso, a prescindere dal taglio
dimensionale dell’intervento, con un appesantimento procedurale soprattutto a carico
dei “microinterventi” di trasformazione dello spazio edificato.
Articolo
55 - Attività regionali per la prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici
e sismici
Il primo
comma dell’articolo 55 attribuisce alla Giunta regionale - ai fini della
prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici - il compito di
definire il quadro delle conoscenze delle caratteristiche fisiche del
territorio, gli indirizzi per il riassetto del territorio, nonché le linee
guida e gli standard metodologici e procedurali per l’aggiornamento e lo
sviluppo delle conoscenze da parte degli enti locali.
Le
modifiche introdotte dalla l.r. 4/2008 al comma 1, lettera b), si pongono
tuttavia nell’ottica di chiarire che gli indirizzi per il riassetto del
territorio, riguardanti la prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e
sismici (ivi compresa la loro individuazione, mitigazione e formazione
aggiornamento degli elenchi), si devono rigorosamente basare sui piani di
bacino e sugli indirizzi emanati dalle competenti amministrazioni statali.
Nella versione precedente veniva invece richiamato esplicitamente solo il piano
di bacino, rimandando con il termine “anche” a strumenti ed atti di non
specificata natura.
Attraverso
il nuovo comma 3bis, inoltre, il legislatore esprime la necessità che gli
strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica vengano redatti in modo
coordinato con gli strumenti di protezione civile proposti dalla l.r. 16/2004
“Testo unico delle disposizioni regionali in materia di protezione civile”.
Articolo
59 - Interventi ammissibili
Le
strutture edilizie necessarie per lo svolgimento delle attività agricole
(stalle, silos, serre, magazzini, locali per la lavorazione e la conservazione
e vendita di prodotti) non sono considerate nel computo dei volumi realizzabili
nelle aree agricole dal Piano delle regole: l’unico vincolo per queste
attrezzature, quello del rapporto di copertura - che, in base alla norma
previgente, non può superare il 10% dell’intera superficie aziendale - viene
elevato, nella nuova versione del comma 4, al 20% per le sole aziende orto-floro-vivaistiche. Viene comunque confermato il limite
del 40% già utilizzato per le serre.
Il
successivo comma 4bis introduce, con riferimento alle aziende agricole
esistenti alla data di prima approvazione del Piano di governo del territorio,
una maggiorazione del 20% del rapporto di copertura rispetto a suddetti
parametri, nonché per gli indici di densità fondiaria legati alla componente
residenziale (immobili eletti a residenza dell’imprenditore agricolo, di cui al
comma 3 del medesimo articolo).
Il nuovo
comma 7bis specifica, infine, che è possibile ricostruire, anche in deroga alla
strumentazione urbanistica vigente e in deroga
ai limiti dell’articolo 59, edifici a destinazione agricola demoliti a seguito
della realizzazione di infrastrutture per la mobilità di rilevanza regionale e
nazionale, se funzionali allo svolgimento della medesima attività.
Articolo
60 - Presupposti soggettivi e oggettivi
L’integrazione
alla lettera b) del comma 1 precisa che il permesso di
costruire, nelle aree destinate all’attività agricola nell’ambito del Piano
delle regole, può essere rilasciato (oltre che all’imprenditore agricolo
professionale, a titolo gratuito, di cui alla lettera a) del medesimo comma) al
titolare o al legale rappresentante di un’impresa agromeccanica,
non più soltanto per la realizzazione di attrezzature di ricovero per i mezzi
agricoli, bensì anche per interventi legati alla realizzazione di altri
immobili strumentali. Da tale tipologia di intervento sono comunque escluse
residenze ed uffici. In ogni caso si conferma la necessità di provvedere alla
corresponsione dei contributi di costruzione, non previsti invece per
l’imprenditore agricolo professionale.
Articolo
62 - Interventi regolati dal piano di governo del territorio
Il nuovo
comma 1bis estende l’ambito di applicazione del primo comma dell’articolo 62
(che rimanda alle previsioni del Piano di governo del territorio la regolazione
di alcuni interventi poco invasivi in territorio rurale) alla disciplina degli
edifici di piccole dimensioni, qualora rientranti nell’ambito di interventi di
manutenzione del territorio rurale-boschivo.
L’intervento si attua previa presentazione al comune del relativo atto di
impegno, da trascriversi a cura e spese del proponente, e i parametri cui esso
deve attenersi (dimensione massima, caratteri dell’edificio, superficie minima
dell’area di riferimento) sono normati nell’ambito
del Piano delle regole del Pgt.
L’articolo
62, al comma 1, sottrae una serie di interventi (manutenzione straordinaria,
restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione, ampliamento, modifiche
interne e realizzazione di volumi tecnici) alla disciplina del titolo III della
l.r. 12/2005 “Norme in materia di edificazione nelle aree destinate
all’agricoltura” (articolo 59 “Interventi ammissibili” e articolo 60
“Presupposti soggettivi e oggettivi”, immediatamente prevalenti sulle norme di Pgt, nonché sui regolamenti edilizi e di igiene
comunali). La disciplina di tali interventi è attribuita al nuovo Piano
di governo del territorio, e il loro svolgimento è subordinato alla procedura
di denuncia di inizio attività.
La norma
contenuta nel nuovo comma 1bis si pone nell’ottica di agevolare le iniziative
volte al recupero del territorio rurale a partire dai piccoli manufatti a
servizio delle attività agricole o silvicolturali,
rimettendo la definizione dei caratteri ad una puntuale e specifica
ricognizione operata a livello comunale nell’ambito della redazione del Piano
dei servizi.
Articolo
62bis - Norma transitoria
Il nuovo
comma 1bis dell’articolo 62bis prevede che il Piano delle regole, in coerenza
con i criteri definiti dal Documento di piano, possa riconoscere un credito
urbanistico da utilizzare in ambito comunale, volto ad incentivare la
dismissione di edifici a destinazione zootecnica al fine di diminuire il
rischio sanitario legato a malattie del bestiame soggette a lotta obbligatoria.
L’articolo
è chiaramente orientato alla prevenzione rispetto al rischio di diffusione
nella popolazione di infezioni legate alle attività zootecniche, mediante un
incentivo di carattere urbanistico alla delocalizzazione.
Articolo
72 - Rapporti con la pianificazione comunale
Il nuovo
comma 4bis viene introdotto con l’obiettivo di specificare che, fino
all’approvazione del Piano dei servizi, la realizzazione di nuove attrezzature
per servizi religiosi è ammessa unicamente su aree classificate a standard nei
vigenti strumenti urbanistici generali e specificamente destinate ad
attrezzature di interesse collettivo.
Articolo
76 - Contenuti paesaggistici del piano territoriale regionale
Nella
nuova versione del comma 1 dell’articolo 76, con riferimento ai contenuti
paesaggistici del Piano territoriale regionale, si fa ricorso ad una
terminologia dal significato più ampio e più vicina a quella utilizzata
nell’articolo 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs.
42/2004). Le funzioni di indirizzo e prescrizione (entrambe comunque presenti
nel successivo comma 2, non oggetto di modifiche) vengono sostituite da una più
generale previsione di “obiettivi e misure generali di tutela paesaggistica”.
La
cogenza delle prescrizioni attinenti alla tutela del paesaggio per gli
strumenti di pianificazione dei comuni, delle città metropolitane, delle
province e delle aree protette è ampiamente confermata nel comma seguente: il
passaggio dal concetto di “indirizzo” a quello di “definizione di misure
generali di tutela”, sancito da questa modifica all’articolo 76 (comunque
ripreso anche al successivo articolo 77), può essere interpretato con la
volontà di definire il Ptr come uno strumento guida
di livello regionale, a cui dovranno relazionarsi gli strumenti di
pianificazione di livello provinciale, locale, metropolitano e delle aree
protette.
Importante
è, inoltre, il richiamo, già in sede di definizione dello strumento, alla
necessità di attivare rapporti di collaborazione pianificatoria
tra gli enti, nel rispetto del principio di sussidiarietà amministrativa, con
un riferimento implicito alla disciplina del primo comma del successivo
articolo 77.
Articolo
77 - Coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di
pianificazione
Con
riferimento alle modifiche introdotte all’articolo 76, il comma 1 viene così
modificato: il termine “indirizzi”, associato alla
sfera delle competenze poste in capo al Ptr, viene
sostituito con “obiettivi e misure generali”. A questi i comuni, le città
metropolitane, le province e le aree protette devono conformarsi, adeguando i
propri strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica entro due anni
dalla sua approvazione.
Articolo
78 - Commissioni regionali
A seguito
dell’entrata in vigore del D.Lgs. 157/2006 recante “Disposizioni correttive ed
integrative al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, in relazione al paesaggio”, le
Commissioni provinciali previste in base alla precedente versione della l.r.
12/2005, sono state sostituite da Commissioni regionali, aventi il compito di
formulare proposte per la dichiarazione di notevole interesse pubblico di
alcune tipologie di beni da sottoporre a tutela ai sensi dello stesso D.Lgs.
42/2004. Il comma 1 dell’articolo in oggetto, così come modificato, precisa la
composizione delle commissioni di cui sopra, presiedute dall’assessore
competente ovvero, su delega di quest’ultimo, dal dirigente di struttura
competente: il direttore della soprintendenza regionale, il soprintendente per
i beni architettonici e per il paesaggio, il soprintendente per i beni archeologici,
due dirigenti di altrettante unità/strutture organizzative competenti in tema
di paesaggio ed ulteriori quattro esperti, nominati dalla Regione, anche su
indicazione del mondo della ricerca, dell’università, delle fondazioni e delle
associazioni portatrici di interessi diffusi (per citarne alcune: CAI, FAI,
TCI, Italia Nostra, Legambiente, Greenpeace, WWF,…). Viene confermata la durata
in carica delle Commissioni, pari a quattro anni.
Al comma 6bis si rimarca, inoltre, che, fino
all’istituzione delle Commissioni regionali, le rispettive funzioni sono
esercitate da quelle istituite in base alla normativa previgente (le
Commissioni provinciali costituite in base alla precedente normativa).
Articolo
79 - Adempimenti della Giunta regionale
La
modifica all’articolo 79 consiste in una poco rilevante correzione materiale,
da leggersi in relazione a quella dell’articolo 78.
Articolo
80 - Ripartizione delle funzioni amministrative
L’articolo
80 fornisce una ripartizione del quadro delle competenze amministrative a
livello locale in materia di disciplina del governo delle trasformazioni
territoriali. La modifica introdotta con l’aggiunta del nuovo comma 3bis
concerne la competenza amministrativa in materia di gestione degli ambiti
boschivi, che viene parzialmente sottratta alla giurisdizione provinciale
limitatamente agli interventi indicati all’articolo 4 della Legge 57/2001
(interventi legati alla trasformazione del bosco e di rimboschimento
compensativo), e trasferita alla sfera di competenza amministrativa delle
comunità montane.
In
sostanza, la previsione del nuovo comma 3bis determina l’unificazione, in capo
alle comunità montane, della competenza amministrativa in tema di
autorizzazioni paesaggistiche ed autorizzazioni forestali.
Articolo
88 - Ambiti e obiettivi
La
modifica apportata al comma 2 estende l’utilizzo dello strumento attuativo del
Programma integrato di intervento (Pii) finalizzato alla riqualificazione
urbana ed ambientale anche alle aree degradate o dismesse, ovvero a rischio di
degrado o dismissione.
Il nuovo
comma 2bis introduce una specificazione rispetto ad una particolare tipologia
di ambiti di trasformazione, quelli legati alla dismissione di infrastrutture
per la mobilità e servizi tecnologici.
Per tali
ambiti urbanizzati, per quanto talora inedificati,
viene introdotta la possibilità che i Programmi integrati di intervento
prevedano indici edificatori equiparati a quelli previsti per gli ambiti
industriali dismessi, alla luce degli obiettivi strategici di sviluppo indicati
nel Documento di piano (o nel Documento di inquadramento) e fermo restando il
perseguimento dell’interesse pubblico, da ottenersi anche mediante una
dotazione globale di aree o attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o
generale, valutata in base all’analisi dei carichi di utenza che le nuove
funzioni inducono sull’insieme delle attrezzature esistenti nel territorio
comunale. Anche in questo caso viene contemplata la facoltà, in capo ai comuni,
di concedere bonus volumetrici per interventi di edilizia bioclimatica.
Vengono
definiti “di rilevanza regionale” i Programmi integrati di intervento attuati
in questi ambiti: ne consegue che, ai sensi dell’articolo 92, comma 6 della
l.r. 12/2005, l’approvazione degli accordi di programma, per tali tipologie di
interventi, è a carico della Regione. Possono essere previsti, in tal senso, in
sede di negoziazione, interventi di potenziamento della mobilità regionale a
carico del soggetto attuatore.
L’estensione
dello strumento urbanistico del Pii alle aree degradate o dimesse (o a rischio
di degrado o dismissione) con il fine di riqualificazione urbana ed ambientale
conferma l’attenzione che il legislatore regionale presta a questa tipologia di
aree che, nell’ambito di tutta la l.r. 4/2008 vengono richiamate in più
occasioni. In assenza di una definizione puntuale del concetto di area
degradata, dovrebbero potersi ritenere tali anche aree intercluse o di frangia,
non necessariamente edificate, caratterizzate da abbandono o tali da indurre
effetti negativi sull’intorno sotto il profilo ambientale, sociale ed
economico.
Si
sottolinea l’importanza della previsione di bonus volumetrici a vantaggio di
interventi
caratterizzati da elevati standard di qualità
ambientale e risparmio energetico.
L’indicazione
specifica, tra gli ambiti di trasformazione, delle aree destinate ad
attrezzature connesse alla mobilità, ad impianti ferroviari, a servizi e
impianti tecnologici, a servizi speciali, di cui sia dimostrata l’effettiva
dismissione o la non attualità delle previsioni urbanistiche, risulta di
particolare importanza se si fa riferimento agli scali ferroviari dismessi. Per
questi ambiti, per quanto talora inedificati (si
pensi, ad esempio, al caso degli scali merci) viene introdotta la possibilità
che i Pii prevedano indici edificatori equiparati a quelli previsti per le aree
industriali dismesse.
Articolo
89 - Interventi su aree destinate all’agricoltura
In deroga
a quanto previsto negli articoli 59, 60, 61, 62 e 62bis (titolo III della parte
seconda della l.r. 12/2005, recante “Norme in materia di edificazione nelle
aree destinate all’agricoltura”), la modifica introdotta al comma 1
dell’articolo 89 è volta a specificare i casi in cui è ammesso l’avvio di
Programmi integrati di intervento nei cui ambiti ricadano aree destinate
all’agricoltura o aree non destinate a trasformazione urbanistica (quali
definite dal Piano delle regole). In sintesi, la limitazione ad interventi di
manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo, di
ristrutturazione edilizia, nel rispetto delle caratteristiche ambientali,
paesaggistiche ed agricole preesistenti, prevista per i Pii ricadenti negli
ambiti di cui sopra non è applicata alle aree intercluse in zone già edificate
e non funzionali allo svolgimento dell’attività agricola e per le quali sia
stato accertato il venir meno di tale attività da almeno un triennio.
Il nuovo
comma 3bis del medesimo articolo specifica più precisamente le modalità
attraverso le quali la dismissione o il ritiro dell’attività agricola devono
essere certificati: tale attestazione è di competenza della Provincia sulla
base delle comunicazioni d’interruzione. Tale dismissione può essere oggetto
anche di autocertificazione.
Articolo
97 - Sportello unico per le attività produttive
Nel contesto
della disciplina relativa allo sportello unico delle attività produttive, viene
inserita, come nuovo comma 5bis, una disposizione di scoraggiamento dell’uso
improprio dell’istituto, ai soli fini di ottenere la variante, specie nella
fase transitoria. Si prevede, a questo scopo, che il proponente debba
sottoscrivere un atto unilaterale d’obbligo, con il quale si impegna a
realizzare l’intervento secondo i contenuti e gli obiettivi prefissati, nonché
a iniziare i relativi lavori entro nove mesi dal perfezionamento della
variante, decorsi i quali il sindaco dichiara l’intervenuta decadenza del
progetto ad ogni effetto, compreso quello di variante urbanistica.
Articolo
102bis - Norme speciali di salvaguardia
Il nuovo
articolo 102bis introduce nella l.r. 12/2005 alcune norme speciali di
salvaguardia, con riferimento alle ricadute territoriali di nuovi tracciati
infrastrutturali. In particolare, il comma 1 prevede che i comuni individuino,
nell’ambito dei nuovi strumenti di governo del territorio, le misure di
salvaguardia dei corridoi infrastrutturali programmati a livello provinciale,
regionale e nazionale: tali misure consistono nell’adeguato allontanamento
delle previsioni insediative da tali tracciati (in base a quanto eventualmente
previsto nel Ptr o nel piano d’area ove previsto),
nel loro inserimento paesistico e ambientale e nel divieto della
cartellonistica, ove non strettamente funzionale alla mobilità.
Il comma
2 prevede che i Pgt individuino azioni di carattere
urbanistico per razionalizzare gli accessi, nonché idonee misure di inserimento
paesistico ed ambientale attraverso la riqualificazione degli ambiti adiacenti
all’infrastruttura e il contenimento dell’edificazione, delle attrezzature e
della segnaletica non funzionale alle esigenze della mobilità.
A tal
fine, il comma 3 specifica che gli enti competenti
sono tenuti alla trasmissione a tutte le amministrazioni interessate dei
progetti definitivi delle infrastrutture.
Spetta
infine alla Giunta regionale, nell’ambito della definizione delle modalità per
la pianificazione comunale ai sensi del comma 2 dell’articolo 7, determinare
gli aspetti operativi connessi a suddette misure di salvaguardia nell’ambito
dei Piani di governo del territorio (comma 4).
La l.r.
4/2008 introduce, nell’ambito del nuovo articolo 102bis, specifiche previsioni,
a carico dei Piani di governo del territorio, in relazione ai tracciati delle
infrastrutture per la mobilità previste dalla programmazione provinciale,
regionale e sovraregionale: ciò al fine di garantire
la disponibilità di opportuni ambiti di salvaguardia da preservare rispetto
alle strategie insediative e alle politiche di pianificazione territoriale a
livello locale in vista del passaggio dei nuovi tracciati.
Si tratta
di una norma che scaturisce dalle numerose difficoltà che il fenomeno della
dispersione insediativa ed un inadeguato raccordo tra i livelli di
pianificazione possono determinare nel reperire corridoi idonei al passaggio di
assi infrastrutturali: con lungimiranza, il legislatore assegna ai nuovi
strumenti di governo del territorio il compito di tutelare le fasce di
territorio interessate da tali interventi (a tal fine, in base al comma 3, gli
enti competenti sono tenuti a trasmettere ai comuni interessati copia del
progetto definitivo delle infrastrutture) attraverso un’adeguata riflessione
attorno alle modalità di accesso e alla conformazione degli spazi adiacenti,
mantenendo a distanza le nuove edificazioni e curando l’inserimento ambientale
nel contesto urbanizzato, anche attraverso un’idonea progettazione di carattere
paesaggistico e mediante l’opportuna valutazione della collocazione di
manufatti e segnaletiche non funzionali alla mobilità.
Articolo
103 - Disapplicazione di norme statali
Ai fini
dell’adeguamento alla nuova normativa lombarda sul governo del territorio, il
nuovo comma 1bis dell’articolo 103 disapplica, a livello regionale, la quasi
totalità delle prescrizioni contenute nel Decreto ministeriale 1444/1968 (il
cosiddetto “decreto sugli standard” in attuazione della “legge ponte” del 1967)
e, più in dettaglio: la classificazione delle zone omogenee nella
pianificazione generale e attuativa, la dotazione minima di spazi pubblici e
collettivi, di verde e parcheggi (“standard urbanistici”), i limiti di densità
edilizia per zona omogenea, i limiti di altezza degli edifici e i limiti di
distanza tra gli edifici. Relativamente a quest’ultimo aspetto, rimane in
vigore un parametro minimo di distanza tra fabbricati pari a 10 metri, valore
peraltro derogabile nell’ambito dei piani attuativi.
A fronte
della competenza in materia di governo del territorio attribuita alle Regioni
con la legge costituzionale 3/2001, la legge regionale 12/2005 prevedeva, già
nella sua versione originaria, la disapplicazione di alcune norme statali, e
più precisamente di alcuni articoli del Testo unico dell’edilizia (d.P.R. 380/2001) e del Testo unico in materia di
espropriazione per pubblica utilità (d.P.R.
327/2001). Il nuovo comma 1bis, introdotto dalla legge regionale 4/2008,
estende l’ambito di disapplicazione della normativa statale in materia
urbanistica - entrata nella sfera di competenza della Regione - ai contenuti
del Decreto ministeriale 2 aprile 1968, n.1444 recante “Limiti inderogabili di
densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi
tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi
pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi,
da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della
revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della Legge n. 765 del
1967”.
Si tratta
di un elemento di innovazione piuttosto significativo innanzitutto dal punto di
vista concettuale, non soltanto perché suggerisce un superamento formale di una
serie di parametri che, dalla “legge ponte” ad oggi, hanno contribuito ad
orientare l’attività edilizia ed urbanistica nel nostro Paese, ma soprattutto
perché si pone nell’ottica di un’archiviazione del concetto di “zoning”, ovvero della pianificazione del territorio per
ambiti omogenei, elemento che ha accompagnato la storia dell’urbanistica
italiana dalle origini. Il secondo articolo del D.M. 1444/1968, infatti,
introduceva e definiva le cosiddette “zone territoriali omogenee” (A, B,C, D, E
ed F), ovvero una sorta di legenda unificata delle modalità di lettura del
territorio all’interno dei piani regolatori generali, dei regolamenti edilizi,
dei piani particolareggiati e di lottizzazione. La disapplicazione di tale
prescrizione comporta il venir meno di un “linguaggio codificato” ed ampiamente
sedimentato nella disciplina urbanistica. Se da un punto di vista puramente
teorico si tratta di uno spartiacque importante, le ricadute pratiche di tale
innovazione nell’ambito dei piani delle regole dei nuovi Pgt
dovranno necessariamente misurarsi con il forte radicamento della tecnica dello
zoning nella forma mentis delle pubbliche
amministrazioni: la cosiddetta “urbanistica per progetti”, infatti, non può
farsi carico anche di un governo ordinario delle trasformazioni territoriali e
alla scala edilizia, ed è lecito attendersi un’evoluzione dello strumento dello
zoning, più che un suo radicale azzeramento, secondo
le modalità confermate al comma 1 dell’articolo 10 sul Piano delle regole (tessuto
urbano consolidato, ambiti di tutela, aree a rischio
di compromissione e degrado, ambiti agricoli, di valore paesaggistico-ambientale
ed ecologico, aree non soggette a trasformazione urbanistica).
Contestualmente
alle zone omogenee consolidate, vengono abbandonati i rapporti massimi tra gli
spazi destinati agli insediamenti residenziali e gli spazi pubblici o riservati
alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi, ovvero i cosiddetti
“standard urbanistici” contenuti nell’articolo 3 del D.M. 1444/1968. Al comma 3
dell’articolo 9, la l.r. 12/2005 fa propria quella dotazione minima,
quantificata in 18 mq per abitante, di aree per attrezzature pubbliche e di
interesse pubblico o generale: con la disapplicazione dell’articolo 3 del
Decreto ministeriale viene meno, tuttavia, la ripartizione di tale contingente
in aree per l’istruzione (4,5 mq), aree per attrezzature di interesse comune (2
mq), aree per spazi pubblici a parco, per il gioco e lo sport (9 mq) ed aree a
parcheggi (2,5 mq). Allo stesso modo perdono efficacia le prescrizioni relative
alle quantità minime di spazi da reperire all’interno delle diverse zone
omogenee (articolo 4) e quelle legate al rapporto tra insediamenti produttivi e
spazi pubblici (articolo 5). La dimensione operativa, “per progetti”, che
caratterizza la l.r. 12/2005, trova qui un ulteriore elemento caratterizzante:
pur non rinunciando a definire una dotazione minima di servizi, si demanda al
Piano dei servizi la definizione degli obiettivi di qualità che il comune intende
perseguire, e alla negoziazione “caso per caso” il reperimento degli stessi
nell’ambito degli strumenti della pianificazione attuativa. Il tema delle
attrezzature e degli spazi posti a servizio degli insediamenti è affrontato
secondo una diversa prospettiva, quella di fornire una risposta concreta ad un
fabbisogno insorgente.
Significative
sono le disapplicazioni relative a contenuti di
carattere edilizio introdotti dal D.M. 1444, ovvero dei limiti di altezza e di
distanza tra i fabbricati, che non avrebbe senso riesaminare in dettaglio in
quanto legati a zone omogenee esse stesse divenute prive di significato nel
nuovo quadro normativo regionale. Si tratta ad ogni modo di contenuti e
prescrizioni che, assieme ad altri, la normativa regionale attribuisce al Piano
delle regole, con riferimento agli interventi di nuova costruzione e
sostituzione negli ambiti del tessuto urbano consolidato (comma 3, articolo 10
della l.r. 12/2005). Il nuovo comma 1bis conferma ed esplicita, dunque,
l’attribuzione al Piano delle regole del compito di individuare quei parametri
edilizi chiamati a prefigurare la “forma urbis”: tipologie, allineamenti,
volumi, rapporti di copertura, altezze, destinazioni ammissibili ed eventuali
requisiti qualitativi specifici.
Relativamente
ai limiti di distanza tra i fabbricati, si introduce un nuovo parametro una tantum, valido per tutti gli ambiti del territorio
comunale, determinato in 10 metri per gli interventi di nuova costruzione: tale
limite, derogabile nei piani attuativi, corrispondente a quello fissato per le
nuove costruzioni ubicate al di fuori della zona A (centri storici) nel D.M.
1444/1968.