APPALTI PUBBLICI - E’ NECESSARIO IMPUGNARE ANCHE L’AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA OLTRE ALL’ESCLUSIONE
DALLA GARA

(Consiglio di Stato, Sezione Quinta, Sentenza n. 1331 del 28 marzo 2008 )

 

E’ inammissibile il ricorso avente ad oggetto la sola esclusione dalla gara d’appalto, in quanto l’aggiudicazione definitiva non va considerata atto meramente confermativo e esecutivo del provvedimento che, anche quando recepisca i risultati dell’aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione degli interessi pubblici sottostanti; coerentemente si ritiene necessaria l’impugnativa autonoma dell’aggiudicazione definitiva nonostante la precedente contestazione giudiziale dell’aggiudicazione provvisoria, ovvero del provvedimento di esclusione dalla gara.              

 . . .omissis . . .

 

FATTO E DIRITTO

1. Il comune di Lecce ha escluso la costituenda a.t.i. fra le imprese S. s.r.l., U. s.p.a., E. s.r.l. (in prosieguo a.t.i.) dalla gara di appalto per la realizzazione della piattaforma di E-Learning (cfr. determinazioni 2 e 9 novembre 2005).

La gara è stata aggiudicata in via definitiva alla I. s.p.a. (cfr. determinazione n. 61 del 14 novembre 2005).

1.1. Con ricorso – nrg. 21/2006 - notificato il 28 dicembre 2005 al comune di Lecce ed alla S. soc. cons. a r.l. (terza classificata), e depositato il successivo 5 gennaio, l’a.t.i., da un lato, ha impugnato il provvedimento di esclusione ed in via subordinata il bando di gara articolando cinque autonomi motivi, dall’altro ha chiesto il risarcimento del danno.

1.2. Con atto di motivi aggiunti, notificato ai medesimi soggetti in data 27 febbraio 2006, l’a.t.i. ha impugnato espressamente, per invalidità derivata, l’aggiudicazione definitiva.

Alla camera di consiglio del 16 marzo 2006 la parte ricorrente chiedeva ed otteneva l’abbinamento dell’esame della domanda cautelare alla trattazione, nel merito, del ricorso.

In vista dell’udienza pubblica di discussione fissata per il 14 giugno 2006, la difesa del comune di Lecce eccepiva, fra l’altro, l’inammissibilità del ricorso nella sua globalità (cfr. memoria depositata l’8 giugno 2006 con allegata copia notificata dei motivi aggiunti):

a) per non essere mai stato depositato nella segreteria del giudice l’atto recante i motivi aggiunti avverso l’aggiudicazione definitiva;

b) perché le impugnative erano state notificate alla S. soc. cons. in proprio, sebbene fosse semplice mandante del raggruppamento facente capo al Consorzio M.;

c) perché non erano mai state evocate in giudizio le imprese prima e seconda classificata nonostante che l’impugnativa dell’aggiudicazione e di tutti gli atti di gara mirasse esplicitamente a consentire l’aggiudicazione in favore dell’a.t.i. ricorrente.

All’udienza del 14 giugno 2006 la causa, dopo essere stata discussa dai patroni delle parti costituite (comune di Lecce e a.t.i) veniva assunta in decisione.

2. L’impugnata sentenza:

a) ha dichiarato inammissibile la domanda di annullamento dell’esclusione stante l’inesistenza dell’impugnativa della aggiudicazione definitiva, non risultando il deposito dell’atto di motivi aggiunti;

b)  ha conseguentemente dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno in applicazione della regola della c.d. pregiudizialità amministrativa.

3. Con ricorso notificato il 29 novembre e 12 dicembre 2006, e depositato il successivo 19 dicembre, l’a.t.i. ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza del T.a.r. sostenendo:

a) di aver depositato l’atto di motivi aggiunti dopo la notificazione; che l’atto era andato smarrito; che il T.a.r. avrebbe dovuto segnalare l’assenza dell’atto verificando che la notificazione fosse andata a buon fine;

b) che l’esame della domanda di risarcimento del danno non sia inscindibilmente collegato all’annullamento degli atti di esclusione ed aggiudicazione.

4. Si costituiva il comune di Lecce deducendo l’infondatezza del gravame in fatto e diritto.

5. La causa è passata in decisione all’udienza pubblica del 26 febbraio 2008. 

6. L’appello è infondato e deve essere respinto.

6.1. E’ bene subito precisare in fatto che nel fascicolo d’ufficio relativo al giudizio di primo grado non si rinviene l’atto di motivi aggiunti debitamente depositato, né risulta essere mai stato depositato e poi ritirato nel corso (o dopo la conclusione) del giudizio in questione; tale adempimento non è registrato neppure nell’elenco degli atti depositati nel ricorso nrg. 21/2006 (cfr. nota del 1 febbraio 2007 della segreteria del T.a.r. per la Puglia, Lecce).

Parimenti l’appellante non ha esibito, in questo grado, la suddetta prova.

Emerge dalla ricostruzione dello svolgimento del processo dianzi operata che il T.a.r. ha avuto contezza della impugnativa della aggiudicazione definitiva solo grazie all’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa del comune di Lecce nella memoria, depositata in vista dell’udienza di discussione del 14 giugno 2006, cui erano allegati i motivi aggiunti.

Si impone una prima conclusione: sulla questione concernente l’omesso deposito in segreteria dell’atto di motivi aggiunti è stato tempestivamente stimolato il contraddittorio da parte della difesa comunale.

Conseguentemente il giudice non aveva alcuna necessità di segnalare tale circostanza di fatto in sede di discussione orale atteso che sul punto si era realizzato il contraddittorio.

La sentenza è stata rispettosa del principio enucleato dagli artt. 111 Cost. e 183 c.p.c., secondo cui il giudice “… prima di decidere una questione rilevata d’ufficio, deve indicarla alle parti, per consentirne la trattazione, in attuazione del principio del contraddittorio” (così in termini Cons. Stato, 24 gennaio 2000, n. 1; nello stesso senso Cass. civ., sez. III, 5 agosto 2005, n. 16577).

Ma la doglianza dell’appellante si rivela sicuramente infondata anche sotto un ulteriore assorbente profilo: alla data dell’udienza di discussione, infatti, il termine perentorio (dimidiato) per il deposito dell’atto di motivi aggiunti era ampiamente scaduto, sicché il giudice non avrebbe potuto disporre alcuna rinnovazione dell’incombente processuale in funzione di sanatoria; il deposito del ricorso presso la segreteria del giudice è infatti  espressione di un precetto di ordine pubblico processuale che non ammette equipollenti o sanatorie ed è sottratto alla disponibilità delle parti e del giudice (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 dicembre 2005, n. 7021).

Del tutto ingiustificate appaiono pertanto le critiche mosse all’operato del primo giudice da parte della difesa appellante, secondo cui quest’ultimo avrebbe assistito “inerme, passivo e pericolosamente inerte alla discussione incentrata su di un atto che ritenesse non acquisito al fascicolo di causa”; ovvero avrebbe “passivamente ascoltato le difese delle parti in causa discutere su di un documento, asseritamene, non depositato ed ingannevolmente, non ne ha segnalato la assenza”.

6.1.1. Per completezza, nonostante non vi sia specifica censura di appello, la sezione conferma la correttezza della tesi seguita dall’impugnata sentenza per dichiarare inammissibile il ricorso.

In linea generale, nell’ambito del rapporto di presupposizione corrente fra atti inseriti all’interno di un più ampio contesto procedimentale (come quello di evidenza pubblica), occorre distinguere fra invalidità ad effetto caducante ed invalidità ad effetto viziante; nel primo caso l’annullamento dell’atto presupposto determina l’automatico travolgimento dell’atto conseguenziale, senza bisogno che quest’ultimo sia stato autonomamente impugnato, mentre in caso di illegittimità ad effetto viziante l’atto consequenziale diviene invalido per vizio di invalidità derivata, ma resta efficace salva apposita ed idonea impugnazione, resistendo all’annullamento dell’atto presupposto (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. I, 17 gennaio 2007, n. 4915/2006).

Tale ricostruzione si basa, in materia di procedure concorsuali, sul condivisibile assunto che non è necessario impugnare l’atto finale, quando sia stato già impugnato quello preparatorio, solo quando fra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione - consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove e ulteriori valutazioni di interessi, né del destinatario dell’atto presupposto, né di altri soggetti; diversamente, quando l’atto finale, pur facendo parte della stessa sequenza procedimentale in cui si colloca l’atto preparatorio, non ne costituisca conseguenza inevitabile perché la sua adozione implica nuove ed ulteriori valutazioni di interessi, anche di terzi soggetti, la immediata impugnazione dell’atto preparatorio non fa venir meno la necessità di impugnare l’atto finale, pena la improcedibilità del primo ricorso (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 23 marzo 2004, n. 1519).

Chè è esattamente quanto accade avuto riguardo alla natura dell’aggiudicazione definitiva che non và considerata atto meramente confermativo o esecutivo ma provvedimento che, anche quando recepisca i risultati dell’aggiudicazione provvisoria, comporta comunque una nuova ed autonoma valutazione degli interessi pubblici sottostanti; coerentemente si ritiene necessaria l’impugnativa autonoma dell’aggiudicazione definitiva nonostante la precedente contestazione giudiziale dell’aggiudicazione provvisoria (che è meramente facoltativa, cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. V, 9 ottobre 2007, n. 5253), ovvero del provvedimento di esclusione dalla gara (che è necessariamente immediata, cfr. da ultimo Cons. Stato, sez.  V, 1 agosto 2007, n. 4268; sez. V, 4 maggio 2005, n. 2168; sez. VI, 11 febbraio 2002, n. 785).

Sotto tale angolazione non può trovare ingresso la diversa tesi che ritiene ammissibile il giudizio avverso la sola esclusione in considerazione dell’utilità che trarrebbe il soggetto escluso sotto il profilo morale o in vista dell’eventuale accoglimento della domanda risarcitorio (cfr. Cons. Stato, sez. sez. IV, 13 giugno 2005, n. 3089; sez. V, 3 ottobre 2002, n. 5196).

Tale impostazione, invero, non nega la regola generale fin qui esposta ma la sottopone ad alcuni temperamenti che vanno attentamente precisati.

Quanto all’utilità morale essa deve essere dimostrata in concreto e certamente è inconfigurabile per le esclusioni (come quella oggetto della presente fattispecie), non collegate alla carenza dei requisiti incidenti sull’onorabilità delle imprese; solo in quest’ultimo caso, infatti, dando luogo l’esclusione alla segnalazione all’Autorità per la vigilanza, si può ipotizzare che si producano nell’ordinamento giuridico effetti pregiudizievoli meritevoli di risarcimento.

Inoltre deve restare assodato che l’impresa esclusa abbia manifestato un effettivo disinteresse relativamente alla ripetizione della gara ovvero alla aggiudicazione della stessa (anche tali circostanze non ricorrono nella vicenda per cui è causa).

6.1.2. Nel particolare caso di specie è ravvisabile, inoltre, una ulteriore causa di inammissibilità dell’originario ricorso di primo grado (anche nella parte in cui è stato proposto contro la lex specialis del procedimento di gara), in quanto non notificato all’impresa aggiudicataria definitiva, unico ed autentico litisconsorte necessario.

6.2. Miglior sorte non tocca al secondo motivo di gravame, con cui si contesta la validità della tesi della c.d. pregiudizialità amministrativa.

Sul punto la sezione rinvia, a mente dell’art. 9, l. n. 205 del 2000, alle recenti conclusioni cui è giunta l’adunanza plenaria di questo Consiglio (cfr. 22 ottobre 2007, n. 12) che recepisce integralmente.

7. In conclusione l’appello deve essere respinto.

Le spese di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale definitivamente pronunciando sul ricorso meglio specificato in epigrafe respinge l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata e condanna, in solido fra loro, le imprese appellanti a rifondere in favore del comune di Lecce le spese, le competenze e gli onorari del presente giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.